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L’Occidente, così come lo conosciamo, è il frutto di una corretta impostazione della relazione Creatore/creato; relazione, che raggiunse la sua massima sintesi, nel pensiero di San Tommaso d’Aquino(1225-1274), il quale seppe amalgamare, adeguatamente, elementi del pensiero giudaico-cristiano. Pensiero cristiano, ovviamente, ben innervato dalla filosofia greca. Evidenza, questa, che per motivi ideologici, non si volle riconoscere ufficialmente, al tempo del varo dei Trattati europei. Sull’argomento, ha scritto cose puntuali il padre domenicano Giovanni Cavalcoli. La citazione è un po’ lunga, ma meritevole di essere riportata per intero:«Il vero Dio biblico è un Assoluto che appare al vertice e al di sopra della scala degli esseri, come sommo Ente, come l’“Altissimo” su tutti gli altri enti del mondo e su “tutti gli dèi”: un Ente imparagonabile con tutti gli altri, eppure dal Quale tutti gli altri provengono ed al Quale tutti gli altri conducono. Certo anche per la Bibbia il mondo appartiene a Dio, ma non come un qualità o un accidente dell’essenza divina, bensì come un insieme di sostanze o di beni appartiene ad una persona dei quali essa è proprietaria e che sono soggetti al suo governo. Il vero concetto di creazione, confermato dalla Bibbia, è raggiunto dalla ragione sulla base di un cammino ovvero un procedimento induttivo, per il quale il nostro sapere, iniziando con la percezione delle cose sensibili, da questa percezione giunge a sapere che Dio esiste come creatore dell’universo. Nella Scrittura la ragione scopre che le cose sono state create dal nulla e con ciò stesso scopre l’esistenza di Dio e di Dio libero creatore e governatore del mondo. Il Dio biblico quindi non è un’anima del mondo che dà forma al mondo o un principio impersonale del mondo dal quale il mondo vien dedotto come si deducono le proprietà di un triangolo dall’essenza del triangolo o le conseguenze necessarie di un primo principio razionale o intuitivo. Il Dio biblico è invece una persona infinitamente sapiente, potente e provvidente, dalla quale il mondo trae origine non in modo deterministico come dalla scintilla nasce il fuoco o dalla pianta nascono i frutti o dal sole escono i raggi o per sviluppo logico, come dall’implicito sorge l’esplicito o dall’indeterminato si ricava il determinato o come il singolare deriva dall’universale. Dio infatti è una persona, per cui il mondo trae origine da lui in modo simile al quale una nostra opera trae origine da una nostra idea e da una libera decisione della nostra volontà […] l’uomo biblico ha coscienza del fatto che il mondo è contingente, che esiste ma potrebbe anche non esistere. […] L’uomo biblico sa per esperienza che esiste il mondo come insieme di enti finiti, divenienti, diversificati, contingenti, causati, relativi. Il mondo non è l’essere, ma un insieme innumerabile di esseri. Essi hanno l’essere, ma non sono l’essere. Solo Jahvè è l’Essere sussistente. […] Tutto ha una ragione, ha un senso, un perché, che però rimanda a un principio e ad un fine estrinseci: Dio ordinatore e Signore dell’universo». L’uomo occidentale medio dei nostri giorni, dunque, non ha la più pallida idea di quanto sia debitore, rispetto alle cosiddette conquiste – non sempre lo sono … – civili di cui va fiero, di una corretta concezione del Creatore e del suo rapporto con le creature. Se ne accorse, eccome, il  sociologo delle religioni Rodney Stark, il quale riflettendo sul ruolo del Cristianesimo e, in particolare, della Teologia razionale nella genesi dello sviluppo, della libertà e delle ricchezze dell’Occidente scrisse: «E’ stato il cristianesimo a creare la civiltà occidentale. Se i seguaci di Gesù fossero rimasti un’oscura setta ebraica, la maggior parte di voi non avrebbe imparato a leggere e gli altri leggerebbero papiri scritti a mano. Senza una teologia affidata alla ragione (…) il mondo intero sarebbe oggi più o meno dove le società non europee erano, diciamo, nel 1800: un mondo pieno di astrologi e alchimisti, ma non di scienziati». Il perché è presto detto. Il pensiero medievale avendo combattuto l’emanazionismo di Plotino (204 d.C-270d. C), – secondo il quale il mondo sarebbe uscito obbligatoriamente, di necessità, dalle mani di Dio, dunque, come un prodotto, eventualmente, non voluto, – giunse alla retta conclusione, che il mondo dovesse essere una cosa buona. Una cosa obbligata, infatti, non essendo voluta, potrebbe essere anche negativa: questo, peraltro, è quel che ha sempre insegnato il pensiero gnostico, interpretando la creazione materiale, come uno sbaglio di Dio sul quale era doveroso intervenire mediante la sapienza nascosta e nota solo a pochi iniziati. Inoltre, l’Assolutezza di Dio significava, che non avendo Egli bisogno delle creature per giungere a perfezione, ha creato il mondo volontariamente. La volontà è sinonimo di Amore: Dio ci ha chiamati ad esistere, ad uno ad uno, partecipandoci Lui stesso. È facile accorgersi, di come un conto sia l’essere “sbattuti” nel mondo da forze cieche ed oscure, ed un altro sia quello di essere chiamati all’esistenza dall’Amore, che null’altro vuole, se non il nostro bene.

Ci sono fior di studiosi che sostengono che per cambiare il mondo, la nostra società bisogna studiare molto, non solo leggere. Condivido pienamente, occorre però studiare opere importanti e significative che possano cambiare la nostra vita. Un testo che ha cambiato la vita di molti giovani, non solo in Italia, ma in tutto il mondo è stato “Rivoluzione Controrivoluzione”, scritto nel 1959 da un professore, un pensatore cattolico, un uomo d'azione brasiliano, Plinio Correa de Oliveira, nato a San Paolo, il 13 dicembre 1908, da genitori appartenenti all'aristocrazia, “paulisti di quattrocento anni”.Per il cinquantenario dell'opera, la casa editrice SugarcoEdizioni di Milano, su sollecitazione di Alleanza Cattolica, ha pubblicato nel 2009 il testo integrato da cinque Appendici, precedenti e seguenti la sua pubblicazione di mezzo secolo fa. Corredato dall'Autoritratto filosofico dell'autore e dal suo testamento. Infine nel testo sono proposte testimonianze e presentazioni dell'opera nelle diverse edizioni. Complessivamente la nuova edizione arriva a ben 493 pagine.

Per quanto riguarda, l'edizione della Sugarco, ristampata nel 2016, è la 5a edizione del testo che possiedo e quindi che ho letto. La 1a edizione del testo del pensatore brasiliano è uscita nel 1963 per volontà del giovane intraprendente piacentino Giovanni Cantoni per le edizioni Dell'Albero di Torino. Poi è stato pubblicato per la casa editrice Cristianità nel 1972 e nel 1977. Nel 1999, l'Associazione “Luci sull'Est”, ne ha pubblicato una edizione non commerciabile. A suo tempo il testo del professor Plinio oltre a leggerlo, l'ho studiato attentamente individualmente, ma anche in gruppo con gli amici militanti di Alleanza Cattolica.

Ma chi è il professor Plinio? E' una figura poliedrica, per avere l'idea del personaggio, elenco qualche incarico, ben presto in Brasile si è qualificato come l'esponente più in vista del Movimento cattolico, nel 1929 fonda l'Acao Universitaria Catolica. Nel 1932, promuove la formazione della LEC, la Liga Eleitoral Catolica, nelle cui liste, l'anno seguente viene eletto all'Assemblea Costituente: è il deputato più giovane e più votato di tutto il paese.

Scaduto il mandato parlamentare, viene chiamato alla cattedra di Storia della Civiltà e poi diventa titolare di Storia Moderna e Contemporanea. Nel 1940 è uno dei fondatori dell'Azione Cattolica paulista.

Plinio Correa de Oliveira, scrive Giovanni Cantoni, nella presentazione del testo pubblicato dalla Sugarco, è “un uomo di pensiero, oratore, conferenziere e giornalista, attratto fin da giovane dall'analisi della crisi contemporanea, della sua genesi e delle sue conseguenze. Correa de Oliveira è autore di studi di carattere sociologico e storico, sempre sollecitati da situazioni della vita della Chiesa e del mondo cattolico, nonché da frangenti del mondo religioso e sociopolitico internazionale o iberoamericano, cattolico convinto e militante, la sua parola e la sua penna sono sempre state al servizio della Chiesa e della civiltà cristiana.

Nel 1960, fonda la Sociedade Brasileira de Defesa da Tradicao, Familia e Propriedade, la TFP brasiliana, il cui statuto si ispira a quello dei Comitati Civici costituiti in Italia nel 1948 da Luigi Gedda (1902-2000). Da allora si dedica completamente alla funzione di presidente di questa associazione. L'obiettivo era quello di diffondersi tra i giovani brasiliani e di organizzarli per la Contro-Rivoluzione.“Il suo metodo consisteva nell'attrarre e nel formare giovani che potessero contribuire alla promozione contro-rivoluzionaria della Società attraverso giornali, libri, radio e televisione e contribuire alla vendita di materiali pubblicati dalla Società in campagne pubbliche per le strade”. Un ideale che ha attirato l'entusiasmo di tanti giovani in tutta l'America Meridionale, facendo nascere società autonome simili. Naturalmente queste associazioni hanno combattuto il comunismo organizzato e dichiarato.“Insomma, si può dire che, se non fosse stato grazie all'esistenza delle TFP, forse la tattica cripto-comunista avrebbe soggiogato l'intera America Meridionale a Mosca”.

In qualità di scrittore, giornalista e pensatore, lascia oltre 2500 articoli e manifesti. E' stato direttore del settimanale O Legionario, collabora regolarmente al mensile di cultura Catolicismo, peraltro dove ha pubblicato per la prima volta nel 1959 il best seller “Rivoluzione e Controrivoluzione”. Inoltre De Oliveira ha collaborato con alcuni quotidiani brasiliani come la Folha de S. Paulo. I suoi scritti sono ripresi in tutto il mondo in particolare in Italia, dalla rivista Cristianità, organo ufficiale di Alleanza Cattolica.

Il pensiero e l'azione di Correa de Oliveira, che troviamo in “Rivoluzione e Controrivoluzione”, prendono l'avvio e ruotano attorno a un giudizio storico:“è esistita una civiltà cristiana occidentale, animata dalla Chiesa Cattolica, frutto dell'inculturazione della fede prima nell'Europa Occidentale, poi, via via, nella Magna Europa. Di tale civiltà cristiana - scrive Cantoni - è in via di realizzazione il processo di distruzione, la Rivoluzione, una dinamica storica in quattro fasi: la prima religiosa, la Riforma protestante, preceduta e accompagnata da una rivoluzione culturale rappresentata dall'Umanesimo e dal Rinascimento; la seconda politica, la Rivoluzione Francese; la terza sociale, la Rivoluzione comunista; e, infine, la quarta, la Rivoluzione Culturale iniziata con il Sessantotto francese e a esso emblematicamente, anche se non sempre fattualmente, collegabile”. E' un lungo processo storico di lunga durata, oltre cinquecento anni, che si sviluppa abbracciando tutte le attività dell'uomo, come la cultura, l'arte,le leggi, i costumi e le istituzioni. Fino al secolo XVIII, il processo rivoluzionario fu eminentemente religioso: le istituzioni politiche rimanevano più o meno intatte. Invece dal 1789 alla fine del XIX secolo fu essenzialmente politico.

Nella I appendice si può leggere una conferenza del dott. Plinio che ha tenuto sulla Civiltà Cristiana del Medioevo. Qui viene esposto l'ordine cattolico che “si realizzava in una gerarchia in cui le diverse classi sociali – fra le quali vi era una transizione perfetta – erano l'esito dello stesso ordine naturale delle cose”. De Oliveira espone i rapporti sociali improntati sulla paternità e la bontà. Naturalmente qui si viene a smontare tutte quelle sciocchezze scritte senza documentazione sul “buio medioevo”. A questo proposito per comprendere quei mille anni, può essere utile l'ottimo testo scritto da Regine Pernoud, “Luce del Medioevo”. Ma anche tutti i fondamentali testi scritti dal sociologo americano Rodney Stark. Il professore brasiliano evidenzia la notevole differenza tra la schiavitù dell'antichità e i servi della gleba. Per de Oliveira,“Soltanto con l'instaurazione della Cristianità medievale in Europa si conobbe, per la prima volta nella Storia, un continente intero senza la schiavitù”. Il servo della gleba, godeva di molti diritti, non poteva essere espulso dalla terra ove lavorava ed esercitava una specie di diritto di proprietà sulla casa in cui abitava. Poi c'erano le corporazioni di mestieri con una propria legislazione del lavoro. E poi le università, le scuole dei conventi, dei religiosi. Gli ospedali erano mantenuti dal clero o dagli ordini femminili.“Il clero fondò molti ospedali durante il Medioevo e iniziarono a essere praticati i principi igienici nel trattamento degli infermi e di feriti. La medicina moderna è nata in quegli ospedali”. Mentre la nobiltà era obbligata a combattere in tempo di guerra, i plebei non erano obbligati. Nel Medioevo esistevano le libertà regionali.“La libertà provinciale e municipale conobbe in tale epoca una straordinaria possibilità di espansione”. Al contrario degli Stati moderni che posseggono una sola Costituzione che regge tutto il paese. Il nostro autore sostiene con forza che la“civiltà cristiana non un'utopia. Si tratta di qualcosa di realizzabile e che, di fatto, si è realizzata in una determinata epoca”. E puntuale il professor Plinio cita il grande Papa Leone XIII, in riferimento al Medioevo, nell'enciclica “Immortale Dei”, poteva scrivere: “Ci fu un tempo in cui la filosofia dell'evangelo governava gli Stati...”, “quando la forza e la sovrana influenza dello spirito cristiano era entrata ben addentro nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in tutti gli ordini e apparati dello Stato; quando la religione di Gesù Cristo, posta solidamente in quell'onorevole grado che le spettava, andava fiorendo all'ombra del favore dei principi e della dovuta protezione dei magistrati; quando procedevano concordi il sacerdozio e l'impero, stretti avventurosamente fra loro per amichevole reciprocità di servigi. Ordinata in tal modo la società, apportò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata a innumerevoli monumenti storici, che nessun artificio di nemici potrà falsare od oscurare”. Ma anche Paolo VI, interviene sul ruolo del Papato nell'Italia medievale: “[...]non dimentichiamo i secoli durante i quali il Papato ha vissuto la sua storia [d'Italia], difeso i suoi confini, custodito il suo patrimonio culturale e spirituale, educato a civiltà,, a gentilezza, a virtù morale e sociale le sue generazioni, associato alla propria missione universale la sua coscienza romana ed i suoi figli migliori”. E ancora Papa san Pio X, ha potuto scrivere sempre riferendosi al Medioevo: “[...] non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole. Essa è esistita ed esiste; la civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla, ristabilirla incessantemente sulle sue naturali e divine fondamenta contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e dell'empietà: 'Restaurare ogni cosa in Cristo”.

RcR, il testo scritto da de Oliveira, consta di due parti: La Rivoluzione e la Controrivoluzione.

 La Rivoluzione è promossa dall'orgoglio, e dalla sensualità, due passioni che suscitano la rivolta dell'uomo contro la morale e contro la fede cristiana. In pratica, per de Oliveira, la Rivoluzione “non è essenzialmente un moto di piazza, una sparatoria o una guerra civile, ma ogni sforzo che mira a disporre gli esseri contro l'Ordine”. E' un fenomeno eminentemente spirituale, il campo d'azione è “l'anima umana e la mentalità della società”. Scrive nel suo autoritratto filosofico:“Le crisi non nascono dalla mente di qualche pensatore, ma dalle passioni disordinate, eccitate dal Potere delle tenebre”. Tuttavia,“le passioni disordinate, eccitate dall'azione preternaturale del Potere delle Tenebre, sollecitano continuamente gli uomini e i popoli al male[...].

La Contro-Rivoluzione è ogni sforzo che miri a circoscrivere e a eliminare la Rivoluzione. Nella storia ci sono stati diversi movimenti e brillanti talenti che hanno combattuto la Rivoluzione, ma la maggior parte si limitavano a contrastarla in qualche sua espressione, mai nella sua totalità.

La Contro-Rivoluzione sarà una “re-azione, cioè un'azione diretta contro un'altra azione”. Il de Oliveira ha in mente una Cristianità nuova, tutta splendente di fede, di umile spirito gerarchico e d'illibata purezza, chiaramente questo si farà soprattutto attraverso un'azione profonda nei cuori. Ora, quest'azione è opera specifica della Chiesa, che insegna la dottrina cattolica e la fa amare e praticare. La Chiesa è, dunque, l'anima stessa della Contro-Rivoluzione”.

“La nostra epoca - scriveva Eugenia Adams-Muresanu, una scrittrice e poetessa rumena - presenta tutti i segni evidenti delle rovine con cui la Rivoluzione ha ricoperto la terra”, che poi “è tutto un mondo, che occorre rifare dalle fondamenta”, ha dichiarato con tono profetico Pio XII. Certo qui non possiamo affrontare tutti i temi che ci ha offerto il professor Plinio con il suo prezioso manuale, “Rivoluzione Controrivoluzione”.

In conclusione mi preme segnalare l'ultimo testo del professore brasiliano, scritto qualche anno prima della sua scomparsa. Si tratta di “Nobiltà ed èlites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato e alla Nobiltà romana” del 1993. Al solo enunciare il titolo, sembrerebbe un argomento per soli storici ma non è così. Anzi il tema affrontato è di estrema attualità.

Il professore si riferisce alla mancanza di èlite, di équipe, di classi dirigenti adeguate nel proprio paese, ma vale anche per gli paesi.“Perché non abbiamo le élite necessarie. Dove vi sono le élite moralmente e intellettualmente capaci, non mancano gli uomini idonei per la loro competenza e per la loro moralità. Dove non vi sono élite, gli uomini di reale valore sono rari, poco noti e condannati a vegetare anonimi nella moltitudine dei mediocri o dei ladruncoli”.

Il Pontefice Pio XII aveva previsto che, presto o tardi, le condizioni morali del mondo moderno, si stava avviando verso una crisi totale profonda. Per questo ha pronunciato, nel suo pontificato, quattordici importantissime allocuzioni, che contengono un appello a che fossero preservati con cura, nei paesi con tradizione nobiliare, le rispettive aristocrazie. E che, nello stesso tempo, le élite nuove, originate dal lavoro esercitato nel campo della cultura come in quello della produzione, trovassero condizioni propizie per costituire élite autentiche, dello stesso genere della nobiltà per la loro formazione morale e culturale, come per la loro capacità di comando. Sarebbe loro compito formare, al modo della nobiltà, autentiche élite capaci di dare origine a uomini scelti nei più diversi campi”.

Dopo il grande successo della conferenza tenuta dal professor Gurrieri, prosegue il prossimo 21 Novembre il ciclo delle “Corrispondenze” del Centro Internazionale per le Arti dello Spettacolo “Franco Zeffirelli” (CIAS) con l’incontro tenuto da Luciano Alberti, critico e studioso di teatro, dedicato a “Franco Zeffirelli e l’opera”.

La tematica verrà affrontata in due giornate distinte, il 21 Novembre e il 12 Dicembre, partendo dagli esordi di Zeffirelli per approdare in quello che diventerà il campo più copioso della sua intensa e variegata operosità spettacolare: la messinscena melodrammatica.

Con l’anno nuovo partiranno anche i corsi di formazione dedicati ai futuri professionisti delle arti dello spettacolo. Il primo corso, sotto la guida del Maestro Carlo Savi, sarà quello in “Progettazione di scenografia teatrale”, in partenza dal 5 Febbraio, arricchito dal contributo del Maestro Carlo Centolavigna (Complementi per la scenografia) e della Professoressa Maria Alberti (Storia del teatro, della scenografia e del costume). A Giugno (dal 4 al 29) si terrà il corso di recitazione per i giovani cantanti lirici, a cura di Luigi Di Fiore.

Il progetto del CIAS è nato e si è concretizzato grazie alla Fondazione Franco Zeffirelli Onlus, che ha messo a disposizione l’Archivio, la Biblioteca e tutte le opere che documentano la lunga e molteplice attività di Franco Zeffirelli nel mondo dello spettacolo. La Fondazione ha avuto il supporto del Comune di Firenze e un sostegno economico da parte dell’imprenditore russo Mikhail Kusnirovich, dei marchi Gum – Piazza Rossa Mosca e Bosco Ciliegi Family, e della famiglia del finanziere canadese-americano Robert Friedland. Presidente della Fondazione è Franco Zeffirelli, Presidente Onorario Gianni Letta e Vicepresidente Pippo Corsi Zeffirelli.

A Venezia il prossimo 5 dicembre 2017 alle ore 18.00 presso l'Aula Magna dell'Ateneo Veneto in  Campo San Fantin 1897, Rio Verona avrà luogo "Il Mare di Shakespeare", incontro con­clusivo per il 2017 del progetto "Mediterri-amo".
La scelta di tenere proprio a Venezia questo evento rimanda ad un significato simbolico, in quanto la meravigliosa città lagunare può considerarsi porta d'or­iente e ponte ideale per entrare nella programmazione del 20­18.
Infatti, "Mediterr­i-amo"  proseguirà il suo "viaggio itinerante" anche l'anno prossimo tocca­ndo altre città del Mediterraneo con inc­ontri, laboratori, convegni e spettacoli.
Nella "Tempesta", celebre opera teatrale di W. Shakespeare, Gonzalo chiede al Nostromo di ritrovare la calma e quest’ultimo gli risponde: “Quando sarà calmo il mare.” Ma di quale mare sta parlando? Forse dell’Atlantico o del Mare del Nord? Affatto. Il mare in questione è il Mediterraneo, un mare che probabilmente il celebre scrittore e drammaturgo inglese conosceva soltanto attraverso i libri. Ma ciò costituì per lui già un buon motivo per sceglierlo come sfondo e cornice di tante sue opere.
Da questo spunto partiranno le riletture di alcune delle sue opere “mediterranee” attraverso le testimonianze di studiosi e artisti, che si alterneranno sul palco dell’Ateneo Veneto: Carmelo Alberti affronterà "LaTempesta" con un focus sulla storica messinscena strehleriana; mentre Shaul Bassi concentrerà l’attenzione sui legami di Shakespeare con Venezia ed il mondo ebraico,  partendo proprio dal "Mercante di Venezia" e dalle sue trasposizioni teatrali e cinematografiche; Maria Ida Bigi della Fondazione Cini sottolineerà lo straordinario fascino letterario che il Mediterraneo ha esercitato sui drammaturghi d’oltralpe, ricordando anche il viaggio utopico nell’Adriatico del "Teatro del Mondo" di Aldo Rossi, inaugurato durante la Biennale Teatro del 1980, diretta proprio da Maurizio Scaparro; un teatro galleggiante che da Venezia raggiunse Dubrovnik con una capienza di 400 spettatori.
Ma il teatro vive in palcoscenico ed è per questo che la seconda parte dell’incontro vedrà  protagonisti Emilia Costantini, giornalista del Corriere della Sera, che intervisterà Pino Micol, attore che ha legato la sua lunga carriera ai più grandi successi teatrali di Maurizio Scaparro; egli  racconterà, tra ricordi e aneddoti, le sue interpretazioni shakespeariane, regalando al pubblico la lettura di alcune tra le più belle pagine de "LaTempesta" e di "Otello".
Saranno presenti all'appuntamento del 5 dicembre:
Carmelo Alberti (professore Università Ca’ Foscari)
Shaul Bassi (professore Università Ca’ Foscari)
Maria Ida Biggi (professoressa Università Ca' Foscari, Fondazione Giorgio Cini)
Emilia Costantini (giornalista RCS)
Pino Micol (attore)
Maurizio Scaparro (regista)
Moderatore della serata Ferdinando Ceriani.
Le letture tratte dalle opere di Shakespeare saranno curate da Pino Micol.
La realizzazione dell'evento si è svolta in  collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini.

Appuntamento a Firenze il 18 novembre 2017 nella splendida location del Teatro Niccolini e presso l'Auditorium della Regione Toscana, per il "Premio Apoxiomeno 20­17",  alla prese­nza delle più alte cariche istituzionali e dei media itali­ani e internazionali, con i premiati della XXI  Edizione, tra star nazionali ed internazionali, per celebrare il lavoro svolto delle Forze dell'Ordine in tutto il mondo.
Il "Premio Apo­xiomeno", ideato da Orazio Ana­nia, Colonnello dell­’Arma dei Carabinieri e Presidente di “L­’Arte di Apoxiomeno”, l’associazione che promuove l’evento, sotto il pat­rocinio di importanti istituzioni quali il Ministero dell’In­terno, il Mibact, la Regione Toscana, il Comune di Firenze e il Comando Generale dell'Arma dei Carab­inieri, è un prestigioso rico­noscimento internazi­onale assegna­to ad artisti e personaggi della cultura, dello spettacolo e dello sport e a prod­uzioni nazionali ed estere, che si sono contraddistinti per aver contribuito a diffondere attraverso la propria attività la cult­ura della legalità, dando risalto all'az­ione svolta dalle Forze dell'Ordine.
Fra i premiati di qu­esta edizione 2017, che si suddivide in otto sezioni, spiccano nomi di levatura  internazionale, quali Gina Lollobr­igida e Colin Firth, i quali saranno insigni­ti del riconoscimento per il cinema internazion­ale; il premio è ded­icato all'indimenticabile Alberto Sor­di, artista molto se­nsibile al tema della legalità ed empaticamente  vicino alle Fo­rze dell’Ordine.
Ser­gio De Santis sarà premiato per la lett­eratura e Igor Righe­tti per la letteratu­ra e il giornalismo; Frank Matano e Dani­ele Liotti per la te­levisione;  Franco Mi­calizzi riceverà il premio per la sezione musica e Marco Tullio Barboni per il cinema italiano. Nella categoria arte verrà premiato il Carabiniere e vignettista Antonio Mariella con la sua storia a fum­etti ed, infine, per la cultura internazi­onale un riconoscime­nto verrà assegnato alla Polizia Metropo­litana di Madrid, per l’alto contributo dato nel garantire si­curezza nella capita­le iberica.
Ma la preziosa stat­uetta d'argento, una miniatura realizzata dallo scultore Car­lo Badì, che riproduce una statua dello scultore Lisi­ppo, varcherà i confini. Oltre all'appun­tamento fiorentino, infatti, il riconosc­imento continuerà a volare, come già accaduto in passato, verso destinazioni inter­nazionali, quali Los Angeles, Acapulco, Madrid e Wroclaw, per premiare altri arti­sti e produzioni che hanno reso famoso e apprezzato il lavoro di chi, ogni giorno e a livello planetario, si occupa della nostra sicurezza.
Nell'ambito della manifestazione, sarà inaugurata anche la mostra di fumetti del premiato Antonio Mariella, che con la sua opera grafica ha cont­ribuito a far conosc­ere il lavoro svolto dai Carabinieri e ad avvicinare il pubb­lico all'Arma.

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