Marco Rizzo in un articolo del quotidiano libero a firma di Roberto Tortora, e alla trasmissione fuori dal coro di Mario Giordano alla rete 4, va al attacco della sinistra e dell'europa
Ventotene, simbolo della visione federalista e dell’unità europea, torna a far discutere. Durante una manifestazione tenutasi a Bologna, è stato Romano Prodi a riportare al centro dell’attenzione il celebre Manifesto di Ventotene, richiamando l’importanza della sua eredità nella promozione dell’unità politica del continente.
Ma l'intervento di Prodi non è passato inosservato. Alla domanda di una giornalista di Rete 4 sul significato attuale del Manifesto, l'ex presidente della Commissione europea ha reagito con un gesto poco ortodosso – una tirata di capelli – che ha suscitato polemiche.
A criticare apertamente l'episodio è stato Marco Rizzo, leader di Democrazia Sovrana Popolare, che ha colto l’occasione per attaccare frontalmente l’ex premier:
“Chi a Bologna invoca Ventotene tradisce se stesso e il suo passato”,
ha dichiarato senza mezzi termini, accusando Prodi di incoerenza rispetto agli ideali originari del manifesto, spesso invocati a parole ma disattesi nei fatti.
La polemica riaccende il dibattito su cosa significhi oggi richiamarsi a Ventotene e se davvero l’Unione Europea attuale rispecchia i principi fondativi immaginati da Altiero Spinelli e gli altri autori del manifesto redatto in esilio.
Il motivo è da ricercare in una lettura storica e politica ben precisa. Come ha spiegato in un’intervista a Il Tempo, la costruzione dell’Unione Europea è stata, fin dalle origini, percepita dai comunisti come uno strumento di influenza statunitense sul Vecchio Continente. Non a caso, nel 1957, quando si votò sul trattato istitutivo del Mercato Comune Europeo, i comunisti furono i primi a votare contro, mentre i socialisti optarono per l’astensione, segnando una differenza ideologica importante.
Un altro elemento chiave riguarda la figura di Altiero Spinelli, considerato uno dei padri fondatori dell’Europa unita. Tuttavia, il suo background trotzkista e la sua marginalità all'interno del PCI lo resero un personaggio di scarso peso politico in quel contesto. Come ricordato da molti, persino al Parlamento Europeo, dove pure fu eletto, Spinelli per prendere la parola doveva affidarsi al tempo concessogli da Marco Pannella: un dettaglio emblematico del suo limitato spazio politico nella sinistra comunista dell’epoca.
Questi elementi storici mettono in discussione la narrazione corrente che dipinge Ventotene e il sogno europeo come una naturale prosecuzione della sinistra italiana, quando in realtà la diffidenza dei comunisti verso l’integrazione europea affonda le radici in una visione geopolitica ben definita, lontana dall’europeismo che oggi molti rivendicano.
E poco conta se l’ex premier Romano Prodi non condivide queste critiche. Per Marco Rizzo, le responsabilità sono chiare e hanno un nome e un cognome: proprio quello di Prodi. Secondo il leader di Democrazia Sovrana e Popolare, è stato lui uno dei principali artefici delle trasformazioni che hanno compromesso la sovranità economica e politica dell’Italia.
«È stato Prodi – accusa Rizzo – a spingere per le privatizzazioni, aprendo la strada alla svendita di pezzi strategici dello Stato, ed è sempre lui che ha gestito il processo di ingresso dell’Italia nell’euro». Una svolta che, secondo molti critici, ha segnato il definitivo allineamento dell’Italia alle logiche dei mercati internazionali, a discapito degli interessi popolari e nazionali.
Rizzo non dimentica neppure certe dichiarazioni rimaste celebri: «Lo stesso Prodi assicurava che con l’Europa avremmo lavorato un giorno in meno. Oggi vediamo il risultato: precarietà, perdita di diritti e aumento delle disuguaglianze».
Il giudizio è netto: «Proprio a causa di personaggi come lui – conclude Rizzo – la sinistra ha smesso di rappresentare il popolo per diventare la voce delle banche, dei poteri forti e della globalizzazione. Un tradimento culturale e politico che oggi si tenta di nascondere dietro la retorica europeista, ma che la storia non potrà dimenticare».
Alla domanda sul perché non creda più nella sinistra, Marco Rizzo, presidente onorario del Partito Comunista, risponde con la franchezza che lo contraddistingue:
«Ho smesso di crederci nel momento in cui la sinistra di Berlinguer, quella che lottava davanti ai cancelli della Fiat per i diritti degli operai, si è trasformata nella sinistra dei carri del Pride».
Un cambiamento radicale, secondo Rizzo, che ha snaturato la missione originaria del movimento: dalla difesa delle classi popolari e lavoratrici, a un progressismo che spesso sembra preoccuparsi più delle mode culturali che dei problemi concreti delle persone. Ma non è solo una questione di priorità tematiche: «La cosa più grave – sottolinea – sono le infinite contraddizioni che oggi abitano la sinistra». Una sinistra che, a suo dire, predica inclusione e uguaglianza ma si è legata mani e piedi a poteri economici e sovranazionali, perdendo così qualsiasi credibilità agli occhi del popolo.
Ogni riferimento a Elly Schlein e alla sua linea politica? Forse non sarà esplicito, ma il messaggio è chiaro: per Rizzo, la sinistra di oggi ha perso la propria anima, abbandonando i valori concreti del lavoro, della giustizia sociale e della sovranità popolare.
Corsa al riarmo: siamo europeisti e facciamo la guerra. È tutto un inganno?
È questo il tema al centro del dibattito a Fuori dal Coro, il programma d’approfondimento condotto da Mario Giordano su Rete 4. Tra gli ospiti in studio, Marco Rizzo, leader di Democrazia Sovrana Popolare, interviene con toni accesi e un messaggio chiaro: è ora di superare le vecchie contrapposizioni ideologiche e costruire un fronte popolare contro le élite che guidano l’Unione Europea verso scelte pericolose.
«Questa corsa al riarmo, mascherata da europeismo, è una truffa politica e sociale – denuncia Rizzo –. Si parla di Unione, ma si promuove la guerra, si parla di pace, ma si finanziano gli eserciti. È un gioco di prestigio, e i prestigiatori stanno nei palazzi del potere. Ma è tempo di smascherarli».
Per Rizzo, infatti, il vero scontro non è più tra destra e sinistra, ma tra l’alto e il basso, tra chi comanda e chi subisce.
«Dobbiamo cambiare prospettiva: oggi la lotta è tra il popolo e le élite, tra chi paga il prezzo delle guerre e chi ne trae profitto», afferma con forza. La sua è un’accusa netta contro le classi dirigenti europee, ree di aver tradito il progetto originario dell’Europa unita, trasformandolo in un meccanismo al servizio delle grandi potenze economiche e militari.
In un contesto internazionale sempre più instabile, Rizzo lancia un appello all’unità popolare: «Solo rompendo lo schema destra-sinistra possiamo difendere la sovranità, la pace e gli interessi concreti del popolo».
Sui social, si registra un’ampia ondata di consensi nei confronti di Marco Rizzo, protagonista di un intervento particolarmente incisivo a Fuori dal Coro. Tra i commenti più virali su X (ex Twitter) spicca quello di un utente che sintetizza così il pensiero di molti:
«I prestigiatori dell’Unione Europea sfornano illusioni a ripetizione: parlano di diritti e democrazia, mentre impongono diktat e miseria. Marco Rizzo li smaschera con una frase tagliente: altro che europeismo, qui siamo davanti a illusionisti che truccano le carte per fregare i popoli».
Un giudizio che trova sponda anche in ambienti istituzionali. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca il generale Roberto Vannacci, oggi europarlamentare della Lega, che non usa mezzi termini:
«L’Europa che ci stanno proponendo è una follia, una congregazione di burocrati che cerca di truffare i cittadini. Come hanno fatto con il Green Deal, ora provano a farlo con la guerra e il riarmo, alimentando l’allarmismo per spingerci verso spese comuni e, di fatto, verso un trasferimento di sovranità nazionale a Bruxelles».
Vannacci non si ferma qui e attacca anche la retorica sulla sicurezza:
«Da un lato agitano lo spettro di una fantomatica invasione russa, dall’altro ignorano la vera emergenza: l’invasione già in corso, quella dell’immigrazione illegale che sta trasformando la nostra società. Non è un’opinione, ma un dato oggettivo: i numeri del Ministero degli Interni parlano chiaro sulla correlazione tra immigrazione e criminalità».
Parole forti, che riflettono una crescente sfiducia nei confronti dell’attuale direzione politica europea e alimentano un dibattito sempre più polarizzato tra chi difende un’Europa dei popoli e chi denuncia un’Europa delle élite.
Fonte libero e fuori dal coro