Joseph de Maistre e lo spirito dei tempi
Fra le sensazioni avute leggendo il libro a cura di Giuseppe Brienza Le serate di San Pietroburgo, oggi, (Presentazione di Alain de Benoist, Edizioni Solfanelli, Chieti 2025, pp. 182), la prima è stata che la “Weltanschauung cattolica”, chiamiamola così, pur riconoscendo un forte debito culturale negli ultimi due secoli nei confronti di filosofi e teologi poderosi e originali come Joseph de Maistre, ha avuto uno sviluppo fecondo e molto moderno nel misurarsi con efficacia coi problemi del tempo. Il libro appare subito come una fonte di grande intensità e profondità per la varietà e la coerenza degli interventi, perché ci fa immergere nell’immenso patrimonio culturale dell’Occidente, un patrimonio che è insieme di natura letteraria, filosofica, politica, religiosa.
L’egemonia morale non appartiene a nessuna parte politica o religiosa, la società si evolve in conseguenza di un costante e proficuo dialogo fra le religioni e le culture, ma si avverte nei 40 interventi raccolti nel volume una tensione etica inusitata e difficile da trovare oggi. È un’operazione culturale meritevole e di grande rilievo critico di intellettuali laici e religiosi comunque accomunati da una visione coerente e non omologante, alternativi al politically correct ma anche alla superficialità dilagante fra i predicatori dei Social Network.
Le serate di San Pietroburgo, oggi è un libro che va letto soprattutto da chi ha un pensiero diverso da quello cattolico, perché molti temi – per la profondità e la coerenza degli interventi proposti assumono una luce diversa e aprono nuovi orizzonti di interpretazione.
Gli interventi sono inseriti in aree tematiche molto attuali e stimolanti, e richiederebbero ulteriori approfondimenti e urgenza di contributi da parte di chi ama discutere sulle idee di culture anche diverse dalla propria, in quanto non ha paura di conoscere e confrontarsi con idee altrui, solo ha paura dell’ignoranza.
La prima cosa, intanto, che mi ha favorevolmente impressionato di questo terzo volume, è la presentazione di Alain de Benoist, saggista, conferenziere, giornalista e sociologo francese molto complesso, non facilmente inquadrabile in un movimento culturale o in un’ideologia convenzionale, secondo le categorie moderne, ma che si può riassumere senza particolari difficoltà. De Benoist è infatti un filosofo e scrittore a tutto tondo contro gli imperialismi, contro il liberalismo e la globalizzazione, tutti fenomeni epocali che svuotano di significato le democrazie rappresentative. Allo stesso tempo de Benoist è a favore delle piccole patrie e delle identità regionali, comunque inserite in un’Europa unita dal forte senso di appartenenza continentale.
Coerentemente con questo pensiero, egli è contro il razzismo e l’antisemitismo ma, nello stesso tempo, anche contro il cosiddetto melting pot, ossia una società cosmopolita che permette la commistione di persone di origini, culture, etnie e religioni diverse, in particolare quelle arabo-musulmane. De Benoist attinge, nell’elaborazione di questo pensiero, un po’ ecletticamente ma intelligentemente, da ideologie e pensatori diversi, che vanno da Martin Heidegger a Ernst Jünger, da Yukio Mishima a Niccolò Machiavelli, da Carl Gustav Jung a Oswald Spengler, dal marxismo all’ecologismo, dall’anti-capitalismo al socialismo, tanto che il movimento culturale della Nuova Destra (Nouvelle Droite), di cui è ritenuto fondatore (ma da cui pare essersi allontanato), si propone come una Destra Nuova, alternativa non solo alla sinistra e al capitalismo, ma anche alla destra fascista o sciovinista, filostatunitense e nazionalista.
Coerentemente con questo pensiero de Benoist nella sua Presentazione afferma di essere estraneo alle opzioni teocratiche del pensiero controrivoluzionario di Joseph de Maistre, mentre del Conte savoiardo apprezza la sua importanza nel campo delle idee. Egli valuta anche la circostanza straordinaria per cui, a più di due secoli dalla morte dell’Autore delle “Serate di San Pietroburgo, o Colloqui sul governo temporale della Provvidenza” (1821), ci sono ancora ricercatori che ne riconoscono il valore di «pensatore intellettuale di grande rigore morale e originalità politica» e vogliono pertanto cercare di far rivivere «lo spirito delle Soirées de Saint-Pétersbourg».
Accennando a qualcuno dei contributi contenuti nel III Volume, cominciamo con quello sulla bioetica firmato da Matteo Orlando, dal titolo Eutanasia: se la conosci la combatti. Parlando di un libro di don Gian Maria Comolli, il Direttore di inFormazioneCattolica.it si sofferma sugli esiti mortiferi che discendono dalla legalizzazione della c.d. “dolce morte” nei Paesi citati del Nord Europa, che hanno oramai aperto la pratica eutanasica anche ai minori.
Lo stesso don Comolli scrive sulla maternità surrogata (Dal desiderio di maternità alla maternità surrogata), sottolineando come in una società come quella occidentale post-cristiana la fede in Dio e la ragione si stiano sempre più affievolendo e, per questo, hanno portato ad un fenomeno che ha trasformato abusivamente il desiderio di maternità in diritto, dando luogo alla c.d. “maternità sostitutiva” o “utero in affitto”. Che è una pratica che consiste nell’impegno di una donna a farsi fecondare, rendendo poi disponibile “a pagamento” il proprio utero per il corso della gravidanza, con l’obbligo di consegnare ai committenti il bambino dopo la nascita. Un fenomeno inaccettabile e insopportabile, un evidente “schiaffo sociale” alla rispettabilità e alla dignità del sesso femminile come pure ai diritti del nascituro.
Sul comunismo scrive ancora Matteo Orlando, recensendo un mio romanzo dal titolo Il quadro di Stalin [cfr. L’icona (e il quadro) di Stalin]. Il suo contributo prende spunto da una blasfema icona raffigurante Iosif Stalin in piedi, la mano infilata nel lungo, distintivo cappotto, accanto alla veggente venerata come santa dalla Chiesa ortodossa russa Matrona la Cieca (1885-1952). Una blasfema icona che esalta un dittatore spietato che è stato artefice tra gli anni Venti e Trenta di feroci persecuzioni, fra l’altro, contro la stessa Chiesa ortodossa, radendone al suolo i luoghi di culto e ordinando l’esecuzione di decine di migliaia di religiosi. Nel quadro, Stalin è raffigurato come un credente e ciò che è ancora peggio è che questa “icona” è stata recentemente esposta nella principale chiesa georgiana, l’imponente Cattedrale di Sameba, nel cuore di Tbilisi.
Sul tema Famiglia-Educazione-Scuola scrive un bell’articolo Giuseppe Brienza (cfr. Diritto dei genitori di educare i loro figli? “Rispettato secondo le leggi nazionali” secondo l’Ue). L’autore parla dell’educazione dei figli nell’Ungheria di Viktor Orbán, che scatena da almeno un decennio, a intervalli regolari, la polemica tra i media e i partiti italiani, cioè tra quelli favorevoli al leader sovranista magiaro e quelli a lui sistematicamente contrari. Gli scontri sono spesso roventi e ideologici e dividono chi, come partiti e leader del centro-sinistra, parteggia sempre e comunque per l’Unione europea e contro la Russia e chi, come la Lega di Salvini e Forza Italia, ha una posizione maggiormente articolata e, comunque, tendenzialmente critica verso Bruxelles e “comprensiva” verso la politica di Vladimir Putin. A tale divaricazione – scrive l’autore - hanno contribuito anche le accuse, da tempo rivolte al governo ungherese, di essere il “cavallo di Troia” della Russia in Europa e nella Nato, avendo lasciato liberi i servizi segreti della Federazione russa di scorrazzare nella rete informatica del ministero degli affari esteri di Budapest e tacendo il fatto agli alleati. Se questo tipo di addebiti sembrano realistici, sinceramente lasciano perplessi le continue procedure di biasimo e infrazione rivolte all’Ungheria dalla Commissione e da altre Istituzioni europee.
Nell’ambito della tematica Italia: storia politica e identità culturale è dello stesso autore un altro articolo, di natura culturale e religiosa che risulta, anche per gli echi danteschi, appassionante (cfr. Papa Celestino V e la perdonanza nel XXI secolo). Brienza vi ritrae la figura del Pontefice-eremita “che fece per viltade il gran rifiuto” e, con racconto preciso e coinvolgente, narra la storia del benedettino Pietro Angelerio, nato in Molise, passato alla storia come papa Celestino V. Un protagonista che, sicuramente, ha tracciato in profondo l’identità del nostro Paese e, con Joseph de Maistre, meriterebbe di essere riscoperto.