Scirè: il relitto del sommergibile riconosciuto come “sacrario militare subacqueo”
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Il 23 giugno 2025 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (Serie Generale - n.143) il testo del disegno di legge S.1265, approvato in via definitiva al Senato il precedente 28 maggio, per il riconoscimento del relitto del regio sommergibile Scirè quale sacrario militare subacqueo.
La proposta, a prima firma del deputato di Fratelli d’Italia Paola Chiesa, oltre che per motivazioni morali e onorifiche, si giustifica perché ancora oggi le imprese del sommergibile che fu assegnato alla flottiglia X Mas e affondato nel 1942 con 60 militari a bordo sono studiate, insegnate e citate in tutti i libri di storia navale, nelle scuole dei sommergibilisti e nelle accademie navali delle maggiori Marine del mondo. E sono grazie a Dio insegnate, per lo più, senza concessioni alla censura del Politicamente Corretto. Quella, ad esempio, che ha caratterizzato l’approvazione del provvedimento a Palazzo Madama e che ha costretto giustamente il relatore del ddl, il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia, ad astenersi. Ma perché, cosa è mai potuto succedere da indurre uno dei principali promotori di questo storico riconoscimento a tirarsi fuori?
Ecco cos’è successo, che il regio sommergibile è stato comandato durante la Seconda Guerra Mondiale dal “principe nero” Junio Valerio Borghese (1906-1974). I cui meriti, una Medaglia d’Oro al Valor Militare su tutti, tributata nel 1941 per le sue eroiche imprese alla guida dello Scirè appunto, non sono certo riconosciuti in quanto fascista (critico peraltro) bensì in qualità di Comandante della Marina italiana!
Il suo primo merito fu quello di animare e guidare un gruppo di uomini, i suoi sommergibilisti, «tutti legati da un vincolo infinitamente più stretto di quello imposto dalla disciplina… Era la stima che ci univa, la stima nelle reciproche qualità» (Junio Valerio Borghese, Decima Flottiglia Mas, Roma 1965, p. 59).
L’aula del Senato, approvando per alzata di mano il ddl Scirè, ha avuto sì tutti voti favorevoli ma, decidendo pilatescamente di non modificare il testo già passato a Montecitorio, quello con l’imprecisa (e diremmo ideologica) espressione «morti per responsabilità dei regimi nazional-socialista e fascista» (art. 1) con riferimento alle vittime del sommergibile, ha portato giustamente il relatore del ddl in Senato Menia, che aveva chiesto di correggerla, ad astenersi. Una astensione «coerente», ha spiegato all’Ansa il parlamentare di FdI, perché «un sacrario con lo stigma non si è mai visto».
Il sommergibile oggi sacrario militare è sempre stato inviso alla sinistra italiana tanto per il richiamo nell’immaginario collettivo con il “Comandante Borghese” quanto perché trae il nome dalla regione dello Scirè in Etiopia, teatro della storica battaglia tra truppe italiane ed abissine durante la guerra mussoliniana del 1935-36. I paraocchi dell’ideologia impediscono ancora di riconoscere che lo Scirè è sempre stato una unità della Regia Marina italiana, indimenticabile per aver portato a termine con sprezzo del pericolo missioni che sembravano impossibili, come l’affondamento delle navi da battaglia britanniche Valieant e Queen Elizabeth nel dicembre 1941 (la c.d. impresa di Alessandria).
Come ricordato in effetti dal senatore di Fratelli d'Italia Sergio Rastrelli, «il sommergibile Scirè è stato realmente un sommergibile ammantato di gloria, custode di una storia gloriosa e simbolo del valor militare e dei marinai di tutti i tempi, un pugno di italiani che sono diventati leggenda. Quella storia ci impone di custodire quei valori per i quali donarono la vita, con coraggio e per amor di patria» (post del 31 maggio 2025).
Appartenente alla classe “600”, questo sommergibile era dotato di siluri a lenta corsa (Slc), soprannominati “maiali”. Dopo un patto raggiunto dai governi di Italia e Israele, dal 2 settembre al 28 settembre 1984 si sono svolte, le operazioni di recupero di 42 salme. Le parti del relitto recuperate sono conservate al museo della base navale di Augusta, al Museo navale di Imperia, all’Arsenale della Spezia e all’Arsenale di Venezia, mentre il basamento del cannone con parte del fasciame è conservato al Sacrario delle bandiere al Vittoriano. Nel 2002 il relitto è rimasto danneggiato in un incidente dalla dinamica poco chiara: secondo alcune fonti alcune unità della Marina statunitense avrebbero cercato di recuperare, nel corso di un’esercitazione congiunta con forze israeliane, il relitto, mentre secondo altre si sarebbe trattato semplicemente dell’incaglio accidentale delle ancore di tali unità nel relitto dello Scirè. Successivamente a tale evento subacquei della Marina Militare hanno provveduto a sigillare il relitto per impedire a subacquei di penetrarvi.
Il 4 dicembre 1970 il noto giornalista Giampaolo Pansa (1935-2020), allora redattore de “La Stampa”, si presentò al Comandante Borghese chiedendogli un’intervista a pochi giorni del presunto colpo di Stato passato alla storia come “golpe Borghese” (tentato nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970). Contro le previsioni del giovane giornalista di sinistra, Borghese si rese disponibile dandogli un appuntamento il giorno successivo nel suo ufficio di Roma. Da questo incontro di diverse ore nacque un articolo-intervista pubblicato il 9 dicembre dello stesso anno sul quotidiano di Torino allora diretto da Alberto Ronchey (1926-2010). Sarà l’ultima uscita pubblica dell’eroe della Seconda guerra mondiale. Borghese nel 1969 aveva lasciato il Movimento Sociale Italiano al quale aveva aderito nel dopoguerra e, al tempo dell’incontro con Pansa, stava attraversando la fase finale della sua effimera esperienza politica del Fronte Nazionale (1968-71). La versione integrale della sua ultima intervista è stata pubblicata per la prima volta dalla piccola editrice Palazzi di Milano nel 1971 e, da molti anni fuori commercio, è stata riproposta nel 2022 dalla Biblioteca Universale Rizzoli (Milano 2022, pp. 272) con il titolo Borghese mi ha detto. L’ultima testimonianza del Principe nero. Arricchita con vari e interessanti documenti in appendice, compreso un prezioso ricordo scritto da Pansa nel 2004 sul quotidiano la Repubblica nel quale ripercorre la storia del suo incontro con il principe nero, questo libro-testimonianza rappresenta un’analisi lucida e appassionata di una parte della politica e della società italiana dei primi anni Settanta e ripercorre anche le vicende personali che, dopo l’8 settembre 1943, videro Borghese aderire alla RSI per riscattare l’onore dell’Italia, tanto da confessare a questo proposito Pansa: «il fascismo non c’entra, con la X Mas vale l’onore».
Il “Comandante” alla fine della guerra civile italiana fu tra coloro che tentarono tutto il possibile per evitare alla Patria un finale ancora più tragico di quello che è stato poi vissuto, riflettendo quel passato di tensione morale e di scelte coraggiose che hanno coinvolto migliaia di Italiani della sua generazione. Senza tralasciarne anche i gravi errori ma, come testimonia onestamente lo stesso Pansa, neanche la corretta individuazione di limiti, contraddizioni e tradimenti che sono all’origine della Repubblica Italiana. Cattivi auspici di cui siamo ancora oggi costretti a scontare le conseguenze e che, nella sua introduzione al libro del 1971, il grande giornalista registrava “profeticamente” così: «al di là dei limiti del personaggio Borghese, i testi che qui pubblichiamo documentano uno stato di malessere e un’insofferenza che si fanno sempre più strada, soprattutto nella media e nella piccola borghesia. Chiudere gli occhi, immaginare che non esistano, negare che abbiano radici concrete (ad esempio, nella crisi dei partiti), è pericoloso e, alla lunga, potrà diventare suicida» (p. 13).


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