Del terrorista che per trentasette anni è sfuggito alla giustizia italiana che lo ha condannato all'ergastolo per quattro omicidi, sembra essere rimasto poco. Chi lo ha visto nella saletta dell'aeroporto di Ciampino per le procedure di notifica degli atti racconta di averlo visto "quasi come liberato da d un peso", come racconta l'agenzia Agi. L'ex terrorista ha anche ringraziato la polizia per il trattamento avuto nelle fasi successive all'arresto e per essere stato fornito di abiti più pesanti di quelli che indossava.
In cella da solo e 6 mesi di isolamento diurno è il trattamento carcerario che sarà riservato al terrorista rosso. Nel carcere di Rebibbia Battisti sarà collocato nel circuito di alta sicurezza riservato ai terroristi. Non potendo però in questa fase condividere l'ambiente detentivo con altri soggetti, ci sarà per lui una sistemazione ad hoc. Inoltre, dovendo scontare la pena dell'ergastolo, sarà sottoposto per 6 mesi ad isolamento diurno.
Trentasette anni. Oltre 13mila giorni. Tanto è durata la latitanza di Cesare Battisti. Dopo esser fuggito in Francia e in Messico, il terrorista si era nascosto in Brasile, dove pensava di vivere tranquillamente fino alla fine dei suoi giorni. Ma l’elezione di Jair Bolsonaro ha cambiato tutto. Il leader dell’ultradestra verde-oro ha preso subito la palla al balzo e, come segno di rottura rispetto all’epoca di Lula e Dilma Rousseff, ha deciso fin da subito di offrire il latitante all’Italia, dopo la richiesta del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
La polizia, ieri, è stata chiara.L'arresto di Battisti è stato possibile grazie a una svolta politica, dovuta soprattutto all’ascesa di Bolsonaro, che ha rappresentato un vero e proprio punto di rottura nella storia del Brasile.
Il terrorista era fuggito in Bolivia, dove poteva contare su un’importante rete di covi e di contatti. Ma alla fine è stato scaricato perfino dagli stessi uomini politici che in questi anni lo avevano sostenuto, nascosto e finanziato. Ormai era inutile. Non serviva più.
C’è un altro Brasile, molto più duro, ideologico, anti-comunista e legato agli apparati della sicurezza. Bolsonaro punta su quel Brasile, quello che è contrario a tutto ciò che hanno rappresentato i suoi predecessori. C’è un senso di rivalsa senza precedenti, volontà di damnatio memoriae rispetto alle amministrazioni passate. E Battisti fa pare di quel mondo che la nuova presidenza vuole debellare il prima possibile, con la durezza tipica dei leader dell’ultradestra.
L’ultima fuga del membro dei Pac e autore di quattro omicidi è iniziata a metà dicembre, quando il trionfo elettorale dell’ultradestra di Jair Bolsonaro fa capire a Battisti che il vento, in Brasile, è cambiato. Non è più lo stesso Paese che l’ha protetto per anni: Lula e Dilma Roussef non ci sono più e Bolsonaro non è Michel Temer.
Cosi a metà dicembre cambia il vento in Brasile e cambia anche la percezione dell’intelligence italiana e dei reparti della Pubblica sicurezza che da anni sono alle calcagna di Battisti. Sono due in particolare gli uomini che seguono le tracce del terrorista e che sono pronti a scattare non appena percepiscono che l’uomo è pronto alla fuga: Lamberto Giannini, capo dell’Antiterrorismo, e Nicolò D’Angelo, vicecapo della Polizia di Stato e direttore centrale della Polizia criminale e dei Servizi di cooperazione internazionale della Polizia. I due si sono ringraziati a vicenda: Giannini lo ha fatto pubblicamente in un’intervista al Huffington post in cui ha ricordato lo splendido lavoro dell’intelligence italiana.
I due hanno lavorato a stretto contatto per molto tempo. Vengono da una carriera dura fatta di inseguimenti e cacce senza tregua di super-latitanti. E per uno come Battisti, abituato a fuggire e soprattutto coperto per anni da una fitta rete di protezione internazionale, servivano due uomini d’esperienza capaci di leggere le mosse del membro dei Pac prima che queste diventassero realtà. Prevedere, arrivare un attimo prima, incrociare i dati. Una strategia costante che ha portato alla cattura in Bolivia dopo settimane in cui il telefono di Battisti si era attivato per poi sparire dai radar di nuovo. Ma è stato proprio quello a far scattare di nuovo i segugi della Polizia di Stato.
Ciondolava come un cittadino qualunque per le stradine di Santa Cruz de La Sierra, il terrorista dei Pac, Cesare Battisti. Anche se non era affatto tranquillo: questa volta era diverso, e lui lo sapeva. Il neo presidente brasiliano gliela aveva giurata, e la rete di protezione si era indebolita dopo la caduta di Lula. Sarà per questo che da qualche tempo aveva cercato rifugio in una altra via di fuga, quella dell'alcool.
Beveva molto, gli investigatori hanno accertato anche questo. Tanto che al momento dell'arresto gli uomini della polizia boliviana, quelli dell'Interpol, gli 007 dell'Aise e dell'Antiterrorismo che gli stavano addosso, si sono resi conto che era alticcio. A fregarlo, poi, è stata anche quella frenesia di cercare aiuto attraverso i social, soprattutto su Facebook, sintomo di confusione e di una grande debolezza. Si collegava abitualmente per comunicare con gli amici e i parenti. Tanto che è stato accertato che tra chi ha coperto la sua latitanza, ci sono alcuni italiani, brasiliani e boliviani: una decina di persone complessivamente.
"Se non c'era Bolsonaro poteva stare tranquillo in Brasile", ha detto il procuratore generale di Milano, Roberto Alfonso. "Decisiva è stata la collaborazione con la polizia brasiliana, che ha attivato dei canali propri, e il risultato è arrivato con la collaborazione di tutti. Il nostro intervento è stato fondamentale, è stato un gioco di squadra con un ruolo molto importante della Digos di Milano. Dal punto di vista del lavoro siamo soddisfatti".
Il più duro nei confronti del terrorista dei Pac è il Ministro Salvini. "Chi sbaglia paga - dice pochi istanti dopo lo sbarco a Ciampino - Finalmente finirà dove merita un assassino comunista, un delinquente, un vigliacco". Per il ministro dell'Interno si tratta di una "giornata storica per l'Italia". Definisce Battisti "un assassino, un delinquente, un infame, un vigliacco che non ha mai chiesto scusa". E esprime disprezzo per quel "balordo che mi sembrava sogghignante nonostante i morti che ha sulle spalle".
La procura milanese non esclude ora ulteriori indagini sulla rete che, in queste ore, avrebbe tentato di aiutare l'ex latitante a sfuggire alla cattura. "Questo non è un punto di arrivo ma un punto di partenza - promette Salvini - Sono sicuro che le nostre forze dell'ordine con la collaborazione dei servizi stranieri potranno ri-assicurare alla giustizia italiana e alle galere italiane altre decine di delinquenti e assassini che sono ancora a godersi la vita in giro per il mondo". Intanto, Salvini ci tiene "a nome di 60 milioni di italiani" a ringraziare "le forze dell'ordine per questo sole, questa speranza, questa certezza, questa ritrovata fiducia nella giustizia". Perché "il clima è cambiato, chi sbaglia paga". L'Italia oggi "è un Paese sovrano, libero, rispettato, rispettoso e rispettabile".