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Lo possiamo dire a gran voce perché si tratta di un vero e proprio “scacco matto” nei  confronti di Equitalia, l’esito dell’importante ed interessante sentenza n. 212/23/13, depositata il 18 settembre scorso, della Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sez. 23 – Sezione Staccata di Lecce (Presidente Gennaro Labbate, relatore Marcello Marcuccio, giudice Brizio Del Sole) che, in sede di appello, ha accolto le eccezioni formulate da un contribuente difeso dall’avvocato Maurizio Villani ed ha totalmente annullato la cartella esattoriale notificata da Equitalia S.p.a. per posta.

Infatti, i giudici tributari chiamati a giudicare sulla sentenza di primo grado che aveva visto soccombere le ragioni del contribuente, pur rilevando che la deduzione circa l’inesistenza della cartella esattoriale è stata effettuata solo in secondo grado e quindi costituirebbe domanda nuova, poiché si tratta per l’appunto d’”inesistenza”, può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo ed hanno così stabilito correttamente che, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/73, Equitalia S.p.a. non può notificare le cartelle esattoriali direttamente per posta, ma solo attraverso soggetti tassativamente previsti dalla norma.

Si legge nella sentenza che “è di tutta evidenza che il legislatore con la norma richiamata indica espressamente le persone abilitate a procedere alla notificazione della cartella esattoriale che non possono che essere gli “Ufficiali addetti alla riscossione o altri soggetti abilitati dal concessionario”. Solo e soltanto costoro possono avvalersi della notificazione a mezzo posta. Ogni diversa interpretazione viola il disposto della citata norma”. Ma v’è di più.  Ricordano i giudici “che in tema di notifica di atti che incidono sulla sfera patrimoniale del cittadino le norme che dettano rigorose e tassative prescrizioni finalizzate a garantire  il risultato del ricevimento dell’atto da parte del destinatario ed attribuire certezza all’esito del procedimento notificatorio, non consentono altra interpretazione se non quella letterale”.

La corte ha quindi accolto l’appello proposto dal contribuente e in riforma della sentenza di primo grado ha dichiarato l’inesistenza della notificazione della cartella.

Per Giovanni D'Agata, presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, trattandosi di una delle prime decisioni in materia effettuate da una Commissione Tributaria Regionale e quindi in secondo grado, di conseguenza, molte cartelle esattoriali relative ad una miriade di tributi, multe e sanzioni, dovrebbero essere totalmente annullate per inesistenza della notifica se notificate da Equitalia direttamente per posta.

“Per il bene del Paese e per la trasparenza dei conti pubblici, desidero porre dieci rispettose domande al ministro tecnico Fabrizio Saccomanni:

· Prima domanda: che fine ha fatto la Spending Review? Non ci dica che “negli ultimi 3 anni c'è stata una tale contrazione della spesa pubblica che gli spazi per nuovi risparmi sono sempre più limitati”, perché sappiamo tutti che non è così. Anzi, è lo stesso ministro a quantificare questa “rigida contrazione” della spesa primaria in -1,8%. Ancora troppo poco. Soprattutto se andiamo a guardare gli Enti locali.

· Seconda domanda: che fine ha fatto in questo 2013 il piano del suo predecessore Vittorio Grilli, che prevedeva dismissioni del patrimonio pubblico per un punto di PIL, vale a dire 16 miliardi, all’anno?

· Terza domanda tecnica: ci può dire con esattezza, il ministro Saccomanni, a che punto sono i pagamenti della PA con riferimento ai 10 miliardi di debiti per spese in conto capitale che portano a un aumento di 0,5 punti del rapporto deficit/PIL nel 2013? Se quei 10 miliardi non sono stati già tutti erogati, basterebbe sostituirne 2 con pagamenti di spese di parte corrente, che non hanno effetti sul deficit, piuttosto che di spese in conto capitale, e avremmo centrato l'obiettivo del 3%, senza correre il rischio di sforare per un misero decimale.

· Quarta domanda: abbiamo consegnato 7 proposte di copertura al presidente del Consiglio, Enrico Letta, senza ricevere alcuna risposta, né direttamente né indirettamente. Il ministro Saccomanni può dirci cosa ne pensa? Con una buona dose di realismo, ma altrettanto necessaria trasparenza.È troppo chiedere di rispondere a quesiti di questo tipo?Far cadere un governo su un decimale di punto di rapporto deficit/PIL in più o in meno o per 1 miliardo di Iva sarebbe cosa poco comprensibile, sia in Italia sia all’estero. Mentre sarebbe molto più utile un approccio riformatore di medio-lungo periodo, che affronti i problemi in modo strutturale. Piuttosto che sentirsi dire ogni giorno, rassegnati, che non ci sono risorse.Solo le riforme strutturali danno credibilità e stabilità, non l'opaco giorno per giorno.

· Quinta domanda: quanto alla proposta (win-win-win) di rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici, da questa operazione derivano benefici per tutti: per le banche, che si ricapitalizzano e affrontano con meno pathos i parametri di Basilea III; per le imprese e le famiglie, che vedono riaprire nei loro confronti i rubinetti del credito; per lo Stato, che trae vantaggio in termini di gettito.

Portare a 25 miliardi (considerando un rapporto con gli utili pari a 10) il valore del capitale sociale della Banca d’Italia, attualmente pari a 156.000 euro (300.000.000 di lire) e applicando sulle plusvalenze un’aliquota del 16% (sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 23 del D.L. 98/2011), si avrebbe un maggior gettito one-off per lo Stato di circa 4 miliardi. Più che sufficiente a coprire la seconda rata dell’Imu, senza l’introduzione di nuovi balzelli e senza clausole di salvaguardia. Anzi prevedendo un anticipo del versamento d’imposta da parte delle banche interessate entro il mese di dicembre 2013. Cosa ne pensa il ministro Saccomanni?

· Sesta domanda: in vista della Legge di Stabilità 2014-2016, a che punto è l’implementazione di quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2013-2015, approvata lo scorso anno, con riferimento al Fondo per la concessione di un credito di imposta alle imprese che investono in ricerca e sviluppo e per la riduzione del cuneo fiscale (Fondo Giavazzi-Squinzi-Brunetta), finanziato dalla riduzione dei “cattivi” trasferimenti alle imprese? A che punto è l’implementazione del Fondo che contiene gli stanziamenti relativi ai salari di produttività? A che punto è l’implementazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale, finanziato dai proventi derivanti dalla lotta all’evasione, per gli importi non già inclusi nei tendenziali di finanza pubblica? A che punto è l’implementazione del Fondo previsto a partire dal 2014 per l’esenzione dall’Irap delle persone fisiche esercenti attività commerciali, ovvero arti e professioni, che non si avvalgono di lavoratori dipendenti e che impiegano, anche mediante locazione, beni strumentali limitati? Che senso ha approvare tanti bei provvedimenti se poi i ministri competenti non attuano le misure in essi previste?

· Settima domanda: dove sono le linee guida per la Legge di Stabilità 2014-2016 che il governo dovrà presentare alle Camere, previo nulla osta da parte della Commissione europea, secondo quanto previsto dalle nuove regole del Two Pack, entro il prossimo 15 ottobre?

· Ottava domanda: a che punto sono le trattative con l’Europa ai fini dello scomputo nel calcolo del rapporto deficit/Pil delle componenti legate ai terremoti avvenuti a L’aquila nel 2009 e in Emilia Romagna nel 2012? Lo scorso 31 maggio 2013 a Bologna, il presidente del Consiglio, Enrico Letta, affermava:“La caduta del PIL nel 2012 è anche figlia del terremoto, che ha colpito il motore dell’economia italiana. E noi abbiamo bisogno che il motore riparta e che vada al massimo”. L’affermazione del presidente del Consiglio può essere quantificata sia in termini di perdita di PIL, sia in termini di maggior deficit, con riferimento a 2 «esogene» che hanno influito pesantemente sull’andamento dell’economia italiana negli anni della procedura di disavanzo eccessivo (aperta a ottobre 2009): il terremoto a L’Aquila (6 aprile 2009) e il terremoto in Emilia Romagna (29 maggio 2012).

Con riferimento al terremoto avvenuto a L’Aquila, confrontando le previsioni della Commissione europea relative al 2009 elaborate prima del terremoto avvenuto a L’Aquila il 6 aprile 2009 con i dati a consuntivo, questi ultimi dimostrano che in Italia il PIL è crollato di 5 punti in più rispetto alle previsioni. Di questi 5 punti di PIL: 4 punti sono da attribuire alla crisi internazionale (acuita dal fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre 2008); 1 punto di crescita in meno dell’Italia deriva dal terremoto che c’è stato a L’Aquila il 6 aprile 2009.

Con riferimento al terremoto dell’Emilia Romagna, i dati a consuntivo relativi all’anno 2012 dimostrano che in Italia il PIL è crollato di 2,5 punti in più rispetto alle previsioni. Di questi 2 punti di PIL: mezzo punto è da attribuire alla crisi del debito sovrano, che ha colpito l’intera area euro; 1,5 punti di crescita in meno dell’Italia derivano dal terremoto che c’è stato in Emilia Romagna il 29 maggio 2012 e dalle conseguenze che esso ha avuto sull’apparato produttivo di quella regione.

Facendo una stima prudenziale, e attribuendo una caduta del PIL pari a 1 punto percentuale nel 2009 (terremoto a L’Aquila) e a 1 ulteriore punto percentuale nel 2012 (terremoto in Emilia Romagna), ne deriva che i 2 eventi eccezionali hanno generato una riduzione del PIL in Italia, ogni anno a partire dalla data degli eventi, quindi anche sul 2013, di 2 punti percentuali (32 miliardi). Con effetti sul deficit della mancata crescita nel 2013 pari a 1 punto di PIL (16 miliardi).

Se a ciò aggiungiamo 6 miliardi cumulati di spesa corrente per avviare la ricostruzione, l’effetto complessivo dei 2 eventi eccezionali (terremoti) sul deficit dell’Italia nel 2013 è pari a 22 miliardi (= 1,5 punti di PIL).

Ne deriva che, scomputando dal calcolo del nostro deficit gli effetti dei 2 terremoti, come previsto, tra l’altro, nel caso di «special circumstances», dall’articolo 3, comma 4, del Regolamento n. 1467/97 del Consiglio europeo, atteso l’articolo 104 del Trattato sull’Unione europea, piuttosto che chiudere il 2013 con un deficit pari a -3%, l’Italia chiuderebbe il 2013 con un deficit pari a -1,5%, liberando così risorse per 22 miliardi di euro, senza sforare la «fatidica» soglia del 3%.

· Nona domanda: al fine di accelerare l’iter di revisione del sistema fiscale italiano, con l’obiettivo di ridurre la pressione tributaria sui contribuenti, nel rispetto dell’articolo 81 della Costituzione e compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica posti dalla disciplina di bilancio definita dal Six Pack e dal Fiscal Compact, il ministero dell’Economia e delle finanze, sta preparando i decreti legislativi relativi alla delega fiscale che verrà approvata questa settimana in Aula alla Camera? Essa comprende, tra l’altro, la riforma del catasto, che consentirà una tassazione più equa sugli immobili, come richiesto a più voci per il nostro paese.

· Decima domanda: nonostante le pressioni che giungono all’Italia da tutti gli organismi internazionali circa la necessità di ridurre la spesa pubblica, ormai arrivata a oltre 800 miliardi all’anno, nei primi 5 mesi di governo Letta sono stati approvati almeno 3 provvedimenti di sola spesa (il decreto di stabilizzazione di 120.000 precari della Pa; il decreto che eroga Fondi allo spettacolo per 200 milioni di euro; il decreto sulla scuola) coperti da aumenti di accise sugli olii lubrificanti, sulla birra, sull'alcol etilico, sui prodotti alcolici intermedi e sui tabacchi lavorati. Cosa hanno da dire, nel merito, il ministro Saccomanni e la Ragioneria generale dello Stato, tanto occhiuti su IVA e IMU, quanto dispensatori di risorse su decreti “spendi e spandi” voluti dal PD e dalla CGIL?".

On.le Renato Brunetta

Presidente dei deputati del Pdl

C’è poco da fare, il rapporto tra Fisco e casa è cambiato. C’è stata un’inversione di tendenza, netta. Ma sarà sufficiente per ridare fiato all’immobiliare? Ne hanno discusso rappresentanti del Governo, parlamentari e giuristi al tradizionale appuntamento di settembre della Confedilizia a Piacenza, che ha aperto come da collaudata consuetudine – è stato il 23° Convegno – le riflessioni destinate a dare la traccia degli orientamenti che si svilupperanno nell’autunno. Un appuntamento importante e di tradizione, che peraltro si è rinnovato: quest’anno la parentesi dedicata all’aggiornamento sui lavori parlamentari è stata trasmessa in streaming sul sito (www.confedilizia.it) della proprietà immobiliare.

Il futuro dell’immobiliare, allora. Qualcosa – partiamo da questa constatazione – si muove, comincia a muoversi. Gli ultimi provvedimenti (e decisioni) del Governo e della maggioranza parlamentare hanno tolto lo scoramento che aveva preso i più, è subentrato un cenno di fiducia. L’abolizione dell’Imu, la sua sostituzione con la service tax (tassa istituita “in luogo” dell’Imu, dice il comunicato ufficiale del Governo), l’incoraggiamento fiscale all’affitto, l’apertura alle nostre proposte per un Catasto trasparente e controllabile (dall’interno e da fuori), sono segnali importanti. Come fondamentale (per chi l’ha colto nella sua interezza) è il passaggio dalla tassazione della proprietà in sé (ad libitum, quindi; senza riferimenti) alla tassazione dei servizi ricevuti (che non potrà non essere oggettivamente collegata all’entità e alla qualità dei servizi stessi). Ancora: decisivo (per poter aprire il cuore alla speranza) è l’apertura ad un federalismo competitivo tra enti impositori (che andrà controllato, anche aprendo a sistemi – o Autorità – che evitino accordi elusivi, per non dire collusivi) contenuta nell’impalcatura stessa della service tax (la vera novità, rivoluzionaria – per enti e contribuenti – se non sarà distrutta dai provvedimenti applicativi).

Cauto ottimismo, dunque, per il mercato immobiliare. Che va però riempito di nuovi, coerenti contenuti con i provvedimenti applicativi in certi casi (Catasto e service tax) e con i provvedimenti cornice in altri. Gli strumenti per il rafforzamento della fiducia sbocciata sono presto individuabili: il Decreto Fare 2 (previsto per i primi del prossimo mese) ed il Collegato alla legge di stabilità oltre che quest’ultima direttamente. Sono i “treni” legislativi per rimuovere un’inopinata previsione di nullità che blocca da più di un mese la stipula delle locazioni e delle compravendite; per rimuovere anomalie della riforma del condominio che bloccano la formazione degli amministratori e i lavori straordinari nei condominii; per definire i contorni (in atto, equivoci) della morosità incolpevole stabilita nel decreto Imu; per correggere certe storture della Tares (il sostanziale, unico criterio della superficie penalizza il nostro patrimonio storico); per rimuovere la discriminazione sull’invenduto privato e gettare basi eque del trattamento tributario dello sfitto involontario. Soprattutto, si dovrà intervenire – con coraggio e contro potenti lobby sostenute dal potere mediatico – contro una sclerotizzazione dell’affitto ad uso diverso dall’abitativo che in atto, ancora governato da un’intoccata legge di 35 anni fa (equo canone), condanna alla morte i piccoli esercizi commerciali, artigianali e industriali, anche impedendone il rinnovo generazionale. Tutti lussi che questa Italia – se crede, e spera, nella rinascita – proprio non può permettersi.

Corrado Sforza Fogliani

Presidente Confedilizia

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