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I misteri della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda nel bunker che fu fatto costruire da Benito Mussolini, gallerie cementificate di 4,5 km nella pancia del Monte Soratte , nel Lazio. Adesso sarà possibile visitare questo incredibile patrimonio storico con le Guide Ambientali Escursionistiche AIGAE”.

 

 “Nelle viscere del monte Soratte, nel paese di Sant’Oreste (40 km a nord di Roma)  si trova la più imponente opera di ingegneria bellica d’Italia: il bunker che avrebbe dovuto garantire la protezione di tutte le più alte cariche del governo fascista, costruito per volere di Benito Mussolini. Un dedalo sotterraneo costituito da 4,5 km di gallerie cementificate, oggi trasformate in museo storico diffuso denominato “Percorso della Memoria” ed oggi visitabile”. Lo ha annunciato William Sersanti, al Corriere del Sud Guida Ambientale Escursionistica del Lazio AIGAE e cofondatore del museo Bunkersoratte, presieduto dall’architetto Gregory Paolucci, esperto di questa tipologia di costruzioni.  

 

“All’interno del bunker ha proseguito Sersanti la postazione radio installata dai tedeschi, le tute, le maschere antigas , foto , documenti e misteri della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Fredda. Adesso il progetto di recupero denominato “Percorso della Memoria” sta diventando realtà. Si potrà entrare con le Guide Ambientali Escursionistiche AIGAE”.

 

“Tute con maschere antigas, missili, bombe, carri armati, postazioni radio: c’è tutto ciò che serve per toccare con mano la storia e per immergersi in un’esperienza fuori dall’ordinario - ha continuato al Corriere del Sud Sersanti - Questo luogo serba molti dei segreti della Seconda Guerra Mondiale , ma anche della Guerra Fredda (siamo l’unico bunker antiatomico d’Italia aperto al pubblico), che noi cerchiamo di svelare a turisti e a scolaresche di qualsiasi ordine e grado. Allo scavo della mastodontica opera presero parte, per circa cinque anni, più di mille operai italiani delle imprese Perucchetti, Tudini&Talenti e S.I.C.A. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, dopo la caduta del Fascismo e la proclamazione dell’armistizio, questa incredibile fortezza ipogea si prestò come valido nascondiglio per le truppe naziste (980 soldati del raggruppamento C della Wehrmacht) guidate dal feldmaresciallo Albert Kesselring, che, dall’11 settembre 1943 al 3 giugno 1944, vi installò il “Supremo Comando del Sud Europa”. Si trattava di una vera e propria cabina di regia in costante contatto con Berlino, dalla quale Kesselring dirigeva tutte le operazioni del fronte tedesco per contrastare l’avanzata alleata: è proprio qui che il feldmaresciallo e gli ingegneri della Organizzazione Todt progettarono le celebri linee di difesa teutoniche (Gustav e Gotica). 

 

In questi dieci mesi di occupazione, il sito fu teatro di episodi come lo sbarco di Anzio e l’eccidio delle fosse Ardeatine, solo per citarne alcuni. Il complesso subì anche un pesante bombardamento, il 12 maggio 1944, ad opera di due stormi di B-17 dell’U.S. Force, coordinati dal comandante Rice. 

 

Dopo la ritirata tedesca e dopo un periodo di abbandono,nel 1967, nel corso della Guerra Fredda, venne modificato, sotto l’egida della N.A.T.O.,  un tratto del dedalo sotterraneo (1,2 km), che assunse l’aspetto di bunker antiatomico per il Presidente della Repubblica e per il Governo Italiano. I lavori di riconversione furono curati dall’impresa Gavio ed il vincolo di segretezza di detti lavori, per quanto incompleti, venne imposto e conservato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri fino al 2008. Attualmente, tutta l’area è oggetto di un interessante progetto di recupero denominato “Percorso della Memoria”.

 

“Un viaggio unico nel suo genere, entusiasmante e sorprendente - ha concluso Sersanti -  che consentirà di respirare a pieni polmoni le dinamiche geopolitiche e militari del ‘900 . Il tutto 300 metri sottoterra, nel cuore della Riserva Naturale del Monte Soratte (che offre interessantissimi percorsi escursionistici da abbinare alla visita storica del bunker), e a due passi dall’ameno centro storico di Sant’Oreste, che tra le sue viuzze, nel magnifico palazzo Caccia-Canali, ospita il Museo Naturalistico del Monte Soratte e la Pinacoteca Comunale”.  

 

 

La ferialità del lunedì non impedisce ai fedeli di raggiungere, a migliaia, la Basilica del Santuario, sul cui sagrato il Card. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento e Presidente della Caritas Italiana, ha presieduto la Santa Messa e ha guidato la recita della Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, a mezzogiorno in punto. Ieri mattina, durante il Regina Coeli domenicale, anche Papa Francesco ha ricordato l’appuntamento con la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei ed ha esortato i fedeli, in questo mese di maggio, a pregare il Rosario, in particolare per la pace.

La funzione religiosa è stata concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo; dall’Arcivescovo metropolita di Benevento, Mons. Felice Accrocca; dal Vescovo di Ischia, Mons. Pietro Lagnese; dall’Abate dell’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni, Padre Michele Petruzzelli; dall’Arcivescovo emerito di Aversa, Mons. Mario Milano; dal Vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno, Mons. Gioacchino Illiano.

Nell’omelia, il Card. Montenegro, rispondendo alla domanda che gli uomini di Israele fecero a San Pietro: «Che cosa dobbiamo fare?», ha affermato che è essenziale prendersi cura di tutti i prossimi, nessuno escluso, «amare sino a dare tutto noi stessi per i fratelli». «La fede è dono di Dio -  ha aggiunto il Porporato - e il modo migliore per viverla è farci dono ai fratelli, soprattutto ai più poveri, ai più disagiati, agli ultimi. Una fede che guardi solo il cielo, dimenticandosi della terra, è una fede morta; la fede c’è quando c’è la carità. Anzi la carità è il termometro della fede».

La fede non può che essere concreta, lontana dalle mere dichiarazioni di un amore falso e generico. Occorrono fatti e verità, che si rendono evidenti nelle azioni. «Oggi, purtroppo, assistiamo -  ha continuato il Presidente della Caritas - a una certa “filosofia della carità”, piena di tanti “ma” e “se”. Non raramente capita infatti di voler essere noi a scegliere i poveri che ci piacciono, escludendo senza alcun imbarazzo tutti gli altri, dimenticando che in tutti, ma in tutti, quindi anche negli immigrati, Lui c’è. Riusciamo a pregare con fervore il Signore Gesù e nello stesso tempo, senza sentirci in colpa, a cacciarLo, per esempio, perché è immigrato, con la motivazione che ogni straniero – per noi Gesù – è un terrorista, un poco di buono o qualcuno da cui guardarsi». I cristiani devono mettere in pratica l’imitazione di Cristo. «La carità vera – dice ancora il Cardinale – ce la insegna Gesù, che nell’Ultima Cena, indossa il grembiule, lava i piedi ma si toglie il grembiule perché lo consegna ai cristiani di ogni tempo affinché continuino il Suo gesto. La negazione della carità è rinnegamento della fede (…). Se chiudiamo il cuore a chi è povero possiamo partecipare indenni all’Eucarestia? Senza la carità rischiamo di far diventare la partecipazione ai sacramenti una pura formalità senza vita». E, nella società delle sperequazioni sociali, delle distanze enormi tra i ricchi e i poveri, incontriamo il bisogno ovunque. «Non è raro – considera ancora Montenegro – incrociare persone che non hanno nulla con cui vivere e che sono costrette a rovistare nei cassonetti della spazzatura pur di trovare qualcosa. Intanto in Italia si butta nelle pattumiere cibo per 8,7 miliardi di euro. È vero che non possiamo risolvere i problemi di tutti ma è anche vero che non possiamo rimanere inerti e indifferenti davanti al grido di dolore e di sofferenza dei nostri fratelli». L’Arcivescovo di Agrigento ha concluso l’omelia con una preghiera dedicata alla Vergine e composta da Papa Francesco. Senza l’intercessione di Maria, l’uomo potrebbe fare poco o nulla. Lo si vede ogni giorno a Pompei, dove la fede si fa carità operosa.

Nel saluto iniziale, l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo, ha ricordato l’impegno del Santuario per gli ultimi, coloro che ogni giorno affrontano il disagio in ogni forma possibile. È un impegno che accomuna Pompei a Lampedusa, isola di frontiera, che rientra nel territorio della diocesi di Agrigento, dove sbarcano le carrette del mare stipate di uomini, donne e bambini soccorsi con premura immediata dalla Chiesa guidata dal Card. Montenegro. «Gli sguardi smarriti di chi fugge da guerre e povertà, che Lei incrocia spesso a Lampedusa – ha detto il Prelato della città mariana – somigliano agli sguardi carichi di dolore delle sorelle e dei fratelli ospitati nelle nostre opere di carità. (…). Fede, preghiera e carità sono vissute ogni giorno a Pompei, dove l’accoglienza è modo di vivere e di essere, secondo gli insegnamenti e l’esempio concreto del nostro Fondatore, il Santo Avvocato Bartolo Longo. Egli, seguendo la chiamata della Vergine del Santo Rosario, trasformò questa valle desolata nella città della fede e della carità, costruendo lo splendido Santuario, davanti al quale ci accingiamo a celebrare la Santa Messa, dando vita a numerose opere sociali e creando una nuova città, che si avvia a celebrare il 90° anniversario di fondazione». La carità è dinamica, si adegua ai tempi e alle mutate esigenze degli uomini. «Ancora oggi, non senza difficoltà – ha continuato Mons. Caputo – continuiamo a portare avanti la duplice missione del nostro Beato, con l’impegno pastorale, lo zelo nelle celebrazioni, l’accoglienza di milioni di pellegrini, tra cui le centinaia di persone che ogni giorno affollano la Sala delle Confessioni per l’incontro con il Padre Misericordioso; e, soprattutto, dando ospitalità a centinaia di bambini, giovani, anziani, donne e mamme in difficoltà, ex tossicodipendenti, diversamente abili, migranti, accolti nelle nostre opere di carità». Da un lato, dunque, la carità, dall’altro, a supportarla, la preghiera.

L’intero rito è stato trasmesso, in diretta televisiva, da Tv2000, emittente della Conferenza Episcopale Italiana, e da Canale 21 che, da anni, segue le celebrazioni e gli eventi più importanti del Santuario di Pompei. Grande successo anche per le dirette streaming e social.

 

In occasione del cinquantenario della scomparsa del grande Antonio de Curtis, in arte Totò, avvenuta il 15 aprile 1967, e nell’ambito delle celebrazioni che si terranno in suo ricordo, la città di Napoli ospita la mostra monumentale Totò Genio, voluta dall’Associazione Antonio de Curtis, promossa e co-organizzata dal Comune di Napoli in collaborazione con le maggiori istituzioni culturali del paese, l’Istituto Luce, il Polo Museale della Campania – Palazzo Reale, la RAI, la Siae - Società italiana degli Autori ed Editori, con il contributo di Rai Teche e dell’Archivio Centrale dello Stato.

La mostra ospitata a Napoli  è la prima grande antologica dedicata a Totò e vuole mettere in luce la grandezza di uno dei maggiori interpreti italiani del Novecento: un viaggio indietro nel tempo, attraverso l’arte universale di Totò, figura poliedrica che ha giocato la sua vita gomito a gomito con l’arte dello stupore.

Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfiro – genito Gagliardi De Curtis Di Bisanzio, più brevemente Antonio de Curtis e conosciuto al grande pubblico come Totò, è stato uno dei maggiori artisti italiani, simbolo dello spettacolo comico in Italia, un artista a tutto tondo, attore di teatro e di cinema (sono 97 i film da lui interpretati) ma anche poeta e autore di  canzoni.

Proprio in virtù del forte legame che univa Totò a Napoli, si è scelto di ospitare questa grande mostra nella città da lui tanto amata, come prima tappa di un lungo progetto itinerante nazionale e poi internazionale. Tre i luoghi prescelti per mettere insieme i tanti tasselli di un grande mosaico che rappresenta l’arte di Totò: il Museo Civico di Castel Nuovo (Maschio Angioino), Palazzo Reale e il Convento di San Domenico Maggiore. All’interno di questi prestigiosi spazi si snoda il percorso delle mostre nella mostra, che ripercorrono e raccontano attraverso centinaia di documenti tra fotografie, filmati, costumi di scena, locandine di film, interviste, disegni, riviste e giornali d’epoca, spezzoni cinematografici e televisivi, manoscritti personali, lettere, cimeli e materiale inedito, la vita, l’arte e la grandezza del Principe Antonio de Curtis.

Le mostre nella mostra:

“Genio tra i geni”

Museo Civico di Castel Nuovo (Maschio Angioino)- Cappella Palatina

La mostra ospitata nella Cappella Palatina del Museo Civico di Castel Nuovo ripercorre e racconta il rapporto tra Totò e i grandi della cultura del Novecento.

L’esposizione inizia con i disegni che Federico Fellini dedicò a Totò, che in lui vedeva un artista senza tempo; a seguire i disegni realizzati negli anni ’50 da Ettore Scola per la rivista satirica Marc’Aurelio e gli oltre trenta schizzi di Pasolini per La terra vista dalla luna, episodio del film Le streghe (1967) interpretato da Totò.

Una selezione di interviste a personaggi di spicco della cultura e dello che raccontano il loro legame con Totò e quello che il grande attore ha rappresentato per loro.

Si possono poi ammirare i disegni di fumettisti celebri come Crepax, Pratt, Manara, Onorato e Pazienza, e l’opera di Mimmo Paladino Posti in piedi…a prescindere  ispirata alla figura di Totò. Sono esposti infine documenti e carteggi, come quelli di Pasolini e Zavattini, e fotografie che lo ritraggono insieme ai grandi personaggi del Novecento.

“Totò, che spettacolo!”

La vita, il varietà, la poesia, le canzoni, la biblioteca, le cose di Totò (il famoso baule). L’Istituto Luce  e la Rai per Totò.

Palazzo Reale – Sala Dorica

Nella sala Dorica di Palazzo Reale viene analizzato il rapporto tra Totò e le arti: costumi di scena originali, filmati e installazioni multimediali  sono al centro di questa sezione, in cui Totò sarà nuovamente in scena con la sue voce e le sue inconfondibili “smorfie”. Al centro il baule di scena, che Totò portava sempre con se nei teatri e nei set cinematografici. Il baule, affidato, custodito e successivamente donato da Totò a suo cugino e segretario Eduardo Clemente attualmente è custodito dal figlio Federico, che lo ha messo a disposizione per l’esposizione. Sono esposte anche quattro poesie inedite che mettono in luce il Totò più intimo e lontano dai riflettori e dall’immagine di Principe della risata, quello che rifugiava sentimenti e sensazioni nella poesia o nelle canzoni.

“Dentro Totò”

Convento di San Domenico Maggiore (Grande Refettorio e Piccolo Refettorio)

La mostra ospitata all’interno del Convento di San Domenico Maggiore permette di scoprire nuovi importanti aspetti della figura del grande artista, attraverso diverse sezioni. In questa parte viene raccontato un Totò più “privato”, le due persone racchiuse in Totò, nella vita e sulla scena, diverse e complementari. Attore grandissimo e uomo fragile.

In questa parte della mostra viene raccontato il suo grande amore per Franca Faldini, compagna degli ultimi quindici anni di vita. Il suo legame con Napoli, attraverso un filmato eccezionale che mostra un inedito Totò nella veste di Cicerone che illustra a dei turisti “Napule” a’riggina. E ancora il suo grande amore per gli animali, in particolare per i cani, per i quali Totò provava un affetto sincero e incondizionato. La passione per l’araldica e quella per la cucina, che viene raccontata attraverso le ricette tramandate dalla figlia Liliana.

Totò e la pubblicità racconta un aspetto meno noto della sua carriera; come molti altri personaggi del cinema e della televisione, ha fornito la propria testimonianza diretta sulla qualità dei prodotti italiani. Negli anni è stato testimonial di diversi prodotti, come nel 1957, quando insieme a Franca Faldini è stato protagonista della pubblicità della Lambretta, oppure ancora nel caso della Perugina, che lo scelse come volto per pubblicizzare il famoso Bacio.

Nessuno mi ricorderà è la frase con cui, pochi giorni prima della sua scomparsa, Totò chiuse un’intervista. In questa parte della mostra vengono raccontati i suoi funerali, che furono tre, il primo a Roma, il secondo a Napoli e il terzo nel Rione Sanità a Napoli, in cui era nato. Attraverso fotografie, filmati storici provenienti dall’Archivio Luce e dalla Rai, giornali e ricordi, viene data testimonianza del sentito e meraviglioso addio che Napoli ha rivolto al suo più grande artista.

La mostra si chiude con Totò e il cinema, allestita nel Piccolo Refettorio, dove sono esposti manifesti, locandine e fotobuste dei 97 film che hanno visto protagonista Totò e che lo hanno fatto conoscere al grande pubblico.

Curata da Alessandro Nicosia, che ha coordinato anche la direzione generale del progetto, insieme a Vincenzo Mollica, la mostra è prodotta da C.O.R, Creare Organizzare Realizzare.

Il catalogo ufficiale, realizzato da Skira, è introdotto da una prefazione di Goffredo Fofi.

 

13 aprile – 9 luglio 2017

Napoli: Palazzo Reale - Museo Civico di Castel Nuovo (Maschio Angioino) - Convento di San Domenico Maggiore

 

 

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