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L’Ue si schiera con Grecia e Cipro e richiama la Turchia

Pochi giorni fa i ministri degli Affari esteri europei hanno rilasciato un comunicato ufficiale di dura condanna delle azioni intraprese da parte della Turchia ai danni della Grecia e soprattutto di Cipro.

In primo luogo l’Unione europea ha sottolineato come le attività poste in essere dalla Turchia fino a questo momento nel Mediterraneo orientale siano da considerarsi una chiara violazione sia del diritto internazionale complessivamente parlando che, nello specifico, del diritto marittimo.

In secondo luogo i ministri degli Affari esteri hanno sottolineato come la conflittualità tipo militare debba essere assolutamente evitata e debba essere sostituita dal confronto di natura giuridica soprattutto in relazione alla difficile questione delle ZEE.

In terzo luogo, come conseguenza logica di questa condanna, l’Unione europea ha chiesto alla Turchia di sospendere qualsiasi attività ostile nei confronti di Cipro rispettando la sua sovranità.

In generale tutte le attività poste in essere dalla Turchia stanno contribuendo, secondo i ministri della Ue, a logorare le relazioni di natura diplomatica con Cipro e con la Grecia.

Il ministero degli Esteri greco lunedì primo giugno ha convocato l'ambasciatore della Turchia ad Atene in relazione alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del governo turco delle richieste di Turkish Petroleum Corporation (Tpao) per le licenze di esplorazione in aree della piattaforma continentale greca. L’iniziativa giunge dopo che il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, ha criticato le autorità turche, ree di "usurpare i diritti sovrani della Grecia”.

L’intesa trovata tra Ankara e Tripoli nel novembre del 2019, ma continua ad essere uno dei punti più delicati nella battaglia per le risorse energetiche del Mediterraneo orientale. L’unione delle acque territoriali libiche e turche in quel punto impedisce infatti il fondamentale passaggio verso l’isola greca di Creta del gasdotto EastMed, un progetto voluto da Grecia, Cipro e Israele – e sostenuto da Francia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti - per portare energia nell'UE tramite il territorio greco evitando accuratamente ogni coinvolgimento della Turchia.

Ankara dichiara di voler esercitare i suoi diritti allo sfruttamento delle risorse del Mediterraneo orientale e sentendosi esclusa dall’EastMed ha deciso di ostacolare il progetto tramite l’accordo marittimo con la Libia che è stato fortemente criticato, anche recentemente, da Grecia, Cipro, Francia, Egitto ed Emirati. La battaglia su EastMed è però soprattutto una partita per l’influenza sul Mediterraneo più che una lotta per soddisfare un impellente bisogno energetico da parte degli attori coinvolti

Nel documento pubblicato dal governo turco secondo l agenzia nova si farebbe riferimento a 24 blocchi nel Mediterraneo orientale dove condurre nuove attività esplorative, a seguito del controverso accordo sulle frontiere marittime firmato lo scorso novembre tra il Governo di accordo nazionale libico (Gna) e Ankara con l'obiettivo di creare una Zona economica esclusiva che si estende dalla sua costa meridionale turca a quella nord-orientale della Libia. "Le attività illegali della Turchia non producono alcun effetto legale", ha scritto Dendias su Twitter. “Cerchiamo di essere chiari. Le nostre opinioni su questo tema e sulle conseguenze dell'illegalità turca sono ben note.

Sono state più volte rivolte alla Turchia”, ha aggiunto il capo della diplomazia di Atene in riferimento al fatto che alcune sezioni dei blocchi si sovrapporrebbero alla piattaforma continentale greca. Il ministero degli Esteri turco ha risposto a questa posizione ellenica, affermando che Ankara è determinata a "proteggere i diritti dei turchi e dei turco-ciprioti" nel Mediterraneo orientale, aggiungendo che la richiesta avanzata da Tpao al Gna di Tripoli per esplorazioni nella Zee libica è rispettosa dei confini delle piattaforme continentali stabilite dalle Nazioni Unite. Il portavoce del ministero, Hami Aksoy, ha sottolineato che la Turchia "continuerà con risolutezza a esercitare i propri diritti sovrani nell'area", ivi incluse le attività di ricerca sismica e trivellazione.  

Secondo l agenzia Nova la Grecia “non esclude” l’uso della forza e un conflitto militare con la Turchia per difendere la sua sovranità. È quanto affermato dal ministro per la Difesa greco Nikos Panagiotopoulos all’emittente televisiva ellenica “Star Tv”. "Non vogliamo arrivare a questo punto, ma ci tengo a chiarire che faremo tutto il possibile per difendere i nostri diritti sovrani nella massima misura possibile", ha dichiarato Panagiotopoulos. "L’atteggiamento della Turchia è stato piuttosto aggressivo di recente. Credo che l'unico modo per la Grecia di affrontare un simile comportamento, che generalmente tende a essere un'aggressione, sia, da un lato, usare tutti i suoi mezzi diplomatici, e dall'altro, rafforzare la capacità di deterrenza delle forze armate", ha detto il ministro

La pandemia prodotta dal coronavirus SarsCoV-2 ha messo a nudo anche le dinamiche di quella che potremmo chiamare “geopolitica del turismo”, declinazione apparentemente soft della materia, ma che ne preserva i basilari rapporti di forza e le dinamiche espansive. È il caso della competizione tra Paesi del Mediterraneo sulle riaperture post-virus, e relazioni basate sull’incoming. Su tutti, Grecia e Turchia, rivali geopolitici nella più calda porzione del quadrante, quella orientale – dove sommano nuovi e vecchi fatti d’ordine territoriale, e proiezioni di influenza verso sud (il Nordafrica) o nord (i Balcani), nonché rapporti con attori esterni (la Cina, a cui la Grecia apre, col porto del Pireo, e la Turchia ha competenze per chiudere il bacino, anche per conto americano)

Più a sudest, la Turchia – competitor turistico minoritario per quanto riguarda l’attrattiva balneare, ma più in alto per numero di visite annuali secondo la World Tourism Organization – ha invece deciso di togliere qualsiasi genere di filtro. Apertura completa e totale a chiunque voglia soggiornare nel Paese. E non è solo una questione economica: Ankara ha sfruttato bene gli spazi concessi dalla crisi epidemiologica.

Le mosse turche,è probabile che parte del dossier mediterraneo passi anche da questa geopolitica del turismo che potrebbe vedere Ankara impegnata a sfruttare il terreno lasciato dalla Grecia – in proiezione verso l’Ascella nord del bacino – per risaldare ulteriormente i rapporti con l’Italia. Qualcosa che non passa inosservato, dopo la partnership nella liberazione della cooperante Silvia Romano e che guarda verso la Libia..

Un altra polemica recente tra Grecia e Turchia sarebbero le celebrazioni per i 567 anni dalla conquista ottomana di Costantinopoli hanno riaperto lo scontro, in realtà mai sopito, fra Atene ed Ankara attorno al destino di Santa Sofia a Istanbul. Alla vigilia della ricorrenza, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva avallato la recita di una preghiera islamica, la Sura della Conquista, all’interno della struttura nata come basilica, trasformata in moschea e, infine, adibita a museo nel 1935 dietro direttiva di Kemal Ataturk, padre della Turchia moderna.

Erdogan, il quale ha seguito in videoconferenza l’evento tenuto il 29 maggio scorso, ha criticato il governo ellenico “che non ha una sola moschea in tutta la capitale” Atene. A rincarare la dose è intervenuto il direttore delle Comunicazioni dell’ufficio presidenziale Fahrettin Altun, affermando che presto la cattedrale, oggi museo, verrà “presto riconvertita” in luogo di culto musulmano. “Siate pazienti” ha detto rivolgendosi ai cittadini, perché “insieme faremo in modo che accada”.  

Le dichiarazioni dei vertici di Ankara seguono la durissima presa di posizione della Grecia, che aveva definito la recita della preghiera islamica un “inaccettabile tentativo” di modificare lo status di Santa Sofia. Una scelta, aggiunge la leadership ellenica, equiparabile a un “affronto alla sensibilità dei cristiani di tutto il mondo”.  

La controversia fra Grecia e Turchia ha tenuto banco anche sulla stampa ellenica, in cui la conquista di Costantinopoli è vista come “una grazia nel mondo islamico” e una “occupazione nell’universo cristiano”. Il presidente della Società greco-americana di Atene ha lanciato una proposta destinata a far discutere: l’apertura dell’edificio al culto, alternandola un mese per i cristiani e un mese per i musulmani. “Se Santa Sofia si apre in questo modo - sottolinea - milioni di cristiani andranno a Istanbul. E voi ne guadagnerete in turismo”.

“Questa azione - dichiara in una nota il ministero degli Esteri di Atene - è un insulto alla comunità internazionale” e mostra il disinteresse di Ankara verso il diritto internazionale e il patrimonio cultuale Unesco. Immediata la contro-replica turca per bocca del ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, secondo cui “Hagia Sophia è in territorio turco, è stata conquistata” e “quello che accade nel nostro Paese e riguardante una nostra proprietà, riguarda solo noi”.

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