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Giovedì, 02 Maggio 2024

Basta! Anche dopo le tante segnalazioni ricevute da voi, abbiamo deciso di denunciare il presidente della Toscana (PD)". Scrive così il leader della Lega Matteo Salvini sul tweet in cui attacca il presidente della regione Toscana Enrico Rossi. Ma questo è solo uno dei messaggi apparsi sui social che riaccende la polemica sulla necessità di imporre un periodo di quarantena alle persone che arrivano dalla Cina. Una polemica che era esplosa all'indomani della fine dei festeggiamenti del capodanno cinese, quando diversi esponenti della regione Veneto cercarono di opporsi al rientro a scuola dei bambini tornati dal paese asiatico.

"Non vorrei le polemiche, non penso ai barconi e ai barchini, ma penso ai controlli su chi entra ed esce dall'Italia: evidentemente qualcosa non funziona"..Così Matteo Salvini commenta il primo caso di contagio da coronavirus in Italia, a Codogno (Lodi), in Lombardia.

Il segretario della Lega ha parlato agli organi di stampa a Casaleggio di Reno, in provincia di Bologna, dove si è recato questa mattina in provinciaper sostenere l'amministrazione locale e la polizia nella battaglia per scongiurare la chiusura della caserma della Stradale. A margine della puntata in Emilia-Romagna per esprimere solidarietà alle forze dell'ordine, l’ex titolare del Viminale si è espresso sull’emergenza del virus cinese.

Queste le sue parole in merito: "Non do colpe a tizio e caio, però è fondamentale che, da oggi se non l’hanno già fatto ieri, chiunque entri in Italia, con qualunque mezzo di trasporto, dalla zattera all'aeroplano, venga controllato. E, se viene da alcune zone, venga isolato per quindici giorni. Come fanno altri paesi. Se sono tre casi, sono tre casi, ma noi abbiamo visto che purtroppo questa bestia è virale". Il governo italiano, ricordiamolo, aveva proclamato lo stato di emergenza sanitaria, chiudendo il traffico aereo con la Cina. Ma, a quanto pare, le misure non sono bastate: il coronavirus è arrivato anche in Italia.

Al capannello di giornalisti, il leader leghista ha aggiunto: "Adesso rientro velocemente a Milano per l'emergenza coronavirus, farò un salto in Regione, a ora di pranzo, perché la situazione è preoccupante, perché, non sta a me dirlo, non c'è un contagiato ma più di uno, tutti localizzati nella stessa località e il problema è che erano in giro da giorni, in Lombardia e non solo…".

Dalla Corea del Sud all’Iran, da Israele alla Russia: adesso l’emergenza coronavirus è diventata a tutti gli effetti globale. I focolai del Covid-19 si moltiplicano giorno dopo giorno, superano i confini nazionali ed eludendo misure di controllo più o meno ferree.

I primi Paesi caduti in questo circolo vizioso non potevano che essere gli Stati asiatici, cioè quelli più vicini alla Cina, epicentro del contagio. Il caso che sta facendo più scalpore è quello relativo alla Corea del Sud. Fino a pochi giorni fa sembrava che Seul fosse immune alla psicosi che stava iniziando a prender piede in Estremo Oriente.

Certo, la Casa Blu doveva fare i conti con alcune persone infette ma nelle ultime ore è arrivata la doccia fredda: cento nuovi casi da aggiungere in una volta sola ai precedenti, per un totale di 204 pazienti contagiati. Calcolatrice alla mano, la Corea del Sud è diventata di colpo il secondo Paese per incidenza della malattia dietro la Cina.

Per il momento, nel complesso, la situazione nella nostra penisola appare sotto controllo, i pericoli in previsione futura non sono certamente da considerarsi ridimensionati. Anche perché se nella provincia cinese di Hubei, epicentro dell’epidemia, i contagi sono iniziati a diminuire e l’emergenza forse ha iniziato ad attenuarsi, dalla Corea al Giappone, passando per Singapore ed Hong Kong, adesso è fuori dalla Cina che i numeri potrebbero farsi più preoccupanti.

La vera sorvegliata speciale però è l’Africa. Nei giorni scorsi si è verificato un primo caso nel continente nero, con il virus scoperto in un paziente ricoverato in Egitto. E gran parte degli specialisti sono stati concordi nel ritenere positiva la circostanza che ha visto il primo caso africano di coronavirus palesarsi proprio nel paese delle piramidi. Questo perché il sistema sanitario egiziano è considerato molto affidabile, i suoi standard sono tra i più elevati nel continente ed in tutta la regione mediorientale. Ed infatti le autorità sanitarie de Il Cairo sono riuscitie ad isolare il paziente e ad evitare altri contagi.

Il problema non può dirsi però superato. A spiegare il motivo è stata nelle scorse ore, con un’intervista su La Stampa, la ricercatrice italiana Vittoria Colizza. Assieme ad un team composto in gran parte da italiani ma operante a Parigi, all’interno dell’istituto francese di sanità e ricerca medica, l’esperta specializzata in epidemiologia da settimane sta studiando modelli matematici sulla diffusione del coronavirus.

"Sono sei i casi di positività al coronavirus" in Lombardia: lo ha spiegato l'assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. "Il paziente ricoverato al Sacco sta bene" e la situazione della moglie del primo ricoverato "è positiva". "Il messaggio che diamo a chi abita in questi paesi è di rimanere a casa - ha spiegato l'assessore Gallera Chiediamo di rimanere al proprio domicilio e a chi è stato in contatto con questi casi di chiamare il 112. La situazione è estremamente nuova, particolare per il nostro paese, invitiamo alla calma".

Ed è risultato negativo al tampone il dipendente della Mae di Fiorenzuola d'Arda (Piacenza), attualmente isolato all'ospedale Sacco di Milano: lo afferma la Regione Emilia-Romagna in una nota. "Nonostante l'esito negativo che attesta l'assenza di infettività secondo il principio della massima precauzione, sono in corso ulteriori ricerche per capire se può essere risultato infetto nei giorni passati". Con il dipendente della ditta piacentina ha cenato il 38enne lodigiano risultato positivo al Covid-19.

È ricoverata in isolamento nel reparto di Malattie Infettive dell'Ospedale di Piacenza una donna, sintomatica, collega del paziente positivo al coronavirus alla Unilever di Lodi, spiega la Regione Emilia-Romagna in una nota. Di questa paziente è atteso l'esito del tampone esaminato presso il laboratorio di riferimento regionale del Sant'Orsola.

"Stiamo indagando, sono 3 persone che si sono presentate con quadro clinico di polmonite all'ospedale di Codogno, stiamo cercando di capire se ci sono stati contatti con i primi 3 casi", ha aggiunto la dottoressa Maria Gramegna, dirigente dell'assessorato al Welfare, che ha parlato di sintomi "importanti di polmonite".

"Ancora non sappiamo da chi si è diffuso il virus, potrebbe non essere da caso zero ma potrebbe anche essere che è guarito. Non abbiamo la certezza di quale sia il caso indice", ha spiegato l'assessore Gallera. "Abbiamo recuperato il caso indice, tornato dalla Cina il 21 gennaio, ora al Sacco. Ha fatto subito i controlli, sta bene e non ha avuto sintomi, salvo una leggera febbre", precisa. Come ha precisato anche Maria Gramegna, della direzione generale Welfare, è risultato negativo al test: "Il problema che possa essere negativo il caso indice è che a un certo punto il virus viene eliminato, quando la persona guarisce. Il test quindi potrebbe non trovarlo più". Per questo motivo i suoi campioni sono stati inviati all'Istituto Superiore di Sanità (Iss) a Roma, "per cercare gli anticorpi al virus". Potrebbe essere, ha aggiunto Gallera, "che non sia lui il caso zero o che sia guarito. Non abbiamo certezza di quale sia il caso zero".

"A oggi abbiamo un numero cospicuo di persone su cui stiamo intervenendo, a oggi circa 250 persone sono in isolamento e a cui faremo il tampone", ha spiegato l'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera.

"I casi segnalati in Lombardia sono i primi che si sono verificati sul territorio italiano e ci fanno entrare in una fase nuova": così Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani di Roma. "Per la prima volta - precisa - siamo passati da casi di importazione a casi di circolazione locale del virus".
Intanto il ministro della Salute Roberto Speranza è in partenza per la Lombardia. Con lui è anche il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri.

Dopo la notizia del 38enne lombardo positivo al coronavirus il livello di allerta si alza e la paura che il virus si diffonda in Italia aumenta. "Le ultime notizie mi portano a ripetere per l'ennesima volta l'unica cosa importante- scrive Burioni sulla sua pagina Facebook- Chi torna dalla Cina deve stare in quarantena. Senza eccezioni". E aggiunge: "Spero che i politici lo capiscano perchè le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili

Secondo il virologo, la quarantena rappresenta "l'unica misura" ad oggi possibile per fermare il diffondersi del nuovo coronavirus. E ricorda ad AdnKronos Salute: "La chiedo dal 25 gennaio". Numerosi, infatti, gli appelli di Burioni, per inserire la quarantena tra le misure necessarie contro il Covid-19. Pochi giorni fa si era rivolto alla Regione Toscana, che inteva accogliere migliaia di persone di ritorno dalla Cina, senza sottoporle all'isolamento, dato che non presentavano i sintomi tipici della malattia: il rischio sarebbe stata "una pericolosissima catena di contagi". Burioni specifica: "La quarantena non è discriminazione o razzismo, ma l'unica difesa contro questo virus".

Sul virus, spiega il virologo, "sappiamo due cose: gli asintomatici possono contagiare, e la quarantena è l'unica difesa". Proprio ieri, infatti, Burioni ha confermato la possibilità di contagio senza sintomi, citando due casi, studiati dai ricercatori. Nel primo caso era stata presa in considerazione una famiglia di Shangai, in cui la prima persona a manifestare in sintomi era stato il membro più anziano, che non si era mai mosso da casa: "I due che erano stati a Wuhan non manifestavano sintomi chiari, ma, ciononostante, avevano trasmesso l'infezione in forma grave al più debole della propria famiglia". Il secondo caso, invece, riguardava due persone rimpatriate dalla Cina in Germania, che avevano superato tutti controlli: "Il virus che si trovava nella gola di questi due soggetti, completamente sani, era in grado di infettarne altri. Anche qui il cerchio si chiude: niente sintomi, ma infezione e trasmissione possibili. La cosa ancora più preoccupante, ovviamente non per i due soggetti interessati, è che nessuno dei due ha poi sviluppato sintomi chiari".

 

 

E' scontro aperto tra Renzi e Conte, si avvicina l'ipotesi di uno strappo. E lo farà in grande, non parlando direttamente al premier, ma agli italiani in uno dei più noti salotti politici."Domani dirò alcune cose... ", ha detto ieri il senatore, "Se devo dare un consiglio vi dico di ascoltare domani Porta a Porta, è una cosa che può avere un senso per il prosieguo della legislatura...". 

Per blindare la sua poltrona e il suo programma - la tanto decantata "fase 2" - Conte vorrebbe portare la questione in Parlamento chiedendo una nuova fiducia. "Perché io non mi lascio distrarre o impressionare dagli scartamenti e dalle continue schermaglie di Italia Viva", sarebbe il ragionamento secondo La Stampa. Una conta che potrebbe però costar caro al Conte bis.   

Ufficialmente, sottolinea anche il Corriere, l'ex Rottamatore farà finta di tendere una mano al presidente del Consiglio. In realtà snocciolerà una serie di diktat irricevibili che potrebbero portare inevitabilmente allo scontro. Del resto, ricorda lui stesso all'Agenzia Vista, "se il presidente del Consiglio ha i numeri per andare avanti senza di noi va benissimo, è la democrazia parlamentare e facciamo un grande in bocca al lupo". Ma in caso contrario "verificheremo quello che si può fare".

L'ex premier ostenta sicurezza e - almeno in chiaro - assicura che la legislatura arriverà al 2023. A patto di dare "una scossa" al governo. "Per me il presidente del Consiglio deve lavorare, nessuno di noi ce l'ha con lui", dice, "Abbiamo detto che sulla giustizia non siamo d'accordo e che sull'economia c'è bisogno di darsi una mossa perchè la situazione del Paese è molto difficile, sono preoccupato per i numeri dell'Italia a livello economico". Ed è proprio la riforma della prescrizione a finire nel mirino. Ma - dice ancora il Corriere - Renzi potrebbe chiedere anche la cancellazione del reddito di cittadinanza e la revisione di Quota 100. Condizioni che difficilmente le altre forze di governo potranno accettare. Ma, avrebbe confidato, "io da perdere cos'ho?". 

Mentre nella maggioranza viene trovato l'accordo sul decreto intercettazioni, Italia Viva fa la sua campagna acquisti e incassa due passaggi dal Pd, ora ha 30 deputati e 18 senatori. Iv voterà la fiducia ma avverte: 'Chi forza a colpi di emendamento spacca la maggioranza". Il governo pone la fiducia sul decreto Milleproroghe, dibattito aperto sulla prescrizione. Renzi: 'Da Conte prova muscolare sulla giustizia'. Intanto si muovono i senatori 'responsabili', che si vedranno per concordare una linea da adottare rispetto al governo. Tommaso Cerno (senatore PD) e Michela Rostan (deputata di Leu) aderiscono a Italia viva. Cerno diventerebbe così il diciottesimo senatore di Italia viva, Rostan la trentesima deputata. "Ci davano per morti e invece...", notano fonti renziane.

"Doveva esserci la fuga da Italia Viva - sottolineano fonti interne - e invece il partito di Renzi cresce. Oggi Michela Rostan ha lasciato Leu e Tommaso Cerno ha lasciato il Pd. Italia Viva ha oggi 30 deputati e 18 senatori".

"Il senatore Cerno - dichiara in una nota il consigliere capitolino del Pd e esponente dei democratici di Roma Giovanni Zannola - che ha fatto la battaglia No Tav in dissenso dal gruppo Pd al Senato la scorsa estate, passa a Italia Viva che presenta tra due giorni con Renzi un piano shock sulle infrastrutture. Siamo alle comiche".

Michela Rostan ha inviato venerdì scorso una missiva al gruppo di Leu con cui annuncia "l'intenzione di lasciare il gruppo parlamentare di Liberi e uguali". "Formalizzeremo nelle prossime ore, nelle sedi istituzionali, tale scelta. L'origine di questa determinazione- si legge nella missiva - è nella difficoltà ormai manifesta di affrontare battaglie politiche che considero importanti, in totale solitudine.

E' successo di recente in due circostanze: una è l'impegno per consentire il rinnovo per i farmaci che combattono l'epatite C di restare nel Fondo per gli innovativi per qualche mese ancora dopo la scadenza prevista in aprile. Ho voluto in commissione una Indagine conoscitiva sul tema. Abbiamo tenuto decine di audizioni: si è sollevata unanime una voce. Malati, associazioni, medici ci hanno detto che siamo prossimi a debellare l'epatite C. Ma vanno rinnovati i farmaci innovativi, per almeno altri 6/12 mesi. Una scelta avversata per interessi economici dall'Aifa". "Ho provato a far inserire tale rinnovo nel Milleproroghe, senza nulla di fatto. Né in sede governativa, nel decreto, né in Parlamento con emendamenti.

Dal nostro Ministro della Salute, informato di tutto, è arrivato un parere contrario, evidentemente ispirato dall'Aifa". "La seconda sconfitta, con le medesime modalità, è arrivata sulla legge per il contrasto alle violenze su medici e personale sanitario in servizio. Sono impegnata fin dall'inizio della legislatura per il riconoscimento a queste figure dello status di Pubblico Ufficiale.

Lo chiedono loro stessi: l'Ordine, i sindacati. La mia proposta di legge in merito fu sottoscritta anche da Roberto Speranza. In commissione, quando l'ho tradotta in emendamento, dal Governo è arrivato parere contrario. E la maggioranza ha votato contro". "Francamente sono bocconi troppo amari da digerire- prosegue Rostan nella lettera -soprattutto perché arrivano da un comparto dove abbiamo una nostra significativa presenza politica che, per paradosso, invece di sostenerci nelle battaglie, ci viene contro".

Intanto ancora una volta la versione di Giuseppe Conte sulla riforma del Mes è uscita con le ossa rotte dal confronto con la realtà. Altro che logica del pacchetto e Italia che conta in Europa: un documento appena partorito dall’Ecofin, cioè dal Consiglio economia e finanza responsabile della politica economica dell’Unione europea della regolamentazione dei servizi finanziari e di questioni inerenti alla fiscalità, smentisce clamorosamente la narrazione del premier sul Fondo salva-Stati.

Riavvolgiamo il nastro per capire cosa è successo nell’ultima puntata della telenovela relativa al Meccanismo europeo di stabilità. Come ricorda il quotidiano La Verità, il ministro italiano dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha partecipato a due importati incontri in campo europeo: uno all’Eurogruppo – il famoso “buco nero d’Europa” all’interno del quale si decidono le sorti del continente – l’altro al Consiglio Ue versione Ecofin, ovvero riservato ai ministri dell’Economia e della Finanza.

In altre parole, scrive il Giornale ogni Stato membro deve prendere in considerazione le raccomandazioni provenienti da Bruxelles e provvedere a inserirle nelle rispettive leggi di Bilancio nazionali. Ebbene, in quelle raccomandazioni trovano spazio le conclusioni dell'Eurogruppo riguardo Mes e unione bancaria. Cosa si scopre? Che la riforma del Fondo salva-Stati è ormai al termine (altro che modifiche ancora possibili), e che in merito all’unione bancaria i lavori proseguono fino al 2024.

Come sottolinea inside over qui entra in gioco Giuseppe Conte. Già, perché la risoluzione parlamentare datata 11 dicembre mirava a rassicurare l'opinione pubblica sulle discussioni ancora in corso sul Mes e citava la logica del pacchetto. Eppure nel documento non vi è traccia dei due punti sbandierati dal premier ai quattro venti, tanto meno di quella logica secondo la quale le riforme economiche volute dall’Europa avrebbero fatto parte di un pacchetto da negoziare congiuntamente.

Il testo dell’Ecofin parla chiaro: “Portare a termine i lavori sul pacchetto di riforme del Mes”. Questo significa che i lavori sull’approvazione del Fondo salva-Stati proseguono di gran carriera, eccezion fatta per alcuni dettagli secondari ancora potenzialmente modificabili, e che il completamento dell'unione bancaria si muove con la medesima velocità nella stessa direzione del Mes.

D’altronde Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo, ha le idee chiarissime: “Il mese prossimo – riporta l'agenzia AdnKronos – puntiamo a finalizzare le discussioni politiche sulla riforma del Mes. Lo scorso dicembre l'Eurogruppo ha raggiunto un accordo di principio sul trattato rivisto dell’Esm e sulla documentazione legale di supporto. Dopo la firma dell'accordo che emenda il trattato, i Parlamenti nazionali e le procedure di ratifica devono fare il loro corso”. L’Italia? Mentre in Europa passano in rassegna le riforme della governance economica, il nostro Paese, in disparte, non riesce a toccare palla all'interno di una partita cruciale.

Intanto nuovo stop all'offshore: l'harakiri giallorosso che regala il gas ai nostri vicini...Con l'ennesimo atto di conscio e volontario tafazzismo politico nei confronti del nostro settore energetico, infatti, il governo M5S-Pd ha deciso recentemente di prolungare fino al 2021 il blocco alle manovre di prospezione e ricerca di idrocarburi da parte delle piattaforme marine (offshore) entro le 12 miglia dalla costa. Stretta nella tenaglia tra la furia del Movimento Cinque Stelle contro le trivellazioni energetiche e l'incertezza dei suoi partner di governo nel difendere un settore cruciale per un Paese in perenne bolletta energetica, l’industria dell’offshore italiano risulta nuovamente perdente.

Sindacati e Confindustria hanno concordato nello schierarsi contro l’harakiri industriale del governo che mette a rischio un settore importante, indebolisce la posizione italiana in una fase critica per la partita energetica del Mediterraneo che ci vede costretti a sviluppare una strategia per l'estrazione e la costruzione di gasdotti e contribuisce ad aumentare la bolletta dei cittadini italiani, dato che il gas naturale (40% del consumo energetico nazionale) consumato dagli italiani è, per oltre il 93%, acquistato dall’estero.

Oltre al danno, la beffa: non vi sarà nemmeno spazio per i benefici ambientali che i no-triv, con alla loro testa i Cinque Stelle, millantano come derivanti dallo stop all'attività estrattiva. Piccoli e agguerriti, i Paesi sull'altra sponda dell'Adriatico sono pronti ad approfittare degli errori italiani. La Grecia si è già lanciata con appetito da leone sul giacimento di metano “Fortuna Prospect” posizionato al confine tra le acque italiane al largo di Santa Maria di Leuca (Puglia) e la sua isola di Corfù, grata dell’insperato regalo ricevuto da Roma. La Croazia da tempo si muove in maniera strategica per sfruttare l’offshore gasiero al confine delle zone marittime adriatiche. E presto anche le piccole Albania e Montenegro si utilizzeranno per ottenere vantaggi non indifferenti.

 

 

 

Poco prima della mezzanotte, Giuseppe Conte scende in conferenza stampa a Palazzo Chigi, insieme al Guardasigilli, la riforma del processo penale è stata approvata con incorporata anche la norma sulla prescrizione del lodo Conte bis, ed è il momento di fare un bilancio dopo lo scontro con Renzi del pomeriggio: «Io non ho alcuna paura, nè arroganza - dice Conte - è Italia viva che deve decidere se fare squadra o meno, la loro assenza di stasera è una loro sconfitta, e se ci sarà una mozione di sfiducia contro il ministro Bonafede ne trarrò tutte le conseguenze».

Conte rincara la dose dando anche del «maleducato e aggressivo» al modo di fare di Renzi: «Stiamo vivendo una situazione un po’ paradossale, la maggiore opposizione ci viene non da un partito di opposizione ma da Italia viva che un giorno sì e l’altro pure ci dice che vuole promuovere un atto di sfiducia nei confronti del ministro Bonafede». E se i ministri di Italia viva disertano il Cdm, in polemica con le norme sulla prescrizione, «per quanto riguarda l’assenza non è stata fatta nessuna comunicazione ufficiale. Non sedersi a un tavolo istituzionale quando si ha un incarico di ministro e quindi una responsabilità, è una assenza ingiustificata».

La risposta di Renzi non si fa attendere: «Presidente, la palla tocca a te. Noi non abbiamo aperto la crisi, tu puoi cambiare, sai come farlo, perché lo hai già fatto. Se noi siamo opposizione, voi non avete la maggioranza. Non puoi dire che siamo opposizione maleducata: se vuoi cambiare maggioranza fallo, ti daremo una mano. E non puoi parlare come un preside di scuola di assenze ingiustificate di ministri. Lo dico a tutti: se si vuole lavorare rimbocchiamoci le maniche, se qualcuno vuole staccare la spina se ne assuma la responsabilità. Per fare il governo con i 5 Stelle ho dovuto prendere due maalox, ma sono aperto a tutte le soluzioni, anche al tornare al voto».

Il senatore di Rignano ha tenuto a precisare: «Se il Premier vuole cacciarci, faccia pure: è un suo diritto! E Conte è il massimo esperto nel cambiare maggioranze. Se invece vogliono noi, devono prendersi anche le nostre idee. Alleati, non sudditi. Trovo il tono di Conte sbagliato, ma ai falli da dietro del premier rispondiamo senza commettere falli di reazione». E in chiusura ecco un’altra stilettata: «Se hanno pronto un Conte Ter senza di noi, prego, si accomodino. Noi pensiamo all’Italia e teniamo alte le nostre battaglie».  

È l’epilogo, in qualche modo amaro, di una giornata di nuovi scontri fra la maggioranza e il partito di Renzi. Ancora una volta Italia viva ha votato al Senato con le opposizioni, e forse questo è stato determinante. Del resto erano ormai diversi giorni che veniva annunciato un intervento duro del premier contro il partito Renzi.

Formalmente la crisi di Governo non c'è ancora ma Giuseppe Conte e Matteo Renzi sono l'un contro l'altro armati, a pochi passi dalla rottura definitiva. I parlamentari di Italia viva continuano a votare con le opposizioni: succede al Senato con il decreto Intercettazioni sul tema prescrizione e alla Camera con il Milleproroghe sulle concessioni autostradali. In polemica con Bonafede, poi, le ministre renziane Teresa Bellanova e Elena Bonetti non partecipano al Consiglio dei ministri. Per il presidente del Consiglio la misura è colma da giorni. Il premier, raccontano, avrebbe già voluto intervenire martedì sera per chiedere «chiarezza» alla compagine renziana, ma il rinvio del voto sul lodo Annibali lo ha fermato. In mattinata, quando ancora il forfait della delegazione di Iv alla riunione del Governo non è ufficiale.

«La riforma della prescrizione è frutto di un lavoro portato avanti in collegialità con le altre forze di maggioranza, abbiamo lavorato nei dieci incontri che ci sono stati: la prima bozza l’ho presentata a ottobre 2019. Mi dispiace sinceramente che una delle quattro forze abbia deciso di defilarsi», così Alfonso Bonafede sul passo indietro di Italia Viva, che ieri ha disertato il Consiglio dei ministri. 

Clima di altissima tensione tra le forze di maggioranza sul dossier prescrizione, Italia Viva non arretra e “dichiara guerra” a M5s, Pd e Liberi e Uguali. Matteo Renzi ha risposto per le rime al premier Giuseppe Conte e l’ipotesi crisi di Governo non è così assurda come potesse sembrare solo qualche giorno fa. Lucia Annibali di Italia Viva ha ribadito su Twitter: «La riforma della prescrizione varata ieri porta avanti un meccanismo farraginoso, un vero e proprio sudoku giuridico che non risolve i problemi della eliminazione della prescrizione. 

Lavoreremo in parlamento per modificarla». Opposizione sul piede di guerra, Matteo Salvini invoca il ritorno alle urne: «Noi ci occupiamo di problemi reali, di cantieri, di infrastrutture, di temi veri mentre da un mese la maggioranza si scanna sulla giustizia e sulla prescrizione. Noi non stiamo zitti, ma una volta che abbiamo detto la nostra sulla Giustizia non possiamo inseguirli tutti. Ora la gente capisce perché la Lega questa estate ha lasciato il governo e sette ministeri. Le elezioni continuano ad essere la via maestra», le sue parole riportate da Sky Tg 24.

Matteo Renzi non è intenzionato a mollare di un centimetro nella battaglia sua e del suo partito, Italia Viva, contro la riforma della Prescrizione firmata dal ministro Bonafede. Attraverso la propria pagina Facebook l’ex presidente del consiglio è infatti uscito nuovamente allo scoperto specificando: “La posizione del Lodo Conte è incostituzionale secondo i principali esperti. 

Cercheremo di cambiarla in Parlamento prima che venga bocciata dalla Corte Costituzionale come già avvenuto in settimana alla Legge Bonafede”. L’ex sindaco di Firenze aggiunge: “Questa per noi è una battaglia culturale. Non molleremo di un solo centimetro. Il Pd ha scelto di seguire i grillini, noi abbiamo scelto di seguire le persone competenti: avvocati, magistrati, esperti della materia”. Spaccatura di governo palese, e i leader del Centrodestra sono già in fermento, chiedendo che si vada a votare il prima possibile.

 

 

 

Matteo Salvini ha depositato la memoria difensiva alla Giunta per le immunità di Palazzo Madama, rivendicando la linea adottata e puntando il dito contro il comandante della nave, che "ha deliberatamente fatto rotta verso l'Italia", come si legge nella stessa memoria del senatore. Salvini scrive che l'indicazione del Pos (porto di sbarco sicuro) spettava alla Spagna o a Malta (e non certo all'Italia) e il comandante della nave, come anticipato, abbia deliberatamente rifiutato il Pos indicato successivamente da Madrid, perdendo tempo prezioso al solo scopo di far sbarcare gli immigrati in Sicilia. Peraltro, l'imbarcazione della Ong era omologata per 19 persone, ma prima ne carica 55 e poi altre 69.

Il capo politico del Carroccio smonta le accuse, ricordando che i primi Paesi contattati dall'organizzazione non governative iberica dopo le operazioni di salvataggio erano stati la Spagna, Paese di bandiera della nave, e Malta, territorio più vicino al punto dei salvataggi. Il leader leghista spiega: "L'Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza" 

A sostenere questa ricostruzione c'è uno scambio di corrispondenza tra La Valletta e Madrid nei primi giorni dell'agosto 2019 a proposito del Pos. Carta canta: nero su bianco c'è un reciproco palleggio di responsabilità tra i governi, ma non viene mai citatato quello di Roma. Che viene tirato in ballo solo in seguito da Proactiva Open Arms, ma - sostiene Salvini - non può ricadere sullo Stato italiano l'onere di una risposta di competenza di altri Paesi.

Gli eventi dell'agosto 2019 sono simili a quelli del 16 marzo 2018, che avevano coinvolto Open Arms e lo stesso comandante: a tal proposito, la procura di Ragusa chiese il rinvio a giudizio con le pesanti accuse di violenza privata e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Cosi l'ex titolare del Viminale, insomma, si trova a fronteggiare nuovamente pesanti accuse, simili a quelle relative al fascicolo della Gregoretti, salvo che questa volta di mezzo non vi è una nave della Guardia costiera italiana, bensì un'imbarcazione della ong spagnola Open Arms, che all'epoca dei fatti fu tenuta in stand-by per alcuni giorni (lo scorso agosto), prima di concedere all'equipaggio di far sbarcare sul suolo italico i migranti a bordo

Intanto nella vicina Grecia le proteste contro le politiche d’accoglienza dei clandestini nelle isole della Grecia sono aumentate e mentre in Italia cercano di processare l'ex Ministro Salvini perché durante l'anno che era Ministro dell'Interno aveva fermato con la sua politica l'immigrazione clandestina, alle isole Greche esiste il caos proprio dalla immigrazione clandestina che arriva da tutte le parti ma di più dalla Turchia .

Recep Tayyip Erdogan non ha mai fatto mistero della volontà di usare i flussi migratori come arma per minacciare non solo la Grecia ma l'intera Europa. La Turchia ha al suo interno almeno 3.6 milioni di profughi siriani, per trattenere tutti all'interno del paese l'Unione Europea ha stretto nel 2016 un accordo con Ankara da tre miliardi di Euro all’anno.
 

Pero a Lesbo, Samo e Chios, infatti, è andato in scena uno sciopero generale il mese scorso, chiudendo i servizi pubblici, con dimostrazioni di strada programmate più avanti nel corso della giornata, per chiedere l'immediata rimozione di migliaia di migranti ospitati nei loro grandi centri di raccolta. «Rivogliamo le nostre isole, rivogliamo le nostre vite» è lo slogan principale della protesta. Nel più grande campo di Moria sull'isola di Lesbo ci sono più di 19.000 richiedenti asilo in un campo con una capacità di 2.840 persone.

Questo fa sì che il vecchio continente rimanga sotto il costante ricatto di Erdogan, il quale già da qualche mese, proprio in relazione alla vicenda degli idrocarburi ed alle critiche europee della sua missione anti curda in Siria, ha mostrato insofferenza verso Bruxelles. Ed i flussi migratori che attanagliano la Grecia attualmente, potrebbero rappresentare solo una prima dimostrazione delle possibilità in mano al presidente turco di destabilizzare ulteriormente la situazione.

Il governatore delle isole del mar Egeo settentrionale, Konstantinos Moutzouris, ha chiesto al governo greco di dichiarare lo stato d'emergenza. Questo perché, secondo lo stesso governatore, quanto avvenuto martedì potrebbe rappresentare solo un'anticipazione di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi.

I numeri forniti da Konstantinos Moutzouris appaiono del resto allarmanti: attualmente, nei campi delle isole dell’Egeo sono presenti 42mila migranti partiti dalla Turchia, distribuiti soprattutto tra Lesbo, Chios e Samos. Il vero problema al momento, è che il flusso appare inarrestabile: giorno dopo giorno, diversi barconi giungono sulle isole greche ingolfando ulteriormente la macchina dei soccorsi e dell’accoglienza.

Del resto, com'è noto, la Grecia è già alle prese con le conseguenze della crisi economica che si trascina dal 2010 ed Atene non è in grado di sobbarcarsi l'onere del flusso migratorio riguardante il Mediterraneo orientale. Il premier Kyriakos Mitsotakis, all’indomani del suo insediamento a luglio, ha promesso un giro di vite volto ad accelerare le procedure per le richieste d'asilo in modo da iniziare a rendere meno pesante la pressione sulle isole. In particolare, tra respingimenti e trasferimenti nella Grecia continentale, si era calcolata la fuoriuscita da Lesbo e dalle zone vicine di almeno 25mila migranti. I continui arrivi, inarrestabili da questa estate dopo un periodo di relativa quiete, stanno impedendo la piena realizzazione del piano voluto dal governo.

Per adesso, il governo greco ha deciso di non dichiarare lo stato d'emergenza. Tuttavia, in parlamento nella giornata di ieri è stato votato un decreto che introduce alcune strette per le Ong impegnate nel mar Egeo. In particolare, tutte le organizzazioni adesso sono tenute ad avere un registro dei dipendenti ed a rendere maggiormente trasparente il proprio operato.

La questione ovviamente è anche politica. La Grecia, come si sa, è ai ferri corti in questi mesi con la Turchia per via di tanti dossier aperti: dalle rivendicazioni di Ankara sul gas cipriota al memorandum turco – libico firmato a novembre che, tra le altre cose, prevede nuove Zee in grado di tagliare fuori Atene dalle rotte commerciali del Mediterraneo orientale. Il fatto che i migranti arrivino dalla Turchia, dimostra come probabilmente le autorità del paese anatolico abbiano iniziato a chiudere un occhio sul traffico di esseri umani che ha base lungo le proprie coste.

Sono 59.726 i richiedenti asilo giunti via mare sulle coste greche nel corso del 2019. Rispetto agli anni precedenti, si è registrato un incremento significativo. Infatti, nel biennio 2017/2018 gli arrivi sono stati 62.212. Il trend crescente si conferma anche nel primo mese del 2020 con 3.445 sbarcati.

Nel tentativo di affrontare questa situazione sempre più emergenziale e complessa, il Governo greco sta mettendo in atto una serie di misure drastiche e rivoluzionarie. Come già annunciato il 20 novembre scorso l'Esecutivo sta lavorando per chiudere gli hotspot presenti sulle isole dell’Egeo, sostituendoli con dei nuovi “centri chiusi pre-partenza“.


Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, aveva espresso pubblicamente dubbi e perplessità in merito a queste nuove politiche sull'accoglienza: Pochi giorni fa è stato sgominato un gruppo criminale salentino che si occupava del reperimento e dell'allestimento delle imbarcazioni da destinare al traffico di clandestini. Quello che agiva sul versante greco, capeggiato da un curdo siriano, si impegnava, invece, nel reclutamento e trasporto dei “passeggeri” arrivati in Grecia attraverso il confine turco. 

Fino al loro successivo imbarco alla volta delle coste leccesi, oltre che della raccolta della cifra necessaria per la traversata, non inferiore a 6mila euro pro capite. E’ quanto accertato dai militari della Guardia di Finanza di Lecce che hanno messo a segno l'operazione Sestante. Contro il traffico di clandestini nel Salento e in Grecia. In esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare della Direzione distrettuale antimafia ed emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale salentino a carico di 13 persone. Le indagini hanno dimostrato l'esistenza di una organizzazione internazionale composta da due cellule criminali specializzate nel favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Una italiana, diretta da un brindisino, ed una greca capeggiata da un curdo siriano.

La Grecia non ne può più di immigrati clandestini : la Ue non mantiene le promesse, ci ha abbandonati ...I campi per la registrazione dei migranti sulle isole greche nel Mar Egeo orientale sono gravemente sovraffollati. Secondo stime del governo greco, circa 39 mila persone vivono nei campi di Lesbo, Chios, Samos, Leros e Kos, o in prossimità degli stessi. La capacità ufficiale di accoglienza dei campi della Grecia è di circa 7.500 persone. Dopo una recente ispezione nel campo di Lesbo, l’Alto commissario per i rifugiati dell'Onu Filippo Grandi ha definito la situazione catastrofica. Ylva Johansson, la nuova commissaria europea per gli Affari interni, ha detto che c’è la necessità urgente di riformare le politiche di asilo dell'Unione Europea

A Samo, spiega il quotidiano ellenico I Kathimerini, le paure dei residenti e dei visitatori stranieri sarebbero alimentate dalla presenza di un grande campo-profughi, ubicato nei pressi di Vathy, ex capoluogo dell'isola e attualmente principale centro abitato della stessa. La struttura in questione, realizzata nel 2016 al fine di ospitare i migranti in fuga dal Medio Oriente, si è in breve tempo trasformata in un ambiente sovraffollato e degradato, tanto da essere ormai soprannominato dai locali “la giungla”.

Progettato per accogliere non più di 650 individui, il campo, ad oggi, presenterebbe, a detta dell’organo di informazione, circa “4 mila richiedenti asilo”, mentre ben 1500 sarebbero finora “fuggiti” da lì senza lasciare traccia. Le condizioni igienico-sanitarie nell'ambiente ricettivo, prosegue il giornale ellenico, sarebbero “raccapriccianti”, in quanto “topi e serpenti” proliferebbero in ogni angolo del centro-profughi. Per ogni soggetto accolto a Vathy, l’esecutivo nazionale spenderebbe circa 90 euro, percepiti direttamente dai migranti.

La vicinanza dei centri abitati e delle località balneari con tale struttura, popolata in prevalenza da individui originari della Siria, dell'Iraq e dell'Afghanistan, si starebbe traducendo in una crescente esasperazione degli isolani e dei turisti: “Quel campo”, ha tuonato davanti ai cronisti del quotidiano un’insegnate del posto, “è una vergogna. I migranti stanziati lì non vengono minimamente controllati e girano indisturbati per tutta Samo, abbandonandosi all’ubriachezza e importunando i passanti. I visitatori stranieri stanno letteralmente scappando da qui e noi residenti non ce la facciamo più a convivere con i profughi”. Sempre in base a quanto riporta I Kathimerini, numerosi commercianti isolani, giunti al culmine dell’insofferenza, avrebbero addirittura “vietato” l'ingresso nei rispettivi negozi ai soggetti di origini mediorientali.

Continuano a protestare i rifugiati del campo di Moria, sull’isola greca di Lesbo, dopo che la polizia ha cercato di sopprimere violentemente le agitazioni. Secondo gli operatori umanitari, sono circa 2.000 i rifugiati, principalmente di origine afgana, iraniana e siriana, che manifestano da almeno una settimana contro i ritardi nelle procedure di asilo, le degradanti condizioni sanitarie nel campo e l’estremo sovraffollamento. I migranti in marcia fuori dal centro, incluse donne e bambini, hanno intonato cori al grido di “Libertà!” e hanno cercato di superare le linee della polizia antisommossa venendo però colpiti con bastoni, gas lacrimogeni e granate stordenti. Secondo alcuni testimoni presenti sul luogo, “anche i neonati e bambini sono stati centrati dai gas lacrimogeni”.

Dopo giornate di scontri e di violenze da parte della polizia, circa 40 rifugiati sono stati presi in custodia, ma le tensioni rimangono alte. Una serie di attacchi razzisti contro i rifugiati sono stati segnalati da parte di un gruppo di radicali di sinistra, che hanno risposto organizzando pattuglie notturne di antifascisti per frenare ulteriori attacchi. Le condizioni di criticità in cui versano i migranti sull’isola di Lesbo sono state quindi aggravate dalle recenti agitazioni tra polizia e manifestanti e tra gruppi neonazisti e di sinistra.

Il campo di Moria, che dovrebbe ospitare un massimo di 3.000 rifugiati, ne accoglie in realtà circa 20.000, il 75% dei quali di nazionalità afgana. Esposto al freddo gelido e con scorte limitate, il campo sta diventando un pericoloso focolaio di agitazioni. Sono state riportate, dalla popolazione del centro, anche numerose aggressioni sessuali e il team di Medici senza Frontiere ha denunciato un forte aumento degli abusi e delle violenze su bambini, donne e ragazzi. Le condizioni continuano a peggiorare di giorno in giorno mentre i rifugiati diventano sempre più disperati. “A volte, soprattutto la sera e la notte, ci sono rapine a mano armata nelle vicinanze di Moria”, afferma un rifugiato afgano di 31 anni, residente nel campo e volontario con una delle tante ONG che lavorano sull’isola. “Alcuni dei rifugiati si sono armati di coltelli e hanno minacciato o addirittura pugnalato i rifugiati e hanno preso i loro soldi, i telefoni cellulari e altri oggetti di valore. C’è anche un intenso spaccio di droga o uso di cocaina qui”, ha aggiunto.


"Noi come Lega siamo presenti in quattro continenti, abbiamo più di 5000 iscritti e un sito web ad hoc. Ci stiamo radicando con una presenza strutturata. Compatibilmente alla campagna elettorale nelle regionali, penso a una prossima visita negli Stati Uniti".

Matteo Salvini introduce così la sua conferenza stampa presso la Stampa Estera, sottolineando che si tratta del primo incontro con i giornalisti "dopo che sono stato ufficialmente mandato a processo" per la vicenda Gregoretti, ieri in Senato. Dice: "Seguirò con attenzione quanto accadrà, senza alcun timore o preoccupazione".

Accanto a lui il numero due della Lega e neo responsabile degli Esteri Giancarlo Giorgetti: "E' questione di tempo, ma prima o poi toccherà alla Lega, a Salvini, tornare a governare. Qui c'è il segretario di un partito che è stato più volte al governo, che governa le regioni più moderne d'Italia, assolutamente in grado di rappresentare il popolo italiano senza vergogna, ad ogni livello, anche con l'estero. I sondaggi continuano a dire che siamo al 30%, prima o poi toccherà a noi assicurare il governo, quindi abbiamo il dovere di dire chi siamo al di là di una coperture mediatica non sempre benevola"

"Questi sei mesi ci stanno confermando che se fossimo ancora al governo con i grillini saremmo allo stallo e al blocco più totale: tutto conferma la validità di quella scelta di agosto di lasciare il governo", ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini, nell'incontro con la stampa estera. "Spero che non facciano troppi danni", aggiunge.

"Ormai a criticare l'Europa non siamo più solo noi euroscettici, ma anche popolari e socialisti. Non siamo noi ad aver fatto inversione ad U. I minibot? Erano uno strumento per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. La nostra priorità non è uscire da qualcosa ma la crescita economica". "Tutti i nostri sforzi sono per il rilancio dell'economia italiana", ha aggiunto.

"Mi chiamo Giorgetti, non Gregoretti". Siparietto alla stampa estera, durante la conferenza stampa di Matteo Salvini e del numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti. Durante il suo intervento un giornalista giapponese, più volte, si rivolge al responsabile esteri della Lega, sbagliando il nome. Giorgetti corregge: "Quello è il nome della nave dei migranti", ricorda. Il giornalista poi chiede della bassa natalità italiana: "Bisogna essere allegri per fare figli, per fare l'amore, gli italiani sono tristi". A quel punto interviene Salvini: "Io sono allegro, quindi risponde Giorgetti che è triste".

Il segretario leghista ribadisce che "l'articolo 52 della Costituzione, sul quale ho giurato da ministro, prevede che la difesa della patria è un dovere per ogni cittadino, quindi non penso che quanto ho fatto a maggior ragione da ministro comporterà alcuna condanna". Poi: "Non sono ancora sotto processo, il voto di ieri al Senato rimanda a Catania il fascicolo su cui indagare". Osserva ancora: "Non sono felice, perché non voglio passare il mio tempo a studiare i processi". 

E sulle elezioni, prevede che si tornerà a votare entro l'anno. Ci stiamo radicando nel mondo, prossima visita in Usa Come Lega "Siamo presenti in 4 continenti con più di 5mila iscritti. Ci stiamo radicando anche in ottica delle prossime elezioni politiche in qualunque momento accadano per avere una rappresentanza della Lega nel mondo che sia puntuale. Abbiamo in programma una prossima visita negli Stati Uniti". Così Matteo Salvini all'Associazione della Stampa estera.  Autostrade: sarei pronto a votare la revoca, basta rinvii "Se io fossi il governo e i miei ministri mi portassero la revoca la firmerei in dieci secondi.  L'unica cosa che non possono fare è rinviare. 

L'importante è che facciano qualcosa. Se portano la revoca in Aula la voterei. Sinora avevano l'alibi di Salvini, ma ora non ci sono più, io sarei per revoca di fronte a 43 famiglie distrutte", dice Salvini parlando di Autostrade per l'Italia dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi.  Savoini perbene sino a prova contraria  "Savoini lo conosco come una persona perbene e lo riterrò tale sino a prova contraria: qua da mesi si sta parlando di incontri, intercettazione senza che si sia arrivati ad alcunché. Per me è una persona perbene", afferma il leader della Lega.  Non siamo destra radicale, FdI non è nostro competitor "Non essendo noi la destra radicale non abbiamo competitor. Non ambisco a rappresentare la destra radicale, siamo un partito del 30 per cento. Più crescono gli altri componenti del centrodestra meglio è. Serve crescere tutti, non solo Meloni, anche Berlusconi e Toti, altrimenti non si arriva al 50 per cento", dice poi Salvini. 

Questi sono i temi toccati dai Giornalisti stranieri e le risposte in sintesi del ex ministro del interno: 

Europa. "Ormai a criticare l'Europa non siamo più solo noi euroscettici, ma anche popolari e socialisti. Non siamo noi ad aver fatto inversione ad U. I minibot? Erano uno strumento per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. La nostra priorità non è uscire da qualcosa, ma la crescita economica. Tutti i nostri sforzi sono per il rilancio dell'economia italiana".

Ppe. "Io auspico un grande gruppo che abbia una visione più moderna e aggiornata dell'Europa di 140 e 150 parlamentari europei alternativo ai gruppi popolari e socialisti, ma non abbiamo fretta, anzi siamo aumentati di una unità", ha commentato l'ipotesi di un avvicinamento del suo gruppo a quello dei conservatori.

Cinquestelle. "Quando parti come partito della Rivoluzione anti casta e poi ti chiudi nel palazzo e diventi casta... E poi ti allei con il partito simbolo dei poteri forti gli elettori ti ringraziano e ti salutano".

Russia. "Continuo a pensare che la Russia debba essere un partner che non va lasciato nelle braccia della Cina: credo che la politica delle sanzioni sia demenziale. Lo dico da 4 anni e non ho cambiato idea"

Brexit. "Sulla Brexit sarà la storia a dire se hanno fatto bene o no. Certamente con la Lega al governo non si esce dall'Euro o dall'Unione"

Germania. "Il famoso fronte franco-tedesco dovrebbe essere allargato e avere migliori rapporti con la Germania per me è un obiettivo non solo economico ma anche geopolitico, penso alla Libia. Là parte dei problemi viene dalle mire della Francia che ha interessi contrapposti con l'Italia e il resto dell'Europa. Migliori rapporti con la Germania quindi per arginare la potenza della Francia".

Autostrade.  "Revoca autostrade non è una decisione politica, bisogna aspettare le inchieste e verificare le eventuali responsabilità", ha invece spiegato Giorgetti.

 

Il leader della Lega, Matteo Salvini, nel corso della conferenza nella sede della stampa estera, ha affermato: "In Libia il governo italiano paga l'ennesima 'non scelta'. Quando incontri Serraj dici che stai con Serraj, quando incontri Haftar dici che stai con Haftar: così perdi ogni credibilità. Tutti i paesi hanno scelto, questo governo sta un po' di qua e un po' di là. Ce un governo legittimamente riconosciuto? Io parlavo con i membri di quel governo. Purtroppo quando perdi credibilità ci vuole più tempo per recuperare. In Libia non siamo più interlocutori affidabili né per gli uni né per gli altri".

 

 

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