Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Mercoledì, 01 Maggio 2024

In città l'ultima tappa d…

Apr 30, 2024 Hits:164 Crotone

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:380 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:829 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:871 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:1067 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1548 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1652 Crotone

Prosegue la formazione BL…

Feb 20, 2024 Hits:1469 Crotone

berlicche2

 

Dell’autore delle Cronache di Narnia, Clive Staple Lewis (1898-1963), Le lettere di Berlicche sono una delle opere più note e amate. Pubblicate originariamente sul The Guardian nel 1941 con frequenza settimanale, si tratta delle istruzioni di un diavolo anziano, “sua potente Abissale Sublimità il Sottosegretario Berlicche” destinate al nipote Malacoda, un giovane apprendista tentatore. Regalando ai nostri lettori la prima di una serie “inedita” di lettere, nate dalla penna di Lorenza Formicola, il Corriere del Sud intende tributare un omaggio all’ironia sapiente del grande scrittore britannico.

 

Mio caro Malacoda,

stamani mi sono svegliato con una terribile nostalgia per i tempi andati. Non so se ancora ricordi il nostro gran da fare nei giorni a ridosso della santificazione di due Papi, passata la Pasqua e nel pieno del mese mariano.

Ore e ore passate tra le file di penitenti in attesa di entrare nel confessionale, per tormentarli uno ad uno. Lavoravamo intensamente per stuzzicare e fomentare il rumore. Per difenderci e difenderli da tutti quegli abietti sensi di colpa, da quei desideri e propositi così alti e così perfetti, affannandoci a convincerli che fossero irraggiungibili.

Sembra passata un'eternità. Tutti, adesso, sembrano parlare d’altro.

Certo: i fedelissimi del Nemico continuano a farsi sentire, ma c'è qualcosa nell'aria che mi porta tristezza. È 'sta storia dell'«omofobia».

Quando Nostro Padre ha inventato questa parola, non ci credeva neanche lui più di tanto. Nessuno di noi si aspettava il benché minimo successo. Ci aspettavamo il classico buco nellʼacqua, da aggiungere alla serie di neologismi che ci siamo sforzati di inventare, ma che sono sempre andati di moda solo per qualche stagione. E invece, a furia di ripetersela, i soliti quattro gatti che sono, nelle loro stanze vuote, sono stati travolti dalla eco della loro stessa voce, rimbombando come un megafono al punto da stordirli completamente.

La parola sta facendo il giro del mondo, e ancora non si sono accorti che non vuol dire proprio niente. Tutto è diventato una mera questione di dato biologico da superare.

Per un momento mi aveva persino sfiorato l'illusione che avessimo conseguito delle vittorie importanti, che ormai il gioco fosse fatto.  E, se ben ricordi, abbiamo persino festeggiato.

Ma il Nostro Padre lo ha capito prima di me: c'è poco da festeggiare.

Come chiusi in una campana che non smette di suonare, questi uomini non riescono neanche più a pensare. Non prendono in considerazione neanche noi. Se ne stanno tutti fermi a ripetere cose inventate da altri.

Ormai hanno così tante scuse da inventarsi che anche io rabbrividisco.

Li abbiamo educati a pensare al Futuro come a una terra promessa, e lo abbiamo reso una tale ossessione da trasformarlo nel fine ultimo di ogni loro più piccola azione.

In nome del "Futuro" agiscono, inventano e distruggono, anche se stessi.

Si sono uniformati a quel pensiero unico che impone loro di mostrarsi tolleranti per tutte le visioni del mondo, per tutte le religioni. E si rinsaldano a vicenda nella paura di una pretesa di verità troppo imponente, troppo elevata.

Eppure lo ripeto a te, come non smetto di ripeterlo a me stesso: mai sottovalutare il Nemico, il suo operato e l’attività dei suoi figli.

Guarda per esempio le veglie che stanno animando le piazze di tutta Italia. Se ne stanno lì, le Sentinelle in "piedi", per difendere la libertà di opinione. Per difendere quella realtà che con il tempo abbiamo imparato a capire – certo, non a condividere – persino noi.

In piedi, in silenzio, con un libro in mano, si sono inventati il modo più opportuno di rivendicare quella cosa oscena, che il nemico chiama verità.

Tutt’intorno a loro, invece, gli altri rivendicano il diritto di godersi la vita senza nessuna responsabilità, in nome di un’autodeterminazione che loro giudicano di “dignità morale superiore", ma che invece li sta svilendo. Il che, attenzione, va bene! Fino a quando, tuttavia, potranno vivere senza limiti e nel disprezzo per lʼautentica natura umana?

Ci imbattiamo ancora nell'inesplicabile. E nell'imperscrutabile sento l'ombra del Nemico che molto presto ci darà filo da torcere.

Il tuo tristissimo zio.

introvigne libro si alla famiglia.

 

Da poco è uscito l’ultimo libro del professore Massimo Introvigne, “Si alla Famiglia. Manifesto per un’istituzione in pericolo”, pubblicato da Sugarcoedizioni. Il sociologo torinese mette insieme una serie di avvenimenti, eventi, manifestazioni, incontri, atti parlamentari, che riguardano l’attacco o la difesa della famiglia, e del matrimonio, avvenuti nell’ultimo anno. Si parte dal grande evento del 13 gennaio 2013, a Parigi, un milione di persone scendono in piazza per protestare contro il “matrimonio” omosessuale, la legge Taubirà. “E’ la Manif pour tous, la ‘manifestazione per tutti’, la più grande dimostrazione contro il ‘matrimonio’ omosessuale della storia, e il secondo più grande evento di protesta contro una singola proposta di legge in Francia (il primo riunì, il 24 giugno 1984, quasi due milioni di persone a difesa delle scuole non statali)”. Una manifestazione che mette in difficoltà il governo francese, perché ha messo insieme persone diverse: cattolici, ebrei, musulmani, atei, socialisti e anche omosessuali che considerano una legge sul matrimonio fra persone delle stesso sesso un errore.

Gli studiosi si interrogano e si chiedono il perché di una manifestazione così popolare. “Non le hanno convocate i partiti. Nessuna forza politica di qualche dimensione sostiene in modo unanime la manifestazione. Lo stesso Fronte Nazionale della signora Marine Le Pen si divide, con la sua presidente che dichiara di non volere partecipare temendo ‘derive omofobe’. Non le hanno convocate neppure le parrocchie e le diocesi, anche se alcuni vescovi hanno dato il loro sostegno”.

In sostanza per Introvigne è il più grande evento postmoderno. Si tratta di singole persone, che nessuno ha convocato e organizzato, che con un passaparola in gran parte via internet si ritrovano per una protesta straordinaria non prevista da nessuno.

Qualcosa di simile sta succedendo in Italia, da quando una sera di fine giugno dell’anno scorso, l’associazione Alleanza Cattolica ha allertato l’opinione pubblica con un manifesto di cinque punti, pubblicato su quattro quotidiani nazionali. Ero presente all’incontro nella sede di Alleanza Cattolica, in via Lecce, e temevo che anche questa volta, l’associazione restasse col fatidico “cerino in mano”, in pratica a combattere da sola una battaglia di civiltà. Invece, in breve tempo, alcuni giovani volenterosi hanno creato una Manif pour tous italiana, che è scesa subito in campo, poi altri giovani imitando i cosiddetti Veilleurs francesi- che hanno continuato la loro protesta anche dopo l’approvazione della legge Taubirà – la modalità di azione che consiste nel prendersi una piazza e rimanere in piedi in silenzio, leggendo un libro o pregando. Sono Le Sentinelle in piedi, che in molte città italiane – prima Milano il 12 ottobre in piazza Cordusio, poi Bergamo, Genova, Trieste, e tante altre– hanno manifestato la loro opposizione alla legge liberticida contro l’omofobia, la cosiddetta Legge Scalfarotto, parlamentare Pd, primo firmatario. In pochi mesi le sentinelle sono cresciute formando un movimento che, nonostante minacce e aggressioni, a sua volta ha stupito per ampiezza e consensi.

Intanto a Torino il 1 dicembre 2013 nasce il Manifesto dei comitati “Si alla Famiglia, nati per riunire non singoli ma associazioni, in un Paese. l’Italia – che è diverso dalla Francia e che conta la maggiore percentuale al mondo di cattolici che fanno parte di qualche associazione o movimento. Tutti insieme stanno rispondendo colpo su colpo a chi vuole introdurre leggi ispirate alla stessa logica francese del “matrimonio” per tutti. Il Manifesto intende dire “Si all’accoglienza rispettosa delle persone omosessuali, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione e colpendo severamente chi si macchia di atti di violenza, chi minaccia, chi insulta le persone omosessuali”, ma nello stesso tempo dice “No a una legge contro l’omofobia che investa un reato d’opinione e punisce con la reclusione, fino a un anno e sei mesi, chi propaganda ‘idee discriminatorie fondate sull’omofobia’”.

Introvigne è stato il promotore del Comitato, lui stesso, scrive, che si è ispirato ai “Dieci piazze per dieci comandamenti”, dieci grandi eventi promossi dagli amici del Rinnovamento nello Spirito Santo, a cui Benedetto XVI e lo stesso Papa Francesco hanno voluto partecipare con videomessaggi. L’idea di Salvatore Martinez, il presidente del Rinnovamento, era di riprendersi le piazze di dieci grandi città italiane, in ciascuna proponendo uno dei dieci comandamenti, “i quali – com’è noto – sono stati rivelati da Dio per soccorrere le difficoltà della nostra ragione ferita dal peccato originale, ma corrispondono a verità naturali che di per sé la ragione di ciascuno potrebbe riconoscere”. Ho partecipato all’evento“Ricordati di santificare le feste”, dell’8 giugno 2013 in piazza Duomo a Milano, ed ho visto con quanto entusiasmo il popolo cristiano – non solo quello del Rinnovamento nello Spirito – ha partecipato all’evento; quella sera, ho ascoltato il videomessaggio di papa Francesco dove spiegava che i dieci comandamenti, prima ancora che sulle tavole di pietra di Mosè sono scritti nel cuore dell’uomo. “Di ogni uomo, che creda o che non creda, così che proporli come antidoto alla crisi globale e anche come fonte ispiratrice della politica e delle leggi non è un maldestro tentativo della Chiesa di imporre una sua morale ai non credenti ma un richiamo al patrimonio comune della ragione. Quella ragione che non è né cristiana, né musulmana, né atea né buddhista, ma vale per tutti e a tutti chiede di essere rispettata”. Ecco perché non vale l’obiezione quando ci dicono: voi cattolici che siete contro il matrimonio omosessuale, non sposerete mai una persona dello stesso sesso.

Dunque, “perché volete imporre questa vostra scelta religiosa ai non cattolici?” Abbiamo sentito tante volte questa obiezione anche per la questione del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia. E’ una questione falsa. Occorre distinguere sempre fra verità di fede e verità di ragione. Che bisogna andare la domenica a Messa è una verità di fede, che non può imporre lo Stato, che non bisogna rubare o che non si debbano uccidere gli innocenti sono verità di ragione. Sono due precetti di categorie diverse. Il primo è un comandamento di fede e la Chiesa non ha mai chiesto né chiederà mai allo Stato d’imporlo per legge. Il secondo è un comandamento di ragione – la ragione vale per tutti a prescindere dalla fede religiosa – e i cattolici, come chiunque altro,hanno il diritto e anche il dovere di chiedere che le norme dello Stato corrispondano alla retta ragione.

Introvigne riflette sul comandamento “non desiderare la roba d’altri”, che è molto più profondo di quanto comunemente si creda. Non si riferisce solo al denaro e ai beni materiali. “La ‘roba d’altri’ che il nostro peccato brama - scrive Introvigne - è l’identità che non è nostra: vogliamo essere quello che non siamo”. Tutti conosciamo gli abusi dell’anoressia, spesso distruttivi, protagonisti, uomini e donne non solo anziani ma anche giovani. La “roba d’altri”, significa che vogliamo anche “un corpo diverso dal nostro, vogliamo essere altro rispetto a quello che siamo. Così gli uomini vogliono essere donne, le donne vogliono essere uomini. Non siamo disposti a riconoscere un’identità che viene dalla natura, cioè da Dio: vogliamo inventarci un’identità secondo i nostri desideri e le nostre voglie, e cambiarla quando le voglie e i desideri cambiano”.

Oggi in pratica questi desideri diventano “desideri politici” e si pretende che lo Stato li riconosca, come desideri di “amore”.“Così si vuole che lo Stato riconosca ‘l’amore’ tra le persone dello stesso sesso, ma già si odono voci che chiedono lo stesso riconoscimento all’’amore’ della poligamia e a quello dell’incesto”. In pratica si sta arrivando a quell’oscuramento della ragione, che si confondono i desideri degli individui coi diritti fondamentali della persona, per arrivare a quella dittatura del desiderio e del relativismo.

brutti_sporchi_e_cattivi

 

Premetto “sono nato al Sud e amo il Sud: i valori, i colori, gli odori, i sapori del Sud”, così inizia Giovanni Valentini, giornalista di Repubblica, in un suo libro, “Brutti, sporchi e cattivi. I meridionali sono italiani?”, edito nel settembre 2012 da Longanesi.Non ho difficoltà a fare mia la frase di Valentini, solo che poi bisogna raccontare che cosa realmente è il nostro Sud, quali sono le sue debolezze, i difetti, i vizi, le sue colpe. Certo evitando di fare facili generalizzazioni, i meridionali come tanti altri popoli hanno caratteristiche positive, però, ci sono anche ignobili bassezze e atroci infamità, che da troppo tempo conosciamo bene.

Valentini titola il suo libro riprendendolo dal noto film degli anni 70’di Ettore Scola e scrive che molti sono quelli che ritengono i meridionali, “brutti, sporchi e cattivi”, per alcuni, questo è addirittura un vizio d’origine, scritto nel loro codice genetico, come una tara ereditaria, che si tramanda di generazione in generazione.

Attenzione, il libro di Valentini, non è una novità, ci sono tanti testi scritti sul meridione e a questo punto, si potrebbe scrivere: “nulla di nuovo sotto il sole”. L’analisi di Valentini sul nostro Sud, a volte spietata, è nota e arcinota e, potremmo pensarla come quel noto editore di origine siciliana, che sostiene che il Meridione ormai è irrecuperabile e che forse è meglio lasciarlo andare alla deriva e abbandonarlo al suo destino. Tuttavia, nonostante Valentini faccia un elenco spietato delle cose che non vanno, è fiducioso e crede che il Sud si possa e si debba salvare. Anche se non sottovaluta le difficoltà di carattere storico, economico, sociale e anche culturale, che ostacolano la rinascita del Sud.

Il libro fa riferimento ai tanti numeri, dati, ai rapporti annuali dell’Istat, che evidenziano come effettivamente l’Italia è spaccata in due. “Nelle regioni meridionali, quasi una famiglia su quattro si trova nell’area della povertà, e lì vive il 68,2% degli italiani indigenti”. Così in pratica per l’istituto centrale di statistica, la crisi non è uguale per tutti. “Al Nord solo il 4,9% dei nuclei familiari è sotto la soglia della povertà, contro il 23% del Mezzogiorno. E particolarmente grave risulta la situazione in Basilicata, Sicilia e Calabria”.

Come si può colmare questo divario? Con quali strumenti e con quali risorse? Il Sud può e deve fare da solo o ha ancora bisogno di essere aiutato, sostenuto, assistito? Il Mezzogiorno è condannato a un irreversibile declino oppure può riuscire finalmente a riscattarsi? Riuscirà a liberarsi dai veleni della criminalità organizzata? “I ‘terroni’, insomma, sono destinati a restare ‘brutti, sporchi e cattivi’ oppure sono in grado di emanciparsi per raggiungere o almeno avvicinarsi ai livelli di vita e di benessere del centro-Nord?” Sono degli interrogativi, per certi aspetti angosciosi, che gravano sul destino del Mezzogiorno e dell’intero Paese. Infatti per Valentini, la “questione meridionale”, in realtà è la questione nazionale. Senza il Sud, l’Italia diventerebbe una provincia dell’Europa.

Ma i meridionali sono italiani? Fanno parte dello Stato italiano o lo sentono distante, estraneo, addirittura nemico? Sono domande che per il notista di Repubblica, trovano “un riscontro nella vasta e variegata aneddotica dei cattivi comportamenti che sul piano sociale e civile- o meglio, incivile- gli abitanti del sud sono capaci di mettere in pratica ai danni dello Stato, in un mix di inesauribile di indigenza, furbizia e fantasia. E’ la loro proverbiale ‘arte di arrangiarsi’ che, sulla base di una necessità effettiva o magari immaginaria, li spinge a inventarsi continuamente un imprevedibile campionario di soluzioni, espedienti, truffe, frodi, raggiri. Quando non si tratta di infrazioni o reati veri e propri, di attività illecite o illegali, di abusi edilizi, di evasioni o elusioni fiscali, si tratta comunque di atteggiamenti ribellistici, vagamente anarchici o comunque ostili”.

Certo qualcuno potrà dire che questi sono mali che non sono una prerogativa esclusiva dei meridionali. E’ vero, questo è un “male oscuro”che corrode l’intero Paese. Tuttavia, però, è indubbio che nel Mezzogiorno il fenomeno raggiunge il suo apice. Perché al Sud c’è una forte carenza di cultura delle regole, anche quelle più elementari, eticamente si è deboli, esiste una certa mancanza di senso civico, di rispetto di sé e degli altri.

Valentini tra i tanti scandali, comincia con quello più diffuso delle pensioni d’invalidità, a questo proposito, sembra che la Puglia detenga la maglia nera dell’Imps su questa pratica. Ci sono migliaia di vertenze , di processi pendenti con l’ente; solo nella città di Bari i processi pendenti si aggirano intorno alla cifra record di 60 mila. Tra l’altro, gli ispettori dell’Imps calcolano che in Puglia c’è un imbroglione ogni 153 abitanti, contro una media nazionale di un falso bracciante ogni 611. Il libro accenna all’assenteismo consueto nei vari uffici pubblici, ai soliti lavoratori forestali sospettati di appiccare gli incendi nei boschi per poi spegnerli e giustificare così i loro salari. E ancora la Sicilia che spende otto volte di più della Lombardia per il proprio personale.

Come si può definire tutto questo? Assistenzialismo, clientelismo, parassitismo? Qualcuno la considera una forma di welfare perverso:“una degenerazione dello Stato sociale che elargisce falsi posti di lavoro, false pensioni, false invalidità a spese della collettività?” Un malcostume purtroppo diffuso che, dietro l’alibi della disoccupazione, della miseria, della necessità, e magari in nome del voto di scambio, dispensa favori a destra e a sinistra in un rapporto di complicità reciproca, sostenendo così un sistema di potere corrotto, danneggiando i cittadini onesti.

Il libro di Valentini fa riferimento anche all’acceso dibattito messo in moto, da qualche decennio, dai cosiddetti revisionisti in merito alla “conquista del Sud” delle camice rosse garibaldine sotto l’egida di Cavour e Vittorio Emanuele II di Savoia, che hanno annesso con la forza il Regno delle Due Sicilie. E’ nata qui la “questione meridionale”, intesa come divaricazione economica e sociale fra le “due Italie”. Valentini che è pugliese cita naturalmente il libro del suo conterraneo Pino Aprile, “Terroni”, che ha un eloquente sottotitolo: “Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali”. Il libro di Aprile ha avuto un grande successo perché ha toccato un nervo scoperto, così ha alimentato un “nuovo meridionalismo non solo meridionale” con uno spirito rivendicazionista il suo Terroni esordisce senza mezzi termini: “io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto”. Valentini cita anche “Il Sangue del Sud”, di Giordano Bruno Guerri, e “Terronismo” di Marco Demarco, che tra l’altro cerca di superare una logica di contrapposizione che certamente non giova a nessuno. Secondo Valentini non si può giustificare l’attuale desertificazione socioeconomica del Sud, dando la colpa ai “piemontesi” (il Nord) che 150 anni fa hanno occupato e depredato il Sud. Pertanto, conclude Valentini,“i conti fra Nord e Sud, allora, si possono anche regolare sul piano storico, ma ormai non ha più senso pretendere di regolarli su quello politico, economico e sociale”.

Cosa si intende quando si parla di identità e differenze nell'indagine archeologica sulle genti del passato?

Il testo, nel rispondere a queste domande, descrive il contributo dell'Archeologia a tematiche di scottante attualità connesse alla definizione delle identità di genere, di età, alle differenze culturali ed etniche raccontando la storia della gender archaeology, una corrente di pensiero scaturita nei paesi anglofoni dall'incontro tra l'archeologia teorica, movimenti femministi e alcune agguerrite minoranze etniche. Si tratta di un modo nuovo di studiare i dati del passato partendo dall'analisi di quelle differenze che costituiscono il nucleo stesso dell'identità di ogni comunità umana, del passato e del presente.

Un manuale che finora mancava nella nostra lingua e, allo stesso tempo, una guida per orientarsi in una letteratura sempre più vasta e complessa.

Mariassunta Cuozzo è professore associato di Etruscologia e Archeologia italica presso l'Università del Molise e l'Università di Napoli 'Orientale' e direttore di scavo nel sito etrusco-campano di Pontecagnano.

I suoi principali interessi di ricerca riguardano la presenza degli Etruschi in Campania, l'incontro tra genti italiche e popoli del Mediterraneo, l'archeologia teorica e di genere. Tra i suoi lavori: Reinventando la tradizione. Immaginario sociale, ideologie e rappresentazione nelle necropoli orientalizzanti di Pontecagnano (Paestum 2003); Gli Etruschi in Campania in Introduzione all'Etruscologia (Milano 2012).

Alessandro Guidi è professore ordinario di Paletnologia all'Università di Roma Tre; tra le sue attività scavi e ricognizioni di superficie in vari siti protostorici dell'Italia centromeridionale.

I suoi temi di ricerca preferiti sono la nascita della città e dello stato in Italia, la storia dell'archeologia e l'archeologia teorica.
Tra i suoi lavori Storia della Paletnologia (Roma-Bari 1988), I metodi della ricerca archeologica (Roma-Bari 1994, 20052), Preistoria della
complessità sociale (Roma-Bari 2000).

copertina Bollettino DSC n. 4-2013

 

Potere, politica, legge: l’eredità di Benedetto XVI” è il titolo del “Focus” tematico dell’ultimo numero, appena pubblicato dalle Edizioni Cantagalli di Siena, del “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” (anno IX, n. 4/ottobre-dicembre 2013, pp. 48), dedicato all’eredità di Papa Ratzinger, ad un anno dalla sua rinuncia al pontificato.

Diretta da Stefano Fontana, questa rivista si avvale di collaborazioni internazionali ed è pubblicata anche in Spagna ed America Latina. Esce con cadenza trimestrale (4 fascicoli annui) a cura dell'Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân”, il cui presidente è Monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste.

Anche questo numero monografico, come di consueto, si apre con l’editoriale di Mons. Crepaldi, intitolato Il posto di Dio nel mondo. Il vescovo triestino vi sottolinea una delle specificità dell’insegnamento di Benedetto XVI, cioè quella di spiegare chiaramente come di fronte a Dio non esistano “neutralità”, né da parte delle persone né da parte delle società. «Costruire un mondo senza Dio - scrive Crepaldi - non vuol dire costruire un mondo neutro. Un mondo senza Dio è un mondo senza Dio e non un mondo neutro. In questo modo Benedetto XVI, che ha avuto sovente parole di apprezzamento per le società caratterizzate da una “laicità aperta”, ci ha insegnato a non illuderci che possa esistere una laicità che non accetti la centralità di Dio esimendosi dall’essere perciò contro Dio e contro l’uomo».

Sullo stesso tema, ma da una angolazione diversa, verte il saggio del Direttore responsabile della rivista, il prof. Fontana, Le preoccupazioni di Benedetto XVI e la Dottrina sociale della Chiesa. A fronte dell’enorme, inedita, urgenza cui si trova di fronte oggi la Chiesa e la comunità internazionale, vale a dire la ricostruzione dell’umano a partire dalla riproposta di Dio, Fontana evidenza il fatto assolutamente «significativo che Benedetto XVI abbia insistito sulla legge morale naturale in una cultura che rifiuta il concetto stesso di natura».

Ai vari aspetti del Magistero ratzingeriano sono quindi dedicati tutti gli altri contributi del numero, fra i quali Il contributo della Chiesa alla politica secondo Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, di Arturo Bellocq, docente nella facoltà di teologia della Pontificia Università della Santa Croce, Il diritto naturale in Benedetto XVI, del teologo bolognese don Gianluca Guerzoni e Carità e verità nella Deus Caritas Est del giornalista cattolico Fabio Trevisan.

Il Bollettino DSC si riceve per abbonamento ma è anche reperibile nelle principali librerie cattoliche.

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI