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Nel film “Il pesce pettine” il valore della tradizione storica del Sud

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La Edesantis Production Film srl presenta il film “Il Pesce Pettine”, per la regia, come opera prima, di Maria Pia Cerulo, direttore della fotografia Nino Celeste. Il film nasce da un'idea originale di Maria Pia Cerulo che ne ha scritto il soggetto e la sceneggiatura.

Esclusivamente per la quinta settimana di riprese, ha collaborato alla sceneggiatura Elena De Santis.

Tra i protagonisti Amanda Sandrelli, Stefania Sandrelli, Adelmo Togliani, Stefano Masciarelli, Dario Tindaro Veca, Valerio Di Nardo, Carmen Napolitano, Chiara Ricco, Raffaele Gravina, Genny Fenny.

Ill film è stato girato nei paesi di Castellabate, Cuccaro Vetere, Ceraso, San Giovanni a Piro, Agropoli, Montecorice, Magliano Vetere, Stio e Felitto, Valva.

La storia di questo film rappresenta un’importante opportunità per il territorio, finalizzata anche alla valorizzazione delle splendide bellezze naturali del Parco Nazionale del Cilento, in un’ottica di conoscenza e tutela del prezioso patrimonio afferente alla sua cultura e all’ambiente, che affonda le radici in una civiltà millenaria.

Quindi, un film di intenso spessore culturale, volto al rispetto della “memoria e identità storica” del Cilento, testimonianza vivente di lingue primordiali, tradizioni, attività artistiche e culturali condivise nei secoli, che hanno caratterizzato in modo significativo quest’area geografica; valori troppo importanti per correre il rischio di estinzione.

Partendo da questo presupposto, già nel soggetto del film “Il Pesce Pettine” si evince la necessità di riscoprire, rispettare e salvaguardare questo patrimonio, combattendo l’impoverimento culturale, attraverso la promozione del dialogo intergenerazionale, della trasmissione dei “saperi” e delle antiche tradizioni, rendendo il tutto fruibile.

La memoria storica e la cultura, fortemente radicata in questo territorio, viene proposta sotto forma di arricchimento culturale e di riscoperte delle identità locali, attraverso un messaggio dai contenuti fortemente simbolici racchiusi nel “pettine”, atavico strumento ad ancia, per definizione.

La suggestiva e al tempo stesso selvaggia Terra Cilentana, compresa nel territorio della provincia di Salerno, fa da cornice a questo splendido film, dove l’utilizzo del “pettine”, come oggetto con capacità sonore, quindi strumento musicale, risiede nella notte dei tempi. Al pari di altri strumenti ad ancia, il “pettine” rappresenta il retaggio di una cultura ormai sopraffatta dalla modernità; al contrario, il valore della tradizione storica andrebbe sempre posto in relazione alla contemporaneità.

L’epoca che stiamo vivendo, quella della globalizzazione, è ricca di contraddizioni, che plasmano la nostra esistenza. Facendo una breve analisi sociologica, è d’obbligo riconoscere gli effetti prodotti da questo fenomeno sul piano culturale, con particolare riferimento alle problematiche legate all’identità, nell’ambito del rapporto esistente tra locale e globale.

In una società dove il concetto di globalizzazione è presente in ogni aspetto della nostra quotidianità, dalla cultura, alla politica, influenzandola fortemente, è di vitale importanza costruire un sapere che sappia attingere dall’analisi del territorio strumenti d’indagine, per una rielaborazione corretta e culturalmente rilevante. Il catalizzatore essenziale, costituito dall’innovazione scientifica, tecnologica ed organizzativa, ha posto in secondo piano il ruolo fondamentale della conoscenza, la tutela, la valorizzazione e la divulgazione del patrimonio culturale ed ambientale.

Nel film “Il Pesce Pettine” si riconosce determinante la base antropologica o etnomusicologica del mondo della musica, in questo caso riconducibile al folklore del Cilento e il “pettine” vuol rappresentare la metafora dell’evoluzione dell’uomo nella sua affermazione. Esso è uno strumento ancestrale, risalente all’Età del Ferro, quindi, apparentemente poco consono ad avere un suo ruolo in un’orchestra, ma i fatti dimostreranno l’esatto contrario. Nella sua semplicità, questo strumento, che possiamo considerare il precursore del sax, del clarinetto e di altri strumenti ad ancia, se coperto da un piccolo foglio di carta velina, soffiandoci sopra delicatamente, produce suoni ricchi di vibrazioni e di grande suggestione.

La tradizione di suonare il pettine è comunque presente nell'intera Italia anche se in maniera minore.

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L’aspetto allegorico sta ad indicare che l’uomo, nella sua continua ricerca di autodeterminazione e consapevolezza delle proprie capacità, dovrebbe opportunamente acquisire sempre maggiore fiducia in se stesso e non disperdere nel nulla le proprie energie ma, piuttosto, capitalizzarle, per cercare di realizzare i propri desideri.

La chiave di tutto sta proprio nel saper individuare e quindi riconoscere la forza insita nelle proprie potenzialità e andare avanti, in prospettiva di un’evoluzione delle proprie idee, attraverso forme di concettualizzazione applicate ai vari ambiti, per giungere, quindi, alla realizzazione dei propri sogni: una sorta di ricompensa, di gratificazione alla propria autostima.

Nel film il protagonista Giuseppe D’Andrea, interpretato dall’attore Adelmo Togliani, fa esattamente questo: non abbandona per nessuna ragione l’idea di poter realizzare i propri desideri…

Egli è un trentaquattrenne direttore d’orchestra, figlio di un pescatore di Castellabate. Sta seguendo una sua intervista televisiva, nella quale viene presentato un metodo per ottimizzare i suoni di oggetti, in particolare quello del “pettine” e in quel momento riaffiorano in lui ricordi, che lo riportano indietro nel tempo. Con un flash back lo ritroviamo ragazzo. Suo padre, abilissimo pescatore, sa suonare un unico strumento, il “pettine” e con esso riesce a realizzare pezzi musicali davvero coinvolgenti, che esegue con la sua band di “suonatori di pettine”. Il gruppo deciderà di partecipare alle selezioni di un importante festival di musica classica, il quale è sponsorizzato dall’imprenditrice Giulia Torchiara, interpretato dall’affascinante Stefania Sandrelli, icona del Cinema italiano, che spesso si scontrerà per divergenze di vedute con Alfredo, il direttore artistico, ruolo interpretato da Stefano Masciarelli.

Giuseppe solo in età adulta, grazie alla maturità, riuscirà ad apprezzare il valore dell’eredità culturale lasciatagli da suo padre, attraverso questo piccolo, arcaico strumento, un tempo sottovalutato.

Grazie ad una serie di eventi, Giuseppe rincontrerà il suo grande amore Elsa, interpretata da una meravigliosa Amanda Sandrelli, e con il suo sostegno riuscirà ad organizzare un concerto per “pettini”, eseguendo anche una composizione di suo padre e facendo conoscere, in tal modo, all’universo l’evoluzione del suono di questo strumento. Quindi, la storia di un uomo che, con impegno e grande forza di volontà, cercherà di realizzare se stesso e di recuperare un’antica e diffusa tradizione dell’impiego del “pettine” come strumento musicale. In questo modo, anche il sogno di suo padre troverà un’inattesa concretizzazione…

Lo stile del film, per diversi aspetti, ricalca quello del cinema del Neorealismo, in chiave moderna, seppur ricco di riferimenti allegorici ed evidenti spunti simbolici. Un sottile filo conduttore è la storia d’amore incardinata nella storia stessa.

Un omaggio al meridione italiano che, troppo spesso ingiustamente trascurato, in questo caso trova l’obiettivo riconoscimento del suo notevole bagaglio culturale ed artistico, esito di un imponente ed illustre background, che ha visto la Magnagrecia incontrovertibile protagonista nell’antichità. Il DNA “nobile” ereditato, presente nelle radici di questo popolo, da lustro al panorama intellettuale italiano presente da sempre in tutto il mondo; come è pur evidente quanto sia determinante, in termini di produttività, la forza lavoro italiana nei poli più industrializzati delle varie città europee e di oltreoceano. La fotografia del sud Italia che si esporta all’estero è troppo spesso non conforme alla realtà; troppi luoghi comuni, difficili da sdoganare, rappresentano questa parte del nostro Paese in modo scorretto.

Se pensiamo alle migrazioni, esse sono il risultato della diversa velocità di sviluppo economico tra paesi e regioni. Fino al 1860, periodo dell’Unità d’Italia, le migrazioni dei meridionali erano scarse e temporanee, al contrario del nord. Solo dopo la conquista da parte dei piemontesi del Regno delle due Sicilie, i meridionali cominciarono a migrare, anche in seguito allo smantellamento dei centri industriali costruiti dai Borboni, per favorire gli interessi delle prime industrie del nord; mentre i Savoia esercitavano il controllo dei territori attraverso il colonialismo. Quindi, solo dalla fine dell’Ottocento inizia quel flusso migratorio che ha visto coinvolte una generazione dopo l’altra di lavoratori e i paesi del nord rappresentano un forte polo d’attrazione.

Alla luce di tutte queste considerazioni, che meriterebbero un’analisi storica ancor più approfondita, si desume l’importanza del rispetto delle proprie radici culturali, che si esprime solo tenendo vivi usi, costumi e tradizioni popolari.

Per concludere, un film di riflessione, dai contenuti socio-ambientali, che ripropongono, con puntuali richiami simbolici, tematiche riconducibili all’annosa “questione meridionale”, mai affrontata in modo risolutivo e costruttivo.

I Comuni che hanno ospitato le riprese del film “Il Pesce Pettine,”per la maggior parte situati nell’area del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e Alburni, sono:

Comune di Castellabate – Comune di Comune di Agropoli – Comune di Valva – Comune di Cuccaro Vetere – Comune di Ceraso - Comune di San Giovanni a Piro – Comune di Montecorice – Comune di Magliano Vetere – Comune di Felitto – Gal Casacastra – Gal Sentieri del Buon Vivere – Gal Cilento Regeneratio, anche se la Produzione del film ha spiegato quanto sia stato difficile scegliere, data la vastità di offerta nel territorio cilentano.

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