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Segni, Suggestioni e Sogni – dall’IO alla gestualità

La galleria Art Gap è lieta di accogliere, dal 14 dicembre 2019 al 2 gennaio 2020, la mostra personale, Segni, Suggestioni e Sogni – dall’IO alla gestualità, di Enrico Rasetschnig a cura di Federica Fabrizi e Cecilia Paolini. La rassegna verrà inaugurata il 14 dicembre alle ore 18:30, in questa occasione verrà anche presentata la monografia, Segni, Suggestioni e Sogni – dall’IO alla gestualità, di Enrico Rasetschnig a cura di Federica Fabrizi.

Enrico Rasetschnig, da autodidatta, dopo aver sperimentato diverse tecniche e accostamenti di colori, è riuscito a trasferire sulla tela le intense emozioni della storia personale che lo hanno cambiato, sorpreso e travolto. Quando dipinge, l’artista esteriorizza la propria interiorità. Nelle opere, l’artista riesce a rappresentare in modo creativo, personale e peculiare, il suo IO. Rasetschnig vuole suscitare riflessioni in coloro che guardano: ciò che stanno osservando esiste solo lì, in quel dipinto, in quella scultura in cui ha messo a nudo tutto sé stesso. Attraverso l’azione creativa, l’immagine interna diventa immagine esterna, visibile e condivisibile.

Enrico Rasetschnig inizia a dipingere paesaggi, ispirandosi all’impressionismo astratto. In questa corrente artistica, egli ritrova tutta la liberazione, la consolazione dell’animo, la via di uscita dalla confusione, dalla sconfitta e dalle disperazioni. Nel suo procedere verso la riflessione, l’artista rielabora le esperienze dadaiste, surrealiste ed espressioniste. Addirittura, arriva a rifiutare la ragione e, di conseguenza, la forma: l’informale, baluardo della sua poetica. La scelta di porre l’accento sull’emozione anziché sulla forma, mira alla rappresentazione del suo stato interiore e al predominio della visione interiore su quella ottica. Il passaggio all’informale gli permette, attraverso pennelli, spatole e la materia viva, di proiettare sulle tele bianche la sua autentica identità. Questa decisione nasce dall’esigenza e dalla volontà di trasmettere le emozioni, attraverso la narrazione non figurativa. L’artista afferma: «se scelgo di disegnare un animale più l'immagine è precisa, reale, più è facile che susciti una reazione, un'emozione nello spettatore. Il problema è che è troppo legata ad altre emozioni simili generate da immagini reali o virtuali che rappresentano lo stesso oggetto». Le sue opere sono bidimensionali per una precisa scelta concettuale. Infatti, secondo Enrico Rasetschnig, la terza dimensione non è la semplice creazione di uno spazio abitabile ma è un vero e proprio spazio psichico.

Per Rasetschnig, l’arte rappresenta uno strumento prezioso per cercare sé stessi, raccontarsi e lasciare una testimonianza, una traccia di sé nel mondo. Abbraccia, quindi, l’idea di pittura come espressione delle proprie emozioni.

Per l’artista l’opera deve avere vita propria perché non è qualcosa che desidera possedere, bensì qualcosa che vuole donare a tutti noi. Ad Enrico Rasetschnig basta averla creata.

 

 

 

 

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