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La fiducia degli italiani verso l'Ue «è crollata al 25%»

Il Consiglio Ue ha incaricato la commissione di elaborare una proposta per la ricostruzione. Italia, Francia e altri 7 Paesi chiedono l'emissione comune di Coronabond per raccogliere i miliardi da destinare all'emergenza del coronavirus. Proposta che incassa il sostegno dell'ambasciatore americano in Italia Lewis Michael Eisenberg. Ma la presidente von der Leyen non molla. Il fronte del no inizia, però, a scricchiolare: tre Paesi baltici e la Slovacchia, da sempre a favore dell'Europa del Nord, sarebbero pronti a sottoscrivere la richiesta di Coronabond. Altra strada (suggerita dai ministri Pd Roberto Gualtieri ed Enzo Amendola) è il ricorso al Mes, il fondo salva-Stati. Ma c'è l'ostacolo delle condizionalità: l'accesso al fondo contiene il rischio di una richiesta di ristrutturazione del debito pubblico. Tradotto: l'arrivo della Troika in Italia. Ipotesi già bocciata dal capo dello Stato Sergio Mattarella.

Alza il tiro contro l'Europa anche il ministro degli Esteri Luigi di Maio: «L'Europa, oggi, ha la possibilità di dimostrare solidarietà verso uno dei Paesi fondatori dell'Ue. Noi faremo tutto il possibile per il nostro popolo, ma l'Europa faccia la sua parte. No a egoismi, serve coraggio» - dice in un'intervista a Euronews. Nel Pd, il partito più europeista, l'imbarazzo è forte. Tanto che l'ex presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, commissario Ue agli Affari economici, è costretto a intervenire: «La parola chiave è solidarietà. Serve un piano comune per la rinascita dell'Europa. I diversi governi devono trovare un accordo», commenta al Tg5. «Del resto senza un piano comune - continua Gentiloni - nessun paese, nemmeno quelli più ricchi, riuscirà a uscire da questa terribile crisi». Suggerendo - in un'intervista a La Stampa - l'idea di potenziare la Bei. Si tratta della banca europea per gli investimenti. Ma tra le proposte, citate da Gentiloni, c'è anche l'utilizzo del Mes, o di altre istituzioni europee, «per collocare bond e finanziare i progetti necessari».

Le trattative vanno avanti. Mentre in Italia sale la tentazione (non solo tra i leader politici) di dire addio all'Europa: il sondaggista Antonio Noto - dalle pagine della Nazione-Resto del Carlino-Giorno - sostiene che la fiducia degli italiani verso l'Ue «è crollata al 25%». Il braccio di ferro tra i due blocchi europei spinge il leader della Lega Matteo Salvini a rimettere sul tavolo l'ipotesi dell'Italexit: «Si stampasse moneta. La Svizzera, compilando un foglio, ti mette a disposizione fino a 500mila euro, la Gran Bretagna ti garantisce fino all'80% dello stipendio, gli Usa destinano fino a 2.000 euro a famiglia. Loro possono farlo. Noi no, perché abbiamo l'euro» - dice l'ex ministro dell'Interno in un'intervista al Corriere della Sera. Per Salvini se la commissione Ue, guidata da Ursula von der Leyen, continua a fare spallucce c'è una sola strada: «Un'emissione di titoli italiani con un tasso di vantaggio. Oggi, l'Ue non lo permette

L’attivazione del Mes non aiuterebbe concretamente alla risoluzione della crisi ma impegnerebbe politicamente i Paesi di riferimento per il fondo salva-Stati, tra cui probabilmente l’Italia, a mettere in campo dopo la crisi pesanti pacchetti di misure di austerità come condizionalità. Per Roma e gli altri Paesi del blocco “mediterraneo” che si è saldato con Francia e Spagna andrebbe molto meglio, come alternativa, puntare su istituzioni europee più rivolte alla crescita. Strutture economiche molto spesso sottovalutate ma capaci di giocare un ruolo nella risposta agli eccessi dei rigoristi.

L’economista Alberto Quadrio Curzio ne ha individuate tre tipo di aiuti in un’analisi per l’Huffington Post: si tratta della Banca Europea Investimenti (Bei), del Fondo Europeo per gli Investimenti (Fei) e del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (Feis).

La potenza di fuoco combinata di Bei, Fei e Feis è notevole e decisamente interessante. Messa assieme e potenziata, fornirebbe all’Unione una “Troika buona”, un arsenale che annullerebbe qualsiasi tentazione di ricorso al Mes e alle sue evitabili conseguenze. Incredibile pensare come un ristretto gruppo di Paesi, prima ancora della Germania i super-falchi Austria e Olanda, stia mandando allo schianto l’intera Unione su questioni di retroguardia legate a una lettura iper-ideologica dei rapporti di forza economici quando nella stessa galassia comunitaria istituzioni per rilanciare la crescita non sono affatto assenti. Segno del fallimento dell’Ue come progetto politico lungimirante. Incapace per attitudine di cogliere le opportunità al suo interno e, per questo, condannata a essere sempre un passo indietro rispetto al resto del mondo. Forse anche per questa cecità si combatte la battaglia di retroguardia del Mes: i Paesi del rigore cantano l’Europa come il futuro, ma fanno di tutto perché essa diventi presto una storia del passato.

Un «piano di difesa e ricostruzione nazionale», che «nel suo senso civile e politico non sarebbe poi troppo diverso da quello lanciato nel 1948 con grande successo, sottoscritto dal Guardasigilli Togliatti che lo accompagnò con questa frase: 'Il prestito darà lavoro agli operai. Gli operai ricostruiranno l'Italia'». Lo propone Giulio Tremonti, sulle pagine del Corriere della Sera, in una lettera inviata al Direttore Luciano Fontana, «nella speranza che sia possibile evitare all'Italia una gravissima crisi, prima finanziaria, poi economica, infine sociale e politica».

«A tratti nella nostra storia, da Quintino Sella a Francesco Saverio Nitti, ci si presenta il dramma del debito pubblico. Oggi di nuovo, e ancora con drammatica insistenza, la storia sta bussando alla nostra porta - prosegue l'economista ed accademico, già ministro delle Finanze e dell'Economia -. Per «L'Italia, un Paese che ha già un enorme e crescente debito pubblico, che ha un prodotto interno lordo non solo stagnante ma da qui in avanti drammaticamente calante» c'è però un problema di limiti: «non si tratta di limiti imposti dalle regole contabili europee, queste ormai sospese, ma di limiti imposti dal mercato finanziario internazionale, su cui sarà necessario percorrere un sentiero sempre più stretto, più buio, più pericoloso, disseminato da aste-trappola, dallo spettro del default, da Troike e altri orrori».

Donald Trump accantona l'idea di riaprire gli Stati Uniti per Pasqua e annuncia che le attuali linee guida per il contenimento del virus resteranno in vigore fino al 30 aprile, un mese in più del previsto. E questo perché il picco dei decessi negli Stati Uniti si avrà in "due settimane" quindi proprio a Pasqua. Ma Trump guarda anche al di là degli States. A chi gli fa notare che la Russia e addirittura Cuba stanno aiutando l'Italia, Trump dice: "stiamo lavorando a stretto contatto con l'Italia", dove il "tasso di mortalità è alto", "la stiamo aiutando molto" con forniture e assistenza finanziaria, dice. "Stiamo lavorando con la Spagna. Stiamo lavorando con tutti".

Come spiega in un'intervista a La Verità, "il regime cinese si è messo molto a rischio. Ha causato l' esplosione della pandemia, non solo mettendo a tacere il medico (Li Wenliang) ma anche insistendo nel procedere con la merenda di 40.000 persone il 19 gennaio a Wuhan: decisioni che sono state prese dal Partito comunista cinese. Il risultato è che - se anche in Italia e nel mondo se ne sono tutti dimenticati - nel mondo cinese (non solo Taiwan, Singapore e Hong Kong, ma anche dentro la Cina) c' è stata - nonostante la censura - una specie di reazione massiccia di disgusto contro il regime" afferma Luttwak. Inoltre, prosegue nell'intervista, poiché il presidente Xi Jinping "ha voluto personalizzare questo regime (invece di fare come il suo predecessore Hu Jintao, che era primus inter pares), è lui che viene condannato. Nonostante la censura automatizzata, si usano caratteri atipici e linguaggio esopico, per dire essenzialmente che Xi Jinping è una figura che deve andar via. Alcuni vogliono farla finita con lui, altri più o meno con il partito. Questa è la Chernobyl del regime cinese".

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