Dal 4 febbraio al 1° aprile 2017, il MARCA - Museo delle Arti di Catanzaro, diretto da Rocco Guglielmo, ospita l’antologica che analizza il percorso creativo di Pino Pinelli (Catania, 1938), tra i maggiori esponenti dell’arte italiana del dopoguerra e gli interpreti principali dell’Arte Analitica.
La mostra, curata da Giorgio Bonomi, organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo e dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in collaborazione con l’Archivio Pino Pinelli di Milano, presenta 21 opere, realizzate dall’artista siciliano dagli anni settanta a oggi, sia di grandi dimensioni sia di misure più contenute, che delineano in maniera esaustiva le diverse sfumature della sua poetica.A partire dagli anni sessanta in Italia abbiamo assistito alla nascita di una vera e propria rivoluzione stilistica. Gli artisti avvertirono il limite del quadro, inteso come insieme di tela e cornice: le superfici videro la comparsa di estroflessioni, come nel caso di Bonalumi e Castellani, così come era stato nel decennio precedente per i tagli di Lucio Fontana.
Dal canto suo, Pino Pinelli, che nasce pittore utilizzando i classici mezzi del mestiere, respirò la temperie culturale di quel periodo e giunse alla “disseminazione” - per utilizzare un termine proprio dell’arte di Pinelli - “frammentando” l’oggetto quadro negli elementi che lo compongono (tela e telaio) e coinvolgendo in questo processo l’elemento estraneo al quadro stesso: la parete che, perdendo la sua condizione di neutralità, ne diventa coprotagonista capace di accogliere elementi di colore puro, declinati in forme ora corrucciate, ora raggrumate, ora lineari e asciutte, ora a frattali e libere, raccolte in genere in un percorso leggermente arcuato, quasi a voler imitare il gesto del seminatore.
Dapprima le “disseminazioni” sono composte di pochi elementi, poi nel corso degli anni, fino a oggi, i “pezzi” si moltiplicano anche in modo considerevole.
I suoi lavori usano in prevalenza i colori fondamentali (rosso, blu, giallo, nero, bianco e grigio), ma anche i complementari. La pluralità della disseminazione, a volte, si riduce, ma mai a meno di due “parti” e, anche quando non tutta l’opera è monocroma, lo sono i singoli componenti.
Quella di Pinelli è una pittura “materica”, una sorta di concentrazione atomica del colore (realizzato con una tecnica molto personale) per cui le sue opere che con la “frammentazione” hanno una forza centrifuga, poi nella totalità dell’opera acquistano una forza, uguale e contraria, cioè centripeta: la parete così, da passivo elemento di appoggio, diviene il vero e proprio supporto, come lo sono la tela o il legno nella pittura più tradizionale, e su di essa l’artista, novello “seminatore” “sparge le parti dell’opera.Accompagna l’esposizione un catalogo bilingue (italiano e inglese) Silvana editoriale, con una lunga conversazione tra Pino Pinelli e Giorgio Bonomi, a cura di Lara Caccia.
Pino Pinelli nasce a Catania nel 1938, dove compie gli studi artistici. Nel 1963 si trasferisce a Milano, dove tuttora vive e lavora, affascinato e attratto dal dibattito artistico di quegli anni, animato da figure quali Lucio Fontana, Piero Manzoni, Enrico Castellani. Partecipa ai premi San Fedele e nel 1968 tiene la sua prima mostra personale alla Galleria Bergamini. Nei primi anni ’70 Pinelli avvia una fase di riflessione e di ricerca, in cui tenta di mettere a fuoco l’imprescindibile nesso fra tradizione e innovazione, con particolare attenzione alla superficie pittorica, alle vibrazioni della pittura. Nascono così i cicli delle “Topologie” e quelli dei “Monocromi”, la cui superficie comincia a essere mossa da sottile inquietudine, quasi che l’artista volesse restituire il respiro stesso della pittura. Queste esperienze lo fanno collocare nella tendenza che Filiberto Menna definì “pittura analitica”, anche se dal 1976 Pinelli riduce drasticamente la dimensione delle sue opere, che si vanno collocando nello spazio, accostate l’una all’altra, quasi che una deflagrazione avesse investito le sue grandi tele e avesse generato una disseminazione dei loro frammenti nello spazio: l’artista abbandona tela e telaio, attratto dal concetto stesso di pittura.
Rompere il concetto di quadro in frammenti è l’atto “disperato” del pittore europeo che avverte il peso della storia, si sente schiacciato da questa enormità imprescindibile che è la coscienza di ciò che è stato prima: l’unico atto possibile è dunque quello di “pensare” la pittura più che di “farla”. Gli artisti italiani non possono avere l’atteggiamento dell’artista americano che, giorno dopo giorno, si deve creare e ritagliare la propria storia; ma per l’artista che vive nella terra di Piero della Francesca, di Masaccio e che avverte il peso della Storia dell’Arte, l’unico atteggiamento possibile è quello di “caricare” la pittura di un nuovo senso.
Nell’opera il “rettangolo tagliato” la parete diventa protagonista in quanto perde la sua condizione di neutralità creando un tutt’uno con il lavoro, mentre nei lavori costituiti da più elementi pittorici questi si moltiplicano e migrano seguendo un percorso prestabilito, leggermente ad arco, quasi a voler mimare il gesto del seminatore, dando così luogo alla disseminazione.
Al di là delle etichette di “pittura analitica”, le opere di Pinelli sono corpi inquieti di pittura in cammino nello spazio, fluttuanti e migranti in piccole o grandi formazioni, fatte di materiali che recano impressi i segni di un’ansiosa duttilità, e che esaltano la fisicità tattile e la felicità visiva di un colore pulsante di vibrazioni luminose. Ha tenuto oltre cento mostre personali in musei e istituzioni culturali italiane e internazionali, tra cui: Kunstverein Villa Franck di Ludwigsburg, Musée d’Art di Langres, Forum Kunst di Rottweil, Civica Galleria d’Arte di Gallarate, Kunstverein Schloss Lamberg di Steyr, Centro Espositivo la Rocca Paolina di Perugia, Istituto Italiano di Cultura di Londra e Praga, Cascina Roma di San Donato Milanese, Villa La Versiliana di Pietrasanta, Museo Archeologico Eoliano “Bernabò Brea” di Lipari, Palazzo del Duca di Senigallia, Palazzo della Cultura di Catania.
Tra le numerosissime mostre collettive, ricordiamo: Biennale di Venezia (1986 / 1997), Quadriennale di Roma (1986 / 2006), Triennale d’Arte Lalit Kala Akademi di Nuova Delhi, e tra i musei: Galleria Civica di Modena, Galleria Civica di Torino, Musée d’Art Moderne di Parigi, Galleria Nazionale di Roma, Palazzo Forti a Verona, Villa Arson di Nizza, Kunstverein di Hannover, Haus am Waldsee di Berlino, Kunstverein di Bregenz, Hochschule für Angewandte Kunst di Vienna, Kunstverein di Francoforte.
Tra le esposizioni più recenti: Trademark, Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, Figure Astratte, Palazzo Rospigliosi di Roma, Fontana Manzoni Pinelli presso la Kreissparkasse di Rottweil, Figure Mancanti, Palazzo Bricherasio di Torino, Pittura 70, Fondazione Zappettini di Chiavari e Milano, Arte italiana al MART di Rovereto, Pittura analitica al Museo della Permanente di Milano, Pittura Aniconica. Percorsi tra arte e critica in Italia 1968-2007, Casa del Mantegna di Mantova, Pensare Pittura – Una linea internazionale di ricerca negli anni ‘70, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce di Genova , Le noir absolu et le lecons de ténèbres, Villa Tamaris Centre D’Art di La Seyne sur Mer, in Francia, Monocromo. L’utopia del colore, Convento del Carmine di Marsala, Superfici sensibili, CAMeC di La Spezia, Immagine della Luce, Villa Clerici di Milano, BAG, installazione all’Università Bocconi di Milano.
Nel 2016 ha tenuto una grande monografica al Multimedia Art Museum di Mosca.