"Dopo le elezioni comunali parziali che storicamente, come qualsiasi asino sa, sono sempre state diverse come esito e peso rispetto a quelle politiche, c'é un fiorire di maestrini dalla penna rossa. Sono usciti dalle cantine e dai freezer dopo vent'anni di batoste e di vergogne infinite del loro partito, che si chiami pdmenoelle o Sel, non c'é differenza". Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog, in un post in cui attacca quei "maestrini che vedono la pagliuzza negli occhi del M5S, pagliuzza che spesso non c'é neppure, e non hanno coscienza della trave su cui sono appoggiati". Grillo non fa nomi, ma attraverso allusioni e soprannomi è possibile riconoscere tra i politici bersaglio del suo duro attacco Stefano Rodotà e Nichi Vendola, Pier Luigi Bersani, Walter Veltroni, Anna Finocchiaro e anche Matteo Renzi e Pippo Civati.
"E' tornato in grande spolvero il supercazzolaro che non sa nulla né di Ilva, né degli inceneritori concessi alla Marcecaglia", scrive Beppe Grillo con allusione a Nichi Vendola. "C'é poi lo smacchiatore di Bettola - aggiunge, parlando di Bersani - in grande forma che spiega, con convinzione, che la colpa del governo delle Larghe Intese è del M5S quando il pdmenoelle ha fatto l'impossibile per fottere prima Marini e poi Prodi e non ha neppure preso in considerazione Rodotà. Belin, questo ha perso più battaglie del general Cadorna a Caporetto e ci viene venduto da Floris come Wellington a Trafalgar". Il leader del Movimento 5 Stelle ne ha anche per Matteo Renzi: "Renzie, lo statista gonfiato, imperversa con le sue ricette e le critiche al M5S su tutti i canali televisivi preda di compiacenti cortigiane come la Gruber. Renzie non è più sindaco di Firenze da tempo, è diventato un venditore a tempo pieno di sé stesso. Vende in giro un sindaco mai usato, come nuovo". E ancora: "Persino Topo Gigio Veltroni è stato riesumato per discettare delle elezioni, forte della sua esperienza di averle perse tutte, ma proprio tutte. E poi c'é la claque, quella cattiva e quella buona, quella che attacca a testa bassa, la cui esponente è la Finocchiaro che vuole fuorilegge il M5S, accampata in Parlamento da 8 legislature, e quella buona, alla Pippo Civati, che ha votato Napolitano, non ha fatto i nomi dei 101 che hanno affossato Prodi, che vive in un partito che succhia da anni centinaia di milioni di finanziamenti pubblici, ma però è tanto buonino. Lo vorresti adottare o, in alternativa, lanciargli un bastone da riporto".
La rete da sola non basta, non è mai bastata. Nell'ultima campagna elettorale Grillo è partito dalla rete, poi ha riempito le piazze reali con lo tsunami tour, ma ha ricevuto anche un'attenzione continua dalla televisione. La rete non funziona nello stesso modo in una realtà locale o su scala nazionale. Puoi lanciare un attacco frontale, ma funziona solo se parli al Paese". Lo afferma in un'intervista al Corriere della Sera Stefano Rodotà, secondo cui alle ultime elezioni "hanno perso i due grandi comunicatori: Grillo e Berlusconi". Rodotà si dice "non sorpreso" del risultato elettorale dell'M5s, "per due ragioni. La prima è politica: hanno inciso sul voto i conflitti, le difficoltà e le polemiche di queste settimane. La seconda è che avevo detto che la parlamentarizzazione dei 5 Stelle non sarebbe stata indolore". Le indicazioni di Grillo e Casaleggio "non bastano più. Un movimento nato dalla rete, che ha svegliato una cultura politica pigra, una volta entrato in Parlamento deve cambiare tutto. E non può dire ai parlamentari: non dovete elaborare strategie. I parlamentari dovrebbero avere la libertà di esercitare il proprio mandato", osserva Rodotà, che critica il commento di Grillo sulle lezioni: "dare la colpa agli elettori è una spiegazione che non spiega nulla".
Il deputato Luigi Di Maio attacca su Facebook il collega Tommaso Currò, una delle anime 'critiche' del Gruppo, accusandolo di essere "chiaramente in malafedé. "C'é chi proprio a questo gruppo non vuole bene (spero restino pochi)", scrive Di Maio. Altri, sempre compresi nel gruppo dei parlamentari che scalpitano, negano però che ci sia la volontà di andarsene. "Nessuno ha mai parlato di scissione, nessuno vuole lasciare. E' normale che ci siano sensibilità diverse" assicura Alessio Tacconi. "Esprimere critiche non vuol dire volersi lasciare alle spalle il M5S" chiariscono anche Walter Rizzetto e Aris Prodani, altri due deputati grillini considerati scettici sulla linea politica del Movimento. Al Senato, poi, l'idea che qualcuno possa costituire un nuovo gruppo viene bollata come "fantapolitica" ad esempio da Francesco Campanella che scarta l'ipotesi: "i deputati del Pd con cui si può immaginare un dialogo sono al massimo 30. Per il resto sono lontanissimi da noi". "Al Senato abbiamo trovato un metodo di confronto. Capisco che alla Camera sia più difficile ma non è impossibile" dice. Certo ci sono argomenti, dalla legge elettorale alle riforme, che potevano essere usati subito per dare un segnale. Il tormentato voto sulla mozione Giachetti,lo testimonia. Ma alla fine il M5S canta vittoria: "Noi abbiamo sostenuto in modo compatto la mozione Giachetti mentre il Pd tradisce le aspettative dei cittadini"