È durato tre ore il nuovo round di colloqui tra russi e ucraini. A Istanbul, ha detto il capo negoziatore russo, sono stati compiuti passi concreti, anche se la prospettiva di un incontro tra Putin e Zelensky resta confinata a un eventuale post-accordo.
Al termine di questo round negoziale uno dei membri della delegazione Ucraina, David Arakhamia, ha dichiarato che l’Ucraina vuole la Turchia tra gli 8 Paesi garanti di un accordo con la Russia.
I colloqui di Istanbul tra Russia e Ucraina hanno dato risultati sufficienti per l'organizzazione di un faccia a faccia tra i presidenti dei due Paesi, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Lo ha dichiarato il consigliere presidenziale ucraino, Mikhailo Podolyak, al termine della tornata negoziale.
"Faremo due passi concreti per la escalation della crisi": lo ha detto il consigliere presidenziale russo, Vladimir Medinsky al termine dei colloqui a Istanbul tra la delegazione ucraina e russa. I colloqui, ha continuato, sono ora in fase concreta e "la Russia interromperà l'attività militare vicino a Kiev e Chernikiv".
Il vice ministro della Difesa, Alexander Fomin, anche lui presente in Turchia, ha confermato la decisione "al fine di aumentare la fiducia reciproca per i futuri negoziati".
Un incontro tra i presidenti di Russia e Ucraina, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, sarà possibile solo dopo che un accordo di pace sarà stato siglato dai rispettivi ministri degli Esteri. Lo ha dichiarato il capo negoziatore russo, Vladimir Medinsky, al termine dei colloqui di Istanbul.
"Faremo due passi concreti per la escalation della crisi": lo ha detto il consigliere presidenziale russo, Vladimir Medinsky al termine dei colloqui a Istanbul tra la delegazione ucraina e russa.
I colloqui, ha continuato, sono ora in fase concreta e "la Russia interromperà l'attività militare vicino a Kiev e Chernikiv".
Il vice ministro della Difesa, Alexander Fomin, anche lui presente in Turchia, ha confermato la decisione "al fine di aumentare la fiducia reciproca per i futuri negoziati".
Intanto i limiti dell'attuale architettura difensiva Nato presente sul territorio comunitario hanno la loro radice nell'ambiguità che ha accompagnato negli anni scorsi lo schieramento in Romania e in Polonia delle batterie di intercettori Aegis Ashore, nel quadro della fase 3 dell'European Phase Adaptive Approach (Epaa).
Washington aveva sostenuto che i sistemi servissero a proteggere l'Europa da un possibile attacco iraniano. Mosca, però, le aveva interpretate come una risposta alla propria deterrenza nucleare, una lettura difficile da mettere in discussione dal momento che, come osserva il think tank European Leadership Network, gli intercettori Aegis sono calibrati su missili a raggio intermedio, che l'Iran allora non possedeva.
Il velo di ambiguità venne strappato nel 2015, quando fu stretto l'accordo sul programma nucleare di Teheran. Sfumata la già improbabile ipotesi di un attacco iraniano all'Europa, la Nato chiarì poco dopo che "la difesa missilistica non riguarda un Paese in particolare ma la minaccia posta in generale dalla proliferazione" della tecnologia balistica.
La Russia, dopo ripetuti avvertimenti, nell'ottobre 2016 replicò dispiegando missili Iskander nell'exclave di Kaliningrad, ovvero nel cuore del territorio dell'Alleanza. Il piano Epaa, essendo finanziato quasi del tutto dagli Stati Uniti, lasciava gli europei con scarsa voce in capitolo di fronte ai crescenti attriti tra Washington e Mosca sui rispettivi programmi missilistici. Non solo: oltre ad aumentare le tensioni con il Cremlino, non è nemmeno detto che gli intercettori Standard Missile-3 (SM-3) possano reagire con efficacia a un attacco nucleare russo.
Nel 2017 Mark Rose, che durante il secondo mandato di Barack Obama ebbe in mano il dossier nel ruolo di assistente segretario di Stato Usa, affermò di "non ritenere che ci fosse una soluzione di difesa missilistica alla crescente sfida strategica presentata dalla Russia". Gli SM-3 non erano stati infatti collaudati in condizioni realistiche e il secondo test effettuato in Polonia si concluse con un fallimento. Le condizioni politiche cambiarono con l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, che esortò gli alleati europei a una maggiore autonomia.
Fonti Agi e varie agenzie