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Rapporti e silenzi fra la Chiesa e il Nazismo

Mentre si infiammano le polemiche e le discussioni sul nuovo Governo Meloni, io continuo nel mio studio della Storia tra le due guerre mondiali. Ho iniziato con l’interessante e documentato volume del professore americano Stanley Paine, ora tento di presentare “Hitler e il Vaticano”. Sottotitolo: “Dagli archivi segreti vaticani la vera storia dei rapporti fra il nazismo e la Chiesa”, di Peter Godman, pubblicato da Lindau (2005. e 27,00; pagg 361)

Il periodo storico che affronta il testo è uno tra i più difficili e contraddittori per la Chiesa cattolica. Sono gli anni ‘30 quando prende il sopravvento in Germania il Nazionalsocialismo di Adolf Hitler. In quegli anni la Chiesa era guidata da Papa Pio XI, Achille Ratti, mentre in Germania come segretario di Stato, dopo essere stato Nunzio Apostolico c’era Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII. Sia il Papa che Pacelli sono stati fortemente criticati dagli storici per il silenzio sul nazismo e per la sua esplicita condanna. Addirittura Papa Pacelli è stato definito da alcuni storici come il “Papa di Hitler”, perché si è rifiutato di condannare il nazismo in modo esplicito e mai esortò i cattolici a opporsi. Tuttavia questi gravi giudizi si fondarono su prove sommarie perché il Vaticano ha tenuto segrete le carte relative a quegli anni cruciali. Nel febbraio 2003, la Santa Sede ha aperto i suoi archivi e lo studioso imparziale non cattolico, Peter Godman, è stato dei primi a visionare quel materiale inedito.

Godman espone un giudizio serrato sulla Chiesa romana di quell’epoca, un’istituzione a “più voci”, tutt'altro che monolitica, in cui il legalismo ebbe la meglio sul senso morale della tragedia che si stava consumando o profilando.

“Perché la Chiesa cattolica non levò la sua voce contro la crudeltà del nazismo, la brutalità del totalitarismo, la repressione delle libertà nel Terzo Reich?”. E’ una domanda che ancora oggi si ripete nelle varie “refezioni scolastiche”, nei cosiddetti libri di testo. Altra domanda perché dei silenzi sul nazismo da parte delle autorità di allora? Sono domande che hanno posto in tanti. In questo libro Godman vi riproduce integralmente i documenti più importanti, e analizza le conversazioni tra Pio XI e i suoi cardinali. Il libro di Godman è un viaggio all’interno degli archivi segreti del Vaticano. L’autore nonostante tutto constata che in Vaticano erano consapevoli che le dottrine di Hitler erano fortemente antiumane e soprattutto anticristiane. Già negli anni ‘30 la Santa Sede aveva preparato una condanna degli errori morali e dottrinali del nazionalsocialismo. Si basavano sulle tesi espresse nel Mein Kampf e in altri scritti e discorsi di Hitler. Le condanne colpivano gli elementi fondamentali dell’ideologia nazionalsocialista, come il “sangue” e la sua “purezza”. “L’attacco a Hitler - scrive Godman - non si fermava qui. Vennero condannate anche le sue idee e quelle degli ideologi nazisti su temi che spaziavano dall’eugenetica alla sterilizzazione, dall’educazione alla leadership, ai diritti dei singoli”. Sostanzialmente il programma del nazionasocialismo era bollato come incompatibile con il cristianesimo. Tuttavia questi documenti non ebbero sviluppo, rimasero bloccati per diversi motivi. Di fronte alle situazioni critiche si preferì fare sempre riferimento al Concordato con il governo nazista.

Naturalmente il libro fa riferimento ai protagonisti che all’interno del Vaticano hanno studiato il fenomeno nazista hitleriano e soprattutto hanno cercato di interpretarlo per quello che era. Tra questi oltre ai cardinali Pacelli e Orsenigo, una figura si è distinta più di altri, è quella di Alois Hudal, un prelato ambiguo, ambizioso, un uomo desideroso di apparire, di farsi un nome.

Questo religioso era convinto che nel nazionasocialismo fossero presenti due anime: i conservatori e l’ala sinistra, progressista del Partito, facente capo a Rosenberg, con il suo libro, “Il mito del XX° secolo”. Un testo di aperta ostilità verso il cristianesimo e in particolare il cattolicesimo. Hudal ad un certo punto fu definito addirittura il “cardinale bruno”, per lui la Chiesa doveva cristianizzare la parte conservatrice dei nazisti. Era una pia illusione quella di Hudal, che scrisse un libro sulle “fondamenta intellettuali” del movimento nazista. Hudal era convinto che da un lato la Chiesa “doveva condannare gli errori dei nazisti; dall’altro avrebbe dovuto cristianizzare il loro movimento e perseguire una riconciliazione”. In pratica Hudal secondo Godman era talmente ossessionato dai suoi piani che si stava allontanando dalla realtà.

Godman racconta il lavoro assegnato dai vertici della Chiesa ai Gesuiti per studiare le tesi del nazionasocialismo. Sono stati incaricati dal Sant’Ufficio, Franz Hurth e Johannes Baptista Rabeneck, un “servizio segreto” stimato da Pio XI in persona. Il Papa aveva fiducia in questi gesuiti, in particolare in Hurth, che aveva preso posizione sulla sterilizzazione degli incapaci. Il dibattito era aperto anche all’interno della Chiesa. Tuttavia per Hurth, la vita è sacra e lo Stato non aveva alcun diritto di distruggerla. Inoltre si apriva il giudizio sull’eutanasia, anche qui la Chiesa doveva opporsi all’omicidio legalizzato degli ammalati. Anche gli “esseri inferiori” possedevano il diritto naturale di contrarre matrimonio e procreare. “Le leggi finalizzate alla sterilizzazione o a impedire rapporti sessuali per motivo di ‘igiene razziale’ erano erronee, sbagliate, pericolose assolutamente proibite”.

Interessante le riflessioni di Godman sui due gesuiti, che sostanzialmente ancor prima del Processo di Norimberga, misero sul banco degli imputati i nazisti, condannando l'ideologia del nazionasocialismo. I gesuiti si concentrarono sulla “purezza del sangue”, naturalmente secondo loro non c’era nessuna possibilità di riconciliazione tra il principale credo razzista e le dottrine del cattolicesimo.

Intanto il libro di Godman fa una serie analisi del radicalismo del Mein Kampf, dove già si poteva intuire la terribile “logica” che avrebbe portato alla persecuzione degli ebrei, ad Auschwitz. Il Mein Kampf, scrive Godman non era uno sfogo di un eccentrico. Sia Hurth che Rabeneck vedevano con sospetto l’attenzione dei nazisti allo sport, al corpo umano, la purezza della razza unita e disciplinata.

I Gesuiti proposero 14 punti, successivamente diventati 47, dove si riassumono gli errori capitali del nazionalsocialismo, dal punto di vista dell’ortodossia cattolica. Per i gesuiti era fondamentale che “in tutta l’umanità è essenzialmente presente la stessa natura”, indipendentemente dalla razza o dalle circostanze, ciascuno possiede i diritti e i privilegi che derivano dalla natura comune. Per cui i gesuiti respinsero il nazismo in nome dell’unità del genere umano. I gesuiti catalogarono tutti i diritti negati agli individui dell’ideologia nazista: dalla vita, alla integrità fisica, alla libertà personale, al culto di Dio, al matrimonio. In pratica hanno delineato lo Stato totalitario. Hurth e Rabeneck non caddero nella trappola di Hitler che ipocritamente si dichiarava cattolico, come invece cadde Hudal, che ancora dava credito ai nazisti. I due gesuiti capirono di avere davanti un movimento che non era soltanto politico. Pertanto Pio XI nel 1935 era pronto per una condanna del nazismo.

Intanto nel testo, l’autore insiste sul ruolo diplomatico di Pacelli come cardinale e segretario di Stato di Pio XI nel periodo 1933-1939. Qualcuno l’ha definita anche “tragica debolezza”. Occorre considerare diversi problemi nei negoziati con il governo tedesco, tuttavia Pacelli, ha mantenuto apertura ma nello stesso tempo fermezza: “La Chiesa non può stare a guardare mentre i giovani, sostegno delle nuove generazioni future, viene predicato il messaggio falso e ingannevole di un nuovo materialismo della razza invece della gioiosa novella degli insegnamenti di cristo [...]”. Pacelli difese sempre il ruolo pubblico del cattolicesimo, riferendosi sempre al Concordato che sistematicamente violato dai nazisti. Ma Roma “avrebbe frenato la lingua, per paura di peggiorare le cose”. Pacelli nonostante tutto era convinto che con i nazisti non c’erano alternative al Concordato. Il risultato fu per lui “un martirio di pazienza”.

Tuttavia la lentezza biblica del Vaticano non conduce ancora alla condanna dell’ideologia perversa del nazionalsocialismo. Andava evitato ad ogni costo di dare l’impressione di compiere un “gesto politico”. La condanna del nazismo doveva risultare da preoccupazioni pastorali. Alla fine Il Sant’Ufficio scelse di fare due condanne separate una per il nazismo e l’altra per il comunismo, con due encicliche la “Mit Brennender Sorge” e la ``Divini Redemptoris”.

Il libro di Godman conclude con il paragone tra i due Papi che hanno affrontato Hitler e il nazismo. Sia a Papa Ratti che a Papa Pacelli non gli mancava il coraggio, non erano codardi, ma decisero di non dichiarare “guerra” ai nazisti e ai fascisti.

Godman conclude con una domanda fondamentale: Quella stessa Chiesa che non esitò a condannare il comunismo ateo in termini chiari e netti. Perchè nel caso dei nazisti e dei fascisti, si trattenne dal farlo? Per Godman la risposta è che con loro aveva firmato un Concordato. Inoltre sembra che il Papa era stato informato che i tedeschi, favorevoli a Hitler, non avrebbero opposto resistenza al suo regime. E poi c’erano i vescovi tedeschi, rispettosi dell’autorità, erano pochi quelli disposti a diventare eroi. Tranne il leone di Munster, Clemens August von Galen.

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