Mercoledì 7 agosto puntata su Radio Mater sulla visione cristiana della creazione. Ospite il teologo Gianluca De Candia che, nell’ultimo libro “Il rovescio del Vangelo”, ha scritto: «nulla di più lontano dalla realtà sarebbe credere che un’opera d’arte sia il risultato esclusivo di una fulminea intuizione». Perché questo e, soprattutto, una tale valutazione vale anche per la riflessione teologica?
La visione cristiana della creazione vede la natura come una realtà positiva che non va mai vista come un qualcosa di sacro o divino o intangibile e sottratto all'azione umana. L’arte, che nella sua essenza riflette la natura (o la realtà) secondo una prospettiva umana trascendente, va interpretata correttamente per servire da “tramite” per la teologia e, quindi, per l’insegnamento (o la trasmissione) della Verità. Di questo parleranno il giornalista Giuseppe Brienza e il teologo Gianluca De Candia nella prossima puntata di Temi di Dottrina sociale della Chiesa, in onda mercoledì 7 agosto su Radio Mater (ore 18.30).
Secondo il Compendio di Dottrina sociale della Chiesa l’ordine naturale uscito dalle mani di Dio consiste in «un dono offerto dal Creatore alla comunità umana, affidato all'intelligenza e alla responsabilità morale dell'uomo» (n. 473). Per questo l’uomo è chiamato a rispettare «l'ordine, la bellezza e l'utilità dei singoli esseri viventi» (n. 473).
Nell’ottica propugnata dallo stesso Compendio di «evangelizzazione delle realtà temporali» (n. 530) s’inserisce il tema trattato nella trasmissione, intitolata “Fare teologia con l’arte”, vale a dire provare a trasmettere la bellezza della verità (questo il compito della teologia) tramite l’arte.
Il prof. Gianluca De Candia insegna teologia in due università tedesche, Teologia sistematica in quella di Siegen e Questioni filosofiche fondamentali della teologia - come libero docente - all’Università di Münster. Ha scritto vari saggi fra cui il più recente Il rovescio del Vangelo (EDB, Bologna 2019, pp. 104, € 9,50) nel quale legge il Vangelo «al rovescio», a partire cioè dalla prospettiva di coloro che hanno incontrato Gesù, da San Giuseppe alla Vergine Maria, da Giovanni Battista alla peccatrice di Magdala, passando per Giuda, Pietro, Caifa, Anna, Ponzio Pilato ed Erode
Nell’introduzione De Candia scrive appunto dell’esistenza, nell’uomo di tutti i tempi, di un qualcosa d’impalpabile e di leggero che non può non incantarlo, qualcosa d’invisibile che, quando manca, lo «lascia in uno stato di curiosa inquietudine». Di cosa stiamo parlando e, soprattutto, questo qualcosa ha a che vedere con il tema del rapporto fra teologia, arte e bellezza?