La strage in Libano ad opera dei miliziani di Hezbollah ha scosso il mondo, non solo per il timore di un allargamento del conflitto, ma anche per la sofisticata modalità dell'attacco, che si sospetta sia stato orchestrato dai Servizi segreti del Mossad, nonostante Israele non abbia ancora rivendicato l'azione. Migliaia di cercapersone, dispositivi usati dai militanti di Hezbollah, sono esplosi simultaneamente, in un'azione coordinata che ha avuto conseguenze devastanti: almeno 11 morti e circa 4.000 feriti. L'operazione ha inferto un colpo durissimo all’organizzazione sciita.
Le informazioni che circolano indicano il possibile coinvolgimento del Mossad, che avrebbe utilizzato esplosivi ad alta potenza, come la pentrite, nascosti all'interno dei cercapersone. Le esplosioni sarebbero state innescate dall’aumento delle temperature delle batterie, una tecnica hi-tech che ha permesso di colpire con precisione i bersagli. Hezbollah utilizza i cercapersone al posto dei telefoni cellulari, ritenuti vulnerabili agli attacchi dei servizi segreti nemici. Tuttavia, sembra che l'intelligence israeliana sia riuscita a penetrare nel sistema, provocando detonazioni simultanee in Libano e in Siria, dove Hezbollah combatte a fianco del regime di Bashar al-Assad. Anche l'ambasciata iraniana a Beirut è stata colpita, con il rappresentante diplomatico iraniano che è rimasto lievemente ferito.
Questi cercapersone, sebbene antiquati e meno sofisticati dei moderni cellulari, erano ampiamente utilizzati dai miliziani, con ordini diretti dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che aveva vietato l'uso di telefoni per comunicazioni sensibili. Nasrallah aveva preso questa decisione dopo l'assassinio di Fuad Shukr, un alto comandante di Hezbollah, ucciso da un missile mentre si trovava in un appartamento segreto. Ora, l'attacco ai cercapersone rappresenta una nuova, grave breccia nella sicurezza del movimento sciita, che ha subito promesso vendetta contro Israele, minacciando che «riceverà la giusta punizione».
Le esplosioni hanno causato il caos, colpendo non solo i miliziani, ma anche civili, con numerose testimonianze che raccontano di feriti portati d'urgenza negli ospedali, già sovraccarichi a causa della crisi politica ed economica che affligge il Libano. Almeno 11 persone sono morte in Libano, tra cui i figli di due parlamentari di Hezbollah, e altre 7 vittime sono state registrate in Siria. La gravità dell'attacco ha portato alla chiusura delle scuole e delle università, mentre gli ospedali di Beirut lanciavano appelli urgenti per le donazioni di sangue.
In risposta all’attacco, il consiglio di sicurezza israeliano è stato convocato d'urgenza, mentre l'esercito israeliano si prepara a una possibile rappresaglia da parte di Hezbollah, che da quasi un anno lancia attacchi contro i villaggi e le città israeliane, a cui risponde l’artiglieria e l’aviazione di Tsahal. L’intensificazione degli scontri nelle ultime settimane ha avvicinato sempre più i contendenti a una guerra totale. Gli Stati Uniti, con inviati come Amos Hochstein e il segretario di Stato Antony Blinken, sono impegnati a cercare di prevenire un'escalation e favorire un cessate il fuoco.
Secondo fonti locali, i cercapersone erano stati venduti a Hezbollah da un'azienda iraniana, e l’intelligence israeliana, attraverso le sue unità di cyber-guerra, avrebbe manomesso i dispositivi prima di consegnarli ai miliziani. Questo attacco ha sollevato preoccupazioni non solo per Hezbollah, ma anche per Teheran, che teme l'infiltrazione delle proprie strutture tecnologiche da parte del nemico.
Fonti varie agenzie e giornali