La senatrice Fabiola Anitori ha lasciato il Movimento 5 Stelle per passare al gruppo Misto. "Gli avvenimenti registrati all'interno del M5S negli ultimi mesi mi hanno profondamente segnata, peraltro in un periodo molto delicato della mia vita", spiega Fabiola Anitori, nell'annunciare la sua decisione di passare al gruppo Misto, portando a quattro il numero degli ex senatori M5S, dopo l'espulsione di Marino Mastrangeli e Adele Gambaro e l'addio di Paola De Pin. "Non riconosco più l'impostazione iniziale del Movimento che è diventato proprio quel 'partito personale' dallo stesso tanto criticato, con un sistema feudale di fedeltà che respinge o espelle chi dissente, chi non si allinea", prosegue la senatrice, che è stata eletta nel Lazio con il Movimento 5 Stelle. "Ogni tentativo di costruzione di una scelta politica, sulla base del confronto inteso come ricerca di punti di incontro, viene etichettata come tradimento o 'inciucio' e ciò costringe ad un immobilismo ed una stagnazione che non porta da nessuna parte". "Io credo e ho creduto al messaggio politico del 'cambiamento' da attuare, però, attraverso il 'confronto democratico', sia interno che esterno, che ritengo un valore, una virtù repubblicana irrinunciabile e che non ritrovo nel Movimento - conclude Fabiola Anitori - Per questo, nella profonda convinzione di continuare a portare avanti le idee e i principi condivisi con i miei elettori nel rispetto della Costituzione, annuncio la decisione di lasciare il gruppo parlamentare M5S per passare al gruppo Misto"
Il premier Enrico Letta dovrebbe, secondo quanto si apprende, incontrare il ministro per le Pari opportunità, Josefa Idem, intorno alle 16,45, dopo aver visto i vertici dell'Anci.
Sarà un lunedì cruciale per Josefa Idem, il ministro delle Pari Opportunità, al centro della bufera per presunti abusi edilizi e Ici aggirata: "Nel pomeriggio incontrerò la ministra Idem parleremo e poi insieme decideremo che fare", ha annunciato il premier Enrico Letta, nel corso della trasmissione 'In mezz'orà. Il presidente del Consiglio ha precisato di non aver visto "tutte le carte" e che vuole vederle tutte. Ha detto ancora che bisogna "essere garantisti e garantire opportunità e rispetto delle regole" come "elemento chiave del nostro governo". Ma "nessun doppio standard".
E intanto c'é anche all'interno del Pd chi critica la Idem per non aver già rimesso il mandato nelle mani di Letta: "Della ministra Idem non convince soprattutto la frase 'non lascio' - ha scritto il presidente della Toscana Enrico Rossi sul suo profilo Facebook - Avrebbe dovuto dire 'penso di essere onesta, ma rimetto il mio mandato nelle mani del Presidente del Consiglio. Sta a lui decidere'. In politica si fa così".
Paradossalmente ad essere pì morbido con la Idem è stato il capogruppo Pdl alla Camera dei deputati, Renato Brunetta: "La vicenda del ministro Idem? Io sono un garantista all'ennesima potenza, contrariamente ai miei colleghi del Pd che nel passato si sono infilati in ogni strumentalizzazione - ha affermato in una intervista a SkyTg24 - Io non faccio strumentalizzazioni rispetto le persone, rispetto anche gli errori delle persone. Chi non ha mai fatto un errore nella denuncia dei redditi? Chi non ha mai fatto un errore sull'Imu? Chi non ha mai fatto un errore sull'Iva? Quindi io non sarei per dare la croce in testa a questo o a quel ministro, è un gioco che non mi appassiona, che non ho mai fatto e che non farò mai". Intanto ...
Il ministro per le pari opportunità Josepha Idem, nella conferenza stampa a Palazzo Chigi, si è scusata per le irregolarità fiscali, ma non ha fatto cenno ad eventuali dimissioni dall'incarico di governo. Ho dato poi la parola al suo legale per i chiarimenti sulla vicenda che la riguarda.
"Le parole a volte sono pietre e sono state scagliate contro di me con inaudità brutalità e violenza" ha detto il ministro Idem. "Ho delegato tutte le mie questioni fiscali ed edili. Vi sono state irregolarità e ritardi: me ne scuso pubblicamente, me ne assumo le responsabilità e sanerò ciò che sarà da sanare. Non sono infallibile. Ho delegato tutte le funzioni amministrative e edili a professionisti, dando un'indicazione chiara: voglio che tutto sia fatto nel rispetto delle regole. In Germania - ha detto il ministro - nessuno si sarebbe dimesso per una cosa simile. Intendo continuare per non tradire la fiducia delle persone che contano sul mio contributo": lo ha detto il ministro per le Pari opportunità Josefa Idem durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il ministro ha ammesso che ci sono tante persone che hanno chiesto le sue dimissioni, ma tantissime altre, ha fatto notare, le hanno chiesto di rimanere
Il ministro ha dato poi la parola al suo legale per i chiarimenti sulla vicenda che la riguarda. "Non è vero - ha detto l'avvocato - che il ministro Idem non ha pagato Ici e Imu". Per le questioni relative a presunti abusi edilizi "non c'é alcun reato" ha assicurato l'avvocato del ministro, Luca Di Raimondo. "La contestazione è stata mossa il 17 giugno e il ministro ha pagato la sanzione il giorno successivo" ha spiegato aggiungendo che, comunque, si trattava solo di "irregolarità" di carattere amministrativo. Quanto alla questione relativa a Ici e Imu, "non è vero che non sono state pagate". " Non è vero che è stata fatta una dichiarazione falsa: il 4 febbraio, entro il termine di legge del 28 febbraio valido per qualsiasi contribuente, è stata dichiarata quale fosse la dimora familiare. Il pagamento con ravvedimento operoso è previsto dalla legge, ma è stato letto come un'iniziativa volta a correre ai ripari in maniera tardiva".
La Camera approva la fiducia al governo con 383 voti a favore, 154 no. Quella sul decreto emergenze è la prima questione di fiducia posta dall'esecutivo Letta.
Tra i primi a dire il proprio sì all'esecutivo, è il premier Enrico Letta, che sfila davanti ai banchi della presidenza della Camera, poi esce dall'Aula. La fiducia è stata posta sul decreto emergenze. Il premier Enrico Letta compare nell'Aula della Camera solo per il tempo necessario a votare la fiducia al suo governo, tra i primi a rispondere alla chiama. Subito dopo vota anche il vicepremier Angelino Alfano, che come Letta scorre davanti al banco della presidenza, poi esce dall'emiciclo.
Immagino sia rimasto deluso ma le sue parole pubbliche sono state senz'altro corrette e collaborative". Così il premier Enrico Letta risponde ai cronisti che, dopo aver votato la fiducia, gli chiedono come giudicasse la reazione di Berlusconi alla sentenza della Consulta.
Quella di oggi sul dl emergenze è, di fatto, la prima fiducia per il governo Letta dopo quella chiesta dal presidente del Consiglio alle Camere subito dopo aver ricevuto l'incarico dal Quirinale e formato il governo. In quel caso alla Camera i sì furono 453 (i no 153 e 17 gli astenuti) ma i presenti erano 623, quasi tutti i deputati. Questa volta i sì sono stati 383 e 154 i no ma con 537 presenti, quasi 100 deputati in meno del totale. Assenze, per la verità, grossomodo, distribuite tra tutti i gruppi parlamentari. Il partito della maggioranza più assente risulta, tabulati di voto alla mano, il Pdl con il 20,62% dei parlamentari che non hanno partecipato al voto (20 su 97), seguito da Scelta Civica con il 19,15% (9 su 47). Pd tutto sommato a ranghi serrati con l'8,87% di assenti (26 su 293). Presente in massa il Movimento Cinque stelle (6 assenti su 107) con il 5,6% di non partecipanti al voto; la stessa percentuale di Sel (5,56%) con 2 assenti su 36. Per la Lega erano assenti 3 deputati su 20, 5 assenti in Fratelli d'Italia su un totale di 9 componenti e 2 deputati assenti del gruppo Misto su 20 componenti. I deputati in missione erano 19 (tra gli altri la ex capogruppo dei grillini, Roberta Lombardi, i ministri Beatrice Lorenzin, Gianpiero D'Alia e Nunzia De Girolamo e il segretario del Pd Guglielmo Epifani ieri in Sicilia per la campagna elettorale per i ballottaggi). Delega per il riassetto normativo e la semplificazione amministrativa, in materia di beni culturali, per istruzione e ricerca e per la codificazione in materia ambientale. Sono i titoli delle quattro deleghe al governo previste dalla bozza del Ddl Semplificazioni domani in Cdm.
In particolare per il riassetto normativo e la semplificazione amministrativa il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti l'abrogazione espressa di disposizioni legislative statali oggetto di abrogazione tacita o implicita ovvero che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di contenuto normativo o siano comunque obsolete. E questo "al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico di cittadini e imprese, incluse quelle agricole" procedendo nella semplificazione "per settori omogenei, dei procedimenti amministrativi che prevedono adempimenti a carico di cittadini e imprese". Tutto questo "nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, anche mediante l'individuazione di nuovi e più efficaci strumenti di coordinamento e di valutazione della pluralità degli interessi coinvolti; previsione di forme di coordinamento, anche telematico, attivazione ed implementazione delle banche dati pubbliche; semplificazione, razionalizzazione, snellimento e riduzione degli oneri regolatori a carico di cittadini e imprese; proporzionalità degli adempimenti alle effettive esigenza di tutela degli interessi pubblici; d)riduzione dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi; razionalizzazione, semplificazione, coordinamento e programmazione dei controlli da parte delle amministrazioni in modo da assicurare la tutela dell'interesse pubblico evitando duplicazioni e sovrapposizioni e da recare il minore intralcio al normale esercizio delle attività dell'impresa, definendo la frequenza e tenendo conto dell'esito delle verifiche e delle ispezioni già effettuate; disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi.
I risultati delle elezioni amministrative parlano da soli. E dovrebbero fare seriamente riflettere gli esponenti del centrodestra. La domanda è una sola: perché mai gli elettori dovrebbero votare per quest’ultimo schieramento?
Una volta che ha vinto, il centrodestra si comporta negli enti locali (lasciamo stare qualche piccolo esempio, di qualche piccolo provvedimento) né più né meno che come si comporta il centrosinistra. Prima di tutto, dal lato della spesa pubblica. S’è mai visto un Sindaco o un Presidente di Provincia di centrodestra non accodarsi ai comuni piagnistei per chiedere allo Stato più soldi? O a non reclamare più possibilità di manovre sulle imposte perché, se no, “bisogna chiudere gli asili per i bambini, gli ospizi per le vedove, i servizi sociali” in genere? Quelli del centrodestra, fanno come quelli dello schieramento avversario: non fanno, come questo momento storico richiederebbe, le sole opere indispensabili o, almeno, quelle necessarie (fanno anche quelle solo utili – e l’utilità è, com’è noto, dilatabile all’infinito – per non dire quelle che servono solo ad un’inaugurazione in pompa magna). A proposito di opere. Anche Sindaci e Presidenti di Provincia moderati (e, per le Regioni, è anche peggio, essendo queste il vero centro dello spreco pubblico, com’è ben noto) fanno - tanto per andare al primo esempio che viene in mente - rotonde a tutto spiano, essendo questa l’ultima scoperta per spendere dato che non ci sono più bambini per spendere nelle scuole o paesi (specie montani) da collegare con le strade e così via. Con rotonde larghe come campi di grano in corrispondenza di carraie, gli amministratori locali hanno rovinato la via Emilia, che non si riconosce neppur più. Vedere per credere. E poi, anche i Comuni di centrodestra finanziano allegramente festival vari, musiche in piazza, feste di paese, come se il compito degli enti locali fosse quello di far divertire i concittadini. Per non parlare della “riqualificazione” delle piazze (l’altra scoperta, insieme alle rotonde, per spendere e spandere). Così, rovinano anche queste, imbellettandole in tutti i modi, facendo loro perdere le tradizioni urbane locali, “normalizzandole” tutte. Basti dire che a Roma si sono spesi diversi milioni di euro per rovinare Piazza San Silvestro, tanto per fare un altro esempio eclatante. Sempre a Roma, si sono allargati i marciapiedi o elementi urbani divisori a dismisura, trasformandoli in piazze d’armi, col solo risultato di impedire e bloccare inutilmente il traffico (si veda via Marsala dove – in tanto scempio di denaro pubblico – non c’è, come invece a Milano, uno spazio di fermata per le auto private che accompagnano viaggiatori alla stazione ferroviaria), così che fra un po’ si dovranno spendere altri soldi - ed è forse ciò che certi burocrati cercano - per rifare il tutto. Ancora. Oltre che moderando le spese (futili, cioè lo spreco), gli enti locali di centrodestra si sono mai caratterizzati per una loro politica fiscale? Hanno forse moderato l’Ici e l’Imu e così via, rispetto agli altri?
L’obiezione degli scialacquatori è facile, e non è del tutto priva di fondamento: gli elettori vogliono queste cose; se no, perdiamo. Gli elettori non capiscono che i festival musicali non li paga il Sindaco, ma loro. Non capiscono che “nessun pasto è gratis” (come diceva Friedman). Ma la risposta a questa obiezione, anzitutto, è presto data: se gli amministratori di centrodestra non cominciano mai a differenziarsi, è inutile votare per loro, bisogna pur cominciare ad educare. E poi, se non c’è differenza, tanto vale votare per l’originale (che in fatto di classe dirigente locale stabile è – tra l’altro – maestro).
La risposta vera, comunque, è questa: il centrodestra ha mai presentato (e realizzato per davvero) un programma liberale? Ha mai proposto (e realizzato) un programma che – liberale, appunto – servirebbe a diminuire le esigenze di cassa, e consentirebbe quindi di diminuire le imposte e di non trasformare ogni casa in un bancomat per il Comune? Di questo, gli elettori certo si accorgerebbero, e comincerebbero a ragionare, su feste e divertissements vari e su chi li paga. Ma questa strada – benché più volte suggerita, anche dalla Confedilizia – è stata accanitamente dimenticata. Negli Stati Uniti, una popolazione quasi pari a quella dell’intera Italia, vive in comunità locali rette – come in un condominio – da regole contrattuali, da tutti approvate: in esse, la spesa pubblica incontenibile (e insostenibile) non esiste. A New York, Union square – una delle maggiori, e più importanti piazze – è manutenuta (evidentemente, con spese che sono un decimo di quelle che avrebbe un ente pubblico) dagli stessi abitanti della zona, riuniti in cooperativa, in cambio di sgravi fiscali. Qualche amministratore del centrodestra ha mai pensato di realizzare una cosa del genere (possibile in Italia, per quanto già risulta)?
In un sistema sostanzialmente bipolare (com’è, in ispecie, quello delle amministrative) vince chi costituisce un’alternativa al “già visto”. Fin che gli elettori avranno l’impressione (errata) che tutti gli amministratori siano uguali (più si spende, e più qualcosa può attaccarsi alle mani), non vincerà mai – realmente – né il centrodestra né il centrosinistra. Aumenterà sempre l’astensionismo e basta; e sarà questo – e quindi il caso – a decidere l’esito delle consultazioni. Oltretutto, senza troppo strologare: è mai possibile che si vada a votare con una scheda di un metro e mezzo, come a Roma? Quanti anziani non sono andati a votare per timore di non saper votare?
Per concludere. Se vuole tornare a vincere, il centrodestra torni ad essere alternativo. Torni ad essere liberale, cioè.
Concluse le operazioni di voto sul blog di Grillo sull'espulsione della senatrice Adele Gambaro. Gli aventi diritto erano 48.292, di questi hanno votato in 19.790. Il 65,8% (pari a 13.029 voti) ha votato per l'espulsione, il restante 34,2% (pari a 6.761 voti) ha votato per il no.
"Sono umanamente dispiaciuto ma ricordo a me stesso che vanno coniugate libertà e responsabilità". Così Nicola Morra, presidente dei senatori del Movimento 5 Stelle, commentando l'espulsione della senatrice Adele Gambaro dal gruppo.
Il Blog di Beppe Grillo ha dato il via alla "ratifica" dell'espulsione della senatrice M5S Adele Gambaro. Il voto degli iscritti al portale è aperto fino alle 17 di oggi.
"La senatrice Adele Gambaro ha rilasciato dichiarazioni lesive per il M5S senza nessun coordinamento con i gruppi parlamentari e danneggiando l'immagine del M5S con valutazioni del tutto personali e non corrispondenti al vero" si legge sul blog del leader M5S dove si ricorda la 'procedura'.
"I gruppi parlamentari riuniti del M5S Camera e Senato ai sensi del Codice di Comportamento, hanno deliberato a maggioranza di proporre l'espulsione dal gruppo parlamentare del Senato di Adele Gambaro" perché "in occasione delle Parlamentarie, Adele Gambaro aveva promesso che nel caso di disaccordo con la linea del M5S, avrebbe dato le sue dimissioni dal Parlamento, cosa non avvenuta". L'espulsione della Gambaro, si legge sul blog, "va ora ratificata dagli iscritti al portale al 31 dicembre 2012 con documento digitalizzato. Gli utenti abilitati possono votare qui durante la giornata di oggi 19 giugno 2013 dalle 11 alle 17".
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