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Renzi: il posto fisso non c'è più

La prende alla larga. Parla prima di Isis, di Europa, di Ucraina e solo a metà dell'ora di intervento che chiude la quinta edizione della Leopolda, avvicina la mira agli avversari interni. Ma vediamo che cosa e successo al ultima giornata della kermesse renziana che quest'anno e nella versione di governo.Come riferiscono le Agenzie e informazioni giornalistiche Nell'ex stazione, che ospita l'iniziativa, c'è gran pienone di gente arrivata per ascoltare gli interventi e il discorso del premier Matteo Renzi. Che dice: "il mondo è cambiato,il posto fisso non c'è più". "Nel 2014 aggrapparsi ad una norma del 1970 che la sinistra di allora non votò è come prendere un iPhone e dire dove metto il gettone del telefono? O una macchina digitale e metterci il rullino. E' finita l'Italia del rullino". Dura la risposta di Susanna Camusso: "Mi pare evidente che il presidente del Consiglio non abbia argomenti per contrastare le cose che abbiamo sostenuto ieri in termini di cambiamenti della delega del lavoro".

Eppure giù tutti a sparare a palle incatenate contro il neoliberista, il neoblairiano, il rottamatore delle radici e chi più ne ha più ne metta. Ma chissà cosa direbbero i vari Fassina, Cuperlo e Camusso, se scoprissero che quella frase non è un conio renziano, ma venne pronunciata addirittura da Massimo D'Alema.

Correva l'anno 1999 e l'allora presidente del Consiglio si rivolgeva agli imprenditori riuniti a Bari per la Fiera del Levante con parole quasi identiche a quelle pronunciate ieri da Renzi alla Leopolda: "La logica del posto fisso e' finita - spiegava D'Alema alla platea pugliese - Se si togliessero dalle statistiche americane i posti di lavoro precari, gli Usa avrebbero il tasso di disoccupazione di Reggio Calabria".

A inquadrare la dimensione dello scontro tra due idee diverse di sinistra è poi il ministro Dario Franceschini. "Abbiamo un leader di governo che ci ha portato a realizzare la vocazione maggioritaria: il Pd è anche il partito di chi ieri era in piazza, ma non può essere il partito solo di chi ieri era in piazza, ciò che ci dobbiamo lasciare alle spalle è la vocazione minoritaria, abbiamo bisogno della vocazione maggioritaria".

Un passaggio ripreso senza mezzi termini da Renzi dal palco della kermesse (rispondendo alle parole di Rosy Bindi, che aveva definito la Leopolda una manifestazione imbarazzante): C'è chi si "imbarazza perché dopo 25 anni uno riesce a mettere insieme le persone che parlano di politica. A chi ha detto che la Leopolda è imbarazzante diciamo che non consentiremo a quella classe dirigente di riprendersi il Pd".

A rispondere alla Cgil, dopo la prova di forza di ieri a Roma, ci ha pensato in mattinata il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. "Il cuore della legge, ovvero il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, è per noi il perno e resta assolutamente valido e con esso gli altri punti della legge delega che trovano conferma nelle risorse della finanziaria".

Nella visione di sinistra che il premier illustra alla platea in delirio, come riferisce l agenzia, c'è molto spazio per i giovani senza tutele e garanzie che «non hanno l'articolo 18». «Non c'è più il posto fisso ma non perché l'abbiamo scelto noi - ricorda il premier - ma perché è cambiato il mondo...la monogamia aziendale è in crisi nel mondo. E cosa fa un partito di sinistra ?  Fa un dibattito ideologico sulla coperta di Linus ? O crea le condizioni perché chi perde il posto di lavoro sia preso in cura dallo Stato?». L'ovazione sommerge le ultime parole che riassumono il tentativo di costruire una sinistra che tenga dentro tutti, non solo i garantiti, ma i giovani con la partita iva e con contratti a tempo determinato. Per Renzi «l'articolo 18 significa chiamare un giudice dentro un'azienda a sindacare i motivi per cui si licenzia, significa dare lavoro ai giudici e agli avvocati ma non a chi perde il posto».

Al milione in piazza San Giovanni offre ragionamenti, mentre il guanto di sfida va alla sinistra Pd che pensa di usare quella piazza per fermare il governo. Un braccio di ferro destinato a sfociare in un nuovo voto di fiducia perché «noi non siamo al governo per scaldare la seggiola» e «la bicicletta ce la siamo presa». Verso la fine l'ultima stoccata alla minoranza Dem. Il premier non solo ringrazia il presidente della Repubblica definendolo «esempio di bella politica, l'Italia per bene è con lui», ma invita la platea alla standing ovation e di fatto se ne appropria nella battaglia contro l'austerity e i gufi.

 

Appesantita da plurime legislature, la sinistra del partito vacilla sotto i colpi del Rottamatore che si diverte a provocarla irridendo gli intellettuali di sinistra che paragona ad una «convention di pensionati» che «quando si apre un cantiere si raduna ai lati e scuote la testa». I gufi, tanti, come tanti sono per Renzi coloro che non aspettano altro di vederci scivolare. «Perché dovrebbero riuscire loro dove noi abbiamo fallito?». Menagrami di complemento che abbondano nella politica, ma anche tra i tecnici che dice di aver incontrato a Bruxelles e che «pensano di fare carriera parlando male dell'Italia». I Consigli europei li definisce «una fatica» e rivela di aver dovuto ricordare alla Merkel di «aver preso più voti di te». «Chiedo rispetto» perché «con oltre undici milioni di voti è come se fossi il nono paese dell'Unione»

 

A quella minoranza Pd che il giorno prima è andata in piazza con la Cgil e che sfida apertamente dopo aver difeso il Jobs act: «Li rispetto ma non ho paura che a sinistra si crei qualcosa di diverso. Poi si sta a vedere se essere di sinistra vuol dire stare aggrappati alla nostalgia o provare a cambiare». La platea si scatena in applausi e piedi battuti in terra. Renzi dà su la voce: «Non consentiremo a chi ha detto che la Leopolda è imbarazzante di riprendersi il Pd e trasformarlo per portarlo dal 41 al 25 per cento».

Lo scontro tra l'ala politica di piazza San Giovanni e la Leopolda è totale e Rosy Bindi, che ha definito «imbarazzante» la convention fiorentina, si trasforma nell'icona del vecchio, rappresentante di coloro che da «25 anni sono in Parlamento» e difendono la formula identitaria di un partito destinato sempre alla sconfitta e che per vent'anni ha lasciato spazio alla destra berlusconiana. Renzi li sfida definendoli coloro che cercano di mettere «il gettone nell'iphone»: «Non consentiremo che il Pd sia trasformato nel partito dei reduci. Noi saremo il partito dei pionieri, non quelli del museo delle cere, ma del futuro e del domani».Intanto :

 

Davanti alla location manifesta un gruppo di lavoratori dell'Ast di Terni per chiedere il sostegno del governo alla vertenza aperta dai metalmeccanici per impedire la chiusura della ThyssenKrupp nella città umbra. Il premier li ha incontrati. All'incontro hanno partecipato anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, quello della Pubblica Amministrazione Marianna Madia, il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo e il vicepresidente della Camera, Marina Sereni, che è una deputata umbra.

"Renzi ci ha detto che da oggi si impegnerà in prima persona e sarà pronto a riconvocare un tavolo immediato a seconda di come andrà la riunione di mercoledi'", ha detto, aiutandosi con un megafono ai lavoratori che manifestano davanti alla Leopolda, Emilio Trotti della Fim Cisl appena terminato il cui incontro con il premier.

"Abbiamo incontrato i lavoratori Ast e abbiamo deciso che ci rivedremo la prossima settimana, intanto il governo e le istituzioni locali continueranno a fare di tutto per superare lo stallo: ministero del Lavoro, dello Sviluppo e Palazzo Chigi sono in campo per muovere le cose". Così il ministro del Lavoro Giuliano Poletti spiega l'impegno assicurato dal governo ai lavoratori Ast di Terni.

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