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"Trump per l'Europa è stato la tempesta, Biden può essere la quiete dopo la tempesta". L'analisi di Paolo Magri dell'ISPI in occasione del webinar organizzato da Ruling Companies “Post Elezioni Americane” che ha visto confrontarsi sul tema Simone Crolla Managing Director, American Chamber of Commerce in Italy; Paolo Magri Vice Presidente Esecutivo e Direttore, Istituto Studi Politica Internazionale (ISPI); Maria Lina Marcucci Chief Communication Officer, Kedrion; Simone Trevisani Amministratore Delegato, Drillmec

Come saranno gli Stati Uniti di Biden? Stando alle prime dichiarazioni l'obiettivo è quello di "unire gli americani". Registro opposto, dunque, rispetto a quello usato dal suo predecessore Trump che ha spesso gettato benzina sul fuoco su più di una questione, cavalcando con piacere l'onda della polemica. Salvo poi, secondo molti, venirne alla fine travolto.
Mai come ora, mentre il mondo è impegnato nella lotta contro la  pandemia globale di Covid, le elezioni americane si sono presentate come un bivio non solo per gli Stati Uniti ma anche per gli assetti geopolitici globali.

Sul fronte interno - dice Magri - Biden dovrà ricostruire e riunire un Paese diviso ridando al contempo ossigeno ad un'economia in sofferenza. Ovviamente, ci saranno delle difficoltà, ad esempio smantellare la riforma delle tasse di Trump perché servono voti alla Camera e al Senato; difficilmente poi si potrà implementare il programma del salario minimo che piace molto a una parte del partito democratico; cammino in salita anche per l'obiettivo di dare impulso ad un nuovo Green New Deal perché avere risorse per le energie rinnovabili non sarà facile, proprio come non lo è stato per Trump.

Ci dobbiamo aspettare un enorme intervento di stimolo facendo debito e qui staremo alla finestra per vedere come si comporteranno i repubblicani: se torneranno ad essere rigorosi sul debito,  come non sono stati con Trump che ha aggiunto 7 mila miliardi di dollari di debito in questi anni. Ora c'è da capire se torneranno a fare ciò che facevano con Obama, seguendo la scia dello "slogan": "Non puoi spendere perché crei debito e il debito non fa bene alla nazione".

A livello internazionale, invece, al di là di fin troppo facili letture semplicistiche che disegnano schematicamente un Trump isolazionista sostituito da un Biden multilateralista, internazionalista, europeista, analizziamo alcune certezze: la prima  è che cambieranno, di certo, toni e stili e questa è una gran buona notizia perché in diplomazia la forma è sostanza e la forma di Trump non era  la migliore per rendere il mondo meno complicato. La seconda certezza è che Biden tornerà al tavolo negoziale con l'Iran, ma attenzione si balla in due e anche il ritorno alla diplomazia sarà tutto in salita: in Iran si voterà a giugno prossimo e non è da escludere - anzi - che le forze più dure e pure e potrebbero avere mal di pancia a tornare al tavolo negoziale sul nucleare.  Altre certezze sono che Biden, come ha già fatto sapere, è pronto a riportare gli Usa nell’accordo sul clima di Parigi e nell’Organizzazione Mondiale della Sanità.  

"Il mio messaggio ai leader stranieri è solo uno: l'America sta tornando" , ha detto Joe Biden, che nelle ultime ore ha avuto, tra gli altri, colloqui telefonici con il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Primo Ministro del Regno Unito Boris Johnson. "Parlando con loro, ho detto che siamo di nuovo in gioco", ha twittato il presidente neo eletto degli Stati Uniti, Biden.

Gli alleati europei, insomma, sperano di non sentir parlare più di "America first" che ha rischiato di far naufragare anni di consolidata partnership transatlantica visto che il neo presidente democratico ha più volte chiarito in campagna elettorale di voler rovesciare quattro anni di politica estera isolazionista, proprio nel tentativo di ricucire strappi e allentare tensioni, anche con il Vecchio continente. "Trump per l'Europa è stato la tempesta, Biden può essere, nel bene e nel male,  la quiete dopo la tempesta”, conclude Magri.

Interviene Simone Crolla Managing Director, American Chamber of Commerce in Italy, partendo dalla domanda: Gli americani potranno rimpiangere Trump? Non è dato saperlo. Trump insieme a Regan ha preso più voti, anche perdendo le elezioni ha conquistato un primato che gli lascia dell'elettorato Repubblicano una presa molto forte.Durante l'epoca Trump l'economia è stata sviluppata in maniera molto forte.

Maria Lina Marcucci, Chief Communication Officer, Kedrion parla di “giorni di grande riflessione”, gli elettori americani sono tornati a partecipare..e dal punto di vista femminile è stato grandioso grazie a Kamal Harris.
Trump lascia all'Europa una buona legacy involontaria che vedremo se l'Europa è in grado di coltivare. In questa 4 anni abbiamo dovuto sentirci Europa, l'Europa stessa ha dovuto trovare la forza per imporsi come sistema unito. Ciò che ci aspettiamo dal punto di vista delle imprese è che si riusciranno a trovare tattiche negoziali più soft, meno destabilizzanti.

Conclude l'intervento Simone Trevisani Amministratore Delegato, Drillmec. Noi dopo che c'è stato crollo del prezzo del barile siamo pronti a tutto. Le elezioni americane sono un altro step per collegare tutto.
Con Biden si apre una fase più liberista in cui le società italiane potranno avere loro ruolo, arriverà dal 2022 ma dobbiamo essere pronti a offrire incrementi di volume. Per quanto riguarda l'argomento energetico invece bisognerà capire cosa farà perché durante la sua campagna elettorale per quanto riguarda l'energia rinnovabile. C'è molto da fare a livello di investimenti per proteggere le risorse, siamo in una fase di transizione molto forte, dove sarà necessario pensare a una transizione sostenibile per proteggere l'ambiente e le risorse umane.

Intanto mentre in Italia si fanno delle analisi sul Presidente eletto Biden,di come potrebbe essere la sua Presidenza, in Usa la battaglia e ancora molto combattiva da parte del Presidente Trump su chi veramente avrà la Presidenza del paese... "Le nostre grandi cause che mostrano l'incostituzionalità' delle elezioni 2020 e l'oltraggio delle cose che sono state fatte per cambiarne l'esito saranno presentate presto!": lo twitta Donald Trump, lasciando intendere un possibile ricorso alla Corte suprema, dove ha blindato la maggioranza conservatrice con la nomina di tre giudici.

"Ha vinto solo agli occhi dei media fake news. Io non concedo nulla!", aveva cinguettato omettendo di nuovo il nome di Bidem e ammonendo che c'è ancora "una lunga strada da fare". E' la strada dei ricorsi legali. Dopo i rovesci subiti finora, il presidente ha deciso di affidarsi nuovamente al suo avvocato personale Rudy Giuliani.

Trump lo considera un "combattente", e Giuliani ha promesso battaglia in un'intervista alla Fox. Non solo sui voti ma su Dominion, la società che ha fornito il sistema di voto a oltre 30 Stati Usa e che secondo il presidente gli ha sottratto centinaia di migliaia di preferenze. 

"E' una società della sinistra radicale", ha denunciato, riecheggiando i tweet del suo 'boss'. L'avvocato però non ha fatto altro che rilanciare infondate teorie cospirative, secondo cui Dominion è legata alla fondazione Clinton, mentre Smartmatic, una delle aziende che produce le macchine per tabulare i voti, è controllata dal George Soros.

 

Bloomberg lo definisce il "più grande" accordo commerciale al mondo, il Financial Times usa l'intera storia come metro di paragone. L'oggetto di questi superlativi è l'accordo commerciale che hanno annunciato i leader di 15 Paesi asiatici, capitanati dalla Cina ma tirando dentro colossi come Giappone e Corea del Sud.

I progressi negoziali sono stati particolarmente lenti nei primi anni, ma le discussioni hanno preso slancio dopo che Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti nel 2017 ritirando gli Usa dal Tpp, il Fta proposto dall'amministrazione di Barack Obama composto da 12 Paesi. Nel mezzo di una crescente tendenza globale al protezionismo, i Paesi partecipanti sono diventati più motivati a promuovere il libero scambio. L'accordo comprende 20 capitoli di regole che coprono dal commercio di beni, investimenti e commercio elettronico alla proprietà intellettuale e agli appalti pubblici, con l'obiettivo di aumentare l'interazione economica basata su regole tra i membri, con la prospettiva di entrare in vigore quando tutti i firmatari lo avranno ratificato

Nella rete dell'intesa Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) sottolinea la Repubblica,  si intersecano da una parte gli accordi dei dieci membri dell'Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (Asean) - Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam - combinandosi d'altra parte in forma unitaria in un patto multilaterale esteso ad Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Dentro il nuovo accordo ci stanno quasi un terzo della popolazione mondiale (2,2 miliardi di persone) e una fetta altrettanto grande della ricchezza del globo (26 mila e 200 miliardi di dollari).

il premier cinese Li Keqiang, che partecipa virtualmente alla riunione di Hanoi, ha osservato che nei primi tre trimestri dell’anno l’interscambio Cina-Asean (i 10 Paesi del Sudest asiatico che entrano nel nuovo patto di libero scambio) ha raggiunto i 481 miliardi di dollari, +5% sul 2019. E ha aggiunto che Pechino «terrà a mente le necessità dei partner commerciali quando i vaccini cinesi saranno pronti per la distribuzione». 

Mentre gli Stati Uniti escono dalle travagliate elezioni presidenziali del 3 novembre e lottano ancora contro la pandemia di coronavirus, si forma un nuovo blocco commerciale sul quale la Cina può estendere la propria influenza.

L’accordo si chiama Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Era stato proposto per la prima volta nel 2012, ma la spinta finale a trovare la quadra è arrivata nell'anno della pandemia che ha messo in seria difficoltà le economie dell’area.

La RCEP raccoglie i 10 membri della Association of Southeast Asian Nations (ASEAN), più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. L’obiettivo è principalmente quello di abbassare o in alcuni casi persino eliminare delle tariffe, alcune immediatamente, altre nell'arco di 10 anni. il patto rappresenterà il 30% dell'economia e della popolazione globale. Raggiungerà inoltre 2,2 miliardi di consumatori.

Ha deciso di non firmare, invece l'India, che nel corso dell'estate ha avuto schermaglie con la Cina e che temeva di veder aumentare il proprio deficit commerciale con il colosso asiatico. Tuttavia potrebbe aderire anche in un secondo momento.  La Cina e altri 14 Paesi asiatici e dell'area del Pacifico hanno appena firmato il più grande accordo di libero scambio al mondo. L'accordo rappresenta il 30% del PIL globale aiuterà le economie coinvolte a riprendersi dalla crisi dovuta al coronavirus.

La firma arriva alla conclusione delle elezioni statunitensi i cui esiti sul fronte commerciale, nonostante la vittoria di Biden, non sono ancora noti. Diversi esperti ritengono infatti che la strada spianata da Trump cambierà più nei modi che nei contenuti. Così quindici Paesi asiatici e del Pacifico hanno firmato un mega accordo commerciale che vale il 30% del pil mondiale. Si chiama Partenariato regionale economico comprensivo (Rcep), include i dieci membri dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), oltre a Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, e si presenta come il più grande accordo di libero scambio al mondo. La fumata bianca è tanto storica quanto importante per due aspetti.

il Rcep sottolinea insider Over,copre un’area che vale un terzo dell'attività economica globale. Secondo: anche se stiamo parlando di un patto meno approfondito rispetto al Partenariato trans-pacifico (Tpp), stracciato da Donald Trump nel 2016, stiamo comunque parlando di un’intesa che porterà a dazi più bassi negli scambi commerciali tra i firmatari. “Dopo otto anni di negoziati lacrime e sangue, siamo finalmente arrivati al momento di chiudere l’accordo”, ha scritto in un comunicato il ministro del Commercio della Malesia, Mohamed Azmin Ali. I firmatari sperano che l'intesa possa favorire la ripresa delle economie regionali dopo la crisi legata alla pandemia di coronavirus. “I nostri Paesi hanno scelto di aprire i rispettivi mercati invece di ristabilire misure protezioniste in questi tempi difficili”, ha aggiunto il ministro malaysiano.

Tra i punti dell'intesa, scrive l inside over,ha sottolineato il Ministero delle Finanze cinese, troviamo l'eliminazione di varie tariffe (in parte subito, in parte nel giro di una decina di anni). Le regole comprendono quindi tematiche specifiche, tra cui gli investimenti, il commercio dei beni, quello elettronico, la proprietà intellettuale e gli appalti pubblici. Un'intesa del genere è importante non solo per gli effetti economici che genererà, ma anche per alcuni risvolti geopolitici. Per la prima volta le potenze rivali dell’Asia orientale – citiamo Cina, Giappone e Corea del Sud – hanno unito le forze in nome di un obiettivo comune.

Ma l’intesa del Rcep è fondamentale anche e soprattutto per la Cina. Innanzitutto il Partenariato regionale economico comprensivo, proprio come la partnership trans pacifica (Cptpp), evoluzione del Tpp, non comprende gli Stati Uniti. Detto altrimenti, Washington è stata tagliata fuori da due accordi commerciali che riguardano l’Asia, cioè la regione che può cantare la crescita più grande del mondo. Senza gli americani tra i piedi, Pechino avrà carta bianca per rafforzare la propria posizione nel continente asiatico. E il Dragone si farà avanti sia con quei Paesi con i quali sono in corso diatribe relative al Mar Cinese Meridionale, sia con gli “storici” rivali Giappone e Corea del Sud.

Considerando le dimensioni della Cina,sottolinea inside over. il gigante asiatico si ritroverà in una posizione tale da poter dettare le regole commerciali della regione. Il Rcep, inoltre, aiuterà il governo cinese a ridurre la propria dipendenza dai mercati e dalla tecnologia estera, un obiettivo in linea con l'ultimo piano quinquennale. Dal Partenariato regionale economico comprensivo rimane per ora esclusa l’India, che tuttavia potrà avvalersi di una clausola per entrare più avanti nel blocco. Nuova Delhi si è sfilata dall'intesa spiegando di non poter esporre i propri produttori e i propri agricoltori a una concorrenza estera ancora più agguerrita: a pesare nella decisione sarebbero stati in particolare i timori per l'arrivo di prodotti artigianali dalla Cina e le pressioni delle imprese del settore caseario, preoccupate dalla competitività dei produttori di Nuova Zelanda e Australia. In ogni caso, la firma è anche considerata un successo diplomatico per la Cina, che rappresenta il più grande mercato dell’area e che rivendica il ruolo di “promotore della globalizzazione e della cooperazione multilaterale” a livello globale.

Per Cina e Giappone, rispettivamente prima e seconda economia asiatica, il Rcep è il primo accordo di libero scambio a metterle in contatto. L'intesa è considerata una significativa pietra miliare per la regione, a maggior ragione in vista della ripresa post pandemia del Covid-19. "La firma del Rcep non è solo un traguardo epocale nella cooperazione nell'Asia orientale, ma è anche una vittoria del multilateralismo e del libero scambio", ha commentato il premier cinese Li Keqiang. Si sono spinti oltre i media ufficiali di Pechino: il successo del "mega accordo Rcep è una vittoria per il multilateralismo e il libero scambio, con Paesi, compresi gli alleati degli Usa, che hanno assestato un colpo al protezionismo e al bullismo economico perseguito dagli Usa e da altri", ha scritto il tabloid nazionalista Global Times, aggiungendo su Twitter che "il Rcep aiuterà la regione dell'Asia-Pacifico a prendere la leadership globale nella ripresa post Covid-19 e a ridurre l'egemonia Usa nella regione".

Intanto secondo il quotidiano il giornale nel suo inserto inside over,nelle scorse ore, i principali network americani hanno attribuito a Joe Biden la vittoria nello stato della Georgia, che così vola a 306 grandi elettori contro i 232 di Donald Trump. Ma va tenuto conto del fatto che è ancora in corso un riconteggio manuale dei voti che potrebbe cambiare l'esito delle elezioni. In Georgia, scrive Paul Sperry in un’inchiesta pubblicata su Real Clear Investigations, e precisamente nella contea di Fulton, è peraltro accaduto qualcosa di strano. Premessa: anche la Georgia, come il Michigan, ha stipulato un contratto con la Dominion Voting Systems in tutte le sue 159 contee. Cos’è accaduto, dunque? Nelle prime ore del 5 novembre, scrive il sito americano, un’improvvisa ondata di circa 20mila voti per corrispondenza è arrivata, tutta per Joe Biden, mentre circa mille voti per il presidente Trump sarebbero misteriosamente scomparsi dal calcolo totale. Un osservatore avrebbe notato il sospetto spostamento dei voti durante il monitoraggio dei risultati delle elezioni provvisorie sul sito web del segretario di stato della Georgia.

Si tratta di Garland Favorito,scrive insiede over, co-fondatore di Voter Ga, che intervistato da RealClearInvestigations, spiega: “Ho concluso guardando questi risultati che si trattava di un’irregolarità, dal momento che non vi era alcuna ragione evidente del fatto che i voti di Trump fossero diminuiti, mentre quelli dell’ex vicepresidente Joe Biden fossero aumentati così drasticamente”.”Anche qui – spiega – il software sembra aver spostato voti da Trump a Biden”, ha rimarcato il testimone. L’ammontare dei voti che arrivavano a un solo candidato “era qualcosa a cui non avevo mai assistito prima d’ora nei miei anni di monitoraggio elettorale”, ha detto Favorito, che ha sottolineato di non essere né repubblicano né tantomeno un sostenitore di Donald Trump. Secondo l’osservatore, “sembrava che qualcuno avesse scaricato un enorme lotto di schede per corrispondenza per Biden nel sistema durante la notte”.

“Un candidato non poteva salire di 20mila e l’altro non fare nulla sottolinea il Giornale– nella contea di Fulton o in qualsiasi contea della Georgia”, ha affermato. “Semplicemente non può succedere”. Favorito ha poi aggiunto: “Penso che scopriranno che la causa principale dell’irregolarità riguardava il software elettronico, e penso che cambierà sostanzialmente i risultati”. Il sospetto è che non sia stato un caso isolato. “Avrebbero potuto esserci altre irregolarità – ha spiegato – ma non sono mai state segnalate perché hanno eliminato gli osservatori”. Il 10 novembre Favorito ha inviato la sua testimonianza al segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, raccomandando un riconteggio completo e manuale: richiesta accolta due giorni fa da Raffensperger. Attualmente, con il 99% delle sezioni scrutinate scrutinate, Joe Biden è davanti a Donald Trump in Georgia di circa 15mila voti.

«Le elezioni non sono finite»: lo ha detto la portavoce della Casa Bianca Kayleigh McEnany nel corso di una conferenza stampa. «Queste elezioni — ha ripetuto — sono ben lontane dall’essere finite, e al contrario dei nostri avversari, noi non abbiamo niente da nascondere».

McEnany quindi ha ripetuto l’accusa di voti illegali ma senza fornire alcuna prova. «C’e’ solo una parte negli Stati Uniti che cerca di tenere gli osservatori fuori dalla sala dei conteggi — ha aggiunto McEnany — . E quel partito, amici miei, è il Partito democratico». L’emittente «Fox News» ha interrotto la trasmissione, e il reporter Neil Cavuto ha detto: «A meno che non abbia più dettagli a sostegno di quanto afferma, non posso in buona fede continuare a mostrarlo».

Il ministro della giustizia americano William Barr ha autorizzato il Dipartimento di giustizia a indagare su "accuse rilevanti " di frode elettorale. Lo riporta la Associated Press. L'indagine, ha affermato Barr, possono essere avviate "se ci sono accuse di irregolarità chiare e apparentemente credibili. Irregolarità che, se riscontrate realmente, potrebbero potenzialmente impattare sul risultato elettorale di un singolo stato".  

Cosi la campagna di Donald Trump ha fatto causa al segretario di stato della Pennsylvania, Kathy Boockvar, con l'accusa che il sistema di conteggio dei voti per posta è stato meno rigoroso di quello dei voti in persona. Un "doppio standard" che rappresenta una "violazione costituzionale".

Il leader della maggioranza del Senato Mitch McConnell ha dichiarato che il Presidente Donald Trump ha “il 100% dei diritti” a contestare i risultati delle elezioni presidenziali e non ha l'obbligo di accettare proiezioni basate sui conteggi dei voti. McConnell e i leader repubblicani al Congresso non si sono congratulati né hanno riconosciuto i risultati da quando Biden ha assunto la carica di presidente eletto sabato.
 
La Pennsylvania è lo stato che ha dato la vittoria a Joe Biden che, al momento della chiamata della sua vittoria, era avanti di circa 45 mila voti. L'accusa di violazione della Costituzione lascia presagire l'intenzione della campagna di Trump di arrivare in fondo alla questione fino a portare il caso davanti alla Corte Suprema. Nonostante la maggioranza dei giudici costituzionali sia di estrazione conservatrice gli esperti tendono però a ritenere fortemente improbabile la corte possa rovesciare il risultato delle elezioni.

Donald Trump su Twitter contesta il voto in Pennsylvania, lo stato che ha dato la vittoria a Joe Biden. “Ci hanno impedito di osservare il conteggio dei voti. Impensabile e illegale in questo Paese”, scrive il presidente americano uscente che definisce il Nevada, altro stato in cui va avanti lo spoglio, “una fogna piena di voti falsi”: “Si stanno scoprendo cose che quando verranno rivelate saranno assolutamente scioccanti”. Trump parla poi di “grande vittoria” in Georgia, anche se è ancora in corsa il conteggio e Biden risulti in leggero vantaggio.

Chi abbandona la barca ora rischia il posto di lavoro e il suo futuro professionale. Sarebbe l’avvertimento che alti funzionari dell’amministrazione Trump in queste ore vanno ripetendo a tutto il personale del governo federale americano. Lo riporta il sito «Axios» e il «Washington Free Beacon», spiegando come questa direttiva emerge chiaramente da un audio rubato durante una conference call con lo staff dell’Usaid, l’agenzia federale per lo sviluppo internazionale. «Dovete giocare fino al fischio finale che ancora non è arrivato», sarebbe stato il messaggio di uno di vertici dell'agenzia: «Le elezioni sono ancora in corso e il Collegio elettorale non ha ancora votato. Non c’è alcuna transizione in corso». Poi l’avvertimento: «Attenzione, perché Washington alla fine è davvero una piccola città...»: una frase letta dai più come una vera e propria minaccia per coloro che sono già alla ricerca di un nuovo incarico.

Nel frattempo, secondo quanto riporta Axios citando fonti vicine alla Casa Bianca, le prossime teste a cadere nell'amministrazione Trump, dopo il siluramento del segretario alla difesa Mark Esper, saranno quella della direttrice della Cia, Gina Haspel, e quella del direttore dell'Fbi, Cristopher Wray.

"Il brusco licenziamento del segretario alla difesa Esper è una prova inquietante di come il presidente Trump intende usare gli ultimi giorni del suo incarico, seminando caos nella nostra democrazia e nel mondo": afferma intanto la speaker della Camera Nancy Pelosi, sottolineando come "in questo momento sia un imperativo assoluto una transizione presidenziale caratterizzata da continuità e stabilità".

Vladimir Putin non telefona a Joe Biden. Non gli scrive, non gli manda nemmeno un telegramma. «È prematuro, dobbiamo aspettare il risultato ufficiale dello spoglio», si giustifica il portavoce del Cremlino Dmitriy Peskov, e a chi gli ricorda che nel novembre 2016 il suo principale non si fece scrupoli burocratici, congratulandosi subito con Donald Trump, ricorda che la volta precedente sulle elezioni americane non gravava la prospettiva del riconteggio. Preferisce non ricordare che alla Duma quattro anni fa avevano stappato lo champagne, e che Trump ha trascorso i quattro anni successivi a cercare di lavarsi di dosso l’etichetta di “presidente eletto dai russi”.

Il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, anche oggi ha evitato di rilasciare dichiarazioni sul risultato delle elezioni negli Usa. Ad un gruppo di sostenitori che lo attendevano all'esterno del Palacio da Alvorada, sua residenza ufficiale a Brasilia, il capo dello Stato ha accennato appena alle elezioni amministrative che domenica prossima riguarderanno 5.700 comuni del Brasile, promettendo interventi giornalieri sui social per sostenere i suoi candidati a sindaco. Intanto, il vicepresidente della Repubblica, Hamilton Mourao, ha dichiarato che Bolsonaro “sta aspettando la fine di questo pasticcio dei voti falsi”, dopo la denuncia di frode avanzata da Donald Trump. “È ovvio che il presidente (Bolsonaro) farà, al momento opportuno, le congratulazioni del Brasile a chi è stato eletto”, ha concluso Mourao parlando con i giornalisti

Silenzio della Turchia sulla vittoria di Joe Biden nelle elezioni Usa. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, che nel frattempo è intervenuto più volte pubblicamente, non si è ancora congratulato con il presidente eletto dagli americani. Il commento di più alto livello resta al momento quello del suo vice Fuat Oktay che in un'intervista tv si è limitato a dire che la politica estera di Ankara non cambierà, a prescindere dall'inquilino della Casa Bianca

L'Unione europea, che vede nel cambio della guardia a Washington una speranza di rilancio delle relazioni transatlantiche, è compatta. "Mi congratulo vivamente con Joe Biden e Kamala Harris per la loro vittoria alle elezioni presidenziali statunitensi. L'Ue e gli Stati Uniti sono amici e alleati, i nostri cittadini condividono i legami più profondi. Non vedo l'ora di lavorare con il presidente eletto Biden", twitta tra i primi la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

"L'Ue è pronta a impegnarsi per un forte partenariato transatlantico. Covid-19, multilateralismo, cambiamento climatico e commercio internazionale sono alcune delle sfide che l'Europa vuole affrontare insieme", le fa eco il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. "Auguri a Joe Biden, nuovo Presidente degli Stati Uniti. Abbiamo valori comuni, un attaccamento forte alla democrazia e alla libertà. Rilanciando le relazioni tra Europa e StatiUniti potremo progettare e costruire un mondo migliore. Sara' bello lavorare insieme". Lo scrive sui social il Presidente dell'Europarlamento David Sassoli. Tra i primi a congratularsi, la cancelliera tedesca Angela Merkel: "Mi rallegro della futura collaborazione con il presidente Biden. La nostra amicizia transatlantica è insostituibile se vogliamo superare le grandi sfide di questo tempo. Non vedo l'ora di lavorare insieme in futuro". Un concetto espresso in maniera simile da diversi leader mondiali, come il presidente francese, Emmanuel Macron: "Congratulazioni a Joe Biden e Kamala Harris.

Abbiamo molto da fare per affrontare le sfide di oggi. Agiamo insieme". Felicitazioni alle quali si unisce anche il premier spagnolo, Pedro Sanchez: "Vi auguriamo buona fortuna e tutto il meglio. Non vediamo l'ora di collaborare con voi per affrontare le sfide che ci attendono". Da oltremanica, arrivano gli auguri dello storico alleato degli Stati Uniti: "Congratulazioni a Joe Biden per la sua elezione a presidente degli Stati Uniti e a Kamala Harris per la sua storica conquista. Gli Usa sono il nostro più importante alleato e attendo di lavorare a stretto contatto insieme sulle nostre priorità condivise, dal cambiamento climatico, al commercio, alla sicurezza", sono le parole del primo ministro britannico, Boris Johnson.

Benjamin Netanyahu ha aspettato un po’ più di altri leader europei, ma questa mattina si è congratulato con Biden e Kamala Harris: “Conosco Biden da quasi quarant’anni ed è un grande amico d’Israele. Sono certo che continueremo a lavorare insieme con entrambi per rafforzare l’alleanza speciale tra Israele e gli Stati Uniti”. Due tweet per due presidenti: parallelamente, Netanyahu ha rilasciato un altro cinguettio in cui ringrazia Trump per “la grande amicizia dimostrata allo Stato d’Israele e a me personalmente”. Menzionando alcuni degli omaggi dell'amministrazione Trump: dal trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, al riconoscimento della sovranità israeliana sulle Alture del Golan, dalla ferma posizione contro il nucleare iraniano, agli storici Accordi di Abramo che in due mesi hanno portato Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan ad allacciare relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico.
 
La valutazione in Israele è che Biden non cederà alla frangia più radicale del Partito democratico per quanto riguarda la questione israelo-palestinese (quella che è riuscita a fare spostare solo di pochi punti il voto degli ebrei americani, tradizionalmente democratico, verso il Grand Old Party); anzi, la convinzione – anche tra i palestinesi - è che l’arena mediorientale non sarà predominante nell’agenda del nuovo presidente, concentrato sulle sfide interne.

Il presidente Sergio Mattarella si è congratulato con il presidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden. “Desidero esprimerLe, a nome della Repubblica italiana e mio personale, i più calorosi rallegramenti per la Sua elezione alla Presidenza degli Stati Uniti d’America. Il popolo americano ha affidato a Lei, a seguito di un confronto che ha visto una straordinaria partecipazione, il mandato di guidare gli Stati Uniti in un momento drammaticamente complesso per l’intero pianeta. 

La comunità internazionale ha bisogno del contributo statunitense, a lungo protagonista nel costruire le regole del multilateralismo, per affrontare una crisi senza precedenti che sta mettendo a repentaglio la salute, la vita e l’avvenire di milioni di persone”. Questo il un messaggio dal Quirinale al nuovo presidente statunitense.


Con un tweet in inglese Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, ha fatto le “congratulazioni al popolo e alle istituzioni americane per un’eccezionale affluenza di vitalità democratica


 

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