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Il mega accordo commerciale che lancia la Cina alla conquista del mondo

Bloomberg lo definisce il "più grande" accordo commerciale al mondo, il Financial Times usa l'intera storia come metro di paragone. L'oggetto di questi superlativi è l'accordo commerciale che hanno annunciato i leader di 15 Paesi asiatici, capitanati dalla Cina ma tirando dentro colossi come Giappone e Corea del Sud.

I progressi negoziali sono stati particolarmente lenti nei primi anni, ma le discussioni hanno preso slancio dopo che Donald Trump è diventato presidente degli Stati Uniti nel 2017 ritirando gli Usa dal Tpp, il Fta proposto dall'amministrazione di Barack Obama composto da 12 Paesi. Nel mezzo di una crescente tendenza globale al protezionismo, i Paesi partecipanti sono diventati più motivati a promuovere il libero scambio. L'accordo comprende 20 capitoli di regole che coprono dal commercio di beni, investimenti e commercio elettronico alla proprietà intellettuale e agli appalti pubblici, con l'obiettivo di aumentare l'interazione economica basata su regole tra i membri, con la prospettiva di entrare in vigore quando tutti i firmatari lo avranno ratificato

Nella rete dell'intesa Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) sottolinea la Repubblica,  si intersecano da una parte gli accordi dei dieci membri dell'Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (Asean) - Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam - combinandosi d'altra parte in forma unitaria in un patto multilaterale esteso ad Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Dentro il nuovo accordo ci stanno quasi un terzo della popolazione mondiale (2,2 miliardi di persone) e una fetta altrettanto grande della ricchezza del globo (26 mila e 200 miliardi di dollari).

il premier cinese Li Keqiang, che partecipa virtualmente alla riunione di Hanoi, ha osservato che nei primi tre trimestri dell’anno l’interscambio Cina-Asean (i 10 Paesi del Sudest asiatico che entrano nel nuovo patto di libero scambio) ha raggiunto i 481 miliardi di dollari, +5% sul 2019. E ha aggiunto che Pechino «terrà a mente le necessità dei partner commerciali quando i vaccini cinesi saranno pronti per la distribuzione». 

Mentre gli Stati Uniti escono dalle travagliate elezioni presidenziali del 3 novembre e lottano ancora contro la pandemia di coronavirus, si forma un nuovo blocco commerciale sul quale la Cina può estendere la propria influenza.

L’accordo si chiama Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Era stato proposto per la prima volta nel 2012, ma la spinta finale a trovare la quadra è arrivata nell'anno della pandemia che ha messo in seria difficoltà le economie dell’area.

La RCEP raccoglie i 10 membri della Association of Southeast Asian Nations (ASEAN), più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. L’obiettivo è principalmente quello di abbassare o in alcuni casi persino eliminare delle tariffe, alcune immediatamente, altre nell'arco di 10 anni. il patto rappresenterà il 30% dell'economia e della popolazione globale. Raggiungerà inoltre 2,2 miliardi di consumatori.

Ha deciso di non firmare, invece l'India, che nel corso dell'estate ha avuto schermaglie con la Cina e che temeva di veder aumentare il proprio deficit commerciale con il colosso asiatico. Tuttavia potrebbe aderire anche in un secondo momento.  La Cina e altri 14 Paesi asiatici e dell'area del Pacifico hanno appena firmato il più grande accordo di libero scambio al mondo. L'accordo rappresenta il 30% del PIL globale aiuterà le economie coinvolte a riprendersi dalla crisi dovuta al coronavirus.

La firma arriva alla conclusione delle elezioni statunitensi i cui esiti sul fronte commerciale, nonostante la vittoria di Biden, non sono ancora noti. Diversi esperti ritengono infatti che la strada spianata da Trump cambierà più nei modi che nei contenuti. Così quindici Paesi asiatici e del Pacifico hanno firmato un mega accordo commerciale che vale il 30% del pil mondiale. Si chiama Partenariato regionale economico comprensivo (Rcep), include i dieci membri dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), oltre a Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, e si presenta come il più grande accordo di libero scambio al mondo. La fumata bianca è tanto storica quanto importante per due aspetti.

il Rcep sottolinea insider Over,copre un’area che vale un terzo dell'attività economica globale. Secondo: anche se stiamo parlando di un patto meno approfondito rispetto al Partenariato trans-pacifico (Tpp), stracciato da Donald Trump nel 2016, stiamo comunque parlando di un’intesa che porterà a dazi più bassi negli scambi commerciali tra i firmatari. “Dopo otto anni di negoziati lacrime e sangue, siamo finalmente arrivati al momento di chiudere l’accordo”, ha scritto in un comunicato il ministro del Commercio della Malesia, Mohamed Azmin Ali. I firmatari sperano che l'intesa possa favorire la ripresa delle economie regionali dopo la crisi legata alla pandemia di coronavirus. “I nostri Paesi hanno scelto di aprire i rispettivi mercati invece di ristabilire misure protezioniste in questi tempi difficili”, ha aggiunto il ministro malaysiano.

Tra i punti dell'intesa, scrive l inside over,ha sottolineato il Ministero delle Finanze cinese, troviamo l'eliminazione di varie tariffe (in parte subito, in parte nel giro di una decina di anni). Le regole comprendono quindi tematiche specifiche, tra cui gli investimenti, il commercio dei beni, quello elettronico, la proprietà intellettuale e gli appalti pubblici. Un'intesa del genere è importante non solo per gli effetti economici che genererà, ma anche per alcuni risvolti geopolitici. Per la prima volta le potenze rivali dell’Asia orientale – citiamo Cina, Giappone e Corea del Sud – hanno unito le forze in nome di un obiettivo comune.

Ma l’intesa del Rcep è fondamentale anche e soprattutto per la Cina. Innanzitutto il Partenariato regionale economico comprensivo, proprio come la partnership trans pacifica (Cptpp), evoluzione del Tpp, non comprende gli Stati Uniti. Detto altrimenti, Washington è stata tagliata fuori da due accordi commerciali che riguardano l’Asia, cioè la regione che può cantare la crescita più grande del mondo. Senza gli americani tra i piedi, Pechino avrà carta bianca per rafforzare la propria posizione nel continente asiatico. E il Dragone si farà avanti sia con quei Paesi con i quali sono in corso diatribe relative al Mar Cinese Meridionale, sia con gli “storici” rivali Giappone e Corea del Sud.

Considerando le dimensioni della Cina,sottolinea inside over. il gigante asiatico si ritroverà in una posizione tale da poter dettare le regole commerciali della regione. Il Rcep, inoltre, aiuterà il governo cinese a ridurre la propria dipendenza dai mercati e dalla tecnologia estera, un obiettivo in linea con l'ultimo piano quinquennale. Dal Partenariato regionale economico comprensivo rimane per ora esclusa l’India, che tuttavia potrà avvalersi di una clausola per entrare più avanti nel blocco. Nuova Delhi si è sfilata dall'intesa spiegando di non poter esporre i propri produttori e i propri agricoltori a una concorrenza estera ancora più agguerrita: a pesare nella decisione sarebbero stati in particolare i timori per l'arrivo di prodotti artigianali dalla Cina e le pressioni delle imprese del settore caseario, preoccupate dalla competitività dei produttori di Nuova Zelanda e Australia. In ogni caso, la firma è anche considerata un successo diplomatico per la Cina, che rappresenta il più grande mercato dell’area e che rivendica il ruolo di “promotore della globalizzazione e della cooperazione multilaterale” a livello globale.

Per Cina e Giappone, rispettivamente prima e seconda economia asiatica, il Rcep è il primo accordo di libero scambio a metterle in contatto. L'intesa è considerata una significativa pietra miliare per la regione, a maggior ragione in vista della ripresa post pandemia del Covid-19. "La firma del Rcep non è solo un traguardo epocale nella cooperazione nell'Asia orientale, ma è anche una vittoria del multilateralismo e del libero scambio", ha commentato il premier cinese Li Keqiang. Si sono spinti oltre i media ufficiali di Pechino: il successo del "mega accordo Rcep è una vittoria per il multilateralismo e il libero scambio, con Paesi, compresi gli alleati degli Usa, che hanno assestato un colpo al protezionismo e al bullismo economico perseguito dagli Usa e da altri", ha scritto il tabloid nazionalista Global Times, aggiungendo su Twitter che "il Rcep aiuterà la regione dell'Asia-Pacifico a prendere la leadership globale nella ripresa post Covid-19 e a ridurre l'egemonia Usa nella regione".

Intanto secondo il quotidiano il giornale nel suo inserto inside over,nelle scorse ore, i principali network americani hanno attribuito a Joe Biden la vittoria nello stato della Georgia, che così vola a 306 grandi elettori contro i 232 di Donald Trump. Ma va tenuto conto del fatto che è ancora in corso un riconteggio manuale dei voti che potrebbe cambiare l'esito delle elezioni. In Georgia, scrive Paul Sperry in un’inchiesta pubblicata su Real Clear Investigations, e precisamente nella contea di Fulton, è peraltro accaduto qualcosa di strano. Premessa: anche la Georgia, come il Michigan, ha stipulato un contratto con la Dominion Voting Systems in tutte le sue 159 contee. Cos’è accaduto, dunque? Nelle prime ore del 5 novembre, scrive il sito americano, un’improvvisa ondata di circa 20mila voti per corrispondenza è arrivata, tutta per Joe Biden, mentre circa mille voti per il presidente Trump sarebbero misteriosamente scomparsi dal calcolo totale. Un osservatore avrebbe notato il sospetto spostamento dei voti durante il monitoraggio dei risultati delle elezioni provvisorie sul sito web del segretario di stato della Georgia.

Si tratta di Garland Favorito,scrive insiede over, co-fondatore di Voter Ga, che intervistato da RealClearInvestigations, spiega: “Ho concluso guardando questi risultati che si trattava di un’irregolarità, dal momento che non vi era alcuna ragione evidente del fatto che i voti di Trump fossero diminuiti, mentre quelli dell’ex vicepresidente Joe Biden fossero aumentati così drasticamente”.”Anche qui – spiega – il software sembra aver spostato voti da Trump a Biden”, ha rimarcato il testimone. L’ammontare dei voti che arrivavano a un solo candidato “era qualcosa a cui non avevo mai assistito prima d’ora nei miei anni di monitoraggio elettorale”, ha detto Favorito, che ha sottolineato di non essere né repubblicano né tantomeno un sostenitore di Donald Trump. Secondo l’osservatore, “sembrava che qualcuno avesse scaricato un enorme lotto di schede per corrispondenza per Biden nel sistema durante la notte”.

“Un candidato non poteva salire di 20mila e l’altro non fare nulla sottolinea il Giornale– nella contea di Fulton o in qualsiasi contea della Georgia”, ha affermato. “Semplicemente non può succedere”. Favorito ha poi aggiunto: “Penso che scopriranno che la causa principale dell’irregolarità riguardava il software elettronico, e penso che cambierà sostanzialmente i risultati”. Il sospetto è che non sia stato un caso isolato. “Avrebbero potuto esserci altre irregolarità – ha spiegato – ma non sono mai state segnalate perché hanno eliminato gli osservatori”. Il 10 novembre Favorito ha inviato la sua testimonianza al segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, raccomandando un riconteggio completo e manuale: richiesta accolta due giorni fa da Raffensperger. Attualmente, con il 99% delle sezioni scrutinate scrutinate, Joe Biden è davanti a Donald Trump in Georgia di circa 15mila voti.

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