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Big Bang: un breve percorso storico

Edwin Hubble

 

In precedenza abbiamo visto, seppur per sommi capi, quel che è accaduto, secondo la scienza, nei primi tre minuti dopo la Creazione, ossia dopo il “Grande Botto”, che certamente ha originato tutti noi. Ora esamineremo come, nel “breve”arco temporale che va dal 1922 al 1948, nacque e si strutturò l’idea del Big bang, ossia di un Universo originatosi da un inizio molto caldo e denso, che man mano si espande, raffreddandosi, e i cui frazionamenti, continui e successivi, l’hanno, infine, modellato nella forma con la quale ci appare oggi. Queste brevi note, che noi diamo quasi per scontate, non lo erano affatto agli inizi degli anni 20’. All'epoca, -sembrerà strano-, la convinzione più diffusa riguardo al cosmo, era che coincidesse con la nostra Via Lattea e che fosse statico ed eterno… Il primo scossone a questa “costruzione”, naturalmente, lo diede Albert Einstein (1879-1955), che in un articolo celeberrimo, sulle conseguenze cosmologiche della relatività, legò le proprietà strutturali dell’Universo alla gravitazione: aveva fondato la cosiddetta cosmologia relativistica, che costituisce il punto d’origine, obbligatorio, per le idee-base della teoria del Big Bang. Quali sono queste idee-base e chi le formulò? Qui, saltano fuori le prime sorprese, perché i veri protagonisti di questa affascinante storia scientifica delle nostre origini, sono pressoché sconosciuti al grande pubblico. Iniziamo dalle linee portanti del Big Bang: 1) singolarità iniziale, ossia densità e temperatura tendenti all’infinito all’origine del cosmo, dunque della nostra storia, anche personale. 2) Espansione dell’Universo 3) Esistenza di una radiazione di fondo, permeante ogni angolo dell’Universo, eco del “Botto” iniziale e “memoria”, affievolita, dell’universo neonato, primitivo. Solitamente, nella vulgata comune, i padri fondatori della teoria del big bang sono considerati il già ricordato Einstein e l’astronomo americano, Edwin Hubble (1889-1953). Nessuno nega l’importanza, specie di Einstein- senza le cui equazioni del campo non ci sarebbe nessuna teoria del big bang-, o delle osservazioni basilari di Hubble, che primo al mondo “allargò”l’Universo dimostrando la natura extragalattica delle nebulose e chiudendo, di fatto, il Grande Dibattito, del quale ho trattato in un pezzo precedente. Tuttavia, come vedremo più avanti, entrambi, per motivi diversi, filosofici Einstein, pragmatici Hubble, non appoggiarono il modello del Big Bang: anzi, Einstein lo riprovava apertamente trovandolo “abominevole”, per via dell’espansione e dell’”inizio”del mondo. Un modello troppo vicino a quanto raccontato nella Genesi. A onor del vero, con l’onestà intellettuale che lo contraddistingueva, quando l’evidenza dei fatti s’impose, cambiò prontamente idea, riconoscendo i suoi sbagli. Hubble, invece, al quale vengono, in genere, riconosciuti più meriti di quanti effettivamente non ne abbia avuti, sembrava poco interessato ad approfondire il significato delle misure che raccoglieva. Per sua stessa ammissione, non era un teorico: il suo compito era di registrare dati sempre più precisi. In questo fu il migliore. Non sempre si ricorda che l’altra grande scoperta per la quale è diventato giustamente famoso, lo spostamento verso il rosso, red-shift, delle galassie, la compì, per primo, l’astronomo Vesto Slipher, nel 1912. (1875-1969). Naturalmente, Hubble ebbe il merito di misurazioni assai più precise, grazie alle quali, dedusse, che la velocità delle galassie aveva una relazione matematica con la loro distanza. Oggi questa legge, empirica, porta il nome di Legge di Hubble, ma anche in questo caso il merito andrebbe condiviso con l’abate Georges Lemaitre (1894-1966), come vedremo. Le implicazioni di questa scoperta grandiosa erano sorprendenti: se le galassie erano in fuga, voleva dire che un tempo, andando a ritroso, come quando riavvolgiamo un nastro, erano tutte condensate in un unico punto. Come ha scritto il giornalista scientifico Simon Singh: ”Si trattava della prima prova di osservazione a suggerire quello che oggi chiamiamo big bang. Era il primo indizio che indicava la possibile esistenza di un momento di creazione”. Un duro colpo per quelli che nel loro ateismo si sentivano psicologicamente aiutati dall’idea di un cosmo sferico, eterno, infinito e sempre uguale a se stesso, nel tempo e nello spazio. Tuttavia, forse per tenersi lontani dalle polemiche, Hubble e il suo fido assistente, Milton Lasell Humason (, 1891-1972), nello spiegare le loro scoperte scrissero: ” Gli autori sono costretti a descrivere gli evidenti spostamenti delle velocità senza avventurarsi nell’interpretazione e nel loro significato cosmologico”. A onore di Humason, va detto che ebbe il merito di passare dall’incarico di mulattiere presso l'Osservatorio di Monte Wilson, al divenire il fotografo astronomico più bravo del mondo: sue erano le lastre che consentirono a Hubble di scoprire la legge omonima e di portare le prime prove a favore del Big bang. In realtà, i veri “padri” del Big Bang sono stati altri tre scienziati, tanto noti in ambito accademico, quanto sconosciuti e un po’ “sfortunati”- nessuno dei tre ebbe il Nobel che pur avrebbero meritato- a livello popolare. In ordine cronologico: il russo (sovietico) Alexander Friedmann (1888-1925), valentissimo matematico e meteorologo (!); il belga, già ricordato, Georges Lemaitre sacerdote, molto dotato in matematica, e fisico di prim’ordine e infine ancora un russo (sovietico), poi naturalizzato americano, il fisico George Gamow(1904-1968), certamente, il più “noto” dei tre. Per sintetizzare la storia del Big Bang, può essere efficace riportare quanto scritto dall’astrofisico francese Jean-Pierre Luminet: ”Einstein ha elaborato la teoria della relatività generale e scritto le equazioni che regolano le proprietà fisico-geometriche dell’universo, mentre Friedmann ha scoperto le soluzioni non statiche di queste equazioni, che descrivono la variazione temporale dello spazio, e ha intravisto la possibilità che esso abbia avuto inizio in una singolarità. Lemaitre ha collegato l’espansione teorica dello spazio al movimento osservato delle galassie, gettato le basi fisiche del Big bang e anticipato il ruolo fondamentale giocato dalla meccanica quantistica e dall’energia del vuoto. Gamow ha dimostrato come si sono formati gli elementi leggeri nell’Universo caldo dell’origine e ha predetto l’esistenza della radiazione fossile; Hubble, infine, ha dimostrato la natura extragalattica delle nebulose a spirale e ha dato un fondamento sperimentale alla legge di proporzionalità fra la loro velocità di recessione e la loro distanza”. Dalla prossima volta esamineremo il contributo dei tre “sconosciuti”padri del Big bang.

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