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Cosa si intende quando si parla di identità e differenze nell'indagine archeologica sulle genti del passato?

Il testo, nel rispondere a queste domande, descrive il contributo dell'Archeologia a tematiche di scottante attualità connesse alla definizione delle identità di genere, di età, alle differenze culturali ed etniche raccontando la storia della gender archaeology, una corrente di pensiero scaturita nei paesi anglofoni dall'incontro tra l'archeologia teorica, movimenti femministi e alcune agguerrite minoranze etniche. Si tratta di un modo nuovo di studiare i dati del passato partendo dall'analisi di quelle differenze che costituiscono il nucleo stesso dell'identità di ogni comunità umana, del passato e del presente.

Un manuale che finora mancava nella nostra lingua e, allo stesso tempo, una guida per orientarsi in una letteratura sempre più vasta e complessa.

Mariassunta Cuozzo è professore associato di Etruscologia e Archeologia italica presso l'Università del Molise e l'Università di Napoli 'Orientale' e direttore di scavo nel sito etrusco-campano di Pontecagnano.

I suoi principali interessi di ricerca riguardano la presenza degli Etruschi in Campania, l'incontro tra genti italiche e popoli del Mediterraneo, l'archeologia teorica e di genere. Tra i suoi lavori: Reinventando la tradizione. Immaginario sociale, ideologie e rappresentazione nelle necropoli orientalizzanti di Pontecagnano (Paestum 2003); Gli Etruschi in Campania in Introduzione all'Etruscologia (Milano 2012).

Alessandro Guidi è professore ordinario di Paletnologia all'Università di Roma Tre; tra le sue attività scavi e ricognizioni di superficie in vari siti protostorici dell'Italia centromeridionale.

I suoi temi di ricerca preferiti sono la nascita della città e dello stato in Italia, la storia dell'archeologia e l'archeologia teorica.
Tra i suoi lavori Storia della Paletnologia (Roma-Bari 1988), I metodi della ricerca archeologica (Roma-Bari 1994, 20052), Preistoria della
complessità sociale (Roma-Bari 2000).

brutti_sporchi_e_cattivi

 

Premetto “sono nato al Sud e amo il Sud: i valori, i colori, gli odori, i sapori del Sud”, così inizia Giovanni Valentini, giornalista di Repubblica, in un suo libro, “Brutti, sporchi e cattivi. I meridionali sono italiani?”, edito nel settembre 2012 da Longanesi.Non ho difficoltà a fare mia la frase di Valentini, solo che poi bisogna raccontare che cosa realmente è il nostro Sud, quali sono le sue debolezze, i difetti, i vizi, le sue colpe. Certo evitando di fare facili generalizzazioni, i meridionali come tanti altri popoli hanno caratteristiche positive, però, ci sono anche ignobili bassezze e atroci infamità, che da troppo tempo conosciamo bene.

Valentini titola il suo libro riprendendolo dal noto film degli anni 70’di Ettore Scola e scrive che molti sono quelli che ritengono i meridionali, “brutti, sporchi e cattivi”, per alcuni, questo è addirittura un vizio d’origine, scritto nel loro codice genetico, come una tara ereditaria, che si tramanda di generazione in generazione.

Attenzione, il libro di Valentini, non è una novità, ci sono tanti testi scritti sul meridione e a questo punto, si potrebbe scrivere: “nulla di nuovo sotto il sole”. L’analisi di Valentini sul nostro Sud, a volte spietata, è nota e arcinota e, potremmo pensarla come quel noto editore di origine siciliana, che sostiene che il Meridione ormai è irrecuperabile e che forse è meglio lasciarlo andare alla deriva e abbandonarlo al suo destino. Tuttavia, nonostante Valentini faccia un elenco spietato delle cose che non vanno, è fiducioso e crede che il Sud si possa e si debba salvare. Anche se non sottovaluta le difficoltà di carattere storico, economico, sociale e anche culturale, che ostacolano la rinascita del Sud.

Il libro fa riferimento ai tanti numeri, dati, ai rapporti annuali dell’Istat, che evidenziano come effettivamente l’Italia è spaccata in due. “Nelle regioni meridionali, quasi una famiglia su quattro si trova nell’area della povertà, e lì vive il 68,2% degli italiani indigenti”. Così in pratica per l’istituto centrale di statistica, la crisi non è uguale per tutti. “Al Nord solo il 4,9% dei nuclei familiari è sotto la soglia della povertà, contro il 23% del Mezzogiorno. E particolarmente grave risulta la situazione in Basilicata, Sicilia e Calabria”.

Come si può colmare questo divario? Con quali strumenti e con quali risorse? Il Sud può e deve fare da solo o ha ancora bisogno di essere aiutato, sostenuto, assistito? Il Mezzogiorno è condannato a un irreversibile declino oppure può riuscire finalmente a riscattarsi? Riuscirà a liberarsi dai veleni della criminalità organizzata? “I ‘terroni’, insomma, sono destinati a restare ‘brutti, sporchi e cattivi’ oppure sono in grado di emanciparsi per raggiungere o almeno avvicinarsi ai livelli di vita e di benessere del centro-Nord?” Sono degli interrogativi, per certi aspetti angosciosi, che gravano sul destino del Mezzogiorno e dell’intero Paese. Infatti per Valentini, la “questione meridionale”, in realtà è la questione nazionale. Senza il Sud, l’Italia diventerebbe una provincia dell’Europa.

Ma i meridionali sono italiani? Fanno parte dello Stato italiano o lo sentono distante, estraneo, addirittura nemico? Sono domande che per il notista di Repubblica, trovano “un riscontro nella vasta e variegata aneddotica dei cattivi comportamenti che sul piano sociale e civile- o meglio, incivile- gli abitanti del sud sono capaci di mettere in pratica ai danni dello Stato, in un mix di inesauribile di indigenza, furbizia e fantasia. E’ la loro proverbiale ‘arte di arrangiarsi’ che, sulla base di una necessità effettiva o magari immaginaria, li spinge a inventarsi continuamente un imprevedibile campionario di soluzioni, espedienti, truffe, frodi, raggiri. Quando non si tratta di infrazioni o reati veri e propri, di attività illecite o illegali, di abusi edilizi, di evasioni o elusioni fiscali, si tratta comunque di atteggiamenti ribellistici, vagamente anarchici o comunque ostili”.

Certo qualcuno potrà dire che questi sono mali che non sono una prerogativa esclusiva dei meridionali. E’ vero, questo è un “male oscuro”che corrode l’intero Paese. Tuttavia, però, è indubbio che nel Mezzogiorno il fenomeno raggiunge il suo apice. Perché al Sud c’è una forte carenza di cultura delle regole, anche quelle più elementari, eticamente si è deboli, esiste una certa mancanza di senso civico, di rispetto di sé e degli altri.

Valentini tra i tanti scandali, comincia con quello più diffuso delle pensioni d’invalidità, a questo proposito, sembra che la Puglia detenga la maglia nera dell’Imps su questa pratica. Ci sono migliaia di vertenze , di processi pendenti con l’ente; solo nella città di Bari i processi pendenti si aggirano intorno alla cifra record di 60 mila. Tra l’altro, gli ispettori dell’Imps calcolano che in Puglia c’è un imbroglione ogni 153 abitanti, contro una media nazionale di un falso bracciante ogni 611. Il libro accenna all’assenteismo consueto nei vari uffici pubblici, ai soliti lavoratori forestali sospettati di appiccare gli incendi nei boschi per poi spegnerli e giustificare così i loro salari. E ancora la Sicilia che spende otto volte di più della Lombardia per il proprio personale.

Come si può definire tutto questo? Assistenzialismo, clientelismo, parassitismo? Qualcuno la considera una forma di welfare perverso:“una degenerazione dello Stato sociale che elargisce falsi posti di lavoro, false pensioni, false invalidità a spese della collettività?” Un malcostume purtroppo diffuso che, dietro l’alibi della disoccupazione, della miseria, della necessità, e magari in nome del voto di scambio, dispensa favori a destra e a sinistra in un rapporto di complicità reciproca, sostenendo così un sistema di potere corrotto, danneggiando i cittadini onesti.

Il libro di Valentini fa riferimento anche all’acceso dibattito messo in moto, da qualche decennio, dai cosiddetti revisionisti in merito alla “conquista del Sud” delle camice rosse garibaldine sotto l’egida di Cavour e Vittorio Emanuele II di Savoia, che hanno annesso con la forza il Regno delle Due Sicilie. E’ nata qui la “questione meridionale”, intesa come divaricazione economica e sociale fra le “due Italie”. Valentini che è pugliese cita naturalmente il libro del suo conterraneo Pino Aprile, “Terroni”, che ha un eloquente sottotitolo: “Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero meridionali”. Il libro di Aprile ha avuto un grande successo perché ha toccato un nervo scoperto, così ha alimentato un “nuovo meridionalismo non solo meridionale” con uno spirito rivendicazionista il suo Terroni esordisce senza mezzi termini: “io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto”. Valentini cita anche “Il Sangue del Sud”, di Giordano Bruno Guerri, e “Terronismo” di Marco Demarco, che tra l’altro cerca di superare una logica di contrapposizione che certamente non giova a nessuno. Secondo Valentini non si può giustificare l’attuale desertificazione socioeconomica del Sud, dando la colpa ai “piemontesi” (il Nord) che 150 anni fa hanno occupato e depredato il Sud. Pertanto, conclude Valentini,“i conti fra Nord e Sud, allora, si possono anche regolare sul piano storico, ma ormai non ha più senso pretendere di regolarli su quello politico, economico e sociale”.

copertina Bollettino DSC n. 4-2013

 

Potere, politica, legge: l’eredità di Benedetto XVI” è il titolo del “Focus” tematico dell’ultimo numero, appena pubblicato dalle Edizioni Cantagalli di Siena, del “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” (anno IX, n. 4/ottobre-dicembre 2013, pp. 48), dedicato all’eredità di Papa Ratzinger, ad un anno dalla sua rinuncia al pontificato.

Diretta da Stefano Fontana, questa rivista si avvale di collaborazioni internazionali ed è pubblicata anche in Spagna ed America Latina. Esce con cadenza trimestrale (4 fascicoli annui) a cura dell'Osservatorio Internazionale “Cardinale Van Thuân”, il cui presidente è Monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste.

Anche questo numero monografico, come di consueto, si apre con l’editoriale di Mons. Crepaldi, intitolato Il posto di Dio nel mondo. Il vescovo triestino vi sottolinea una delle specificità dell’insegnamento di Benedetto XVI, cioè quella di spiegare chiaramente come di fronte a Dio non esistano “neutralità”, né da parte delle persone né da parte delle società. «Costruire un mondo senza Dio - scrive Crepaldi - non vuol dire costruire un mondo neutro. Un mondo senza Dio è un mondo senza Dio e non un mondo neutro. In questo modo Benedetto XVI, che ha avuto sovente parole di apprezzamento per le società caratterizzate da una “laicità aperta”, ci ha insegnato a non illuderci che possa esistere una laicità che non accetti la centralità di Dio esimendosi dall’essere perciò contro Dio e contro l’uomo».

Sullo stesso tema, ma da una angolazione diversa, verte il saggio del Direttore responsabile della rivista, il prof. Fontana, Le preoccupazioni di Benedetto XVI e la Dottrina sociale della Chiesa. A fronte dell’enorme, inedita, urgenza cui si trova di fronte oggi la Chiesa e la comunità internazionale, vale a dire la ricostruzione dell’umano a partire dalla riproposta di Dio, Fontana evidenza il fatto assolutamente «significativo che Benedetto XVI abbia insistito sulla legge morale naturale in una cultura che rifiuta il concetto stesso di natura».

Ai vari aspetti del Magistero ratzingeriano sono quindi dedicati tutti gli altri contributi del numero, fra i quali Il contributo della Chiesa alla politica secondo Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, di Arturo Bellocq, docente nella facoltà di teologia della Pontificia Università della Santa Croce, Il diritto naturale in Benedetto XVI, del teologo bolognese don Gianluca Guerzoni e Carità e verità nella Deus Caritas Est del giornalista cattolico Fabio Trevisan.

Il Bollettino DSC si riceve per abbonamento ma è anche reperibile nelle principali librerie cattoliche.

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