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Luca Parmitano: «Nello spazio sapevo del Coronavirus già da novembre»

Luca Parmitano era tornato dallo spazio il 6 febbraio dopo 200 giorni sulla Stazione spaziale internazionale. Una seconda missione da record dopo quella del 2013, con quattro passeggiate per una complessa riparazione e il ruolo di primo italiano al comando della base orbitale.

Luca Parmitano, l’astronauta sapeva del virus da novembre. Prima ancora che la notizia della diffusione dell’epidemia Cina si diffondesse, Luca e la sua equipe sapevano già tutto. Infatti, dalla stazione orbitante, il gruppo era già intento a monitorare quanto stava accadendo sulla Terra. Luca Parmitano, lo ha affermato per ben due volte, prima che la notizia diventasse ufficiale solo a partire dal mese di gennaio

Quando è sbarcato ha trovato un pianeta malato, prigioniero di un invisibile nemico che rapidamente si diffondeva come nessun romanzo di fantascienza aveva così drammaticamente immaginato. «Purtroppo — continua — è l’espressione di malattie più grandi e più profonde. Non sono sorpreso, ma semmai preoccupato per la direzione in cui stiamo andando nella vita sulla Terra. L’aggressione del virus è un segnale forte per tutti, dobbiamo cambiare il modo di pensare. Ci atterrisce, perché ci colpisce direttamente come umani, dimenticando, intanto, tanti altri problemi gravi. Noi siamo solo una delle componenti di una natura vulnerata nel magnifico pianeta che ci ospita».

L'ufficiale dell’Aeronautica Militare con 25 anni di servizio e sei missioni spaziali alle spalle, come riporta David Rossi in difesa online, per ben due volte afferma in merito al coronavirus: «A bordo abbiamo un collegamento quotidiano con le realtà terrestri; abbiamo anche accesso alla rete internet; possiamo comunicare con i centri di controllo e già da novembre, avevamo iniziato a seguire i primi contagi, inizialmente soltanto nei paesi asiatici, poi al mio rientro i primi contagi in Europa…» e ancora: «sulla stazione abbiamo seguito quello che stava succedendo sulla Terra: anche prima del mio rientro già da novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’occhio proprio in Europa poco prima del mio rientro».

Cosi il colonnello Luca Parmitano, ufficiale dell’Aeronautica militare, era a conoscenza del pericolo pandemico rappresentato dal coronavirus già nel mese di novembre. Possibile che Giuseppe Conte, che ha anche la delega ai servizi segreti, non ne sapesse nulla? È la domanda legittima posta da David Rossi per difesa online, e la risposta appare scontata. No, non è possibile credere che il premier a novembre ne sapesse meno del comandante della Iss, che in due recenti interviste sulla Rai ha rivelato dei particolari tutt’altro che banali.

A bordo abbiamo un collegamento quotidiano con le realtà terrestri - ha svelato lo scorso 25 aprile durante la trasmissione Petrolio ma anche a David Rossi in difesaonline.i - abbiamo anche accesso alla rete internet e già da novembre avevamo iniziato a seguire i primi contagi, inizialmente solo nei paesi asiatici, poi al mio rientro i primi contagi in Europa”.

Poi un paio di settimane più tardi Parmitano ha confermato in toto la sua versione al Tg2: “Già a novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’olio proprio in Europa poco prima del mio rientro”.

Difficile credere che una persona dell’autorevolezza e del grado di Parmitano possa aver detto una sciocchezza, però involontariamente ha reso ancora più scomoda la posizione del governo Conte: come diamine ha fatto a farsi trovare impreparato, pur sapendo dell’epidemia con oltre tre mesi d’anticipo rispetto a quando poi è scoppiata in Italia?

L'ipotesi è che il colonnello Parmitano sapesse, grazie alle informazioni in arrivo dall'intelligence americana, della presenza di un pericolo per la salute mondiale. Secondo difesa on line  l’intelligence americana avvertì gli alleati e altri governi, fra cui quello israeliano, già a novembre 2019, mentre ancora ufficialmente la Cina comunista non dichiarava alcuna epidemia da coronavirus.

Secondo l articolo di David Rossi in difesa on line se così fosse sono stati molti i paesi a sapere della presenza della pandemia in corso, Italia inclusa, ma nessuno ha fatto nulla. Non almeno in Occidente. Corea e Giappone, reduci di sars e mers si erano adeguati, ma in Occidente nessuno ha prestato attenzione all'imminente pericolo, con le conseguenze note a tutti. L'ipotesi è quindi che i governi sapessero della pericolosità del Covid, ma nessuno avrebbe preso provvedimenti. 

Pare che il virus circolasse addirittura da Ottobre, come riportato da alcuni atleti che hanno preso parte ai giochi di Wuhan il 18-27 ottobre e la domanda che si pone dunque Rossi è: perché il premier Conte che, verosimilmente sarebbe stato al corrente delle stesse informazioni di Parmitano, non ha fatto nulla se non dopo molti mesi quando ormai l'epidemia era al limite dell'incontrollabile?

Quello stesso rapporto, sicuramente già disponibile per tutti i leader prima del 28 novembre, secondo tutte le fonti avvertiva che il dilagare di una siffatta pandemia avrebbe provocato “un evento catastrofico”. Lo faceva, con dovizia di prove, molte settimane prima che il compianto dottor Li Wenliang, martire per la libertà assassinato da funzionari comunisti (in Rolls Royce) della Cina continentale, annunciasse al mondo il pericolo imminente.

E ancora a Tg2 Storie, il 9 maggio. «Sulla stazione abbiamo seguito quello che stava succedendo sulla Terra: anche prima del mio rientro già da novembre eravamo al corrente di questo probabile contagio pandemico e soprattutto la gravità che si andava allargando a macchia d’occhio proprio in Europa poco prima del mio rientro».


 


 

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