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Dopo l’evento inaugurale del 30 maggio scorso della M77 Gallery di via Mecenate 77 (Milano), dedicata alle opere su carta di Luca Pignatelli, con la mostra dal titolo “Off Paper”, questo nuovo spazio espositivo per l’arte contemporanea italiana ed internazionale dal 21 ottobre 2014 al 31 gennaio 2015 ospiterà l’artista spagnolo Santi Moix.

L’esposizione, dal titolo Brooklyn Studio, realizzata in collaborazione con Paul Kasmin Gallery e curata da Luca Beatrice, propone 40 lavori inediti, tra dipinti e acquerelli ed una grande installazione “site specific”, pensata appositamente per gli spazi della galleria.

Catalano di nascita, Santi Moix è un pittore e ceramista e dal 1986 vive e lavora a New York, dopo aver trascorso lunghi periodi in India, Giappone, Francia ed Africa.

Attraverso i suoi frequenti viaggi e soggiorni di studio, egli ha attinto la linfa vitale per nutrire la sua creatività, fino a trovare nella metropoli americana un sicuro approdo dove sviluppare la sua arte.

Nel 2002 ha ottenuto un’eccellente borsa di studio, dalla John Simon Guggenheim Memorial Foundation: il “Geggenheim Fellowship Award”.

Influenzato da eccellenti maestri, quali Delacroix, Velàzquez, El Greco, Picasso, Mirò e Pollok, l’artista ha avuto e continua a ricevere dal mondo letterario importanti e preziose fonti d’ispirazione. Secondo Moix, l’immaginario letterario costituisce un considerevole bagaglio di informazioni per la sua pittura.

Non è un caso che la sua più recente personale in Terra catalana ruotasse attorno alle avventure di Huckleberry Finn, l’immortale personaggio di Mark Twain, con un’installazione di disegni e un grande “wall drawing”.

“Ciò che cerco di fare – afferma Santi Moix – è ribellarmi al passato e ai codici, che la mia opera non si capisca a prima vista, quindi tentare che l’opera diventi intelligente da sola. Mi piacciono i quadri che sembrano idioti. Lottare contro gli istinti, che conducono a certi automatismi; mi piace pensare che le foreste frondose siano grandi orecchie. Penso a Ramon Llull (scrittore e filosofo di Maiorca), il quale affermava che è fondamentale riuscire a captare sempre nell’ambiente le idee e proiettarle, finchè si convertono in sostanza propria.

Veniamo da una grande esplosione, l’idea è che questa stessa esplosione uscirà sulla tela e si perderà per sempre. La mia funzione, come artista, è quella di congelare l’istante”.

La creatività vorace e sorprendente di Santi Moix non finisce mai di stupire il pubblico, fornendo ogni volta importanti spunti di riflessione.

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Atmosfere
Le Gallerie Maspens di Milano - VIa Manzoni, 45, dal 18 settembre al 18 ottobre 2014, ospitano un'importante mostra dedicata al Pittore Emilio Longoni, uno fra i maggiori esponenti del "Divisionismo".
Questa esposizione, curata da Francesco Luigi Maspes, sotto il patrocinio della Commissione Europea, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune Milano, ripercorrerà la carriera di Longoni, attraverso una selezione di 25 opere, tutte provenienti da collezioni private, che toccano la sua prima fase artistica, attraverso le nature morte e la sfera affettiva legata all'infanzia, con ritratti di fanciulli dell'ultima decade del XIX secolo, per poi passare ai luoghi incontaminati del paesaggio montano ed infine approda, negli anni venti, alle vedute del Lago di Garda.
Emilio Longoni nasce a Barlassina nel 1859, quartogenito di una numerosa famiglia. Fin da piccolo dimostra una spiccata attitudine alla pittura e dal 1875 al 1878 frequenta l'Accademia di Brera, dove gli vengono conferiti numerosi riconoscimenti. Nel 1882 incontra Giovanni Segantini, già suo compagno  d'Accademia e con lui instaura un importante legame artistico ed umano; proprio Segantini lo presenta ai fratelli Grubicy, titolari di una Galleria d'arte molto attiva nella promozione di giovani artisti. In questo periodo la loro attività artistica è intensa e Segantini, grande rappresentante del "Divisionismo" per eccellenza, ha senza dubbio influenzato, almeno inizialmente, la sua formazione artistica.
Tuttavia, negli anni Longoni ha saputo sviluppare una sua personale ed originale interpretazione di questo stile, derivato dal neo-impressionismo e caratterizzato dalla divisione dei colori in singoli punti e linee, che interagiscono fra loro in senso ottico. Questa sua originalità d'espressione gli permetterà di partecipare tra il 1900 ed il 1932,alle maggiori esposizioni nazionali ed internazionali.
Quindi, seppur con soggetti distanti, Longoni e Segantini fondono la loro arte su una nuova percezione del colore, nella sperimentazione della tecnica divisionista e l'espressione della luce.
Nel 1886, trasferitosi nel suo studio di via della Stella, (attuale via Corridoni), inizia a dipingere ritratti e nature morte su commissione, per l'aristocrazia e la borghesia milanese e nel 1891 partecipa alla prima Biennale di Brera, affacciandosi così al grande pubblico e alla critica. Fra le due nature morte maggiormente rappresentative "Angurie ", che torna eccezionalmente esposta a Milano, dopo la sua prima presentazione nel 1890 presso la Permanente e "Ortensie", in cui esprime un intenso attaccamento alla realtà ed una notevole capacità di incontrare il gusto della borghesia milanese.
Rimasto impressionato dai tumulti di Milano del 1898, nelle sue opere, di seguito, toccherà tematiche politiche e di carattere sociale, che comprendono anche i processi di modernizzazione di Milano.
L'opera "L'oratore in sciopero" viene presentata nel 1891 alla Prima Triennale di Brera insieme ad un'altra straordinaria opera, "Le due madri" del suo amico Segantini, il quale attraverso di essa sancisce la nascita del "Divisionismo".
Nell'ultimo decennio dell'Ottocento Longoni di dedica intensamente ad un altro delicato ed interessante tema, quello dell'infanzia, come in "Ritratto di bambola" o "Il bambino con trombetta e cavallino", dove l'incommensurabile povertà dei bambini viene trasformata dalle pennellate dei loro innocenti sorrisi in grande dignità.
Con l'inizio del Novecento, il suo avvicinamento alla spiritualità buddhista lo porta alla ricerca di nuovi punti di riferimento. Egli sviluppa, quindi, un crescente contatto con la natura inviolata d'alta montagna, dove vi soggiorna per lunghi periodi, soprattutto nella zona del Massiccio del Bernina, che alla fine dell'Ottocento aveva già ispirato l'arte del suo famoso amico di Arco.
Il maestoso e puro paesaggio alpino costituisce uno dei soggetti prediletti di Longoni, che esegue con maestria dipinti dal vero, come "Eriofori" e "Primavera alpina ".
Sempre ai primi del Novecento l 'artista si lascia trasportare da una vena simbolista, che sfocia in alcune interessanti opere, come "Vallata alpina ", dove le atmosfere evanescenti e i colori tenui regnano incontrastati e dove il lento procedere della figura ritratta non può che accompagnarci verso un sentimento d 'infinito.
Dopo la I Guerra Mondiale egli è costretto, a causa del l'avanzata dell'età, a rinunciare ai soggiorni d'alta quota e si rinchiude in se' stesso.
Quindi, trascorrerà gli ultimi anni della sua carriera artistica tra le Prealpi  bergamasche, l'Alta Brianza e i laghi di Como e di Garda, dando vita ad opere come. "Serina", "Paese", "Sul Garda" e "Lago di Garda, Monte Baldo". Ormai lontano dalla scena espositiva e dai mercanti d'arte, lavora per le poche persone con le quali è in contatto.
Nel 1928 sposa la sua compagna Fiorenza De Gaspari e muore nel proprio studio il 29 novembre 1932.

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La splendida cornice della Triennale di Milano dal 14 al 30 novembre 2014 ospiterà la personale “In alto Milano” di Alessandro Busci, nella quale l’artista rimanda sulla crescita architettonica della sua città che, a partire dal dopoguerra ma, ancor più, all’esordio del XXI secolo, ha cambiato la sua connotazione, in un moto ascendente in prospettiva.

L’esposizione, presentata in catalogo da Ada Masoero, che comprende 50 nuovi dipinti, tutti su lastre di acciaio cor-ten ed un nucleo di 40 opere su carta, ruota intorno al ciclo, realizzato appositamente per la mostra, che vede protagonista la nuova Milano “verticale”, alla quale si affiancano le vedute di alcune emblematiche metropoli, come New York, Londra e Shangai, in un suggestivo confronto tra le memorie di archeologie industriali e gli scenari futuristici.

La mostra proporrà le affascinanti architetture che caratterizzano il quartiere di Porta Nuova-Garibaldi e l’area di Citylife, dove appare evidente la radicale trasformazione del tessuto urbano, che riprende in modo evidente lo stile di edifici iconici, come la Torre Velasca ed il grattacielo Pirelli, in linea con le tradizioni architettoniche post-belliche. Non a caso, sono proprio queste opere, insieme allo Stadio di San Siro e la nuova Bocconi, le indiscusse protagoniste della mostra stessa.

La veduta urbana, in particolare di Milano, è per Alessandro Busci un tema ricorrente e prediletto ed oggetto di un’indagine introspettiva, oltre che visiva ma, al tempo stesso, soggetto, matrice ed elemento generatore di sequenze che, come fotogrammi di un film, vanno a cogliere il processo di trasformazione e di crescita di questa città metropolitana.

Il Presidente della Triennale di Milano Claudio De Albertis afferma: “Milano si sta trasformando ormai da molti anni. Ha cambiato il suo landscape ed il volto dei suoi nuovi quartieri, grazie alle architetture contemporanee che si stanno realizzando. Alessandro Busci, attraverso le sue opere, ci racconta la nuova città “verticale” e moderna e quindi la Triennale di Milano è certamente l’area espositiva più naturale e consona, poiché sin dalla sua nascita studia, ricerca e presenta al pubblico le trasformazioni del tessuto urbano contemporaneo”.

Del resto, Busci è un artista profondamente milanese, che si è formato attingendo alla cultura figurativa di Umberto Boccioni e Mario Sironi:

Come scrive Ada Masoero: “Alessandro Busci, attraverso la sua pittura, si inserisce nella raffinata e fondamentalmente radicata tradizione della cultura pittorica milanese, immettendovi la sua personalissima visione, che seppur dinamica e vibrante, per le pennellate ed i processi chimico-pittorici, che ama innescare sull’acciaio cor-ten o sulle lamiere sulle quali dipinge, è nel contempo abitata da cantieri deserti, notturni e silenziosi, immersi nelle atmosfere sinistre, generate da quei cicli ardenti e solforosi, che proiettano le sue vedute, ben riconoscibili e quindi apparentemente realistiche, in una dimensione visionaria, che va ben oltre il “reale”.

La mostra è organizzata da “Associazione Italiana”.

Note Biografiche

Alessandro Busci, pittore ed architetto, nasce a Milano nel 1971.

La sua ricerca pittorica si caratterizza per una costante sperimentazione di tecniche e supporti non convenzionali, come smalti e acidi su acciaio, ferro, rame e alluminio, i quali indagano le potenzialità dello scambio fra le tradizioni iconografiche occidentali ed orientali.

Egli espone dal 1996 e le sue personali sono state allestite a Milano, Brescia, Torino, Londra, Bordeaux, Madrid, Bilbao e San Francisco.

Dopo aver conseguito la laurea presso il Politecnico di Milano, con una tesi in Storia dell’Arte, curata da Flavio Caroli, è invitato alla 36 Edizione del Premio Suzzara. Dal 1997 collabora con l’Atelier Mendini, dove partecipa a vari progetti di architettura, decorazione ed allestimento, tra le quali la Mostra itinerante di Telefono Azzurro e firma i Wall-art di diversi Swatch Store in Italia e all’estero.

Nel 1999 a Venezia, si aggiudica il primo premio del concorso “La Fenice et des artistes”. Sempre nel 1999 viene presentato da Flavio Caroli nella personale Acqua sporca. Luce marrone. Luce. Presso la Galleria Antonia Jannone, alla quale segue nel 2002 Steel Life.

Nel 2003 presenta a Londra una personale presso il London spazio Poltrona Frau, mentre nel 2004 viene invitato alla XIV Esposizione Quadriennale d’Arte (Anteprima Torino) ed è tra i finalisti della V edizione del Premio Cairo Communication, in mostra presso il Palazzo della Permanente a Milano.

Nel 2007 Italian Factory organizza un doppio progetto espositivo nella sede dell’istituto Italiano di Cultura a Madrid e presso l’Istituto dei Ciechi di Milano e per l’occasione, presenta una monografia, dedicata ai suoi primi dieci anni di lavoro, edita da Skira. Nello stesso anno “The New Italian Art Scene”, progetto collettivo ospitato dal Taipei Fine Arts Museum a Taiwan ed ancora la Mostra Arte Italiana 1968-2007. Pittura ideata da Vittorio Sgarbi, presso il Palazzo Reale di Milano.

Nel 2008 la sua personale “8” alla Mark Wolf Gallery di San Francisco.

Nello stesso anno a Torino, in concomitanza con la T2 Triennale d’Arte Contemporanea, egli presenta Cor-ten, un progetto espositivo composto da 50 opere inedite di grande formato su ferro, che rappresentano la realtà della città contemporanea e le nuove concezioni di spazio.

Per l’occasione Electa presenta la nuova monografia dell’artista; nel 2009 il progetto Cor-ten prosegue alla First Gallery di Roma.

Nel 2010, in occasione del China Trade Award, la Cathay Pacific presenta alla Triennale di Milano il volume Alessandro Busci, Airports. Nello stesso anno l’artista parteciperà alla prestigiosa Biennale di Venezia, esponendo sia nel padiglione italiana, sia in quello cubano.

Nel 2011 la sua personale Milano-Napoli, presso la Galleria Al Blu di Prussia di Napoli e nel 2012 ancora una mostra ideata e curata da Flavio Caroli presso il museo MAGA di Gallarate con l’Antologia Omar Galliani – Alessandro Busci – Un paesaggio di generazione – (Centro di gravità permanente).

Alessandro Busci vive e lavora a Milano.

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