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Cattolici e Risorgimento

Copertina_Cattolici e Risorgimento

 

Con questo vivace profilo biografico del sacerdote e teologo ligure 'intransigente' Giacomo Margotti (1823-1887) viene inaugurata presso l'editore crotonese D'Ettoris una nuova collana, intitolata opportunamente “Biblioteca di studi conservatori” e diretta dal professor Oscar Sanguinetti (cfr. O. Sanguinetti, Cattolici e Risorgimento. Appunti per una biografia di don Giacomo Margotti, D'Ettoris Editori, Crotone, pp. 160, Euro 15,90). Il progetto nasce dal desiderio di far conoscere ad un pubblico il più ampio possibile – e non solo di nicchia – temi, contenuti e figure di riferimento che sarebbero distintivi di una qualsiasi cultura politica che si richiami, anche vagamente, al 'conservatorismo', ma che per vari motivi nel nostro Paese non sono finora mai stati coltivati. In questo senso Margotti rappresenta un modello e un autentico precursore, ancora tutto da scoprire. La sua vicenda biografica, infatti, s'incrocia con gli anni tormentati del cosiddetto 'Risorgimento' o, rectius, Rivoluzione italiana d'importazione illuminata francese, attraversandone - come cattolico impegnato nella società, oltre che come prete consacrato - da raro protagonista tutte le premesse, i conflitti e le conseguenze. Come spiega nella “Prefazione” Marco Invernizzi, in effetti, Margotti “ligure trapiantato a Torino, cattolico militante, sacerdote e teologo, giornalista per obbedienza e vocazione, ha diretto per decenni uno dei maggiori quotidiani nazionali, L'Armonia Cattolica” (pag. 9) combattendo “vis-à-vis la Rivoluzione” (ibidem) al pari di quanto fecero altri cattolici intransigenti della sua epoca a cominciare dallo stesso Papa Pio IX (1846-1878) e don Bosco (1815-1888), suo amico ed estimatore. E proprio gl'intransigenti – prima 'vinti' dalle vicende politiche e culturali e poi umiliati da una storiografia dominante impunemente partigiana – costituiscono qui l'interesse primario dell'Autore: essi, osservati ex post, rappresentano infatti non solo, né 'semplicemente', i cattolici tradizionalmente più fedeli al Papa (che ritenevano ingiusta l'abolizione del potere temporale) ma anche quelli che allora avevano compreso di più e meglio il carattere fondamentalmente anticristiano del 'Risorgimento' che fuori dalla retorica nazionalista e sabauda si qualificava sempre più per essere una vera e propria rivoluzione culturale e sociale con l'obiettivo ambizioso di creare un nuovo ethos e una nuova anima (da qui il culto patriottardo della 'religione civile' laica), totalmente in antitesi con il glorioso passato che univa dal Nord al Sud il variegato corpo sociale della Penisola e riposava invece anzitutto sulla plurisecolare tradizione religiosa cattolica e quindi per sua natura universale.

Così, “gl'intransigenti rappresentano una posizione culturale che unisce la maggioranza dei cattolici militanti del XIX secolo, riuniti nell'Opera dei Congressi, il nome ufficiale del movimento cattolico dal 1874 al 1904”, tuttavia, proprio in ragione delle loro scelte e della loro visione integralmente contro-rivoluzionaria “non potevano piacere a quei cattolici che fino a pochi anni fa hanno monopolizzato l'interpretazione della storia del movimento cattolico in un senso 'democratico', cioè di accettazione e di subordinazione alle interpretazioni ideologiche prevalenti, crociana, gentiliana o gramsciana” (pag. 10). Ecco perchè, citando ancora Invernizzi, “è importante riscoprire queste figure [...] perchè senza di loro il mondo cattolico oggi non sarebbe così come è” (pag. 11). Un esempio? “Senza gl'intransigenti non ci sarebbero state le banche cattoliche, le casse rurali e le società di mutuo soccorso, quella rete sociale nata attorno alle parrocchie che ha resistito fino ai nostri giorni, le opere di cui spesso si parla a proposito del principio di sussidiarietà della dottrina sociale della Chiesa. Senza gl'intransigenti, che hanno segnato soprattutto alcune regioni con la loro azione di costruzione delle opere sociali, non riusciremmo a capire perchè proprio la Lombardia e il Veneto sono fra le zone dove il cattolicesimo sociale ha realizzato una rete che ha profondamente inciso sulla cultura di queste popolazioni preservandole più di altre da penetrazioni ideologiche anticristiane” (ibidem).

Nei successivi tredici capitoli che compongono l'opera vera e propria, Sanguinetti tratteggia il profilo a tutto tondo di questo singolare - quanto oggettivamente eroico - prete-giornalista, coraggioso e brillante animatore delle battaglia delle idee a mezzo stampa che mise tutte le sue forze al servizio della causa della Chiesa perseguitata e della difesa del Vangelo ad maiorem Dei Gloriam. Di lui, annota l'autore in esordio, oggi si ricordano poche cose, tra cui il fatto che fu l'inventore dell'appello “'né eletti, né elettori' in occasione delle prime elezioni politiche unitarie nel 1861” (pag. 13) e che sarà poi di fatto confermato dalla Santa Sede (tramite il Santo Uffizio) come 'linea ufficiale' nel 1876. In realtà, Margotti fu molto di più: uno studioso colto (leggeva - e citava - frequentemente pensatori come Joseph de Maistre (1763-1821) e Juan Donoso Cortés (1809-1853)) e un osservatore attento dei fatti non solo ecclesiastici ma anche e soprattutto civili e sociali che si svolgevano quotidianamente tutt'intorno a lui tanto da interessarsi in prima persona alla 'cosa pubblica' e farsi eleggere come deputato (1857) presso il Parlamento del Regno di Sardegna (elezione peraltro prima congelata e poi invalidata dal governo per supposto – in realtà inesistente – conflitto con una legge che vietava l'elezione di ecclesiastici in cura d'anime). Quindi, sarà il direttore e l'organizzatore di due delle più importanti testate del mondo cattolico dell'Ottocento, ovvero L'Armonia (1848-1863), il primo quotidiano cattolico 'intransigente' che farà parlare di sé attirando la repressione governativa 'liberale' per le sue critiche dirette all'esecutivo piemontese (e registrando una serie impressionante di multe e sequestri) passando, a seguire, a L'Unità Cattolica (1863-1929) che diventerà al tempo “una delle più autorevoli e seguite testate della stampa italiana” (pag. 121), esattamente la terza per diffusione nazionale dopo Il Secolo di Milano e L'epoca di Genova, nonchè un organo di 'rappresentanza ufficiosa' delle posizioni papali (“coerentemente con la difesa a oltranza del potere temporale, dopo la breccia di Porta Pia il giornale uscirà a lungo - addirittura fino al 25 maggio 1898 - listato a lutto in segno di cordoglio e di protesta” (pag. 122)). Il tutto sullo sfondo drammatico - e in gran parte rimosso, purtroppo, anche dalle ultime commemorazioni pubbliche 'meno istituzionali' e retoriche - del più grande conflitto mai accaduto tra Stato e Chiesa nel nostro Paese (Sanguinetti, tra gli altri dati, ricorda che all'indomani dell'unità politica, causa arresti e 'confini' vari di numerosi Vescovi, ben 108 diocesi della Penisola rimasero senza pastore: se non è un unicum e un vulnus ineguagliato questo, confessiamo che ci resta difficile comprendere quale altro possa essere).

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