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"Dall'Europa ennesima inaccettabile interferenza di non eletti. Noi abbiamo accolto e mantenuto anche troppo, ora è il momento della legalità, della sicurezza e dei respingimenti", ha risposto Salvini su questa interferenza di Avramopoulos . 

"Speriamo" che col nuovo governo in Italia "non ci siano cambiamenti sulla linea della politica migratoria", ha detto il commissario europeo alla Migrazione Dimitris Avramopoulos che è tornato anche a lodare l'Italia per quanto fatto, ricordando, tra l'altro, che il Paese è tra gli Stati che hanno il maggior sostegno da Bruxelles.

"Le regole del Patto di stabilità si applicano a tutti gli stati membri e non ho segnali che la Commissione concederà eccezioni a chiunque": così il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen rispondendo a una domanda sui piani per i conti pubblici del possibile nuovo Governo Lega-5 stelle. "Non è solo una cosa che sta a noi, alla fine le decisioni sul Patto le prende il Consiglio e non vedo segnali che in Paesi vogliano cambiare le regole o fare eccezioni per qualcuno", ha aggiunto.

Proseguono serrati i lavori del tavolo tecnico tra Lega e Movimento 5 Stelle per mettere a punto il contratto sul programma di governo, con l'obiettivo di chiudere entro giovedì. "Oggi contiamo di trovare la quadra, domani" si affronteranno "i temi sottolineati in rosso" spiegano fonti autorevoli del Movimento.

Tra i capitoli aperti restano giustizia, migranti, grandi opere e vincoli Ue sui quali, osservano in casa leghista, i Cinque Stelle restano "più prudenti". In mattinata tra i temi affrontati turismo e tassa di soggiorno, con lo studio di una rimodulazione di quest'ultima. Sul fronte delle tasse sembra invece ormai consolidata l'idea di un sistema a doppia aliquota, non più quindi una flat-tax, al 15% e al 20%.

Le grandi opere, dalla Tav alla Pedemontana, dal Terzo Valico al Tap, si apprestano a costituire un banco di prova per il programma di Governo M5S-Lega. Sono molti i dossier su cui i due schieramenti hanno posizioni di partenza diverse, ma che potrebbero ora costituire il terreno su cui sperimentare la necessaria collaborazione. Ecco alcune delle principali opere in corso e le posizioni dei due schieramenti. PIEMONTE. Sono due le grandi opere in costruzione in Piemonte storicamente avversate dal M5s, al fianco dei movimenti degli oppositori. Sono entrambe infrastrutture ferroviarie: la nuova Torino-Lione ad alta velocità, con un costo certificato di 8,6 miliardi (la quota italiana è di 2,9) per la tratta transnazionale con una maxi-galleria lunga 57 km e dovrebbe entrare in servizio nel 2029; e il Terzo Valico ferroviario, con quasi tutti i cantieri nella provincia di Alessandria, un costo di 6,2 miliardi, e la fine dei lavori prevista a inizio 2023.

La Gronda autostradale del ponente di Genova, o passante di Genova, che è il raddoppio dell'autostrada A10 tra Genova Ovest e Vesima per alleggerire il traffico cittadino, è un'opera che vale 4,7 miliardi e la cui realizzazione prevede 10 anni di lavori e 5 grandi cantieri che dovrebbero partire già quest'anno. C'è già l'ok dell'Ue. Dell'idea del progetto si incominciò a parlare nel 2003 e l'ex ministro dei trasporti Delrio l'ha definita "la più grande opera che verrà fatta in Italia". Il M5s non la vuole, sostenendo che il traffico non è tale da giustificare l'intervento. Strategico invece per la Lega.

L'approccio del Movimento 5 Stelle in Lombardia è decisamente contrario alle Grandi Opere tanto che, laddove sono in cantiere, i 'grillini' partecipano ai comitati che le osteggiano, spesso a fianco di Legambiente e LeU, mentre la Lega è su posizioni diametralmente opposte. E' il caso del comitato 'No Autostrada Valtrompia', partecipato dal M5S. Pollice verso anche per la Pedemontana Lombarda, il progetto fortemente sostenuto dalla giunta Maroni ed ora in stallo, con solo 30 Km realizzati sui 157 previsti. Il M5s partecipa inoltre al comitato contro l'Av Brescia-Verona ed è contrario al Terzo Valico tra Milano e Genova e alla TiBre, l'Autostrada Tirreno-Brennero.

La più grande delle opere pubbliche del Veneto, il sistema di dighe del Mose varato nell'aprile 2003 e che a 18 anni di distanza non è ancora finito, viene definita dal M5s un "sistema di illegalità diffusa": lo 'scandalo Mose' per il Movimento ha prodotto una spreco di 5 miliardi e un danno erariale di 37 milioni. Altra grande opera in progettazione contestata è l'autostrada Pedemontana Veneta, che il capogruppo pentastellato in Consiglio regionale, Jacopo Berti, ha definito "una sorta di Mose in terraferma", chiedendo che il progetto sia adeguato alle esigenze del territorio. Spinge invece per la sua realizzazione per il 2020 il Governatore leghista Zaia, che chiede di dare il via libera da subito a piccoli tratti. Infine anche il progetto di spostamento del terminal per le Grandi Navi nella laguna di Venezia, vede contrario il M5S, che lo definisce "impattante" e a rischio di incidenti industriali.

Il cantiere di Melendugno del gasdotto Tap, che dal primo trimestre del 2020 dovrebbe portare gas dal Mar Caspio all'Italia, vede il M5s in prima linea contro l'opera: le denunce dei grillini, schierati a fianco dei cittadini e dei comitati no Tap a difesa del territorio, hanno portato al recente sequestro del cantiere. La posizione della Lega è nelle parole espresse mesi fa da Salvini, che la definì "invasiva", indicando la necessità di "individuare eventuali soluzioni alternative, tutelando il territorio".

Deputati e senatori dei due schieramenti sono arrivati a Montecitorio alla spicciolata con la prospettiva di portare avanti il lavoro per tutto il giorno. Al momento non ci sono i leader Luigi Di Maio e Matteo Salvini. In mattinata diversi componenti del tavolo si dovranno assentare per seguire le audizioni di enti locali e parti sociali sul Def, a partire dal presidente della commissione Speciale di Montecitorio Nicola Molteni.

"Buona giornata Amici! Coerenza, pazienza, voglia di fare, umiltà e concretezza, e serve anche fortuna. Vi voglio bene": così su Twitter il leader della Lega Matteo Salvini postando la foto di un cappuccino con tanto di disegno di un cuore di cacao.

M5S e Lega nel lunedì che avrebbe dovuto essere decisivo per dare il là perlomeno al contratto di governo si rivelano distanti sul programma e sulla casella della premiership, vero e proprio nodo gordiano per Luigi Di Maio e Matteo Salvini. I due leader salgono al Colle separatamente e, all'apparenza, due soli dati sembrano legarli: la richiesta di altro tempo inoltrata al presidente Sergio Mattarella e la decisione di mettere il programma al vaglio di una base sempre più scalpitante. Mattarella per ora pazienta e concede un lasso di tempo imprecisato ai due partiti ma all'indomani della vorticosa due giorni di riunioni al Pirellone la quadra tra M5S e Lega ancora non c'è. Di Maio e Salvini tornano a vedersi alla Camera, a margine della nuova riunione tecnica convocata dalle due delegazioni.

 

 

E' cominciata a Gerusalemme la cerimonia di apertura della nuova ambasciata Usa. Al suo arrivo il premier Benyamin Netanyahu è stata accolto dagli applausi. In prima fila Ivanka Trump, Jared Kushner, l'ambasciatore Usa David Friedman e il vice segretario di Stato Usa John Sullivan insieme al segretario al Tesoro David Mnuchin. Presente anche il presidente di Israele Reuven Rivlin. Suonato l'inno nazionale Usa.

Israele si appresta - dunque - a festeggiare l'apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, prevista per le 16 di oggi ora locale nel quartiere di Arnona, nella zona ovest. Tra misure di sicurezza imponenti, oggi la decisione di Donald Trump dello scorso dicembre diventerà realtà, nonostante la forte opposizione del mondo arabo, dei palestinesi, dell'Onu e di gran parte della comunità internazionale, Ue compresa, tutti preoccupati che questo passaggio segni la fine della soluzione a 2 Stati. 

È la cronaca di una protesta annunciata quella che arriva da Gaza nel giorno in cui gli Stati Uniti trasferiscono ufficialmente la lora ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, in un gesto che ha un significato chiaro e di fatto sancisce il riconoscimento della città come capitale d'Israele da parte dell'amministrazione Trump

Alta tensione in Medio Oriente, con scontri fra manifestanti ed esercito israeliano a Gaza e in Cisgiordania, nel giorno in cui si inaugura l'ambasciata americana a Gerusalemme e si celebrano i 70 anni della nascita dello stato d'Israele. L'agenzia ufficiale palestinese Wafa riporta fonti mediche secondo le quali sono 37 i manifestanti palestinesi uccisi, e oltre 1200 i feriti.

E' salito a 37 il bilancio dei manifestanti palestinesi uccisi nei violenti scontri con l'esercito israeliano lungo la barriera difensiva tra Gaza e lo stato ebraico. Lo dice il ministero della sanità della Striscia citato dalla Wafa. I feriti sono oltre 1200. Gli ospedali di Gaza stanno intanto lanciando appelli alla popolazione affinché giunga in massa per donare sangue.

 L'esercito israeliano afferma - inoltre - di aver sventato un attentato presso Rafah, nel sud della Striscia. ''Un commando di tre terroristi armati - ha detto un portavoce - stava cercando di deporre un ordigno. Le nostre forze hanno reagito e i tre sono morti''. Secondo i media, i militari hanno fatto ricorso ad un carro armato. Il portavoce ha aggiunto che velivoli israeliani hanno colpito anche un obiettivo di Hamas a Jabalya, dopo che da esso erano partiti spari.

L'esercito - afferma il portavoce militare - si sta misurando lungo il confine con Gaza con "diecimila dimostranti violenti, e altre migliaia sono disposti nelle loro immediate vicinanze, in dieci punti di attrito". Hamas, prosegue il portavoce israeliano, "sta guidando un'operazione terroristica, mascherata da mobilitazione popolare. Cercherà di compiere attentati e di realizzare infiltrazioni di massa in Israele". Di conseguenza l'area limitrofa a Gaza è stata proclamata "zona militare chiusa".

Un grande giorno per Israele!", ha scritto su Twitter il presidente americano, Donald Trump. Molto più fredda, per non dire distaccata, la posizione del Vecchio Continente: nell’Unione Europea "non c’è un cambio di posizione", ha detto una portavoce della Commissione, Maja Kocijancic. La Russia teme un peggioramento della situazione in Medio Oriente: "Abbiamo delle preoccupazioni" a riguardo, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.

La Lega araba mercoledì terrà una riunione straordinaria per discutere del trasferimento dell’ambasciata americana. Lo ha riferito l’agenzia di stampa Mena, specificando che all’incontro parteciperanno i rappresentanti permanenti per "contrastare la decisione illegale presa dagli Usa".

"Con i suoi ultimi passi l'America ha scelto di essere parte del problema, non una soluzione, e ha perso il suo ruolo di mediatore nel processo di pace in Medioriente", ha detto il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, parlando a Londra. "Respingiamo questa decisione, che viola il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni unite", ha detto ancora Erdogan riferendosi al trasferimento dell'ambasciata Usa.

Quattro nazioni delle 28 dell'Ue - Austria, Ungheria, Romania e Repubblica Ceca - hanno risposto all'invito del ministero degli Esteri israeliano e invieranno loro rappresentanti all'inaugurazione nel quartiere di Arnona, nella parte ovest della città. Una scelta che sarà seguita, almeno per due di loro (Repubblica Ceca e Romania), dalla decisione di spostare, anche se con tempi e modalità diverse, la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme.

Ayman al-Zawahiri, il medico egiziano che ha preso le redini di al-Qaida dopo la morte di Osama Bin Laden, in un messaggio rivolto ai jihadisti  chiede di impugnare le armi contro un Trump che "è stato chiaro ed esplicito e ha svelato il vero volto della Crociata moderna" e con cui non può funzionare "la riconciliazione, ma solo la resistenza, tramite il jihad".

È chiaro il messaggio del leader qaidista, che non si scaglia soltanto contro l'America, ma in un video che è titolato "Tel Aviv è anche terra musulmana" accusa i leader dell'Autorità nazionale palestinese di avere "venduto la Palestina" e i Paesi islamici di non agire più nell'interesse dei propri cittadini, rimanendo legati alle Nazioni Unite, che riconoscono lo Stato d'Israele, mettendo da parte invece i precetti della Sharia.

Oggi Israele celebra il 70esimo anno dalla sua fondazione mentre si inaugura la nuova ambasciata statunitense. Domani per il mondo arabo ricorre invece la "Nakba", il giorno che commemora la "catastrofe", la nascita dello Stato ebraico.

 

 

 

 

 

 

Ore concitate in vista delle prossime scelte del capo dello Stato sul governo. E' in corso un incontro tra il leader della Lega, Matteo Salvini e il capo politico del MoVimento 5 Stelle, Luigi Di Maio.

Fonti del Carroccio scommettono su un accordo a portata di mano. "La diamo al 75%", spiegano. Dal M5S filtra solo un "stiamo trattando". A cambiare le carte in tavola è stato prima il leader grillino che questa mattina ha detto di non avere veti su Silvio Berlusconi, ma di volere un governo a due e non con quattro forze politiche.

Contemporaneamente gli ambasciatori di Forza Italia sono al lavoro: far nascere un governo "giallo-verde" o tornare al voto? In attesa dei gruppi parlamentari, gli azzurri confermano la fiducia a Silvio Berlusconi, ma portano avanti la trattativa. L'appoggio esterno è fuori questione: Berlusconi lo ha ribadito anche ieri sera. Ma qualcuno, come Giovanni Toti, chiede una "astensione benevola" che permetta di formare un governo politico e aiutare Mattarella. La soluzione sarebbe quindi quella di andare all'opposizione e valutare di volta in volta il da farsi. "Berlusconi faccia nascere un governo, poi si conquisterà sul campo il riconoscimento", osserva anche Umberto Bossi.

Ma al momento i giochi sono tutt'altro che chiusi, anche se da parte del Cavaliere non c'è una chiusura netta. 

 Al centro il tentativo di un accordo per formare il nuovo governo. M5s e Lega hanno informato la presidenza della Repubblica che è in corso un confronto per pervenire ad un possibile accordo di governo e che per sviluppare questo confronto hanno bisogno di 24 ore. Intanto su proposta della capogruppo Bernini tutti i senatori di Forza Italia sono compatti e si rimette alle decisioni di Silvio Berlusconi per sbloccare lo stallo governativo. E' quanto si apprende a margine della riunione del gruppo azzurro di palazzo Madama.

"Confermo - dice il leader del Carroccio a Radio Capital - che ci provo fino all'ultimo. Ma nessuna pressione, nessuna voglia di dare consigli a nessuno. Ieri non ho sentito Berlusconi". "La mia posizione di oggi - ha sottolineato il leader del Carroccio - di oggi è quella di due mesi fa: lavoro a un governo che premi il voto degli italiani". "Ci sono ancora due veti incrociati, non è cambiato niente. Io in mezzo, nessuno dice no alla Lega". "Non esistono - ha evidenziato ancora - governi neutrali. L'unica eccezione che dico a Mattarella è che se voleva un governo che non aveva i numeri doveva mandare il mio...Avrebbe comunque numeri più ampi di questi". "Belloni - ha detto inoltre a proposito della segretaria generale della Farnesina data in pole per un incarico da parte del capo dello Stato -  non la conosco, sarà la migliore persona del mondo, ma se è un'esponente ministeriale che ha ottimi rapporti con Bruxelles la trovate in sintonia con gli elettori che hanno scelto il cambiamento?". 

l leader del Carroccio ha fatto pressing per tutta la mattinata senza sosta su Berlusconi. Il Cavaliere, si apprende, è in continuo contatto da Milano con i suoi più stretti collaboratori, a partire da Gianni Letta. E oggi avrà un nuovo pranzo di famiglia ad Arcore che diventerà un'altra occasione di confronto sul tema. Sul piatto della trattativa per consentire il via libera da parte di Fi all'Esecutivo M5s-Lega ci sarebbero anche ministri graditi al Cav, nomine pesanti in Rai e nelle principali commissioni parlamentari politiche. In ambienti azzurri sono state apprezzate le parole del leader M5s che parla per la prima volta di "nessun veto" nei confronti di Berlusconi.

E se il capo del Carroccio ribadisce "ci provo fino all'ultimo" ma fa sapere ancora una volta che non 'mollerà' Berlusconi, Di Maio fa sapere che non ci sono 'veti' nei confronti del Cav ma ribadisce di voler cercare un'intesa solo con la Lega. Ma a stretto giro arriva la replica azzurra: "Non possiamo dare un appoggio esterno a un governo M5S-Lega perché non possiamo accettare esclusioni di principio. Mi auguro si possa arrivare ad avere un governo politico guidato dal centrodestra. Se così non sarà, non si può votare in piena vacanza. E' giusto votare a fine settembre", ha detto il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani a raio Anch'io. 

"Non è un veto su Berlusconi; è una volontà di dialogare con la Lega. Punto". Così Luigi Di Maio capo politico del M5S risponde a chi gli chiede se il Movimento ponga un veto su Forza Italia ed il suo leader. "Noi - spiega ai cronisti in Transatlantico - vogliamo fare un governo che preveda due forze politiche e non quattro. Perché lo abbiamo visto cosa succede quando si fanno i governi a quattro o a cinque forze politiche. Abbiamo detto: andiamo avanti insieme per un governo del cambiamento. Qual è il veto? Nessuno", conclude.

La Costituzione affida al Capo dello Stato la nomina di premier e, su proposta di quest'ultimo, quella dei ministri. La prassi va oltre. Il Quirinale negli ultimi anni ha avuto un peso determinante nelle nomine dei responsabili dei singoli dicasteri. Impossibile quindi stilare la lista dei componenti del governo. Nemmeno i due registi di questa fase, il leader della Lega Matteo Salvini e quello dei M5s Luigi Di Maio, possono permetterselo.

Ma dentro i due partiti e in Parlamento già ieri circolavano nomi di papabili e poltrone da assegnare. A partire da quella del premier, anche se è la più incerta. Giancarlo Giorgetti ieri era ancora quotato, ma con meno entusiasmo rispetto ai giorni scorsi.

A suo sfavore anche l'ipotesi circolata ieri di riservare a Salvini e Di Maio il ruolo di vice premier e quindi garanti della maggioranza politica.

Il nome nuovo di questa fase molto preliminare è quello di Enrico Giovannini. Tirato in ballo come candidato di Sergio Mattarella, ma anche come possibile compromesso tra Lega e M5s. Ex ministro del Lavoro del governo di Enrico Letta e presidente dell'Istat, ha portato in Italia un indice economico alternativo al Pil, che piace ai pentastellati, il Bes, benessere equo e sostenibile.

Per i dicasteri, i nomi che stanno circolando sono tutti politici. Candidati in grado di tradurre in policy i programmi dei partiti di appartenenza. Per i pentastellati il fedelissimo di Di Maio, Alfonso Bonafede. Che però non andrebbe alla Giustizia, come aveva previsto il leader M5s. Per il dicastero di via Arenula ieri erano in corsa Giulia Bongiorno (che è stata tirata in ballo anche come possibile premier nei giorni scorsi e potrebbe riemergere), ma anche Nicola Molteni, esponente del Carroccio. Entrambi ben visti dal M5s.

Il dicastero dell'Economia resta il più difficile da assegnare. Ieri si continuava a ipotizzare che potesse toccare a Forza Italia indicare un esterno affidabile per il dicastero di via XX settembre. Ma è più probabile che Silvio Berlusconi chieda garanzie sull'Europa, l'Euro e una politica economica responsabile rispetto a una poltrona, sia pure quella di via XX settembre.

Tra i nomi che ieri ricorrevano più spesso, quello di Armando Siri, economista e giornalista della Lega che si è battuto per la flat tax. Un punto qualificante del programma del partito che Salvini vuole sia garantito e accompagnato nella sua attuazione.

"Più sicuri che nel dopoguerra, più liberi che nel dopoguerra, più benestanti che nel dopoguerra, rischiamo di apparire oggi privi di determinazione rispetto alle sfide che dobbiamo affrontare. E qualcuno, di fronte a un cammino che è divenuto gravoso, cede alla tentazione di cercare in formule ottocentesche la soluzione ai problemi degli anni 2000". E' il monito del capo dello Stato Sergio Mattarella alla conferenza 'State of the Union'. Bisogna riscoprire l'Europa - ha osservato -"sottraendoci all'egemonia di particolarismi senza futuro e di una narrativa sovranista pronta a proporre soluzioni tanto seducenti quanto inattuabili, certa comunque di poterne addossare l'impraticabilità all'Unione". 

"Nel turbamento del mondo - ha evidenziato - quanto apparirebbe necessario il ruolo di equilibrio svolto da un concerto di 27 Paesi, tanto si mostra ampio il divario tra l'essere e il dover essere di un'ampia comunità che trova la sua dimensione in uno spazio già condiviso. Mai, dunque, come oggi appare urgente "unire".

"La operosa solidarietà degli esordi - ha detto ancora Mattarella - sembra essersi trasformata in una stagnante indifferenza, in una sfiducia diffusasi, pervasivamente, a tutti i livelli, portando opinioni pubbliche, Governi, Istituzioni comuni, a diffidare, in misura crescente, l'uno dell'altro. Non possiamo ignorare questo stato di fatto, né sottacere quanto sia diffusa, fra i cittadini europei, la convinzione che il progetto comune abbia perso la sua capacità di poter realmente venire incontro alle aspettative crescenti di larghi strati della popolazione; e che non riesca più ad assicurare adeguatamente protezione, sicurezza, lavoro, crescita per i singoli e le comunità. Con una contraddizione singolare, che vede gonfiarsi, simultaneamente, le attese dei cittadini e lo scetticismo circa la capacità dell'Europa di corrispondervi". 

Ottimismo sul governo da parte di Matteo Salvini e Luigi Di Maio che parlano di 'sostanziali passi avanti', dopo il nullaosta di Silvio Berlusconi al governo giallo-verde. I due chiedono comunque un po' più tempo al Quirinale per trovare la quadra. Secondo quanto si è appreso almeno fino a domenica. Il che significa che un punto della situazione potrebbe avvenire lunedì.
In mattinata incontro tra Di Maio e Salvini alla Camera che si conclude con una nota congiunta. "Sulla composizione dell'esecutivo e sul premier - dicono - sono stati fatti significativi passi in avanti nell'ottica di una costruttiva collaborazione tra le parti con l'obiettivo di definire tutto in tempi brevi per dare presto una risposta e un governo politico al Paese". Si terrà "già oggi pomeriggio la prima riunione con i responsabili tecnici dei diversi settori del MoVimento 5 stelle e della Lega". 

"Sono momenti importanti non per il Movimento ma per la Repubblica italiana ", dice Luigi Di Maio in un video su Fb dove ammette: "Il tempo non è tantissimo" ma "dobbiamo fare un lavoro fatto bene" con l'unico obiettivo di "ottenere risultati significativi per i cittadini". "Non posso nascondere la gioia per il fatto che possiamo finalmente iniziare ad occuparci dei problemi dell'Italia" aggiunge.

Un nome di "alto profilo", un nome terzo. Un profilo che potrebbe essere indifferentemente un tecnico od un politico. E' questo, a quanto si apprende, l'identikit del candidato premier del governo tra M5s e Lega. I due partner non intendono svelare il nome prima di aver raggiunto un'intesa sui punti del programma che M5s e Lega stanno concordando. Intanto, i due leader stanno riflettendo sull'opportunità di fare parte o meno dell'esecutivo. Ad ogni modo, assicurano i 5 Stelle, per fare il nome i due futuri alleati si sono dati tempo fino a domenica, dilazione concessa con il benestare del Colle.

"Con Salvini - ha detto Di Maio - siamo d'accordo di riunire i gruppi di lavoro ad oltranza del M5S e Lega per scrivere il contratto di governo". E replicando a chi gli chiedeva del conflitto di interessi ha detto: "Discuteremo di tutto quello che c'è nei programmi ma ci vuole pazienza perché si sta mettendo insieme un contratto che è l'unione di due programmi non sempre compatibili"."

Nell'editoriale di oggi, intitolato Le larghe fraintese, il direttore del Fatto Quotidiano attacca duramente l' astensione benevola di Silvio Berlusconi che ha aperto la strada al governo gialloverde. Non digerisce il fatto che il capo politico del Movimento 5 Stelle, partito per cui ha sempre simpatizzato, stia trattando con il leader del Carroccio senza che quest'ultimo abbia troncato ogni relazione con il Cavaliere. "Il governo 5Stelle-Lega, salvo chiarimenti dell' ultima ora, rischia di essere ancor più oscuro - scrive - perché poggia le fondamenta su un equivoco grosso come una casa: il ruolo di Berlusconi, delinquente naturale, pregiudicato ineleggibile e interdetto".

Nello scaricare Di Maio, a Travaglio rimane comunque l'ossessione per Berlusconi. Non semplici critiche, ma i soliti attacchi al vetriolo che sconfinano sempre nell'insulto. Nell'editoriale di oggi paragona l'accordo tra Di Maio e Salvini, con Forza Italia all'opposizione, a "quei bei matrimoni dove il marito autorizza la moglie a mettergli le corna, e magari si diverte pure a guardare da dietro la porta. E questa sarebbe solo la parte visibile dell'accordo". "Poi - continua il direttore del Fatto Quotidiano - come sempre quando c'è di mezzo B. (Berlusconi, ndr), c'è quella invisibile. Che è ancora peggio: oscena, nel vero senso della parola (fuori scena)".

Per Travaglio, insomma, Di Maio ha sbagliato a mettersi al tavolo con Salvini per formare il governo senza che fosse chiaro "il ruolo di Berlusconi". In realtà, permettendo all'esecutivo di partire senza spaccare la coalizione, il Cavaliere ha dimostrato forte resposabilità. "Voteremo solo ciò che ci piace", ha messo in chiaro ieri. Ma questo al direttore del Fatto non va proprio bene: "Perché oggi B. autorizza Salvini a fare ciò che per oltre due mesi gli ha furiosamente proibito? Delle due l'una. O solo perché ha paura del voto.

 

 

 

Se si tornasse a votare l'8 luglio, la prima seduta delle nuove Camere nella diciannovesima legislatura si terrebbe lunedì 23 luglio. Se le Camere venissero invece sciolte entro la metà di settembre, la finestra per tornare al voto sarebbe tra la fine di ottobre e la fine di novembre: in questo lasso temporale dovrebbero tenersi elezioni regionali in Trentino ed in Basilicata. Se così fosse, l'Italia voterebbe per la prima volta per le Politiche in autunno: fino ad ora le elezioni si sono sempre tenute tra marzo e giugno tranne che nel 2013, quando si voto' il 24 e 25 febbraio.

Il Parlamento deve essere sciolto dal presidente della Repubblica tra i 45 ed i 70 giorni prima della data fissata per le elezioni Politiche. Per avere il minimo di 45 giorni previsto, così da consentire il voto l'8 luglio, dunque, le Camere andrebbero sciolte al massimo il 24 maggio.

Le nuove elezioni politiche a luglio sarebbero una doppia novità. Per la prima volta, infatti, gli italiani sarebbero chiamati alle urne in estate inoltrata (in passato si è votato al massimo il 27 giugno). E sarebbe anche la prima volta di due elezioni politiche nello stesso anno. Per non parlare del record della legislatura più corta, che sarebbe frantumato: nel 1994 e nel 1996 le Camere furono sciolte dopo appena due anni, questa volta si tratterebbe di una manciata di mesi. 

Tuttavia, il Ministero dell'Interno ha in più occasioni fatto rilevare che affinché la macchina elettorale proceda spedita e senza intoppi, tra lo scioglimento ed il voto di giorni ne servono almeno sessanta: il che vorrebbe dire sciogliere le Camere mercoledì prossimo, 9 maggio. A rallentare il complesso ingranaggio del procedimento elettorale sono soprattutto gli adempimenti relativi al voto degli italiani all'estero, che si esercita per corrispondenza. 

"Certo, sarebbe un grosso problema, credo di sì". Così il capogruppo della Lega alla Camera, Giancarlo Giorgetti risponde a chi gli chiede se l'eventuale appoggio di Berlusconi al governo 'neutrale', a suo giudizio, segnerebbe la fine dell'alleanza di centrodestra. 

"Oggi, domani, nei prossimi giorni e i prossimi mesi continueremo i nostri sforzi per cercare quelle soluzioni possibili per far nascere un governo politico voluto dagli italiani: continuiamo a chiedere a Silvio Berlusconi un gesto di responsabilità in modo da permettere la nascita di questo esecutivo". 

Proposta "irricevibile", replica Maria Stella Gelmini, capogruppo Forza Italia alla Camera, parlando con i giornalisti al Senato. "Oggi - prosegue - chiedere a FI di dare l'appoggio esterno mi pare una domanda malposta che non può che avere una risposta negativa".

"Volevo capire se Salvini c'era o ci faceva e per 55 giorni ho provato a proporgli un governo assieme. L'unica cosa che gli ho chiesto è staccati da Berlusconi ma lui ha preferito Berlusconi a tutto questo. Ne risponderà alla storia e agli italiani soprattutto alle prossime elezioni perché se si sta andando al voto è perché lui ha scelto la restaurazione alla rivoluzione". Lo afferma il leader del M5S Luigi Di Maio ai microfoni di "Non Stop News", su Rtl 102.5.

E sulla possibilità di un'intesa di governo tra M5S e Lega dopo le nuove elezioni: "Se Salvini si ripresenterà in coalizione con Berlusconi saremo punto e daccapo. Queste coalizioni non nascono per un'ideale ma per fini elettorali", spiega Di Maio.

"Il mio rapporto con Salvini? Mi ricorda quello stato di Facebook, una relazione complicata. La Lega è una forza con enormi potenzialità ma se non è libera non può fare nulla per questo Paese. Sarà interessante vedere questo signore in campagna a dire "io voglio cambiare questo Paese" con Berlusconi", sottolinea Di Maio.

"Io sono sempre stato onesto e lineare anche con il Quirinale. Noi un governo neutrale non lo votiamo perché significherebbe portare al governo persone che non hanno una connessione con la popolazione e rischierebbero solo di far quadrare i conti con un effetto simile a quello del governo Monti".

Giovedì Mattarella aprirà a Firenze The State of the Union e sarà al centro della politica europea, con il presidente della Commissione Ue Juncker e Tajani. Anche se nessuno si congratulerà con lui per aver sventato il rischio di un governo Salvini, probabilmente immagina che molti in Europa hanno tirato un respiro di sollievo.

Al Colle sanno bene anche quanto Salvini non piaccia agli americani, che non gli perdonano le posizioni pro-Russia, anche contro le sanzioni, viste come una «sudditanza», ben diversa dal rapporto alla pari tra Putin e il Cavaliere.

Il sospetto lo getta là Matteo Salvini, su Facebook: «Spero che dalle parti del Quirinale o di Bruxelles o di Berlino o di Parigi qualcuno non si faccia idee strane facendo telefonate strane».

Il leader della Lega evoca lo spettro di un complotto europeo per non fargli avere l'incarico di formare un governo. Di veti da parte di Juncker, della Merkel, di Macron e chissà chi altri.

Secondo Anna Maria Greco editorialista del "Il Giornale" scrive che qualcuno si sia mosso in Europa per ostacolarlo, facendo pressione su Sergio Mattarella, non risulta. Mentre è certo che il Capo dello Stato non lo ami proprio, non ne condivida toni e giravolte. Pare che ieri l'abbia mandato su tutte le furie il fatto che nelle dorate stanze del Quirinale si andato con spirito costruttivo, chiedendo una chance di formare un esecutivo di centrodestra e appena fuori abbia invocato ancora urne subito. «O ce la faccio oppure meglio tornare da voi, al voto, mi rifiuto di pensare a un governo col timbro di Bruxelles».

Il vecchio spirito democristiano del capo dello Stato, quello della politica come mediazione e compromesso, inevitabilmente si scontra con gli ultimatum del leader leghista. E molto lo ha innervosito in questi giorni delicati il suo resuscitato antieuropeismo, sempre urlato. L'alternativa al mio governo, diceva, «è uno nominato con un fax da Bruxelles, vale a dire un Monti bis»,«servo» e «telecomandato» dall'Ue, formato da «signor sì a Bruxelles». E annunciava: «Voglio guidare un governo che cominci a dire no alle eurofollie e metta al primo posto l'interesse dell'Italia». Perché il potere europeo, per Salvini, è «l'anticamera di una dittatura che si permette di entrare nel merito delle scelte dei singoli Stati» e «la bozza di bilancio della Commissione Ue va rigettata in toto».

Un florilegio che, anche senza aver ricevuto telefonate minatorie internazionali, rafforza in Mattarella una certezza: il personaggio non è affidabile per i leader europei, come per lui. A Bruxelles potevano accettavano in un'alleanza con Forza Italia, in cui Silvio Berlusconi garantiva il rispetto dei patti Ue e la moderazione sul resto, mentre ora il quadro è ben diverso con una coalizione a trazione leghista e gli azzurri in minoranza. Il tema che sta a cuore a Salvini è l'immigrazione e l'Ue spera in un premier che aiuti a contrastare gli estremismi del Gruppo di Visegrád, non che li condivida, come l'alleata Giorgia Meloni che in campagna elettorale ha incontrato il premier ungherese Orban. Detto questo, Orban fa parte del Ppe come Fi e Salvini no, ma nessuno dei popolari pare abbia avanzato critiche sul leghista. Là il presidente azzurro del Parlamento europeo Antonio Tajani è il vero referente per la politica italiana.

 

 

 

 

 

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