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Recentemente è stato pubblicato il bando di partecipazione al Premio internazionale di Poesia e Narrativa “Cipressino d’Oro 2022", una  manifestazione culturale dal successo ormai consolidato,  giunta quest'anno alla IX  edizione.
La novità introdotta è la sezione Narrativa, che darà la possibilità di sviluppare elaborati su  tematiche sociali di una certa attualità, oltre che attraverso l'espressione lirica, anche per mezzo di racconti brevi.

L’evento, patrocinato dal Kiwanis Follonica, con la collaborazione dell’artista Gian Paolo Bonesini, si svolge a Follonica (Grosseto) ed è istituito con la finalità di promuovere ed incoraggiare la diffusione degli ideali kiwaniani diretti al servizio dei bambini e degli adolescenti di ogni parte del mondo.
L’obiettivo fondamentale del Kiwanis è quello di realizzare un programma volto all'interazione con le giovani generazione in un'ottica costruttiva ed altruistica, che vede coinvolti anche dirigenti e  docenti delle scuole medie e superiori; segnatamente per queste ultime, la partecipazione al concorso è rivolta agli studenti delle classi prima e seconda.
Un programma proiettato alla realizzazione di una società migliore, fondata sui principali valori etici ed educativi, che rappresentano le basi per  un corretto sviluppo psicologico e intellettuale dei ragazzi, in particolare nella delicata fase adolescenziale.
L'invito alla partecipazione al Premio si estende a tutti gli autori che intendano comporre testi poetici o in prosa in lingua italiana sui  seguenti temi:

SEZIONE A POESIA
(max 1 cartella A4 -  carattere 12 Time New Roman)

LA PANDEMIA HA TRASFORMATO IL RAPPORTO SOCIALE E CON LA DIDATTICA

Riflessioni e pensieri, in chiave poetica,  riconducibili all'esperienza maturata in questo particolare periodo storico di crisi pandemica, con eventuali riferimenti alla DAD (didattica a distanza), che ha consentito agli insegnanti e agli studenti di ogni ordine e grado di non interrompere le attività scolastiche.

SEZIONE B NARRATIVA (max 3 cartelle A4 -  carattere 12 Time New Roman)

L'ADESCAMENTO VIRTUALE. UN FENOMENO SOCIALE DA CONTRASTARE CON FORZA E DETERMINAZIONE.

Quando la rete Internet si trasforma in uno strumento per compiere attività illecite, penalmente rilevanti, facilitate dalla parziale incontrollabilità del traffico di dati. I ragazzi  subiscono manipolazioni psicologiche da parte di individui protetti da false identità. Attraverso il "child grooming" persone in incognito, generalmente adulti e, comunque, di età maggiore rispetto alla vittima, carpiscono la fiducia di minori attraverso promesse, ma anche minacce. Fondamentale il dialogo all'interno della famiglia per imparare a interpretare precocemente ogni segnale di disagio dei propri ragazzi.

La Giuria di qualità è così  composta:
Dott.ssa DANIELA CECCHINI (giornalista e critico letterario), da anni  Madrina d’onore dell’evento; PATRICE AVELLA (scrittore); GORDIANO LUPI (scrittore e editore).
Il responsabile del Premio “Cipressino d’Oro” è come di consueto Loriano Lotti, figura di riferimento della nota manifestazione culturale follonichese.
La partecipazione è gratuita e la scheda allegata al Bando dovrà essere compilata in ogni sua parte; per i minorenni dovrà essere apposta la firma della persona che esercita la potestà genitoriale; tutte le indicazioni sono reperibili nel regolamento riportato  nel bando.
Il I Premio è costituito da una scultura realizzata dall’artista Gian Paolo Bonesini e sono previsti premi per i primi classificati, oltre a riconoscimenti speciali a discrezione del Responsabile e della Giuria.

Coloro i quali fossero interessati a partecipare possono rivolgersi ai seguenti recapiti:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure alla Segreteria del Premio tel. 3476754324

Come di consueto, verrà realizzata un’antologia delle poesie e dei racconti presentati in concorso a cura della casa editrice “Il Foglio Letterario” di Piombino. Pertanto, in fase di compilazione della scheda di adesione, l’autore, o chi ne fa le veci, dovrà indicare quante copie desidera acquistare.
Il termine per le iscrizioni e consegne elaborati è fissato al 15 marzo 2022.
La Cerimonia di Premiazione avrà luogo a Follonica (Grosseto) il 21 maggio 2022 presso una sede istituzionale che verrà comunicata con congruo  anticipo.

La prima apparizione mariana della quale si parla è quella all’apostolo Giacomo sulle rive del fiume Ebro in Spagna. L’apostolo non era soddisfatto di come andava l’evangelizzazione e la Madonna gli fece dono di un pilastro (pilar) invitandolo ad edificare un tempio in suo nome. Nacque la devozione alla Madonna del Pilar di Saragozza diventata, poi, patrona della Spagna. Per avere altre apparizioni documentate dobbiamo aspettare qualche secolo, ne avremo a centinaia e in numero sempre maggiore fino al culmine nei secoli XIX e XX. Rino Cammilleri, scrittore e apologeta ha dedicato un volume che, giorno per giorno, descrive queste apparizioni mariane. Dalle più note e riconosciute dalla Chiesa, che sono solamente una quindicina, alle più sconosciute. Basti pensare che ovunque si trovi un santuario mariano, il più delle volte è associato a qualche apparizione o evento straordinario legato alla Vergine Maria.  E la nuova edizione di Tutti i giorni con Maria. Calendario delle Apparizioni (Ares, 2021) di Cammilleri giorno per giorno ci porta a scoprire le apparizioni mariane di tutte le epoche in giro per tutto il pianeta. La seconda edizione, la prima è del marzo 2020, si arricchisce adesso con nuovi indici cronologici e geografici molto utili proprio per una consultazione quotidiana. Per un volume di 700 pagine non sono sufficienti quelle riconosciute ufficialmente dalla chiesa, così per ogni giorno dell’anno Cammilleri ci racconta la storia delle apparizione anche di quelle meno note  ma sempre ricche di suggestioni e insegnamenti. Ad esempio, chi conosce quelle di Morbio nel Canton Ticino, o quelle di Montagna di Pinè in Trentino (1729) o a Nsimalen in Camerum nel 1986, chi sa che in Croazia ci sono 222 santuari mariani legati ad apparizioni o miracoli? Luoghi di devozione in posti impervi,  legati ad icone miracolose. Il più delle volte la Madonna appare a delle pastorelle e l’elenco è lunghissimo: nel 1467 a Genazzano appare la Madonna del Buon Consiglio, una delle patrone della città di Roma, o meglio, un quadro miracolosamente arriva da Scutari (Albania); nel 1491 la Madonna delle tre spighe in Alsazia che appare ad un fabbro mostrando spighe (abbondanza) e ghiaccio  (carestia); agli inizi del 500 mercanti portoghesi sbarcati in India costruiscono una capanna dedicata alla Madonna dove appare ad un ragazzino indiano: nasce Vailankanni, la Lourdes dell’India, santuario frequentato anche da Indù e musulmani. 1519 a Cotignac in Francia appare ad un anziano contadino e qualche decennio dopo appare san Giuseppe, unica apparizione nella quale il padre putativo di Gesù, appare da solo. Proprio dopo questi eventi Luigi XIV proclamò il 19 marzo festa di san Giuseppe in tutto il regno di Francia.

Poi abbiamo Guadalupe, 9-12 dicembre 1581, dove la Madonna appare ad un atzeco nel luogo dove adoravano la Grande Madre e cominciò così rapidamente l’evangelizzazione del Messico e poi moltissime altre a significare l’attenzione della Madonna per il nostro mondo specialmente quando questo si allontana sempre più dalla fede. 

Cosa è accaduto in Italia dalla metà degli anni 90 in poi? Perché una fase politica è finita e soprattutto perché si è smesso di fare elaborazione politica, preferendo la scorciatoia del populismo? Il giornalista italo-greco George Labrinopoulos ha provato a raccontare L'italia degli anni 80 e 90, un paese in rampa di lancio nel volume “L’Italia dei Giganti”, curato da Francesco De Palo (Pegasus edizioni) con la prefazione di Stefania Craxi.

Si tratta di una serie di incontri de visu avuti dall’autore con grandi personaggi che hanno fatto la storia della politica italiana: Francesco Cossiga, Sandro Pertini, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, oltre ad un inedito Papa Giovanni Paolo II che, come noto, non rilascia interviste ma che in quell'incontro ha parlato di ecumenismo e visioni future. Questa intervista rilasciata al collega Francesco De Palo per il giornale prima di tutto Italiani, e con il permesso di pubblicare al Corriere del Sud.

Perché l'Italia dei Giganti?

Perché, al netto delle criticità che esistevano in quella politica, c'era un’Italia diversa da quella di oggi, governata da professionisti di grandissimo spessore. Penso a Giulio Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio e trentadue volte ministro. Qualcuno ha dimenticato che è stato il politico italiano con il record di incarichi. La Democrazia Cristiana deve il suo lungo percorso governativo alle capacità professionali e personali del Presidente Andreotti. Atlantista e multilateralista, è stato interlocutore privilegiato di Capi di Stato e Papi.

Passando per un Quirinale che cambiava pelle…

Sì, penso a Pertini e Cossiga che ho intervistato nel libro. Il primo, giornalista e partigiano italiano, è stato il settimo presidente della Repubblica Italiana ed il primo e unico socialista a ricoprire la carica. Dal suo mandato ebbe inizio una fase diversa, direi meno ingessata e più popolare del Presidente. Di Pertini si ricorda il grido di “Sandro!” quando si recava in visita ufficiale in città italiane e paesi stranieri, o quell’urlo di gioia ai Campionati Mondiali di Calcio del 1982. Nell'intervista Pertini mi ha fatto anche un riferimento, in tempi non sospetti, circa l'evoluzione che avrebbe avuto nei decenni la Cina, dimostrando capacità di visione oltre che di amministrazione contingente. Una rarità guardando al panorama odierno.

Di Cossiga invece spiccava la cultura e il ruolo atlantista: cosa l’ha colpita del picconatore?

Fu uno straordinario interprete dell’ancoraggio italiano agli Usa. Di Cossiga si può apprezzare l'estrema cultura classica, la visione in ambito internazionale, le relazioni euro atlantiche, il punto di vista assolutamente ficcante su un sistema che, di lì a pochi anni, nel 1993 sarebbe crollato. Senza il suo mandato non so che strada avrebbe preso l’Italia. E’stato un punto di riferimento primario, ma non dimenico anche l’estrazione culturale oltre che la capacità politica. E’stato interessante mettere a confronto i due presidenti.

Bettino Craxi invece rappresentò la rupture del duopolio Dc-Pci?

E’evidente che in quegli anni, e fino a Sigonella, emerse corposo il peso specifico del Partito Socialista Italiano, incastonato tra il sistema dominato dalla Democrazia Cristiana e le ambizioni del Partito Comunista. Le testimonianze in tal senso di Giorgio Napolitano e Nilde Iotti presenti nel volume lo dimostrano ampiamente. Craxi come figura politica e come interprete dei cambiamenti epocali fu davvero un gigante. Per primo mise l'accento sulle difficoltà che avrebbe avuto l’Europa (che si apprestava a Maastricht) a farsi Stato, come dimostrano le croncache di oggi. Previde anche la crisi del socialismo europeo.

E’un libro nostalgico?

No, tutt’altro. Con queste interviste realizzate trent’anni fa ho voluto ricordare agli italiani che cosa era l'Italia. Usciva da un periodo complicatissimo, come dimostrano i casi Moro, Sigonella, Ustica ma era all'avanguardia e non cenerentola d'Europa. L’Italia non navigava in acque tranquille, pur uscendo dall'incubo delle Brigate Rosse, così come emerge dalle parole di Pertini. Ma c'era un costrutto, un indirizzo su come era possibile elaborare una direzione di marcia. Oggi siamo reduci da populismi senza un perché. Mi chiedo dove ci porteranno senza una strategia di fondo e un retroterra culturale.

Georgios Labrinopoulos (Γιώργος Λαμπρινοπουλος) è originario di Vitina, nel Peloponneso, ma è nato ad Atene. Giunge in Italia nel 1972 e si iscrive all'Università per Stranieri di Perugia per imparare la lingua italiana. Ha frequentato la Facoltà di Lettere e Filosofia, alla Sapienza di Roma. Vive a Roma e dal 1990 è cittadino italiano. Nel 1980 entra nell’associazione Stampa estera in Italia come corrispondente, della quale è ancora membro effettivo. Nell'arco di questi anni ha lavorato per vari quotidiani greci, oltre che per un’emittente radiofonica.

Da qualche tempo il modello Occidentale, rappresentato dall’Europa viene messo in discussione in modo particolare dalle correnti politiche ideologiche come l’ambientalismo che vede nell’Occidente solo come il capitalismo che uccide il pianeta, o il fenomeno della “cancel culture”, che si scaglia contro le statue di personaggi storici, legati alla cultura occidentale. Quest’ultimo, un fenomeno che è arrivato anche a emarginare decine di professori universitari non considerati più degni di insegnare. Il cancel culture è nato nei campus universitari americani e ora si sta diffondendo anche in Europa.

Nel lontano 2004, l’allora cardinale Joseph Ratzinger, in una lectio magistralis sulle radici spirituali dell’Europa, parlò esplicitamente di autodistruzione dell’Occidente, di odio verso se stessi. «C'è qui un odio di sé dell'Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l'Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L'Europa, per sopravvivere, ha bisogno di una nuova – certamente critica e umile – accettazione di se stessa, se essa vuole davvero sopravvivere».

Ma come si è arrivati a questa aberrazione? A questa domanda ha provato a rispondere il professore Eugenio Capozzi con il suo ultimo saggio, “L’autodistruzione dell’Occidente. Dall’umanesimo cristiano alla dittatura del relativismo”, pubblicato da Historica/Giubilei Regnani 2021, 231 pagine, 17 euro).

Il saggio composto di sei capitoli, parte da lontano, nei primi capitoli ripercorre le origini dei valori fondativi dell’Occidente come viene inteso oggi.

Ad avviso di Capozzi la superiorità storica dell’Occidente si deve all’umanesimo, da intendersi in quella concezione dell’uomo (l’intreccio di filosofia greco-romana, religione cristiana e “libertarismo” celtico-germanico) quale essere fatto a somiglianza di Dio, posto al centro di un Universo razionalmente ordinato, libero artefice del proprio destino. Infatti, Capozzi, precisa: “Quale evento poteva indicare più eloquentemente la condizione speciale dell’uomo nel disegno della creazione, il suo essere fatto ‘a immagine e somiglianza’ di Dio?”.

Il 2° capitolo descrive (le radici profonde. Israele, Grecia, Roma). La formazione dell’umanesimo si fonda sul popolo di Israele, sull’uomo greco (il cittadino cosmico) e su quello romano (dal pater familias ai diritti soggettivi).

Il 3° capitolo (L’umanesimo cristiano e l’identità europea) affronta la nascita della più grande rivoluzione nata nella storia dell’uomo, dove si definisce che non ci sarà più “né giudeo né greco”. Un processo storico iniziato con la comparsa della figura di Gesù, la sua predicazione, la sua morte e resurrezione. “Per la prima volta – scrive Capozzi – nella storia umana si attribuisce un valore assoluto a tutti gli esseri umani, al di là di ogni distinzione biologica, geografica, culturale, sociale, economica”.

La fede in Dio fatto uomo in pochi decenni si espandeva dalla Galilea alla Giudea e dilagava nel bacino del Mediterraneo, attraverso i discepoli e i testimoni di umilissima origine. Questa fede “affermava che tutti gli esseri umani, nessuno escluso, e anzi proprio a partire dai più umili e fragili (i piccoli a cui Gesù continuamente si riferisce), sono preziosi, insostituibili, amati da Dio in maniera esclusiva, immortali, creati per l’eternità”.

Capozzi come altri osservatori di storia del pensiero cristiano si sofferma sul ruolo fondamentale di Paolo, “l’apostolo delle genti”. In meno di tre secoli, attraverso la sofferta storia di persecuzioni e martirio, il cristianesimo divenne la religione più diffusa nel mondo romanizzato. Tuttavia, per Capozzi, il carattere radicale e rivoluzionario del cristianesimo si può riassumere nel celebre passo della lettera ai Galati di San Paolo: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati, 3, 28).

Capozzi sviluppa questi argomenti facendo riferimento a insigni studiosi di storia delle civiltà come Rodney Stark, Gonzague de Reynold. Ma anche storici, filosofi come Etienne Gilson, Eric Voegelin e altri.

Certo la schiavitù non fu abolita subito, per molto tempo è ancora presente, anche se il cambiamento di mentalità della rivoluzione cristiana è un fatto irreversibile.

Seguendo il processo storico della formazione dell’Europa, Capozzi affronta il complesso rapporto tra l’autorità politica dell’imperatore e quella della Chiesa nel Medioevo, che si rafforza sempre di più. “Il pluralismo medievale europeo superava l’idea del princeps romano come unico garante supremo dei diritti e della sicurezza dei governati, introducendo una duplice distinzione: da un lato quella tra il potere spirituale e quello temporale (necessariamente connessi, ma non confusi tra loro); dall’altro quella tra la sovranità regale o imperiale e una somma di autorità particolari, organi rappresentativi, corti giudiziarie”. In questo contesto si rafforza il criterio fiduciario, a livello personale o di gruppo, si tratta di un patto fiduciario, dove si è costruito la complessa e multiforme realtà della società feudale, con i suoi riflessi politici e giuridici.

Così l’Europa adesso veniva concepita come un’unica e grande res publica christiana. Intanto sotto la pressione dell’avanzata islamica, il baricentro della civiltà romanizzata si sposta verso l’Europa centro-settentrionale. Nasce l’impero germanico, la civiltà europea si consolida a tutti i livelli. Si sviluppano le filosofie di di Sant’Anselmo, Alberto Magno e soprattutto San Tommaso. Questi filosofi per Capozzi contribuirono attraverso un forte confronto con le tendenze culturali del tempo alla rinascita del razionalismo.

  1. Tommaso con la sua Summa contro Gentiles e la Summa Theologiae combinò un nuovo sistema di razionalismo aristotelico con il cristianesimo. Sostanzialmente, scrive Capozzi, nasce, “una visione del mondo che divenne la base del nuovo, diffuso sistema formativo del continente, fondato sulle università”.

Da questo momento si sviluppa l’idea che i poteri arbitrari e senza limiti sono contrari alla natura umana e alle leggi divine. Con queste premesse filosofiche dell’assetto giuridico-istituzionale medievale si giunge al trattato della scuola di san Tommaso, il De regimine principum, scritto intorno al 1270. L’opera si rifà alla Politica di Aristotele, che considerava l’uomo un “animale sociale e politico”. Qui san Tommaso espone le varie forme di governo, preferendo quella monarchica con un potere limitato, regolato ed ispirato al diritto, un governo di un sovrano che è affiancato da organismi rappresentativi delle parti organizzate della società. Un governo così è “inteso non come norme approvate da un sovrano, ma come principi naturali immutabili tramandati attraverso la storia, e che per questo ingloba in sé anche gli aspetti migliori del governo aristocratico e democratico”. In nome di questi principi è previsto che i sudditi sono autorizzati a ribellarsi al sovrano se egli li viola. Pertanto, Capozzi precisa che “il razionalismo tomista elabora così, in nome dell’umanesimo cristiano, la prima teorizzazione del diritto di resistenza”.

Ma questo equilibrio politico viene interrotto dall’anti-umanesimo che è incarnato ad esempio da Lutero e dalla sua visione dell’uomo come totalmente dipendente dalla grazia divina; ma vi si inquadra anche la teoria hobbesiana, che riduce la politica a delega dei diritti e della forza dall’individuo allo Stato, al fine di conservare la mera sussistenza biologica. Siamo giunti al 4° capitolo (Tra Cristo e Faust: l’ambivalenza della modernità).

Nell’antropologia negativa protestante s’annida il germe della divinizzazione della politica, che può portare tanto a predicare l’ubbidienza assoluta al sovrano (come fa Lutero) o a creare una comunità separata che controlla strettamente gli individui (come fa Calvino). In questo momento per il professor Capozzi nasce  proto-moderna si “sviluppava una corrente di cultura ‘faustiana’, fiduciosa nella possibile trasformazione del mondo a misura dell’uomo e dei suoi desideri”. E’ questa una cultura che si ricollegava al millenarismo cristiano e a eresie già emerse nel Medioevo, come il pensiero apocalittico di Gioacchino da Fiore. Ma ancora prima in riferimento allo Gnosticismo, una delle maggiori eresie del cristianesimo. Nasce così a poco a poco una visione del mondo che si pone come parallela e alternativa rispetto all’umanesimo classico-cristiano.

Che cosa predicavano gli gnostici? “una concezione secondo la quale la realtà materiale è difettosa, e il male deve essere eliminato dal mondo attraverso un perfezionamento della natura umana, promosso da un’élite illuminata”. Questa cultura esoterica introduceva nella cultura europea un’aspirazione rivoluzionaria, millenaristica e scientista che poi sarebbe stata alla base di tutte le dottrine ideologiche a partire dalla tarda modernità.

Nel frattempo, nasce lo Stato moderno che assume per Capozzi, una posizione ambivalente rispetto alla visione del mondo umanistica medievale/postmoderna. Da un lato i sovrani garantivano sicurezza contro le minacce esterne e di anarchia. Dall’altro però, questi sovrani concentravano un potere politico enorme che comprimeva quelle garanzie di libertà, i privilegi, i diritti assegnati agli individui nella tradizione giuridico-costituzionale. Si imponeva sempre più una versione monolitica della sovranità, nasce così il sovrano assoluto illuminato. Fautore di questa versione è Tommaso Hobbes nel suo il Leviatano. Pertanto, la Riforma protestante crea una frattura radicale nel cristianesimo, da questo momento la res publica christiana lascia il posto allo Stato Moderno assolutista.

Lo Stato-macchina, il Leviatano, concepito e legittimato originariamente in senso ‘tecnico’ come strumento per combattere la ‘guerra di tutti contro tutti’”, viene considerato come un idolo a cui offrire sacrifici. Capozzi individua un legame stretto tra l’antropologia negativa protestante e il Leviatano e la rivoluzione. Tra il XVII e il XVIII secolo si sviluppa una tensione “perfettista” nella vita sociale, introdotta dalla rivoluzione protestante. Insomma, l’antiumanesimo protestante sfocia per due vie diverse (Lutero e Calvino) in una divinizzazione della politica lontana dalla tradizione cristiana. Per Capozzi esiste un evidente legame tra l’antropologia protestante con l’assolutismo e quindi con le ideologie contemporanee. A tutto questo antiumanesimo, Capozzi vede una resistenza umanistica, in particolare nel costituzionalismo liberale di John Locke. Naturalmente noi in questa presentazione non possiamo attardaci molto per seguire il percorso del professore napoletano, ma possiamo scrivere che esiste una continuità, tra l’idea tomistica del potere limitato e dalla ragione naturale e quella lockiana del fondamento della società civile. “Il sovrano non può essere assoluto, perché al di sopra di esso c’è Dio, che ha creato gli uomini ugualmente dotati, senza eccezioni, di ragione e libertà morale”.

E qui oltre a Locke, il professore Capozzi si avvale di Edmund Burke con le sue Riflessioni sulla Rivoluzione francese, guardando al modello storico del costituzionalismo inglese. In questo contesto si evidenzia la differenza tra le due rivoluzioni: quella francese e quella americana. E siamo al 5° capitolo (L’ossessione dell’”uomo nuovo”: l’era delle ideologie)

Dopo il 1789 inizia una vera e propria guerra ideologica. Il professore Capozzi ci tiene a precisare che la Rivoluzione americana, “nasceva non dalla volontà di distruggere i fondamenti di un ordinamento politico per costruirne un altro, ma da una richiesta di condivisione della cittadinanza e delle garanzie costituzionali britanniche da parte dei coloni del Nuovo Mondo”. I rivoluzionari americani non volevano realizzare una comunità nuova, né tanto meno una Città di Dio in terra. Questo semmai era l’intento dei giacobini francesi, che per certi versi stavano facendo nascere una nuova tirannide ben più intransigente dell’assolutismo.

Con la frattura rivoluzionaria francese si affermava nella civiltà europea non tanto la cultura costituzionalistico-liberale, quanto la preminenza dell’ideologia.

Da questo momento il conflitto politico non era più una contrapposizione tra appartenenze etnico-culturali o religiose, ma tra “corpi dottrinari intesi come visioni complessive del mondo, interpretazioni della storia e indicazioni pratiche da attuare per eliminare il ‘male’ dalla politica, conducendo la società verso la felicità”.

Sostanzialmente la politica diventava una “guerra di religione, ma tra religioni secolarizzate, che imitavano il cristianesimo presentandosi come un corpo di testi sacri, una “Chiesa” (i partiti), messia e/o profeti (gli ideologi e i leader di partito), santi, martiri, un culto, una liturgia”. Si potrebbero fare diversi esempi, a cominciare dal nostro risorgimento.

L’ultimo capitolo il 6°, Capozzi affronta gli ultimi due secoli caratterizzate dal dominio delle ideologie. L’Europa, dopo aver toccato il fondo con i totalitarismi, con il boom economico, l’egemonia americana e la vittoria contro il comunismo sovietico, le nuove classi dirigenti e la cultura di massa assesteranno presto alla tradizione umanistica occidentale il colpo più terribile. L’avvento del progressismo “diversitario”, il relativismo radicale, condensato nei precetti del “politicamente corretto”, smantellando ciò che rimane dell’Occidente. Ma di questo ce ne occuperemo in una prossima occasione.

 

 

É uscito il bando relativo alla 14^ Edizione 2022 del premio letterario Internazionale Citta' di Cattolica - Pegasus Literary Awards definito dalla stampa, l'Oscar della letteratura italiana il premio patrocinato dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Cattolica, è una delle maggiori manifestazioni conosciute a livello internazionale per la qualità dei contenuti nonché il più grande premio Europeo. Una kermesse che si occupa di rilanciare la cultura letteraria stimolando la creatività dei giovani e dei meno giovani, e di scoprire nuovi talenti, occupandosi nel contempo di celebrare coloro che negli anni si sono particolarmente distinti in campo culturale.

Nonostante la pandemia l'interesse per questo premio è in costante crescita le richieste di partecipazione provengono da diversi paesi del mondo Spagna e America latina in testa. Paesi dove la poesia e la letteratura sono molto sentiti. É stata prodotta un’apposita campagna in tal senso in lingua spagnola proprio per il particolare interesse suscitato in quei luoghi. Anche dagli Stati Uniti e dalla vicina Inghilterra le istanze non mancano. 

Nelle passate edizioni sono state premiate Star Internazionali del calibro di Joe Jackson che va ad aggiungersi ai tanti meravigliosi super ospiti che vi hanno preso parte nelle varie edizioni, giornalisti come Sergio Zavoli, Lucio Lami, Roberto Gervaso, Magdì Allam, scrittori come Pier Luigi Panza, Gabriel Nissim, registi come Pupi Avati e Leandro Castellani vincitore del Leone d'oro al festival di Venezia, Ma anche musicisti come Vince Tempera, Mario Lavezzi, Pivio e autori di testi come Cristiano Malgioglio. Tanti anche i vincitori di premi di prestigio quali Roberto Pazzi già trionfatore del Campiello. Ampio spazio viene dato ad autori emergenti e a nuovi talenti che trovano nel Premio Città di Cattolica l'ideale trampolino di lancio verso la notorietà.

Il Premio mette in palio ogni anno numerosi premi in denaro e diversi contratti editoriali per trasformare in realtà il sogno di vedere pubblicato e distribuito il proprio libro su scala nazionale tramite le librerie del gruppo Feltrinelli e Ubik.

 

 

 

 

 

 

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