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Lunedì, 06 Maggio 2024

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Venerdì 20 dicembre a Roma nella sede centrale dell’Ass. Stampa Estera è stato un incontro dell’Associazione Veneziana Albergatori con i giornalisti esteri ed italiani per parlare della situazione attuale di Venezia!
L’acqua alta è un fenomeno ordinario, passeggero e da sempre parte della vita dei veneziani. Ma dalla marea di novembre, che ha raggiunto un livello eccezionale per una coincidenza rarissima di 4 fattori a loro volta sporadici, la città di Venezia, patrimonio dell’umanità, è stata penalizzata due volte: la prima dall'acqua che ora si è asciugata ma che ha lasciato dietro di sé milioni di euro di danni, la seconda dall'effetto che le immagini della città sommersa hanno avuto sugli arrivi di turisti da tutto il mondo.

“Per questo motivo crediamo sia necessario fare chiarezza – ha spiegato il presidente dell’Associazione Veneziana Albergatori, Vittorio Bonacini -. Le immagini hanno fatto il giro del mondo ma un altro aspetto, altrettanto importante, non ha fatto breccia: l’evento straordinario del 12 novembre è durato un’ora e mezza, la marea è scesa e nel giro di poche ore la situazione è tornata nella norma. I cittadini di Venezia, gli imprenditori e i loro collaboratori hanno fatto un lavoro incredibile e per chi visita la città non c’è alcun disagio né pericolo. Tuttavia da metà novembre si vive un calo di prenotazioni senza precedenti, con una flessione che non si è registrata nemmeno in seguito all’attentato alle torri gemelle, che si aggiunge alle cancellazioni che si stanno rivelando inarrestabili anche per i primi mesi del 2020. Nel primo mese abbiamo avuto un picco del 45% di disdette, mentre si continuano a cancellare eventi, convegni e altri importanti appuntamenti programmati in città fino alla prossima primavera. Se il Natale non è mai stato un periodo da tutto esaurito, un dato eclatante è quello del Capodanno: se l’anno scorso l’occupazione era al 100% quest’anno è sotto il 50%”.
L’Associazione Veneziana Albergatori ha voluto quindi convocare la stampa di tutto il mondo per correggere alcune informazioni circolate in modo sbagliato.
“Venezia convive da sempre con il fenomeno dell’acqua alta che segue il ciclo della marea: per 6 ore cresce e 6 ore cala – ha aggiunto Bonacini - i suoi cicli sono calcolati già per tutto il 2020 e non creano alcun disagio. Capita, ogni tanto e solo in alcune zone della città, di dover camminare su passerelle che vengono già predisposte appunto perché la marea non coglie i veneziani di sorpresa. Che cosa è successo il 12 novembre? Una coincidenza rarissima di alcuni fattori a loro volta sporadici: una marea più alta del normale per la luna piena e l’allineamento della terra, la luna e il sole, la laguna “gonfia” per la bassa pressione nell’Alto Adriatico e il vento di scirocco che spingeva l’acqua sulla costa a una velocità di 126 chilometri orari”. Ma se l’acqua dopo un’ora e mezza l’acqua era già scesa, certe immagini sono più difficili da dimenticare, soprattutto se i dati delle maree vengono interpretati in modo sbagliato. “Si rende quindi necessario fare chiarezza. Che cosa vuol dire una marea di 187 centimetri? Se quella fosse l’altezza reale noi saremmo tutti sommersi: in realtà il punto di partenza per calcolare la marea sulla città non è la pavimentazione ma un “punto 0 mareografico” di Punta della Salute. La città è, per il 97% a circa 100 centimetri sopra il livello del medio mare. E quindi, per fare un esempio, una marea eccezionale di 140 centimetri, che già è rara, corrisponde in realtà a circa 60 cm di acqua nei punti più bassi della città, come piazza San Marco, e allaga circa il 54% del centro storico”.
Nel corso della conferenza stampa sono state proposte alcune testimonianze.
Stefania Stea, albergatrice (titolare dell’hotel Ca’ Nigra) e vicepresidente Ava: “Il mio e altri hotel hanno subito danni, a causa dell’acqua alta, ma non hanno chiuso. In alcuni casi, come è accaduto a Ca’ Nigra, i clienti che soggiornavano nelle strutture non si sono nemmeno accorti dell’accaduto. I miei ospiti dormivano, perché le stanze sono ai piani superiori, e quando si sono svegliati hanno fatto colazione al piano terra senza disagi perché tutto era a posto. Siamo rimasti senza luce per un’ora, questo è l’unico disagio arrecato a chi casualmente era ancora sveglio. Un lavoro di squadra possibile anche grazie alla disponibilità di tante persone, come gli elettricisti che sono partiti dalla terraferma e hanno passato la notte in hotel per permetterci di essere pronti, al mattino, senza un minuto di ritardo”. Tuttavia il giorno successivo l’hotel era vuoto a causa dei timori scatenati dalle immagini circolate in rete. “Tutte le prenotazioni sono state cancellate. Sono stati annullati un convegno dell’università e il compleanno di un personaggio noto e di conseguenza sono saltati tutti i pernottamenti. Da lì, a ruota, le cancellazioni non si sono mai fermate, mentre le nuove prenotazioni vanno a rilento e alcuni mercati, come quello americano, si sono completamente arrestati nonostante le tariffe accattivanti. Il Capodanno è in sofferenza e sembra che i turisti di tutto il mondo non abbiano capito che è prevista la solita grande festa, con i celebri fuochi d’artificio. Quindi abbiamo deciso di lanciare un nuovo messaggio e di invitarvi a Venezia per raccontare la verità sulla città. Quella che sembra una città in perenne stato di allarme in realtà non lo è”.
Per questo motivo l’Associazione Veneziana Albergatori ospiterà a Venezia i giornalisti che vorranno raccontare la situazione reale nei giornali, le radio e le televisioni di tutto il mondo.
Lorenza Lain, General Manager dell’hotel Ca’ Sagredo: “Abbiamo superato l’emergenza in tempi rapidi perché siamo organizzati e abituati a gestire l’acqua alta, con cui conviviamo. Si è trattato di un evento straordinario ma l’acqua, va ricordato, è un fenomeno che appartiene a Venezia. Ed è importante che si capisca, perché non è chiaro, che non è affatto pericolosa e non mette a rischio la vita delle persone. Dopo il 12 novembre, dagli Stati Uniti, tanti clienti abituali e amici ci chiamavano per chiedere se avessimo bisogno di aiuti o di tende. Risulta difficile rendersi conto che non si tratta di un uragano o uno tsunami ma di qualcosa che per Venezia è normale. I visitatori di tutto il mondo devono venire in città e goderne, perché in questo periodo dell’anno è bellissima e perché l’anno prossimo i grandi eventi saranno come sempre meravigliosi e perfettamente organizzati. E il modo migliore per sostenere Venezia, in questo momento, è visitarla. Ringraziamo le tantissime persone che hanno sostenuto Ca’ Sagredo e, attraverso noi, la città, dandoci un sostegno non solo economico ma anche psicologico”.
 
A Venezia è rivolta anche l’attenzione di Federalberghi nazionale, come conferma il presidente Bernabò Bocca che lancia un appello al governo: “Se non si pensa a Venezia, è come non pensare al proprio Paese. Questa città è patrimonio universale e necessita di uno sforzo corale per riemergere metaforicamente dall’acqua alta. Da quanto tempo la Serenissima aspetta azioni adeguate rispetto alla prevenzione del rischio? È una città sull’acqua, dunque particolarmente sensibile a specifici problemi atmosferici. Ma più ancora dei fenomeni meteorologici devastanti, fa paura l’indifferenza: il tema infatti non è solo Venezia ma è piuttosto la trascuratezza riservata al nostro turismo. A fronte di un patrimonio culturale, paesaggistico, monumentale ed artistico impareggiabile che dimostra di saper produrre cifre a tanti zeri, le imprese del settore ricettivo sembrano affacciarsi su una piazza vuota, priva di ascolto, perché a questo valore aggiunto non corrispondono misure adeguate. Tutto rientra in un'unica grande verità, e cioè che il turismo nel suo complesso deve tornare al centro dell’agenda di governo, la politica lo deve al Paese ed a tutti gli italiani.  Ora è determinante prendere velocemente provvedimenti e comunicarli all'esterno. Perché le immagini dei tg che hanno fatto il giro del mondo certo non incentivano i turisti a visitare Venezia e il crollo delle prenotazioni ce ne dà palese conferma”.
 
Allora, tutti a Venezia per brindare al Nuovo Anno 2020!

Da tempo il cardinale Robert Sarah ci ha abituato a riflessioni forti attraverso i suoi interventi e in particolare nei suoi libri. Da qualche mese è uscito l'ultimo suo libro scritto anche questo in forma di conversazione con il giornalista scrittore Nicolas Diat. Il titolo del testo, «Si fa sera e il giorno ormai volge al declino», pubblicato in Italia anche questo da Cantagalli (2019). Su invito de La Nuova Bussola Quotidiana il testo è stato presentato dallo stesso cardinale il 9 novembre scorso a Milano presso l'Auditorium “Cardinale Ildefonso Schuster”alla presenza di oltre cinquecento persone.

Nelle quattro parti il cardinale rispondendo alle domande di Diat dà giudizi chiari sulla crisi della fede, della Chiesa, sul declino dell'Occidente, il tradimento delle sue èlite, sul relativismo morale, la globalizzazione senza regole, il capitalismo sfrenato, le nuove ideologie, la traballante politica, sul pericolo del fondamentalismo islamico.

Quella del cardinale Sarah è una analisi che non fa sconti, il prelato ci invita a prendere coscienza della gravità della crisi che sta attraversando il nostro Occidente.  Nello stesso tempo però il cardinale ci mostra che ancora è possibile rialzarsi per evitare di precipitare negli abissi infernali di un mondo senza Dio, senza umanità e senza speranza.

E' una riflessione a trecento sessanta gradi, nella quale il cardinale ancora una volta ci offre una preziosa lezione di vita e di spiritualità per edificarci e alimentarci spiritualmente.“Si fa sera...” è l'ultimo dei tre libri scritti con l'aiuto del giornalista Diat; “Dio o niente”, è il primo, “La forza del silenzio”, il secondo, pubblicati in Italia sempre dalla casa editrice di Siena, Cantagalli.

Il cardinale inizia presentando il suo nuovo testo partendo da Giuda Iscariota, il traditore. Prendendo a prestito le parole di papa Francesco, anche sulla nostra epoca incombe il mistero di Giuda. Per il cardinale occorre avere il coraggio di denunciare con chiarezza tutti i tradimenti all'interno e fuori della Chiesa. Giuda ha tradito e voleva realizzare il Regno di Dio sulla terra, con strumenti umani e secondo il proprio personale disegno. Anche noi vogliamo fare come Giuda e il suo mistero si dilata. Sarah ha presente come da tempo nella Chiesa si assiste alla messa in dubbio della sua dottrina. Sedicenti intellettuali, teologi si divertono a decostruire i dogmi, a svuotare la morale. Alcuni nella Chiesa, arrivano persino a rivendicare il diritto di esercitare comportamenti omosessuali.

«Il relativismo è la maschera di Giuda travestito da intellettuale». Tuttavia, monsignor Sarah è convinto che nessuno riuscirà a screditare la luminosa testimonianza di più di quattrocentomila sacerdoti sparsi per il mondo che ogni giorno sono fedeli e servono il Signore in santità e letizia.

Il libro è stato scritto per tutti quei cristiani che tremano, vacillano, dubitano. Il cardinale vuole dire a questi cristiani: “rimanete saldi nella dottrina! Nella preghiera!”.

Comunque sia il maligno, il diavolo ci tenta con il veleno subdolo del tradimento, vuole dividerci, farci credere che la Chiesa ha tradito. Certo la Chiesa è senza peccato, anche se è piena di peccatori. «Non abbandonatevi all'odio, alla divisione, alla manipolazione. Ci esorta Sarah, «Non si tratta di creare un partito, di insorgere gli uni contro gli altri[...]». Di fronte al male, all'aumento dei peccati all'interno della Chiesa «siamo tentati di purificare la Chiesa con le nostre forze. Sarebbe un errore». Questo significa ripiombare ancora nell'illusione mortifera di Giuda.

Il cardinale è categorico: «la Chiesa non può essere riformata con l'odio e la divisione. La Chiesa si riforma incominciando a cambiare noi stessi! Non esitiamo, ciascuno secondo le proprie possibilità, a denunciare il peccato, a partire dal nostro».

Probabilmente la Chiesa ha bisogno di una profonda riforma come ai tempi di S. Francesco o di S. Domenico. Questi sono tempi che bisogna rafforzare l'unità nella Chiesa. Il cardinale individua quattro pilastri a base dell'unità: la preghiera, dobbiamo ritrovare “il senso delle lunghe e pazienti veglie in compagnia del Signore”, diversamente lo tradiremo. “Senza la preghiera la più efficace azione sociale sarebbe inutile e persino nociva”. Si tratta di mettersi in ginocchio, in silenzio e adorare il Signore.

Il secondo pilastro è la dottrina cattolica. Serve un insegnamento chiaro, fermo e sicuro. “Dio non può abitare là dove regna la confusione!”. Serve l'unità del Magistero. «Quando ci viene trasmesso un insegnamento nuovo, esso deve sempre venire interpretato coerentemente con quello che l'ha preceduto. Se introduciamo rotture e rivoluzioni spezziamo l'unità che regge la Santa Chiesa attraverso i secoli. Ciò non significa - continua il cardinale - essere condannati al fissismo. Ma ogni evoluzione deve essere una migliore comprensione e un approfondimento del passato». Sarah fa riferimento all'”ermeneutica di riforma nella continuità, che Benedetto XVI ha insegnato con tanta chiarezza”. E' questa l'unica condizione dell'unità. Pertanto per il cardinale Sarah, «coloro che annunciano con tanto clamore il cambiamento e la rottura sono falsi profeti. Essi non cercano il bene del gregge. Sono mercenari introdottosi con l'inganno nell'ovile».

Il terzo pilastro è l'amore verso Pietro. Gesù ha affidato la sua Chiesa a un uomo. Un uomo che lo ha tradito tre volte davanti a tutti. “Sappiamo che la barca della Chiesa non è affidata a un uomo in virtù di capacità fuori dal comune”. Tuttavia crediamo che quest'uomo, “godrà sempre dell'assistenza del pastore divino perchè possa conservare salda la regola della fede”. Interessante la riflessione del cardinale sui pastori pieni di difetti e di imperfezioni:“non è disprezzandoli che costruirete l'unità della Chiesa. Non abbiate paura di esigere da loro la fede cattolica, i sacramenti della vita divina”. Ricordando le parole di sant'Agostino, Sarah, afferma che “quando celebra i sacramenti anche il più indegno dei sacerdoti rimane comunque lo strumento della grazia divina”. Ancora chiarisce: «se pensate che i vostri sacerdoti e i vostri vescovi non siano dei santi, allora siatelo voi per loro. Fate penitenza, digiunate per riparare le loro colpe e le loro pusillanimità. Solo così si può portare il fardello l'uno dell'altro».

L'ultimo pilastro è quello della carità fraterna.

Il tanto odio e la tanta divisione, sfigurano la Chiesa. Pertanto il cardinale auspica che almeno tra noi credenti ritroviamo«[...] un po' di carità. E' ora di annunciare la fine del sospetto e della diffidenza! Per noi Cattolici è ora di intraprendere 'un vero cammino di riconciliazione'». Sostanzialmente i cristiani devono fare come S.  Francesco: “Va' e ripara la mia Chiesa!”.

Nella I parte il libro affronta il “declino spirituale e religioso”. Che la fede sia in crisi, lo si avverte facilmente. Il mondo moderno ha paura dello sguardo di Cristo, si chiude e non si lascia guardare, farà la fine di Giuda, cadrà nella disperazione. «E' impossibile credere da soli, come è impossibile nascere o generarsi da sé. La fede non è soltanto una decisione individuale assunta dal credente nella propria interiorità[...]Alcuni, oggi, vorrebbero ridurre la fede a un'esperienza soggettiva e privata. La fede, tuttavia, nasce sempre nella comunità della Chiesa[...]».

In un discorso ai sacerdoti, Benedetto XVI, affermava che “non c'è una maggioranza contro la maggioranza dei santi: la vera maggioranza sono i Santi nella Chiesa e ai Santi dobbiamo orientarci».

Il cardinale Sarah a questo proposito ci tiene a ribadire che la Chiesa non può essere trasformata sul modello delle democrazie moderne. Alcuni vorrebbero che il governo della Chiesa fosse affidato ad una maggioranza. «La Chiesa non è una democrazia nella quale alla fine è la maggioranza a prendere le decisioni. La Chiesa è il popolo dei santi». Comunque per quanto sforzi facciamo per migliorare la vita della Chiesa o della società, è sempre una piccola minoranza a trasformarla, sono i santi, uomini e donne che hanno trovato l'essenziale.«La terra rinasce e si rinnova grazie ai santi e al loro attaccamento indeffettibile a Dio e agli uomini che vogliono condurre alla salvezza eterna». Basta leggere la vita dei santi sociali torinesi come Giovanni Bosco o Giuseppe Cottolengo per capire quanto di vero c'è in quello che scrive monsignor Sarah.

Più avanti il caridinale ribadisce che le vere riforme nella Chiesa sono fatte dai santi. «Chi pretende di riformare la Chiesa come si riforma una società temporale, non solo fallisce nella sua impresa, ma finisce inesorabilmente per ritrovarsi al di fuori della Chiesa […] I vizi della Chiesa si riformano solo ricorrendo all'esempio delle sue virtù più eroiche. San Francesco non è forse inorridito meno di Lutero per la dissolutezza e la simonia dei sacerdoti[...]». Sappiamo poi come Francesco ha risollevato la Chiesa. Dunque la Chiesa non ha bisogno di riformatori, ma di santi, afferma Sarah.

Del resto «tutta la storia della Chiesa mostra che è sufficiente un solo santo per trasformare migliaia di anime». Pensiamo al santo Curato d'Ars, o a santa Teresa del Bambin Gesù. Pensiamo alla Chiesa primitiva, erano una minoranza, ma hanno trasformato il mondo. Attenzione scrive Sarah: «Cristo non ha mai promesso ai suoi fedeli che sarebbero diventati una maggioranza».

Comunque il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. A questo che dobbiamo una risposta,“tutte le altre riforme rimarranno inefficaci”, ribadiva Benedetto XVI. La perdita del senso della fede è la radice profonda della crisi della civiltà che stiamo vivendo. Il nostro tempo assomiglia molto ai primi secoli del cristianesimo, quando l'Impero Romano stava andando in frantumi. Con la perdita di Dio, tutto è perduto, l'uomo diventa barbaro e vagabondo, ignorando di essere figlio ed erede di un Padre che l'ha creato con amore.

Il cardinale chiarisce come deve essere il rapporto della Chiesa col mondo. I cristiani non devono fare solo missioni umanitarie. “Senza Cristo la carità è una pagliacciata”. Le organizzazioni caritative cattoliche non possono ridursi a delle ONG tra le tante. «Tutti i grandi santi che hanno servito i poveri hanno fondato il loro impegno caritativo sull'amore di Dio». Del resto lo ha detto anche papa Francesco, «possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, sposa del Signore [...]».

Più avanti il cardinale polemizza con chi nelle omelie non insegna più la realtà della salvezza, la vita eterna, del peccato originale, non si prende in considerazione l'azione del demonio. Non c'è più preoccupazione per l'al di là.

Legato alla crisi della fede, c'è la crisi del sacerdozio, espresso non solo per i gravi atti criminali della pedofilia. Il sacerdote non deve farsi prendere dal mondo, deve essere un uomo di Dio, di preghiera, soprattutto quella silenziosa davanti al tabernacolo, è qui che nascono i frutti meravigliosi del loro ministero pastorale. Il cardinale dà molti consigli ai sacerdoti, li invita ad unire la contemplazione con l'azione, a non disperdersi nell'esteriorità e nell'attivismo.

Monsignor Sarah, elenca alcune tentazione mondane da evitare. Seguire Cristo, significa rinunciare al mondo, ai suoi criteri e alla sua approvazione. I sacerdoti devono essere segno di contraddizione, temere la popolarità e il successo. Devono preoccuparsi quando hanno l'applauso.

I sacerdoti non devono avere una visione ragioneristica ed economicistica del sacerdozio. Non devono tanto preoccuparsi di sapere se sono apprezzati dai propri fedeli. Non devono essere troppo attivi; l'attivismo atrofizza l'anima. Occorre un po' riflettere sulla scristianizzazione della società, è probabile che molte colpe sono dei sacerdoti. I laici si aspettano dai sacerdoti che dicano con chiarezza e fermezza la dottrina di Dio, non le loro opinioni. «Quando la fede del clero si affievolisce, si produce come un'ecclissi: il mondo sprofanda in oscure».

Il sacerdote non deve approfittare della propria autorità sul popolo di Dio per esporre idee personali. Sarah fa riferimento alle parole profetiche e allarmanti di Hans Urs von Balthasar, sulla confusione all'interno della Chiesa, la colpa è della predicazione di una « secolarizzante (nel cui novero va sempre incluso una gran numero di religiosi)».

I sacerdoti non devono assumere ruoli di assistenti sociali, devono rendere tutti i cristiani discepoli e missionari, pronti a morire per Cristo e il suo Vangelo. Devono vigilare affinchè la fede resti autentica, fedele, che non venga meno, che non venga né alterata né sclerotizzata. «Un sacerdote è un buon pastore. La sua priorità non deve essere quella di impegnarsi in favore della giustizia sociale, della democrazia, dell'ecologia o dei diritti dell'uomo. Queste deviazioni – per monsignor Sarah – fanno del sacerdote un esperto in ambiti molto lontani dall'identità sacerdotale voluta da Cristo».

Le domande incalzanti e pertinenti del cardinale rivolte ai sacerdoti sono stimolanti: come si fa a vincere la povertà materiale se non si combatte quella spirituale? Come si fa a lottare contro la corruzione, la violenza, le ingiustizie, senza la luce del Vangelo, «se Dio viene allontanato dalle preoccupazioni umane, politiche ed economiche?»

Quando la vita catechetica è scarsa, al punto che i cristiani non conoscono più i fondamenti della propria fede, non c'è da meravigliarsi se l'evangelizzazione risulti insufficiente. Il cardinale insiste sulla formazione permanente dei credenti, è un'opera fondamentale. «Come si può nutrire i fedeli se questi non ascoltano altro che una piccola omelia di dieci minuti ogni settimana? Non è vero che le persone smettono di ascoltare : se la loro capacità di attenzione è così limitata, come possono stare ore e ore davanti alla televisione?».

Il clero fa troppe cose ma trascura l'essenziale che è quello della preghiera, di insegnare, di santificare e di condurre a Dio il popolo cristiano e tutti coloro che cercano il Signore. Il rimanente spazio del paragrafo viene dedicato all'importanza del celibato dei sacerdoti e del ruolo della donna nella Chiesa.

Gli ultimi due paragrafi sono dedicati alla crisi della Chiesa. Una Chiesa che assomigli a un partito, a un club o a una società di pensiero non serve. «La Chiesa genera interesse solo in quanto è la Chiesa di Cristo».

Da questo momento il cardinale spesso cita l'ottimo libro-intervista del cardinale Ratzinger fatto con Vittorio Messori, “Rapporto sulla fede”. Un riferimento indispensabile per comprendere molte cose che sono successe all'interno della Chiesa.

Chiaramente quando si parla di crisi della Chiesa, il cardinale ci tiene a precisare, che la Chiesa in quanto Corpo mistico di Cristo, continua a essere “una, santa, cattolica, e apostolica”, l'insegnamento dottrinale e morale rimangono invariati, immutabili, questa Chiesa non è in crisi, essa gode della promessa della vita eterna. Il problema siamo noi, a opporre resistenza, nella nostra vita concreta. E tuttavia oggi per il cardinale c'è una crisi del Magistero, ci sono vescovi e sacerdoti che sembrano contraddirsi, «ciascuno impone la propria opinione personale come fosse certezza. Ne risulta una situazione di confusione, di ambiguità e di apostasia. Un grande disorientamento, un profondo smarrimento e devastanti incertezze sono stati inoculati nell'animo di molti fedeli cristiani».

Eppure il Magistero rimane la garanzia di unità di fede nella Chiesa. «Purtroppo, alcuni tra coloro che dovrebbero trasmettere la verità divina con infinita precauzione non esitano a mescolarla con le opinioni alla moda, cioè con le ideologie del momento. Come riuscire a fare discernimento? Come trovare un cammino sicuro in mezzo a tale confusione?».

Il cardinale Sarah invita a stare attenti al vero progresso della fede e che non sia un cambiamento che trasformi la dottrina in un'altra. Ancora il cardinale supplica vescovi e sacerdoti a non affidarsi a commenti su internet, «non lasciamoci imporre il ritmo dai media, sempre pronti a parlare di cambiamenti, di capovolgimenti o di rivoluzioni. Il tempo della Chiesa è un tempo lungo. E' il tempo della verità contemplata che dona i suoi frutti se lasciata tranquillamente germinare nel terreno della fede».

Anche per Sarah la crisi della Chiesa risale al Concilio Vaticano II. Il post-Concilio non si rivelò quello sperato. Jaques Maritain evoca «la febbre neo-modernista, molto contagiosa almeno nei circoli detti 'intellettuali', tale che il modernismo dei tempi di Pio X non appare al confronto che un modesto raffreddore da fieno [...]».

Il cardinale elenca i vari errori commessi in quegli anni, il primo quello di affermare che il Vaticano II sia stato uno “strappo”, una frattura, rispetto al passato, abbandonando la Tradizione. «C'è invece una continuità che non permette né ritorni all'indietro né fughe in avanti; né nostalgie anacronistiche né impazienze ingiustificate». Per Sarah, «è all'oggi della chiesa che dobbiamo restare fedeli, non allo ieri o al domani: e questo oggi della Chiesa sono i documenti del Vaticano II nella loro autenticità. Senza riserve che li amputano. E senza arbitrii che li sfigurano».

Per Sarah il Magistero non potrà mai rompere con la Tradizione. Non siamo noi a costruire la Chiesa, ma Cristo, attraverso la sua parola e con l'Eucarestia. Monsignor Sarah, puntualizza che la struttura della Chiesa è gerarchica, monarchica, non possiamo accettare una sua visione orizzontalistica che conduce inevitabilmente al desiderio di conformare le sue strutture a quelle della società politiche. Nella Chiesa non si ubbidisce come in una società politica. L'obbedienza autentica cattolica è rivolta a Dio. Non ci si rivolge ai vescovi, al papa come a dei capi, a dei dirigenti.

Dopo la crisi della Chiesa il cardinale affronta quella dell'Occidente che sta attraversando una forma di depressione, di intorpidimento, di stanchezza spirituale. Oggi l'uomo occidentale è imprigionato in una tragica triade: torpore, livore e concitazione. C'è una diffusa mancanza di speranza, disprezzo per la fedeltà e per la fecondità.

Il rimedio non si trova in noi ma in Dio, dobbiamo ritornare a meravigliarci come fanno i bambini, contemplando il presepio, il Dio bambino che si fa prossimo. In occidente la morte di Dio ha portato a rifiutare il sacro e gli uomini si affidano sempre più a pratiche magiche e pagane. Il cardinale fa riferimento alle continue profanazioni e violazione delle chiese, dei cimiteri, dei luoghi sacri. Nella II parte (“L'uomo svilito”) il testo affronta tutte le crisi che riguardano l'uomo e la donna, per essere più chiari potremmo definirli “i frutti marci” del sessantotto. Si parla della “morte del padre”, di riscoprire la nozione di natura, della legge naturale. Poi dell'ideologia del Gender, che mette in discussione la femminilità e la mascolinità, attribuendole a creazioni culturali della società. E poi si assiste alla distruzione della famiglia, dove il demonio fa di tutto per dividere. Il cardinale punta la sua attenzione sulla strumentalizzazione e mercificazione della donna, sul suo corpo svilito e calpestato. I gravi pericoli della pornografia, dell'aborto, una società dove la donna uccide il proprio figlio è una società di barbari.

Il cardinale cita la grande figura di suor Madre Teresa di Calcutta, che ci ha messo in guardia contro il delitto dell'aborto. Del resto anche papa san Giovanni Paolo II, spesso parlava, denunciava che l'Occidente viveva nella cultura di morte. E poi l'eutanasia, ultimo disprezzo per la vita umana. La società occidentale per certi versi sta ritornando allo stato di società primitiva. E' urgente per il cardinale che la Chiesa reagisca a questa cultura di morte, creando delle “oasi di vita”.

Nella III parte (“Il crollo della verità, la decadenza morale e gli errori politici”) si affrontano i mali dell'Occidente, della vecchia Europa, della teoria del transumanesimo, l'utopia che mira a creare un uomo eterno, creando nuove forme di vita. Si affrontano i mali causate dalle ideologie assassine del Novecento. «Il nazismo, il fascismo e il comunismo hanno successori terribili», scrive Sarah, sono le nuove ideologie che negano la dignità dell'uomo come l'aborto, l'eutanasia, ma anche il fanatismo islamico. Il cardinale li chiama le utopie mortali del “mondo nuovo”.

L'Occidente non si ama più, è pronto al suicidio, c'è in atto un processo di autodistruzione. Anche per Robert Sarah, stiamo vivendo come all'epoca della caduta dell'Impero Romano. Il cardinale affronta tutti i temi attuali come quelli dell'immigrazione, della perdita della propria identità europea. Il grande potere dei Media. E poi la globalizzazione con i suoi frutti nefasti. Il volto delle democrazie postmoderne (che non sono democrazie) il capitalismo con i suoi frutti perversi, soprattutto in Africa. Sarah da uomo africano punta il dito sulle nostre mancanze, sugli errori dell'Occidente, nelle sue analisi, cita spesso il grande dissidente, l'ex prigioniero dei gulag e uomo di cultura Aleksandr Solzenicyn, un uomo profetico che va studiato.

L'ultima parte, la IV (“Ritrovare la speranza: la pratica delle virtù cristiane”). Il programma per risollevarsi c'è già: “è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione”, afferma Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica, Novo millennio ineunte. La Chiesa e quindi il cardinale nel suo libro, per venirne fuori, offre le quattro virtù: la prudenza, la temperanza, la fortezza, la giustizia.

La conferenza è stata organizzata dalla NATO Defense College Foundation in collaborazione con il NATO Science for Peace and Security Programme, il Policy Center for the New South e il NATO Defense College e si è tenuta presso la Sala della Protomoteca nel Campidoglio a Roma.
Nell’arco di tre sessioni, lo scopo dell’evento è stato quello di discutere le evoluzioni più recenti delle strategie e delle strutture dei network jihadisti dopo la sconfitta territoriale del Califfato Islamico. Gli interventi degli oratori hanno delineato quali sfide emergenti gli attori nazionali e internazionali si troveranno ad affrontare: dalla connessione sempre più profonda tra reti criminali e terroristiche alla struttura sempre più complessa dei loro assetti finanziari; dai nuovi terreni di scontro ai focolai di radicalizzazione in Europa e oltre.
Il dibattito si è poi concentrato sulle misure concrete più adatte per contrastare efficacemente e su più livelli tanto la propaganda jihadista e il traffico illecito online, quanto l’estremismo violento in zone di conflitto.
Alessandro Minuto-Rizzo - Presidente, NATO Defense College Foundation, Roma
“Negli ultimi anni, abbiamo assistito all’evoluzione del concetto di sicurezza, che si sta sempre più ampliando col passare del tempo. [...] Attori non-statali di diverso tipo, gruppi e a volte persino singoli individui, stanno portando alla luce una realtà diversa, ponendo una seria minaccia alla comunità internazionale. [...] Oltre Al Qaeda e la sconfitta dello Stato Islamico, siamo oggi testimoni dell’ascesa di un terrorismo di nuova generazione e di tutta una serie di rischi legati alle tendenze sociali di un mondo sempre più globalizzato”.
Stefano Silvestri - Vicepresidente, NATO Defense College Foundation, Roma
“La vittoria militare sul sedicente Califfato non ha di certo messo fine alla minaccia terroristica. La guerra al terrore ha avuto qualche successo, ma è lungi dall’essere definitivamente vinta. [...] Le attività di contro-terrorismo dovrebbero dare priorità alle indagini sull’economia sommersa e cercare di esercitare una pressione sempre maggiore sulla criminalità organizzata al fine d’indebolire il suo legame con le organizzazioni terroristiche, privandole dei mezzi di autofinanziamento”.
Fernando Reinares - Direttore, Programma sulla Radicalizzazione Violenta e il Terrorismo Globale, Elcano Royal Institute, Madrid
“A partire dal 2013, lo Stato Islamico è stato in grado d’innescare una straordinaria mobilitazione jihadista, in particolare in Europa occidentale. I giovani musulmani (18-25 anni) che vivono in questa parte del continente sono rappresentati da una percentuale di foreign fighter in Siria e Iraq che è di 20 volte maggiore rispetto a quella dei foreign fighter provenienti dal resto del mondo. [...] ll salafismo spesso insegna che le democrazie e i valori occidentali sono haram, vietati. Non è un caso che in Europa ci sia una stretta correlazione tra un’alta presenza di predicatori salafiti e un alto livello di radicalizzazione”.
Louise Shelley - Direttrice, Terrorism, Transnational Crime and Corruption Center / Professoressa Universitaria, Schar School of Policy and Government, George Mason University, Fairfax
“Giusto per darvi un’idea della dimensione dei network criminali transnazionali, un caso perseguito di recente negli Stati Uniti ha rivelato una rete cinese di traffici illeciti attiva in più paesi nel mondo (tra cui USA e Australia) e da cui oltre 40.000 soggetti hanno acquistato beni. La dimensione del virtuale permette al crimine transnazionale di operare in modo molto più anonimo: la consegna dei prodotti è più rapida e consente la creazione di reti più agili rispetto a organizzazioni più strutturate e, quindi, più rigide. Gli attori coinvolti sono tanto statali quanto non statali e al giorno d’oggi vengono trafficati persino beni immateriali come malware, ransomware, botnet e proprietà intellettuale”.

Jeffrey Hardy – Direttore Generale, Transnational Alliance to Combat Illicit Trade, New York
“Che ruolo gioca il traffico illecito nel finanziamento delle organizzazioni terroristiche? Innanzitutto, il commercio illegale ha un impatto diretto sul PIL di un paese, poiché le entrate fiscali vengono sottratte all’economia ufficiale. L’impatto più grande è poi ovviamente sui paesi in via di sviluppo. Di conseguenza, le economie illegali favoriscono la corruzione e l’indebolimento dello stato di diritto, creando così un terreno fertile per altre attività criminali e terroristiche”.
Filippo Musca – Direttore Generale, The Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights, Siracusa
“Quanto più uno stato è fragile, tanto maggiore è la possibilità per un gruppo criminale o terroristico di acquisire influenza. I gruppi terroristici si stanno sempre più adattando alle dinamiche dei gruppi criminali, modificando strutture e modalità operative. Le attività di contro-terrorismo devono affrontare le cause alla base del fenomeno ed essere proattive, tenendo in considerazione la forza d’attrazione di tali gruppi. La povertà e la mancanza di opportunità sono tra i principali fattori che possono portare alla radicalizzazione. Di qui la necessità di analizzare il contesto sociale e politico in cui i gruppi nascono”.

Si è svolto oggi a Roma, nella sala stampa dell’Ass. Stampa Estera la conferenza stampa di presentazione dei risultati del Rapporto Eco-Media 2019
sulla copertura delle notizie ambientali da parte dei principali TG italiani.
Conferito anche il Premio “Giornalisti per la Sostenibilità”.
Quanto spazio dedicano i principali TG italiani a notizie relative all’ambiente? E con quali connotazioni? A questi due importanti quesiti risponde il Rapporto Eco-Media 2019, promosso da Pentapolis Onlus e presentato oggi a Roma: dai risultati del monitoraggio effettuato tra il 1 gennaio e il 30 settembre 2019 sulle notizie legate all’ambiente proposte all’interno dell’edizione del Prime Time dei telegiornali delle sette reti nazionali (Rai1, Rai2, Rai3, Rete4, Canale5, Italia1, La7) è emerso che lo spazio dedicato all’ambiente è pari al 10% delle notizie, in leggera crescita rispetto al dato registrato nel 2018. Complessivamente sono stati 36.896 i servizi realizzati, di questi 3.773 quelli dedicati all’ambiente.
Il grande cambiamento riguarda la composizione interna alle notizie. La definizione “Ambiente in generale” comprende tutte le notizie nel cui racconto l’Ambiente ricopre un ruolo fondamentale. Vengono quindi comprese all’interno di questa definizione quattro categorie:
- la Cronaca dei Disastri Naturali, ovvero le notizie in cui l’elemento centrale è rappresentato dal racconto degli effetti diretti e indiretti prodotti da eventi catastrofici naturali, come terremoti, eruzioni vulcaniche, tsunami, o da eventi atmosferici particolarmente rilevanti
- le Condizioni Metereologiche, ovvero le notizie in cui l’elemento centrale è rappresentato dal racconto dell’evoluzione delle condizioni del tempo atmosferico
- i Temi Ambientali, ovvero le notizie in cui l’elemento centrale è rappresentato dal racconto del rapporto attivo dell’uomo sull’ambiente naturale, un rapporto che ovviamente presenta sia elementi positivi che elementi di criticità
- Natura&Animali, ovvero le notizie in cui l’elemento centrale è rappresentato dalla presentazione “documentaristica” delle bellezze naturali e del mondo animale e dal racconto del rapporto tra uomo e animali.
Il peso maggiore nell’agenda dei Tg Prime Time nel 2019 è rappresentato dalle notizie legate ai Temi Ambientali che con il 42%, ovvero 1.583 notizie, rappresentano la netta maggioranza dell’agenda ambientale.  Si tratta di un drastico cambiamento rispetto agli scorsi anni in cui la leadership dell’agenda era sempre dedicata al racconto delle Condizioni Metereologiche o alla Cronaca di Disastri Naturali.
La struttura dell’agenda del 2019 sembra quindi mostrare un cambio di prospettiva nel racconto sull’ambiente.
La composizione dei Temi Ambientali affrontati vede la preminenza delle notizie legate a iniziative per la Tutela dell’Ambiente (43%). Seguono le notizie legate al tema dei cambiamenti climatici (31%), mentre restano nell’agenda, ma con percentuali inferiori le denunce sui casi di inquinamento (16%) e le notizie sul controverso tema della gestione dei rifiuti (10%).
Il Premio “Giornalisti per la Sostenibilità”
Preziose le “firme” che si sono distinte per l'attenta divulgazione green e che, per questo, hanno ricevuto il riconoscimento simbolico 2019:
• Giuseppe De Bellis, Direttore di Sky TG24 – tv
• Stefano Pacifici, Direttore Metro –  carta stampata
• Luca Aterini, Direttore Greenreport.it – web
• Eduardo Montefusco, Direttore Rds – radio
 
“Il Rapporto Eco-Media – spiega il Presidente di OSA, Osservatorio Sviluppo Sostenibile e Ambiente nei Media, Massimiliano Pontillo – nasce con l’obiettivo di scattare una fotografia di quanto si parla di Ambiente nei principali media italiani e, numeri alla mano, di stimolare la stampa italiana a un diverso approccio nei confronti delle tematiche ambientali con una conseguente e auspicabile maggiore attenzione da parte del decisore pubblico. I dati presentati oggi mostrano un leggero incremento dello spazio dedicato all’ambiente ma cambia la prospettiva: nel 42% delle notizie l’elemento centrale è rappresentato dal rapporto attivo dell’uomo sull’ambiente naturale e non più rappresentato dalle catastrofi naturali o dalle emergenze ambientali. Questo è un segnale che l’attenzione per l’ambiente sta cambiando e ci auguriamo che si continui in questa direzione. Ringrazio, infine, i giornalisti a cui è stato conferito oggi il Premio Pentapolis 'Giornalisti per la Sostenibilità' e a tutti gli altri che si impegnano quotidianamente a dedicare sempre più spazio alle tematiche ambientali e di sviluppo sostenibile, approfondendole senza banalizzarle e relegarle alle contingenze atmosferiche e naturali”.
Sono intervenuti per commentare i risultati del Rapporto Eco-Media 2019, oltre a Massimiliano Pontillo e Andrea Caretta, Presidente Osservatorio di Pavia; Tullio Berlenghi, Capo segreteria tecnica Ministero dell’Ambiente, Roberto Morabito, Direttore dipartimento sostenibilità ENEA, Enrico Giovannini, Portavoce ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Gianfranco Bologna, Direttore scientifico WWF Italia, Antonio Navarra, Presidente Centro Euro-Mediterraneo Cambiamenti Climatici, Annalisa Corrado, Co-Portavoce Green Italia, Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente Fondazione UniVerde, Enzo Argante, Responsibility Editor Forbes Italia, Antonio Ferro, Vice Presidente Società Italiana di Comunicazione, Raffaella Papa, Presidente Spazio alla responsabilità / CSRMed Forum, Francesco Pascale, Terra Felix e Novamont, Alfonso Cauteruccio, Presidente Greenaccord, Walter Ganapini, Membro Onorario Comitato Scientifico Agenzia Europea per l’Ambiente, Roberto Giovannini, Presidente FIMA – Federazione Italiana Media Ambientali.

Nella foto: da destra Stefano Pacifici-Direttore Metro, Massimiliano Pontillo, Luca Aterini - Direttore Greenreport.it, Massimiliano Montefusco (RDS) e Giuseppe De Bellis, Direttore di Sky TG24 

 


Nella fantastica cornice della Casa dei Cavalieri di Rodi che affaccia sul Foro di Traiano di Roma, è stato presentato il convegno del titolo: “Il futuro della formazione continua” organizzato da FondItalia, Fondo Paritetico lnterprofessionale Nazionale per la Formazione Continua in occasione della presentazione del Raporto 2019 e in presenza del Senatore Stanislao Di Piazza, Sottosegretario per il Lavoro e le Politiche Sociali.

Quasi 700mila lavoratori aderenti per oltre 125mila imprese provenienti da tutti i comparti, 4.300 progetti finanziati per un importo totale di oltre 54 milioni di euro e più di 3 milioni di ore di formazione erogata. Sono questi i numeri dei primi 10 anni di attività di FondItalia.

“Nel corso dell’ultimo anno si è andato accentuando il dibattito sul ruolo dei Fondi Inter professionali nel più ampio panorama delle politiche attive per il lavoro, ha commentato Francesco Franco, Presidente FondItalia – Le proposte formulate dal Fondo sono, ad oggi, convogliate nell’idea di instituire un Osservatorio che, tenendo conto della visione delle Parti, università ed enti di ricerca coinvolte, consenta al Fondo di elaborare nuove opportunità per le imprese ed i lavoratori il più possibile pertinenti con le loro esigenze formative e di sviluppo.”

“In uno scenario economico e produttivo estremamente dinamico, caratterizzato da un forte impulso tecnologico, si rende necessario concepire modi e strumenti per fotografare il presente e immaginare il futuro -aggiunge Egidio Sangue, Direttore FondItalia – É fondamentale lavorare per lo sviluppo di un sistema di politiche attive che sostengano processi di sviluppo, innovazione e trasformazione organizzativa delle imprese, al fine di orientare i lavoratori, accompagnandoli nei loro percorsi di crescita e cambiamento professionale.”

Il Fondo, che in questi dieci anni di attività (2009-2019) è cresciuto costantemente, si conferma il punto di riferimento per le microimprese (da 1 a 9 unità) che costituiscono l’89% delle imprese aderenti, in prevalenza localizzate nel Sud e nelle Isole (66%) e provenienti da settori diversi (Commercio al dettaglio 16%, Costruzioni 14%, Alberghiero e Ristorativo 12%).



L’ammontare delle risorse versate dalle imprese ha raggiunto oltre 89 milioni di euro (al 30 giugno 2019) e il 74% delle imprese aderenti a FondItalia non proviene da altri Fondi. “Quest’ultimo dato – sottolinea Franco - conferma la capacità del Fondo di attrarre una tipologia di imprese inizialmente escluse dal “Sistema Fondi”, che hanno giovato dalla scelta compiuta da UGL e FederTerziario, di adottare strumenti solidaristici per favorire l’accesso alle risorse per la formazione anche a imprese micro e piccole”.

Il profilo medio di chi viene formato è un lavoratore di genere maschile (61%) che lavora al Sud (41%), con età compresa prevalentemente tra i 35 e i 44 anni (29%), in possesso di licenza media (36%) o diploma di scuola media superiore (38%), di cittadinanza italiana (82%). Tra le tematiche più ricorrenti, la formazione “obbligo di legge”, che ha sempre rappresentato lo zoccolo duro, è in decremento (dal 48% al 23%), mentre cresce la formazione legata alla Gestione aziendale – risorse umane, qualità, logistica – e amministrazione. L’aula si conferma la modalità formativa più utilizzata.

FondItalia, che utilizza due canali principali di finanziamento (Conto Formativo monoaziendale e Conto di Rete pluriaziendale), può contare su oltre 300 Enti Attuatori accreditati. Nel biennio 2018 – 2019 sono già stati pubblicati 4 Avvisi FEMI, articolati in 9 sportelli, con una dotazione economica complessiva a quota 20milioni e 700.000 euro, per il finanziamento di Progetti a valere sui Conti di Rete e altrettante Linee Guida per il finanziamento di Progetti a valere sui Conti Formativi monoaziendali. 745 i progetti già approvati.

Che cos'è FondItalia?

Promosso da UGL, Unione Generale del Lavoro, tra i sindacati maggiormente rappresentativi in Italia, e da FederTerziario, organismo datoriale apartitico senza fine di lucro, Fondltalia è un Fondo Paritetico lnterprofessionale Nazionale per la Formazione Continua che finanzia progetti e programmi a supporto della formazione dei lavoratori.

Mission di FondItalia è promuovere una cultura della formazione nel contesto nazionale e finanziare progetti formativi aziendali, interaziendali ed individuali, compresi quelli in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

In particolare, il Fondo raccoglie e redistribuisce le risorse che, nella misura dello 0,30% del monte salari, le imprese possono destinare per legge ad attività formative, con la possibilità di scegliere se indirizzarle a un Fondo Interprofessionale, come FondItalia, o se lasciarle nelle casse dell’Inps alla gestione pubblica, senza la possibilità di intervenire sul loro utilizzo. Aderendo a FondItalia, invece, ogni azienda può utilizzare quanto versato per la definizione e la realizzazione di attività formative per investire sul proprio capitale umano.



 

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