Il governo italiano è pronto a firmare il memorandum d’intesa per aderire alle nuove vie della seta. Il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci ha dichiarato al Financial Times che, pur non essendo ancora conclusa la trattativa, il documento verrà siglato durante la visita del presidente cinese Xi Jinping nel nostro paese, che inizia il 22 marzo.
L’Italia sarebbe il primo membro del G7 a entrare nel progetto infrastruttural-commerciale di Pechino. Sviluppo sgradito agli Stati Uniti, che hanno subito esternato la propria contrarietà, mettendo in dubbio l’effetto benefico dell’iniziativa per il Bel paese. Washington interpreta le nuove vie della seta come strumento di espansione globale dell’influenza cinese, al pari degli investimenti di Huawei nelle reti 5G dei principali paesi europei Italia inclusa.
Di fronte a tale pressione, per Roma si apre una fase molto delicata. Tassello per nulla irrilevante dell’impero americano, l’Italia non può gettarsi nell’abbraccio cinese perché gli Usa non lo accetterebbero: hanno gli strumenti per farle pagare un conto salato. Primo fra tutti la minaccia di rimuovere l’ombrello bellico-finanziario, che garantisce la protezione della penisola. Ma non può nemmeno rinunciare agli investimenti della Repubblica Popolare, occasione per rilanciare soprattutto le infrastrutture portuali e il loro indotto.
“Né l'Ue né alcuno dei suoi Stati membri possono effettivamente realizzare i loro obiettivi con la Cina senza piena unità”, si legge nella bozza. Nella comunicazione, la Commissione indicherà 15 azioni concrete che dovrebbero essere avallate dal Consiglio europeo per determinare le relazioni future con la Cina sia in termini di sfide che di opportunità. La posizione della Commissione, a quanto si apprende, sarà illustrata dal vicepresidente dell’esecutivo Ue, Jirki Katainen con un esplicito riferimento all’Italia.
Dopo lo stop Usa anche l’Unione europea si prepara a mettere i suoi paletti all’Italia sull’operazione via della Seta. La Commissione europea oggi dovrebbe lanciare un richiamo formale agli Stati membri che intendono cooperare con la Cina, anche nel quadro della 'Belt and Road Initiative', chiedendo loro di mantenere la “piena unità” dell'Ue. Il collegio dei commissari che si riunisce oggi a Strasburgo, adotterà infatti una comunicazione sulle relazioni con la Cina, destinata a alimentare il dibattito durante il Vertice dei capi di Stato e di governo del 21 e 22 marzo. “Nel cooperare con la Cina, tutti gli Stati membri, individualmente o all'interno di quadri di cooperazione subregionali hanno una responsabilità di assicurare coerenza con il diritto, le regole e le politiche dell'Ue”..
All’Italia spetta il difficile compito di selezionare con cura i progetti cinesi non lesivi non solo della sicurezza nazionale ma pure degli interessi militari Usa nella penisola. Con una consapevolezza: essere teatro dello scontro Cina-Stati Uniti è un’opportunità da non sprecare per aumentare il profilo e il peso negoziale del paese.
Sul tema è intervenuto anche il vicepremier Matteo Salvini, che ha replicato da Matera: "Via della seta con la Cina? Non abbiamo pregiudizi, ma molta prudenza. Siamo favorevoli al sostegno e all’apertura dei mercati per le nostre imprese. Altre però sono le valutazioni, sempre attente, che occorre fare in settori strategici per il nostro Paese come telecomunicazioni e infrastrutture. Non vorremmo diventare una colonia. Laddove, e si è visto, la Cina ha effettuato investimenti, ha aperto il suo mercato nel Paese che lo ha ospitato. Pertanto - ha concluso il vicepremier - molta prudenza".
La Via della Seta si presenta infatti come un'arma a doppio taglio. Se da una parte infatti apre alla possibilità di nuovi investimenti, dall'altra rischia di porre Pechino in una posizione di egemonia.
"Si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo ma un Memorandum of Understanding in cui si ribadiscono accordi di cooperazione commerciale presenti in tutti i documenti europei. Detto questo credo che si debba tranquillizzare e tenere conto di alcune preoccupazioni", dice in proposito il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, arrivando alla riunione dell'Ecofin."Credo si sia creata un po' di confusione attorno a questa cosa - ha aggiunto a Bruxelles - nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata e non sarebbe nemmeno nella possibilità italiana, visto che il commercio internazionale è una competenza europea. Credo che sia una tempesta in un bicchier d'acqua. Detto questo credo che si debba tranquillizzare e tenere conto di alcune preoccupazioni".
E a dividere il governo. Sul piatto ci sono gli equilibri internazionali e i timori che, in questo modo, la Cina possa metter le mani sul Vecchio continente. E mentre il Movimento 5 Stelle corre per la realizzazione di questo progetto, dall'altra parte la Lega frena. Oggi, da Bruxelles, il ministro dell'Economia Giovanni Tria ha detto:"Si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo, è un Memorandum of understanding. Si ribadiscono i principi di cooperazione economico e commerciali presenti in tutti i documenti europei, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata". Il ministro ha poi spiegato che cambiare le regole commerciali "non sarebbe nelle possibilità italiane visto che è una competenza europea, credo che si stia facendo un po’ una tempesta in un bicchier d’acqua".
Da cinque anni parlare di Cina significa parlare, esplicitamente o meno, della “Nuova via della seta“. Della Belt and Road Initiative, il grande progetto ma sarebbe meglio dire “sistema” con cui Pechino punta a rilanciare la connettività infrastrutturale e commerciale della grande massa continentale eurasiatica e a edificare una nuova architettura economico-commerciale.
Annunciata nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping e promossa sin dalle prime battute dal primo ministro Li Keqiang nel corso di diversi viaggi in Europa e Asia, la Nuova via della seta è presentata dal governo cinese come il primo passo per “rinforzare la connettività regionale e costruire un radioso futuro condiviso”, come dichiarato nel marzo 2015 dall’agenzia di stampa Xinhua.
La Nuova via della seta richiama, nel suo stesso nome, l’epoca d’oro degli scambi nei grandi spazi euro asiatici, l’era delle carovane che attraversando Siria, Iran e Asia Centrale consentivano il commercio tra il bacino del Mediterraneo e la Cina. Risulta, al tempo stesso, una strategia, un cambio di paradigma e, a suo modo, un auspicio
Come scrive Francesco De Palo alle Formiche : nella strategia cinese Pireo è il collegamento chiave per il progetto logistico Belt and Road Initiative, una sorta di moderna via della seta per aumentare il commercio all’interno dell’Unione europea. Secondo quanto osservato dai funzionari ellenici, la presenza di Cosco sta migliorando l’economia dell’area portuale. Lo ha definito un “progetto faro per la Grecia” il vertice della Camera di commercio e dell’industria del Pireo, perché si inserisce in un momento di ripresa dopo la crisi economica di oltre 8 anni da cui la Grecia sta tentando di uscire.
L’investimento cinese nel Pireo da oltre 3,5 miliardi di euro trova la sua utilità anche nelle attività collegate allo sviluppo del porto: il riferimento è da un lato ai posti di lavoro “ricettivi” prodotti da Cosco in loco, dall’altro da nuovi potenziali business che nasceranno in occasione delle future privatizzazioni che la Grecia dovrà attuare per far fronte agli impegni con la troika (Bce, Ue e Fmi). Uno di questi riguarda l’ex aeroporto Ellenikon, che dovrebbe essere trasformato in un grande villaggio vacanze a cinque stelle, sulla scorta di ciò che è stato fatto a Dubai.
Ma la presenza cinese in Grecia trova attuazione anche in un altro settore: Fosun International è il più grande private equity cinese che investe in Europa ed è coinvolto proprio nella privatizzazione dell’ex aeroporto Ellenikon. Intende utilizzare la propria partecipazione nell’agenzia Thomas Cook come veicolo per creare pacchetti di viaggio speciali per il mercato cinese: un bacino dalle proprozioni interessanti, infatti il governo cinese prevede che 1,5 milioni di cittadini cinesi sceglieranno come destinazione la Grecia, nel medio periodo (oggi sono solo 100mila).
Per questa ragione Fosun ha già avviato alcune trattative per l’acquisto di unità alberghiere esistenti, o per nuove costruzioni attraverso il Club Med, che appartiene al gruppo cinese
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