Ferdinando Romano, Totem, Losen Records, 2020
Gli etnologi chiamano Totemismo il culto verso un oggetto inanimato, in genere raffigurante animali o elementi naturali, a cui si attribuisce un dato valore simbolico.
Chiamare un album Totem, come ha fatto il contrabbassista Ferdinando Romano affidandolo alla label norvegese Losen, assume allora in qualche modo un significato riconducibile a una tale entità.
Totem - che Freud affianca ai Tabù in un suo famoso saggio - possono essere anche icone di riferimento per un artista che vi vede un centro di coagulo di piú valenze emotive cosí come di varie influenze e mèntori.
Nell'album è inserito non a caso il brano "Wolf Totem", preceduto da una "Evocation" al contrabbasso, che si ispira a L'ultimo lupo, il romanzo dello scrittore cinese Jian Rong in cui si celebra il canide venerato dall'antico popolo mongolo.
Eppoi gli otto pezzi sono introdotti da "The Gecko", "dea madre" che rimanda mentalmente all'iconografia sul tarantismo.
La musica è multiforme, si presenta all'inizio modale, a volte seriale ("Sea Crossing" in due episodi), alle volte impressionista ("Curly"), a tratti free ("Mirrors") o intrisa di lirismo mediterraneo ("Memories Reprise"). In tutto appare fondamentale il ruolo del "clan" di musicisti accanto al leader sciamano e cioè Tommaso Iacoviello al flicorno, Simone Alessandrini al sax, Nazareno Caputo a vibrafono e marimba, Manuel Magrini al piano e Giovanni Paolo Liguori alla batteria. Sul bel mood amalgamato dall'ensemble si insinua il suono "indolente" della tromba dell'ospite Ralph Alessi che la registrazione curata da Artesuono ci restituisce in tutta la propria pienezza poetica.
Massimo Barbiero - Eloisa Manera - Emanuele Sartoris , Woland. Omaggio a Il Maestro e Margherita
La Suggestione. Ecco da dove può partire la spinta a far nascere, dalla lettura di un libro o dalla visione di un film, un'opera musicale.
Una forza di natura psichica che puó ingenerare un processo creativo imbevuto di emozioni che provengono dall'esterno, da situazioni ambientali, o semplicemente da visioni o letture.
L'album Woland, nell'ispirarsi a "Il Maestro e Margherita" di Michail Bulgakov, è proposto dal percussionista Massimo Barbiero, dalla violinista Eloisa Manera e dal pianista Emanuele Sartoris alle prese come "trasposizione" della fonte principale che è data dal capolavoro dello scrittore russo.
Note musicali, quelle dell'album, che vivono anzitutto sull "'impaginato" e seguono la galleria di foto e immagini a partire proprio da Woland, personaggio- chiave nel volume testè citato attorno al quale ruota l'intero concept album.
Sono dieci tracce su una piú ampia traccia letteraria in cui i musicisti si alternano in veste di autori oltre che interpreti esponendo le loro Suggestioni attorno a temi come guerra, sensualità, ragione (il Maestro) istinto (Margherita) male, caos (Behemoth), corruzione, violenza, potere temporale (Pilato).
Il diabolico Woland, che ha ispirato anche i Rolling Stones, quì viene "riletto" in una complessità che pare richiamare il Faust, esibendo due anzi tre linee narrative dettate, di volta in volta, dalla triade degli strumenti a cui è demandato il compito di reinventare in note il romanzo, di sostituire il parlato con i loro dialoghi, di rappresentare le filigrane caratteriali dei personaggi, i tormenti interiori.
Barbiero ci ha abituati a progetti cosí sfaccettati e multidisciplinari. Stavolta l'esser affiancato da due solisti di livello elevato non fa che rafforzarne la figura di musicista colto e fantasioso, di immaginazione fervida e di nutrito retroterra psicoletterario. La Manera è ormai una acclarata realtà del jazz italiano apprezzata in vari contesti. Dal canto suo Sartoris ha appena pubblicato, con l'altro pianista Massimiliano Génot, Totentaz- Evocazioni Lisztiane (Dodicilune) reinterpretazione della nota danza macabra. Anche lí la Suggestione è maturata ma sulle pagine pentagrammate di un compositore classico in un quattromani evocativo di letteratura (pianistica).