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Successo de "I Malavoglia" al Perracchio di Ragusa

“La famiglia è come una mano: il pollice deve aiutare le dita più piccole, ma tutte insieme devono fare il proprio”. È questa la filosofia di vita di Padron ‘Ntoni, il protagonista de I Malavoglia, portato in scena domenica scorsa al Perracchio di Ragusa nell’ambito della rassegna “Teatro in Primo Piano”, interpretato da un ineguagliabile Enrico Guarneri, per la regia di Guglielmo Ferro, figlio d’arte dell’attore e regista Turi Ferro. Il testo letterario verghiano, apparentemente inadatto al teatro contemporaneo, è stato magnificamente allestito, con un effetto scenico estremamente realistico, riproducendo gli usi e costumi di Acitrezza, la Provvidenza con le sue vele spiegate, la casa del Nespolo. Come scenografia, una piattaforma in legno mobile, che si presta a mille trasformazioni – opera del maestro Salvo Manciagli – e conserva la semplicità della fine del XIX secolo, dove tutto era di legno e l’unica ricchezza consisteva nel possedere la “roba”: case, barche, proprietà. E anche la Repubblica italiana è vissuta come un nemico che sottraeva la roba e braccia alle famiglie: impoverendo le famiglie con i dazi sul sale e il grano e imponendo la leva obbligatoria per i maggiorenni. La trama della pièce è conosciuta sin dai banchi di scuola; I Malavoglia è un romanzo scritto da Giovanni Verga in terza persona, in forma impersonale e con l’integrazione di molti dialoghi in discorso diretto, in siciliano arcaico. Si raccontano le vicende della famiglia Toscano, ribattezzata “Malavoglia” per le disgrazie familiari, sopraggiunte in seguito all’“affare dei lupini” combinato con zio Crocifisso. Una scorciatoia per fare soldi pagata a caro prezzo, con la perdita di Bastianazzo, il pater familias, ancora giovane e forte, morto in mare nel trasporto dei lupini avariati. E da questa disgrazia ne sono seguite altre: la morte del secondogenito Luca in guerra, il primogenito ‘Ntoni, diventato un balordo, il disonore caduto sulla minore Lia e così via. Si tratta dell’ineluttabilità del proprio destino, cui nessuno può opporsi, senza scontarlo sulla propria pelle. È questo l’ideale dell’ostrica, la poetica verghiana per la quale è meglio accettare di buon grado la propria condizione, perché aspirare a migliorarla, è solo fonte di tragedie ignote. Il pensiero verghiano è simboleggiato dal personaggio di Padron ‘Ntoni – interpretato da Enrico Guarneri – che concepisce la vita soltanto ad Acitrezza, tra il duro lavoro e il conforto della sua famiglia e con un unico sogno da realizzare: “tornare padrone” della Provvidenza e morire nella casa del Nespolo. Di parere opposto è il primogenito ‘Ntoni, emblema dell’uomo moderno, figlio della Repubblica, che alla roba preferisce la vita in città, tra sfizi e migliori opportunità lavorative.

Strabiliante è la presenza scenica di Enrico Guarneri, già noto per il suo talento comico grottesco, ma che ha stupito per la sua vis tragica e la sua perfetta mimesi con l’anziano e autoritario Padron ‘Ntoni. “Un semplice dal cuore duro, apparentemente impenetrabile – ha spiegato l’attore – ma in verità un uomo buono, legato alle tradizioni e ai vincoli familiari, che sopravvive solo per essi”. Una recitazione eccellente, premiata dai tanti e consecutivi applausi ricevuti dal pubblico, che ha apprezzato la sua svolta tragica, per l’intensità e l’introspezione della sua messinscena. Toccante è anche l’interpretazione di Ileana Rigano, nei panni dell’infaticabile Maruzza, la madre vittima delle tragedie, ripiegata su se stessa, dopo aver perso un figlio e il marito in mare in seguito all’affare dei lupini. Un cast eccellente, dove brilla anche Francesca Ferro, altra figlia d’arte di Turi Ferro, nei panni di Mena, la sfortunata che dovrà rinunciare ai suoi sogni di nozze con Alfio Mosca, per le disavventure della sua famiglia, accettando di buon grado il suo nuovo destino. Insomma, una pièce intensa, coinvolgente, che ripresenta la temperie politica e sociale dell’epoca, dall’alto valore storico e didattico.

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