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Come risponde la Francia al terrore islamista

In un comunicato del 30 ottobre, Alleanza Cattolica intervenendo sull'attentato nella Basilica di Nostra Signora dell'Assunzione di Nizza, ricorda, riferendosi al jihadismo islamista che: «l’antidoto a questa ideologia che usa la religione per diffondere l’odio contro i cristiani non può essere il laicismo utilizzato dallo Stato francese, che umilia ogni religione ritenendole tutte pericolose e relegandole nella sfera privata dei singoli cittadini». Inoltre afferma che «soltanto la preghiera, la fortezza e l’attaccamento alle radici cristiane dell’Europa potranno sconfiggere questa malattia ideologica che è già presente da decenni in tutta l’Europa».

La stessa indicazione viene data in un interessante post su facebook dallo storico Francesco Agnoli: «Al terrore la Francia della laicite' non risponde, o peggio risponde con il dileggio dissacrante delle vignette di un giornale osceno di sinistra, coccolato da Macron e compagnia.

Viene in mente Voltaire, autore di una commedia contro Maometto more suo: non ragionamenti, confutazioni serie, ma derisione. Poi però, poiché odiava soprattutto il cristianesimo, nel Trattato sui costumi Voltaire spiegava che i musulmani sono molto ma molto più intelligenti e tolleranti dei cristiani.

La Francia del massone Macron è uguale: distrugge il senso religioso cristiano del suo popolo, annienta la famiglia e poi, davanti al terrore, risponde con tutta la sua inutile stupidità "progressista", favorendo nuovo terrore. Che ricade però sugli innocenti, sui discepoli di Colui che ha preso su di sé la croce per i peccati degli altri».

E' dello stesso parere Leone Grotti sul Tempi, «Dopo l’attentato di Nizza, ancora una volta, la Francia si riscopre incapace di guardare in faccia la realtà e si rifugia nel laicismo aggressivo. Ma non sarà questo a salvarla». (Leone Grotti, “Se la Francia non riscopre le proprie radici, cederà al terrore islamico”, 31.10.20, Tempi)

Il presidente Macron cerca di rassicurare i cattolici, ma secondo i sondaggi dopo la decapitazione del professore Samuel Paty, soltanto il 26 per cento dei francesi si è detto fiducioso sulle capacità del governo di difenderli dagli attentati. Tuttavia Grotti intravede una preoccupante incapacità di guardare la realtà, di quello che sta accadendo.

L'articolo fa riferimento a un manifesto su Le Monde, firmato da 50 intellettuali su come combattere il razzismo e soprattutto come rispondere agli attentati. Per i firmatari occorre evitare qualsiasi contrapposizione tra i francesi e affermano che, «È urgente che ci mobilitiamo attorno ai principi laici e repubblicani. Se noi falliamo, l’islamismo radicale avrà riportato, insieme all’estrema destra, una vittoria decisiva facendo della questione religiosa, e più precisamente dell’islam, il punto focale della politica francese, a detrimento delle urgenze sociali, ecologiche e democratiche».

Sostanzialmente questi intellettuali per Grotti «non contemplano neanche la possibilità che l’obiettivo dei terroristi islamici non sia «seminare l’odio», ma «vendicare l’onore del profeta» uccidendo i «blasfemi» o gli «infedeli» di turno. Non vogliono vedere che le chiese sono colpite per uccidere i cristiani e perché la Francia, volenti o nolenti, è ancora identificata come un paese cristiano».

In una intervista, l’importante studioso Gilles Kepel afferma che i terroristi islamici che colpiscono la Francia «si sono nutriti dell’atmosfera in cui sono nati e cresciuti. Le loro azioni sono dettate dai messaggi che leggono in Rete. Così è stato per l’assassino di Samuel Paty». Peraltro Grotti precisa che «il video che incitava all’odio verso Paty, giustificando indirettamente la sua eventuale uccisione, non era stato postato su generici siti, ma sulla pagina Facebook della Grande moschea di Pantin. Che non a caso è stata poi chiusa dal governo, al contrario delle oltre 150 moschee salate che continuano a operare indisturbate».

Il giornalista di Tempi rileva che dopo ogni attentato assistiamo a un esercito «negazionista», molto attivo in Francia come in Italia, «sempre pronto a ribadire che la religione non c’entra (mentre è vero il contrario), che è un accidente che non influisce sull’identità dei «cani sciolti» (per usare la terminologia del Corriere) o dei «ragazzi con il coltello» (copyright La Stampa).

Ma la risposta al terrorismo non può neanche essere quella rivendicata su Repubblica dal filosofo Marek Halter, che definisce «il laicismo», non la laicità, «uno dei valori fondanti della République» ed esalta le vignette di Charlie Hebdo al pari di Macron, che non perde occasione per rivendicare il «diritto alla blasfemia» dei francesi.

Il servizio ripropone le interessanti dichiarazioni che padre Pierre-Hervé Grosjean ha rilasciato a Tempi.it nel 2015 dopo gli attentati del Bataclan, «l’integralismo laico è il miglior alleato degli integralisti islamici perché nega la dimensione spirituale della persona umana e vuole far sparire la dimensione religiosa dalla società. Vuole soffocare le religioni.

Ma una nazione che dimentica le sue radici e la sua eredità spirituale - continua il religioso - è fragile davanti alla forza delle convinzioni degli integralisti islamici. I media si domandano come dei giovani francesi possano partire per la Siria, rischiando la loro vita, a combattere per lo Stato islamico. E non si accorgono che parte della risposta è in questo vuoto spirituale nel quale facciamo crescere i nostri giovani. Chi risponderà alla loro sete di assoluto, al loro bisogno spirituale? Di certo non il nichilismo, la denigrazione permanente delle religioni o l’odio verso la propria cultura e identità. Queste cose, insieme al relativismo morale, non hanno mai portato felicità né costruito una civiltà né tanto meno unificato un paese».

Pertanto per padre Grosjean l'unica alternativa per non cedere al terrore è quella di riscoprire le proprie radici, bisogna «condurre senza debolezza una guerra culturale, politica e militare contro questa ideologia mortifera» senza aver paura di guardare in faccia la realtà e «senza buonismo». Allo stesso tempo, però, scrive sempre il sacerdote su Le Figaro, «bisogna rispondere al male con un bene ancora più grande. Ma che cosa significa? Per noi cristiani significa innanzitutto pregare e farlo sul serio. Per tutti significa promuovere ciò che costituisce la nostra identità. La forza di un Paese risiede nella sua storia, cultura, fede e radici. Dobbiamo tornare a essere eri di tutto questo. Come possiamo fare amare la Francia a coloro che la raggiungono se la Francia non sa più amare se stessa e si scusa in continuazione di essere e di essere stata ciò che è?».

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