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Nuove sanzioni Onu per asfissiare la Corea del Nord

All'arrivo al consiglio informale dei ministri della difesa e degli esteri a Tallinn, Federica Mogherini ha aggiunto che è necessario "rafforzare la pressione economica sulla Corea del Nord, sostenendo una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e adottando misure economiche più dure". "La nostra linea è molto chiara su questo punto: maggiore pressione economica, più pressione diplomatica e unità con i nostri partner regionali e internazionali" perché, ha specificato, bisogna "evitare di entrare in una spirale di confronto militare che potrebbe essere estremamente pericoloso non soltanto per la regione, ma per il mondo intero".

"Proporrò ai ministri degli esteri di lavorare nei prossimi giorni di studiare nuove autonome misure dell'Unione europea" contro la Corea del Nord che ora rappresenta "un nuovo livello di minaccia". Lo ha detto l'alto rappresentante per la politica estera europea.

Tra le ipotesi di misure autonome europee al vaglio dei ministri ci sarebbero, secondo fonti diplomatiche, sanzioni su diversi settori economici in modo da ridurre il flusso finanziario che permette al regime nordcoreano di finanziare il suo programma nucleare. Nel mirino ci sarebbero la pesca, l'uso dei porti marittimi, un embargo petrolifero (che bloccherebbe anche la fornitura di prodotti raffinati e gas liquido alla Corea del Nord) o il blocco delle esportazioni tessili. Un'altra opzione sarebbe quella del congelamento dei beni personali detenuti nella Ue ed il divieto di accesso da imporre al leader nordcoreano Kim Jong-Un.

Intanto gli Stati Uniti hanno presentato la bozza di nuove sanzioni internazionali che dovrebbero strangolare l’economia nordcoreana imponendo a Kim Jong-un di fermare la corsa allo sviluppo di missili e armi nucleari. Dal 2006, anno del primo test nucleare nordcoreano (ne sono seguiti altri cinque, l’ultimo domenica 3 settembre), il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato all’unanimità otto risoluzioni con sanzioni sempre più strette. La nuova tornata, che nelle speranze americane dovrebbe arrivare in Consiglio lunedì 11 settembre, si sviluppa su diversi fronti.

La sanzione contro il traffico marittimo è vista con preoccupazione da alcuni osservatori. Per alcune ragioni. Primo. Si rischia un’ulteriore crisi come avvenne per i missili russi destinati a Fidel Castro nel 1962 e il blocco statunitense. Secondo. Che cosa accadrebbe se il comandante nordcoreano non obbedisse e cercasse di sottrarsi alle verifiche? Gli «intercettori» aprirebbero il fuoco? E i marinai nordcoreani, a volte armati anche sui cargo, potrebbero reagire? Terzo. L’apparato di Kim, in questi anni, ha dimostrato grandi capacità nell’aggirare l’embargo, nel far affluire materiale, nello spostare mezzi. Senza dubbio Stati Uniti, Giappone e Sud Corea hanno esperienza nel contrasto, ma sarà fondamentale avere una cooperazione totale di altri Paesi, altrimenti resterà sempre una falla nella rete delle sanzioni

Stop all’export di tessile nordcoreano che rappresentava nel 2016 la seconda voce delle esportazioni di Pyongyang dopo il carbone (bloccato con la risoluzione di condanna del 5 agosto assieme ai prodotti ittici). Il tessile porta in Nord Corea 752 milioni di dollari l’anno, per l’80 per cento da acquisti cinesi.

Stop all’export di petrolio verso la Nord Corea, circa 850 mila tonnellate all’anno. Secondo i dati dell’Onu 500 mila tonnellate di greggio arrivano dalla Cina, in gran parte attraverso l’Oleodotto dell’Amicizia che ne fa fluire 10 mila barili al giorno; dalla Cina arrivano anche 200 mila tonnellate di prodotti petroliferi. I russi forniscono circa 40 mila tonnellate all’anno.

Stop ai lavoratori nordcoreani all’estero, che mandano in patria valuta pregiata. Ci sono stime varie sul numero: tra 60 mila e 100 mila sarebbero sparsi nel mondo, soprattutto in Cina e Russia, ma sono stati segnalati anche migliaia di operai impiegati nella costruzione degli stati per i mondiali di calcio in Qatar. Secondo un rapporto Onu la maggior parte degli operai nordcoreani all’estero verrebbero sfruttati e le loro rimesse porterebbero nelle casse di Pyongyang tra 1,2 e 2,3 miliardi di dollari all’anno

il generale Domenico Rossi, come scrive il quotidiano il Corriere della Sera sta a Seul ed e sottosegretario alla Difesa, impegnato nei lavori del Defense Dialogue. Rossi è un tecnico preparato, laureato in Scienze Strategiche, generale di corpo d’armata con esperienza di comando sul campo da ufficiale carrista. «Al collega viceministro di Seul ho spiegato la linea d’azione italiana: condanna netta senza se e senza ma della minaccia nordcoreana, non più locale ristretta alla regione, ma mondiale. E ho sottolineato che in Consiglio di Sicurezza il governo di Roma sostiene le sanzioni e punta a farle applicare con vigore». 

Secondo il sottosegretario Rossi  come riferisce il Corriere della sera «a Seul danno per certa un’ulteriore escalation delle azioni nordcoreane, che salirebbe ancora senza nuove sanzioni». Ma nell’ipotesi di un embargo petrolifero (che pure al momento Pechino e Mosca rifiutano), quanto potrebbe resistere la macchina bellica di Pyongyang, che conta e deve sostenere oltre un milione di militari, oltre ai mezzi per spostarli e a quelli per fare la guerra? «Difficile valutarlo - risponde il generale Domenico Rossi sempre da il Corriere della Sera  - C’è da credere che negli ultimi mesi abbiano incrementato le riserve e poi bisogna distinguere in base all’uso: per la routine, per la guerra. E per quale guerra? Offensiva o difensiva? Mediamente in una fase non operativa si potrebbero immaginare riserve di petrolio per 6-12 mesi al massimo». Sanzioni in discussione, colloqui tra politici e militari. In attesa della prossima mossa di Kim Jong-un. Che potrebbe arrivare a breve, qualcuna la teme per sabato 9 settembre, festa della Repubblica a Pyongyang o per il 10 ottobre, anniversario della fondazione del Partito dei lavoratori. 

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