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Gentiloni: "Vincoli Ue non intoccabili, margini di negoziato"

"Ci sono norme e vincoli europei che non dobbiamo dare per intoccabili, c'è un margine di negoziato. Certamente da qui all'autunno la discussione con Bruxelles sarà aperta e potrà produrre risultati, sapendo che da un lato dobbiamo mantenere gli equilibri, dall'altro dobbiamo ottenere una cornice europea più realistica". Lo dice il premier Paolo Gentiloni incontrando le Regioni a Palazzo Chigi.

"Abbiamo bisogno nei prossimi mesi di una interlocuzione tra Governo e Regioni per affrontare nel modo migliore possibile le scadenze che avremo. Oggi è il primo incontro, per ragionare insieme su priorità e metodo". Lo dice, a quanto si apprende, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, nell'incontro in corso a Palazzo Chigi con i presidenti delle Regioni. Al tavolo sono presenti, a quanto si apprende, Stefano Bonaccini, Michele Emiliano, Roberto Maroni, Giovanni Toti, Catiuscia Marini, Sergio Chiamparino, Luca Zaia, Debora Serracchiani, Vincenzo De Luca, Luciano D'Alfonso, Enrico Rossi, Pierluigi Marquis.

"Entro una quindicina di giorni avremo la presentazione del Def in Parlamento, poi a settembre la nota di aggiornamento in vista della Legge di Bilancio. Tra le priorità c'è l'interesse comune a salvaguardare e a rafforzare l'impegno su lavoro, infrastrutture e investimenti". "Dobbiamo mettere in campo - ha evidenziato - un quadro di politiche economiche che ci consenta di mantenere gli equilibri di bilancio e razionalizzazione della spesa e accompagni e sostenga la crescita, che per quanto limitata inizia a manifestarsi".

Poi il premier ha chiesto "un quadro di politiche economiche che ci consenta di mantenere gli equilibri di bilancio e di razionalizzazione della spesa, e contemporaneamente accompagni e sostenga la crescita, che per quanto limitata inizia a manifestarsi"

Intanto Bruxelles alza i toni di quella che sarà una vera e propria contesa. Non è andata giù infatti al già giustiziere del Referendum greco, la scelta britannica di assecondare la votazione popolare dello scorso giugno 2016. “Juncker puts price on Brexit” “Juncker fissa il prezzo del Brexit”, titolava Bloomberg qualche giorno fa. La cifra che Westminster deve sborsare, stabilita unilateralmente da Bruxelles, si aggirerebbe intorno ai 62 miliardi di dollari.

L’Hard Brexit è tutta vincolata alla “modica” cifra di 62 miliardi di dollari. L’inasprimento della trattativa è stato scelto in maniera “scientifica” da parte di Juncker, che insiste nel dire che “non voglio che altri prendano la stessa strada della Gran Bretagna”. Dichiarazioni rilasciate sabato, durante i festeggiamenti per l’anniversario dei trattati di Roma, che danno un forte segnale alle velleità euroscettiche francesi e tedesche. Il messaggio è chiaro. Se volete lasciare l’Unione la tassa sarà salatissima. Juncker sa bene quanto i cittadini siano sensibili rispetto a eventuali tasse da pagare e cerca così di “spostare” gli equilibri delle prossime votazioni verso scelte più “euro-friendly”

Non sarà dunque un nodo facile da sciogliere, quello riguardo alla cifra da pagare. All’accettazione di questa Bruxelles ha infatti vincolato l’inizio di qualsiasi accordo parallelo con Londra. “No negotiation without notification” è lo slogan usato da Bruxelles per soffiare un po' di pressione sul Governo May. 

Un’infelice scimmiottatura del ben più nobile “no taxation without representation”. Lo slogan urlato dai coloni americani contro un’autorità che voleva tassarli senza garantire uno spazio di discussione democratica. Proprio ciò che fa oggi la stessa Unione europea. Così Londra “without representation” a Bruxelles si trova ora a dover accettare il pagamento di una cifra esorbitante per sottoscrivere accordi cui non può rinunciare. Come tutto ciò che concerne la gestione di cittadini britannici risiedenti nei 27 Stati dell’Unione. Così come la volontà di uscire dalla giurisdizione della Corte europea e dall’area commerciale dell’Unione.

Ma Juncker rassicura alla BBC che non si tratta di “una punizione”, ma “l’Unione europea deve usare un deterrente per evitare che altri Stati seguano l’esempio britannico”. Una tassazione repressiva dunque, che trova ragione soltanto nella paura di Juncker e dei tecnocrati di Bruxelles. Un meccanismo che ricorda un po’ quello posto in atto dal Congresso di Vienna per evitare le insurrezioni nazionali. Se allora vennero usati i cannoni della Santa Alleanza, oggi si usano le tasse. I 62 miliardi di dollari richiesti da Bruxelles alla Gran Bretagna sono stati definiti  “assurdi” da Liam Fox, Ministro del Governo May. In effetti finora Londra non ha avuto voce in capitolo sul calcolo fatto in maniera “scientifica” (così ha detto Juncker) per i costi d’uscita della Gran Bretagna.

 

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