Dopo un accurato restauro di circa tre mesi torna a potersi apprezzare in tutta la sua bellezza, il Tabernacolo Eucaristico nella chiesa dei SS. Apostoli a Firenze. L’intervento, sostenuto dalla Fondazione Friends of Florence, è stato eseguito dalla restauratrice Francesca Rossi sotto l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato.
“Siamo molto felici di presentare il Tabernacolo Eucaristico di Andrea della Robbia restaurato: questo progetto ci ha consentito di conservare un’altra meravigliosa Robbiana – sottolinea la Presidente Simonetta Brandolini d’Adda che continua – realizzato collaborando con i proprietari e con gli enti preposti alla tutela, desideriamo continuare nella salvaguardia della terracotta invetriata, uno dei fiori all’occhiello della storia artistica di Firenze. Ringrazio a nome di tutta la Fondazione i donatori Peter Fogliano e Hal Lester che hanno reso possibile l’intervento, Francesca Rossi che lo ha realizzato, Padre Paolo Cerquitella parroco della Chiesa dei SS. Apostoli per la disponibilità e la Dott.ssa Jennifer Celani funzionario di zona della Soprintendenza per la collaborazione e l’Alta Sorveglianza prestata durante il progetto”.
“Come attuale responsabile della Chiesa dei Santi Apostoli e Biagio, desidero esprimere la mia profonda gratitudine nei confronti dell'associazione Friends of Florence e dei benefattori che hanno finanziato il restauro - precisa Padre Paolo Cerquitella, priore della Chiesa che così continua - La Chiesa dei Santi Apostoli e Biagio è infatti una delle più antiche di Firenze, un piccolo scrigno di arte con una particolare armonia architettonica che, a dire del Vasari nella sua opera sulle vite degli artisti, suscitò lo stupore e l'ammirazione dello stesso Brunelleschi. Custode delle pietre del Santo Sepolcro, è impreziosita da alcune opere d'arte tra cui l'olio su tavola dello stesso Vasari che raffigura l'Immacolata Concezione e il capolavoro di Andrea e Giovanni della Robbia, che custodisce, oggi come allora, le specie eucaristiche; esso costituisce un vero angolo di raccoglimento e di contemplazione all'interno della Chiesa. Ogni gesto volto a preservare e a far tornare al loro antico splendore le più belle opere d'arte, frutto della grandezza dello spirito umano, penso che sia un dono non solo per la città di Firenze, ma anche per chiunque desidera e sa apprezzare la bellezza che la creatura riflette dal suo Creatore.”
Protagonista indiscusso dell’eredità robbiana dello zio Luca, Andrea, che muore nel 1525 all’alba dei suoi novant’anni, qui nella Chiesa dei SS. Apostoli intorno al 1512 dirige il figlio Giovanni nella realizzazione di questo grande tabernacolo eucaristico su commissione degli Acciaiuoli, una delle prestigiose famiglie patronali della chiesa. Secondo la notizia ritrovata da Pope-Hennessy (1979) il committente è Giovanni, figlio di quel Piero che frequentava assiduamente i cenacoli culturali di Lorenzo il Magnifico. Giovanni della Robbia, invece, stringerà fecondi rapporti artistici con Andrea del Sarto. Dunque, il cerchio si chiude intorno ad una serie di protagonisti della Firenze rinascimentale e l’opera in terracotta invetriata policroma che ammiriamo oggi dopo l’intervento di restauro, né è testimone visiva, formale e spirituale: la grazia dei movimenti dei grandi angeli reggicortina – già ricordati nella nota di pagamento dell’aprile del 1512 - si raccorda con la vivacità dei puttini, il tutto armonizzato dal contrappunto cromatico e dall’uso della visione prospettica, il cui centro è la volta a botte del ciborio. La predella delimitata lateralmente dagli stemmi degli Acciaiuoli sorregge l’intero tabernacolo sovrastato da una lunetta con il Padre Eterno e due angeli oranti. L’insieme è impreziosito da elementi architettonici di gusto classico, ricche ghirlande e teste di cherubini. Quali parti siano state realizzate dal figlio e quali dal padre, non ci è dato sapere, ma le differenze stilistiche fra un linguaggio più arcaico e chiaro (Andrea) ed uno più articolato e sentimentale (Giovanni) sono da trovarsi fra la parte inferiore e quella superiore.
L’opera è stata realizzata in terracotta invetriata con la tecnica della modellazione diretta e indiretta. I materiali e la realizzazione presuppongono differenti fasi di lavorazione, di diversa complessità e delicatezza, tra le quali l’utilizzo del calore per lo sviluppo di reazioni chimiche necessarie all’ottenimento della terracotta invetriata.
Il delicato stato di conservazione in cui versava il tabernacolo prima del restauro è stato causato dalla mancata manutenzione ordinaria dell’oggetto. Questo ha comportato la sedimentazione di uno spesso strato di particolato atmosferico, in special modo sulle aree e i sottosquadra del modellato, posizioni che per natura favoriscono la deposizione di particelle solide. Unitamente a queste cause di degrado, gli interventi di restauro eseguiti in precedenza hanno generato le principali problematiche incontrate sull’opera, in particolare quelle legate a un precedente smontaggio del tabernacolo poi non correttamente rimontato.
L’intervento di restauro ha pertanto voluto riportare all’antico splendore la superficie luminosa della maiolica, attraverso un’attenta pulitura preceduta da una campagna diagnostica accurata, volta a definire tutti gli aspetti legati alla conservazione e al successivo restauro. Le numerose lacune e le diverse interruzioni materiche provocate da fratture presenti sulle superfici, hanno portato inoltre i restauratori a eseguire nella fase finale del restauro un intervento cromatico, resosi necessario per ricomporre la leggibilità dell’opera nella sua interezza.