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Il decreto ministeriale sulla morosità incolpevole

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ha emanato il decreto 14.5.’14 (in G.U. n. 161 del 14.7.’14, in vigore da tale data) in materia di “morosità incolpevole” previsto dal 5° comma dell’art. 6 del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 102 convertito in legge con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013 n. 124[1].

 

1. Per comprendere e valutare il contenuto e la portata del decreto ministeriale è opportuno ricordare brevemente innanzitutto il contenuto del 5° comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 102[2], al quale il decreto ministeriale è diretto a dare applicazione.

Il 5° comma dell’art. 6 anzidetto dispone in sintesi:

- che presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia istituito un “fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli”;

- che la somma costituente il fondo venga erogata ai Comuni ad alta tensione abitativa che entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto abbiano “avviato” dei “bandi” o “altre procedure amministrative” dirette ad erogare contributi agli inquilini “morosi incolpevoli”;

- che per la ripartizione delle risorse in questione (20 milioni di euro per ciascuno dei due anni previsti, il 2014 e il 2015: nel frattempo però, con il decreto-legge 28 marzo 2014 n. 47 convertito in legge con la legge 23 maggio 2014 n. 80, tale fondo è stato implementato) tra le Regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano sia emanato un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni;

- che tale decreto debba disporre che “le risorse” siano “assegnate prioritariamente alle Regioni che abbiano emanato norme per la riduzione del disagio abitativo, che prevedono percorsi di accompagnamento sociale per i soggetti sottoposti a sfratto, anche attraverso organismi comunali”;

- che lo stesso decreto stabilisca “i criteri e le priorità” che dovranno essere rispettati “nei provvedimenti comunali che definiscono le condizioni di morosità incolpevole che consentono l’accesso ai contributi”;

- che infine “a tal fine” i Prefetti adottino “misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto”.

 

2. Il decreto ministeriale previsto dalla disposizione ricordata è stato appunto ora emanato[3]. Qui di seguito ne esamineremo il contenuto.

 

2.1. L’art. 1 del decreto, innanzitutto, dispone che la dotazione del fondo per la morosità incolpevole per l’anno 2014 (pari a 20 milioni di euro) sia attribuita per il 30% alle sette Regioni (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania) che hanno emanato, entro il termine costituito dalla data dell’entrata in vigore della legge n. 124 del 2013, “norme per la riduzione del disagio abitativo che prevedano percorsi di accompagnamento sociale per i soggetti sottoposti a sfratto, anche attraverso organismi comunali, ed impegnato a tal fine proprie risorse”.

Quanto al restante 70%, si dispone che questo sia distribuito e ripartito invece tra tutte le Regioni (comprese anche quelle ora citate) e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano.

Da notare che nel decreto viene precisato che le Regioni che hanno emanato entro il termine fissato le norme sopraindicate sono le sette Regioni anzidette: ma né nelle premesse né nel testo del decreto viene precisato quali siano esattamente le norme emanate da ciascuna di tali Regioni che il Ministro ha ritenuto che corrispondessero alle caratteristiche sopra ricordate. Il che – anche in considerazione del fatto che la definizione delle norme in questione fornita dal legislatore è assai generica – non consente di sapere quali valutazioni siano state operate a questo riguardo.

Per il riparto della quota anzidetta del fondo tra le sette Regioni indicate viene fatto ricorso ad un criterio basato sul raffronto tra il numero dei provvedimenti di sfratto per morosità emessi nell’anno 2012, secondo i dati forniti dal Ministero degli interni, in ciascuna delle Regioni interessate.

La scelta di questo criterio dà luogo a qualche perplessità. Ricordato che la legge di riferimento non ha detto quale criterio dovesse essere adottato al proposito, sembra debba opinarsi opportuno che – trattandosi di ripartire fondi diretti a venire incontro a condizioni di morosità incolpevole – la ripartizione fosse operata sulla base del numero dei casi di morosità incolpevole piuttosto che sulla base del numero assoluto degli sfratti per morosità (numero questo che comprende tutti i casi di morosità, anche i casi di morosità “colpevole”).

Quanto al dato che viene utilizzato quale elemento base per la ripartizione, va sottolineato che questo è costituito dal numero dei provvedimenti di sfratto emessi nelle diverse Regioni nel periodo considerato e non invece dal numero dei provvedimenti di rilascio eseguiti in tale periodo (si noti peraltro – per inciso – che non sembra sia possibile conoscere – in base ai dati resi noti dal Ministero degli interni – il numero delle esecuzioni degli sfratti per morosità poiché le statistiche del Ministero forniscono l’indicazione del numero complessivo delle esecuzioni, ma non distinguono le diverse tipologie dei provvedimenti di rilascio eseguiti).

La scelta del riferimento ai dati anzidetti pubblicati dal Ministero degli interni dà luogo a perplessità anche perché – come si è segnalato in altra sede[4] – i dati forniti dal Ministero degli interni contengono errori e sono comunque – per espressa indicazione dello stesso Ministero – dati incompleti.

Per rendersi conto degli errori presenti nei dati anzidetti è sufficiente considerare il prospetto dei dati diffusi dal Ministero degli interni nel corrente anno 2014 con riguardo agli sfratti dell’anno 2013. Un esempio evidente di errore presente in tale prospetto si ricava dai dati concernenti i provvedimenti di sfratto emessi a Palermo: per la città di Palermo viene infatti indicato – quanto ai provvedimenti di convalida di sfratto per morosità emessi nella città nell’anno 2013 – il numero 0, mentre viene indicato – sempre con riguardo a Palermo – il numero (palesemente irreale) di 1366 sfratti “per necessità” (da sottolineare che questa è una tipologia di provvedimento di rilascio che non è più nemmeno esistente nel nostro ordinamento). E’ di tutta evidenza che il funzionario della Prefettura di Palermo che ha registrato i dati è incorso in errore (errore che poi è stato riprodotto senza alcun controllo nella statistica nazionale presentata dal Ministero)!

Quale ulteriore esempio di errore presente nei dati diffusi dal Ministero degli interni può segnalarsi l’errore evidente relativo al numero delle esecuzioni degli sfratti a Venezia indicato per l’anno 2012: nella tabella fornita dal Ministero viene indicato un numero di richieste di esecuzioni (9222) che – se messo a confronto con il numero dei provvedimenti di convalida emessi nello stesso anno 2012 (in tutto 161) – risulta assolutamente sproporzionato ed è palesemente errato.

Quelli citati sono solamente due esempi di errori – peraltro evidentissimi – presenti nei dati anzidetti: ma chissà quanti altri errori sono presenti nelle statistiche in questione!

Da notare che i dati errati ora ricordati – così come ogni altro dato errato presente nei prospetti anzidetti – influiscono anche su tutti gli altri dati dal momento che essi vanno a comporre il quadro complessivo dei dati considerati dal Ministero rilevando anche sui rapporti e sulle proporzioni a livello generale e nazionale tra le diverse categorie di dati rilevati (per esempio: l’errore che sopra si è segnalato relativamente al numero dei provvedimenti di sfratto emessi a Palermo influisce su tutto il quadro dei dati nazionali relativi sia agli sfratti per necessità – che in conseguenza di tale errore sembra che nell’anno 2013 siano complessivamente aumentati in misura notevolissima – sia agli sfratti per morosità – per il cui numero complessivo viene indicato un dato verosimilmente inferiore al reale poiché non tiene conto dei provvedimenti emessi a Palermo).

Tutto ciò porta a considerare – come si è detto – dubbia l’opportunità del riferimento operato dal decreto in esame ai dati anzidetti (ed in ogni caso suggerisce l’opportunità che di tali dati si faccia un uso assai prudente, preceduto da ogni possibile controllo).

Tornando ora alla previsione dell’art. 1 del decreto che stiamo esaminando, va segnalato che si dispone che anche la restante quota del 70% del fondo di cui si discute sia ripartito tra tutte le Regioni sempre sulla base del criterio basato sul numero degli sfratti per morosità emessi nell’anno 2012.

E’ previsto poi che le singole Regioni individuino i Comuni ad alta tensione abitativa cui devono destinarsi le risorse disponibili. Come si è detto, deve trattarsi di Comuni che entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto abbiano “avviato” dei “bandi” o “altre procedure amministrative” dirette ad erogare contributi agli inquilini “morosi incolpevoli”. Si tratta di una previsione nebulosa che presuppone che prima dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto l’ipotesi della morosità incolpevole i Comuni avessero già assunto iniziative che prendessero in considerazione gli inquilini morosi incolpevoli, ipotesi ben poco realistica dal momento che solo con il decreto che stiamo commentando (si noti: nemmeno con il decreto-legge n. 102 del 2013, ma proprio e soltanto con il decreto ministeriale che stiamo esaminando) sono fissati i requisiti per considerare un inquilino moroso incolpevole.

Da segnalare infine che la disposizione che stiamo commentando concerne solo il contributo per l’anno 2014 e si basa sui dati degli sfratti relativi all’anno 2012: ciò significa che un nuovo decreto dovrà poi essere emesso per il contributo dell’anno 2015 (che presumibilmente verrà ripartito - se sarà seguito il criterio utilizzato dal decreto odierno – sulla base dei dati relativi agli sfratti per morosità dell’anno 2013).

Con riguardo a quest’ultima osservazione può notarsi comunque come il fatto che l’anno prossimo dovrà essere emanato un nuovo decreto ministeriale consentirà di tenere conto delle osservazioni e dei rilievi mossi al decreto qui in esame e di operare pertanto – nel redigere il nuovo decreto - le opportune modifiche e correzioni.

 

2.2. Alle disposizioni ora ricordate segue l’art. 2 del decreto, disposizione che ha importanza fondamentale nell’ambito del testo che stiamo commentando. Esso infatti sotto la rubrica “criterio di definizione della morosità incolpevole” fissa le regole per definire la morosità quale morosità incolpevole.

Si prevede che debba trattarsi della “situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare”. Prendiamo dunque in esame questa definizione.

Innanzitutto è importante sottolineare che viene espressamente affermata la necessità che l’impossibilità anzidetta debba essere sopravvenuta (e cioè intervenuta dopo la stipulazione del contratto di locazione): peraltro il concetto stesso di incolpevolezza sembra necessariamente implicare che la situazione di difficoltà non esistesse nel momento della stipulazione del contratto.

Sarebbe stato opportuno però che nella disposizione che stiamo esaminando fosse stato menzionato anche l’ulteriore elemento costituito dalla “imprevedibilità” della condizione di difficoltà alla data della stipulazione del contratto di locazione, elemento che è in qualche modo il completamento razionale del concetto della sopravvenienza. E’ chiaro infatti che se il sorgere delle condizioni concretanti l’impossibilità di provvedere al pagamento del canone fosse già prevedibile dal conduttore nel momento in cui il contratto di locazione fosse stipulato, in relazione ad esse non potrebbe configurarsi una condizione di “incolpevolezza” del conduttore, che avrebbe stipulato il contratto di locazione – ed assunto i conseguenti obblighi – nella consapevolezza del futuro verificarsi delle condizioni anzidette. Peraltro proprio in ragione del collegamento razionale tra i due concetti può forse ritenersi che anche la imprevedibilità costituisca requisito implicito della incolpevolezza della morosità.

Da notare poi che deve trattarsi di “impossibilità” (si noti: non di difficoltà, ma di vera e propria impossibilità) di pagare il canone. Da sottolineare che la disposizione parla solo del canone e non fa alcun cenno agli oneri accessori, il che fa pensare che una morosità che concernesse solo gli oneri accessori (che pure sarebbe idonea a consentire la promozione della procedura di sfratto per morosità[5]) non rientrerebbe nella previsione di questa disposizione.

La impossibilità prefigurata dalla norma deve conseguire alla “perdita” o quantomeno alla “consistente riduzione” della “capacità reddituale” (dunque non del reddito in sé ma della possibilità di percepirlo) e non solo del conduttore ma di tutto il suo “nucleo familiare” (viene dunque in considerazione anche la posizione dei familiari del conduttore).

A questo punto il decreto indica con una elencazione assai dettagliata - elencazione che, così come formulata, sembra avere il carattere della tassatività – tutte le ipotesi di eventi che possono giustificare la definizione di incolpevolezza della morosità del conduttore. Si tratta:

- o della perdita del lavoro per licenziamento (del conduttore o anche di suoi familiari): da notare per un verso che l’ipotesi riguarda solo e specificamente il caso del lavoratore subordinato e per altro verso che l’ipotesi concerne solo il caso del licenziamento, restando esclusi eventi interruttivi o estintivi del rapporto di lavoro che siano diversi dal licenziamento;

- oppure degli effetti di “accordi aziendali e sindacali con consistente riduzione dell’orario di lavoro” (evento che può riguardare il conduttore o anche suoi familiari: da notare che deve trattarsi sempre e comunque di una “consistente” riduzione dell’orario che dia luogo ed una “consistente” riduzione della capacità reddituale);

- oppure degli effetti della “cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale” (anche in questo caso dovrà tenersi conto della posizione non solo del conduttore ma anche degli eventuali suoi familiari);

- o ancora del “mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici”: si tratta di ipotesi (che, come sempre, può riguardare sia il conduttore sia i suoi familiari) che dà luogo però a qualche perplessità poiché nel caso di mancato rinnovo del contratto a termine sembra debba dubitarsi della ricorrenza della sopravvenienza (in questo caso infatti è già nota preventivamente la futura cessazione dell’incarico);

- oppure di “cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente”: da sottolineare che l’ipotesi indicata – così come prevista – riguarda solo il caso della totale cessazione dell’attività e non anche (differentemente dal caso del conduttore che sia lavoratore subordinato) l’ipotesi della semplice “riduzione” (pur rilevante) di questa;

- oppure ancora – ed è l’ultima ipotesi prevista - di “malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell’impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali”: ipotesi che lascia ampio spazio a valutazioni discrezionali dell’interprete, poiché la disposizione – ancor più che le altre disposizioni contenute nell’articolo del decreto che stiamo esaminando - fa ricorso ad indicazioni assai generiche (“consistente” riduzione; parte “notevole” del reddito; “rilevanti” spese mediche), che lasciano ampio spazio appunto alla discrezionalità degli interpreti e degli operatori.

La natura tassativa dell’elencazione sembra escludere la possibilità di individuazione di ulteriori fattispecie, diverse da quelle indicate.[6]

Da sottolineare infine come il decreto che stiamo commentando – fornendo le indicazioni ora esaminate – sembra avere interpretato la legge di riferimento, nella parte in cui questa stabilisce i compiti del decreto, con criterio assai ampio: la legge infatti prevedeva che con il decreto fossero soltanto “stabiliti i criteri e le priorità” che avrebbero dovuto essere rispettati “nei provvedimenti comunali che definiscono le condizioni di morosità incolpevole che consentono l’accesso ai contributi”. Con l’elencazione ora esaminata il decreto sembra invece avere già fissato in modo specifico tali condizioni di morosità, occupando così già lo spazio che in base alla legge avrebbe potuto essere affidato alle determinazioni dei Comuni.

.

2.3. L’art. 3 del decreto definisce poi i requisiti ed i criteri per l’accesso dei conduttori ai contributi. I requisiti sono i seguenti.

- Il conduttore deve avere un reddito I.S.E. non superiore a 35.000 euro o un reddito “derivante da regolare attività lavorativa” (da sottolineare il richiamo alla necessità della “regolarità” del lavoro, autonomo e dipendente, del soggetto interessato) con un valore ISEE non superiore a 26.000 euro.

- Il conduttore deve essere “destinatario” di un atto di intimazione di sfratto per morosità: restano dunque esclusi tutti i casi in cui nei confronti del conduttore moroso l’azione giudiziale diretta alla risoluzione del contrato di locazione per inadempimento del conduttore consistente nel mancato pagamento del canone sia promossa in forme diverse da quelle proprie del procedimento di sfratto (art. 658 c.p.c.). Il riferimento all’atto di intimazione di sfratto e non al provvedimento di convalida fa pensare che la condizione prevista sia concretata dalla semplice avvenuta notifica dell’atto e che non sia necessario che lo sfratto sia già stato convalidato.

- Il conduttore deve essere “titolare di un contratto di locazione di unità immobiliare ad uso abitativo” - contratto “regolarmente registrato” - e deve risiedere nell’immobile da almeno un anno (resta peraltro escluso il caso di immobile appartenente alle categorie catastali A1, A8 e A9: ipotesi che coincide con quella delle categorie catastali per le quali la locazione non è soggetta alla legge n. 431 del 1998 ma solo alle regole del codice civile, sempre che non sia stipulata secondo le previsioni del 3° comma dell’art. 2 della legge n. 431). La previsione della necessità della residenza da almeno un anno esclude tutti i nuovi conduttori dalla possibilità di fruire dei benefici: si tratta di scelta le cui ragioni appaiono di difficile comprensione.

- Il conduttore deve avere cittadinanza italiana o di un Paese dell’Unione Europea, o – se cittadino di un Paese non appartenente all’UE – deve possedere “un regolare titolo di soggiorno”.

A questi requisiti si aggiunge poi l’ulteriore elemento negativo costituito dall’assenza di un diritto di proprietà o di uso o abitazione o di usufrutto – in capo al conduttore o a un componente del suo nucleo familiare – relativamente ad altro immobile “fruibile” (da intendersi quale immobile agibile e concretamente utilizzabile, oltre che libero in quanto non occupato da terzi) che sia “adeguato” (per la sua consistenza, per le sue dimensioni, per la sua ubicazione) alle esigenze del nucleo familiare del conduttore e che sia sito nella provincia di residenza (da notare che la disposizione fa riferimento alla provincia e non al Comune di residenza). Non è chiaro però se l’elemento negativo segnalato possa riferirsi anche all’ipotesi di comunione del diritto reale indicato.

La norma dispone infine che sia titolo “preferenziale” (peraltro non è detto in quali termini operi tale “preferenza”: al riguardo varranno pertanto le determinazioni dei singoli Comuni) per la concessione del contributo il fatto che nella famiglia del conduttore sia presente almeno un ultrasettantenne, un minore, ovvero un soggetto gravemente invalido (in misura di almeno il 74%) ovvero ancora un soggetto in carico ai servizi sociali o in regime di assistenza individuale da parte delle aziende sanitarie. I requisiti qui indicati sono assai simili – ancorché non del tutto coincidenti – alle ipotesi previste dalle norme in tema di sospensione dell’esecuzione degli sfratti per finita locazione[7].

In termini generali va notato peraltro come la disposizione da ultimo esaminata abbia poco a che fare con la finalità propria del decreto ministeriale: decreto che è diretto a considerare solo e specificamente la morosità incolpevole. Il fatto che nella famiglia del conduttore sia presente un soggetto “debole” di per sé, infatti, non rileverebbe sulla sussistenza o meno della condizione di incolpevolezza della morosità, che dovrebbe valutarsi con riferimento alle ragioni che la hanno determinata (ragioni che – abbiamo visto – sono tipizzate ed elencate nell’art. 2). Gli aspetti che qui si considerano attengono invece alle possibili conseguenze – in termini di difficoltà e di disagio – della risoluzione del contratto di locazione e dell’esecuzione del rilascio. La disposizione peraltro sembra trovare la sua ragione in un elemento che - come vedremo – connota l’intero provvedimento: e cioè il convincimento che le misure previste siano indirizzate ad evitare l’esecuzione dello sfratto ed a “salvare” la locazione.

 

2.4. L’art. 4 del decreto (“dimensionamento dei contributi”) dispone che l’importo massimo del contributo concedibile “non può superare l’importo di euro 8.000”. A parte ogni considerazione circa l’ineleganza (a dir poco!) dell’espressione letterale (“l’importo massimo… non può superare l’importo…”), la disposizione si presta ad alcune osservazioni sul suo contenuto e sulle sue finalità.

Innanzitutto va notato che non si prevede che il contributo possa essere richiesto ed erogato una volta sola: in base alla disposizione in esame nulla esclude che un conduttore possa ottenere il contributo più volte. Il che appare assai poco ragionevole e sostanzialmente iniquo.

In secondo luogo va notato che la disposizione dice espressamente che il contributo viene concesso “per sanare la morosità incolpevole accertata”. Si tratta di aspetto di grande importanza rispetto al quale devono essere fatte alcune osservazioni.

In realtà il decreto-legge n. 102 del 2013 che ha introdotto la previsione dell’ipotesi della morosità incolpevole non disponeva esplicitamente che la somma da erogarsi al conduttore riconosciuto “moroso incolpevole” dovesse essere necessariamente utilizzata per sanare la morosità.

Ed è proprio questo l’aspetto che aveva condotto i primi commentatori del decreto-legge ad esprimere critiche e riserve[8] e a dubitare della stessa compatibilità delle relative norme con i principi della ragionevolezza e dell’uguaglianza sanciti dall’art. 3 della Costituzione.

Al proposito si era osservato innanzitutto che il 5° comma dell’art. 6 del decreto-legge aveva disposto che i contributi previsti fossero erogati agli stessi inquilini morosi e non ai proprietari degli immobili locati. Il che appariva già a prima vista irragionevole: in presenza di un inadempimento contrattuale (quale la morosità del conduttore nel pagamento dei canoni) la parte pregiudicata infatti non è la parte inadempiente, ma è la parte che subisce l’inadempimento, sì che se un contributo deve essere dato in relazione a tale situazione è logico che esso sia dato al locatore, parte contraente il cui diritto è violato e che subisce la perdita che potrebbe essere ristorata con il contributo.

In secondo luogo – ed a completamento del profilo di irragionevolezza ora indicato – si era notato che i contributi che la norma dispone che siano versati agli inquilini morosi incolpevoli non risultavano essere collegati alla locazione né finalizzati alla prosecuzione del contratto di locazione e nemmeno al pagamento dei canoni: il che trovava conferma nel fatto che il meccanismo di erogazione dei contributi – così come congegnato – appariva destinato ad operare nella maggior parte dei casi solo quando il contratto fosse già stato dichiarato risolto per morosità e la situazione contrattuale fosse pertanto oramai definitivamente compromessa.

Ora: appunto in relazione a questi profili il decreto che stiamo commentando ha grande importanza. Il meccanismo che viene disciplinato ora quanto ai suoi aspetti operativi viene infatti espressamente caratterizzato dalla finalità di “sanare la morosità incolpevole”: e le prescrizioni che conseguono a tale enunciazione sono appunto dirette – come vedremo – a cercare (pur in modo meno efficace che se il contributo fosse erogato direttamente al locatore: ma il decreto ministeriale sotto questo profilo ha dovuto rispettare quanto è stato disposto dal decreto-legge) di “salvare” il contratto in corso o comunque di mantenere l’occupazione dell’immobile da parte del conduttore.

2.5. L’art. 5 del decreto (“Priorità nella concessione dei contributi”) dispone che i provvedimenti da adottarsi da parte dei Comuni debbano disporre l’erogazione dei contributi in favore di tre specifiche categorie di inquilini (e solamente in favore di queste). Si tratta delle seguenti ipotesi (che si richiamano – in via molto generale – al contenuto di alcuni dei testi dei cd. “protocolli sfratti” che in alcune città sono stati oggetto di accordo tra organizzazioni di varia natura[9]).

 

a) In primo luogo vi è l’ipotesi degli inquilini “nei cui confronti sia stato emesso provvedimento di rilascio per morosità incolpevole” i quali “sottoscrivano con il proprietario dell’alloggio un nuovo contratto a canone concordato”. La disposizione richiede alcune osservazioni.

Innanzitutto va notato che la previsione dell’emissione di un provvedimento di rilascio per morosità incolpevole è fuori della realtà. Non esiste né vi è la possibilità che esista un provvedimento che nel convalidare lo sfratto per morosità definisca questa come “colpevole” o “incolpevole”. Il giudizio sulla incolpevolezza non può essere effettuato dal Giudice in sede di convalida: esso competerà solo al Comune, ai fini dell’erogazione del contributo previsto dalle norme che stiamo esaminando. Non vi sarà pertanto alcun “provvedimento di rilascio per morosità incolpevole”, contrariamente a quanto dice la disposizione che stiamo commentando[10].

In secondo luogo va notato che se la disposizione – così come formulata – a prima vista non sembra collegare l’erogazione del contributo alla “salvezza” o alla conservazione del rapporto locatizio e nemmeno alla sanatoria della morosità maturata che ha condotto alla convalida dello sfratto, a ben vedere le cose si presentano – sul piano della sostanza – in modo diverso.

L’ipotesi prevista è che il conduttore stipuli un nuovo contratto di locazione con il proprietario del bene. Si tratta di ipotesi che – presa in sé – è davvero poco realistica, a meno che non si leghi alla sanatoria della vecchia morosità. Perché mai infatti il proprietario dovrebbe stipulare con l’inquilino moroso un nuovo contratto? L’unica risposta possibile e ragionevole è che il conduttore sani la vecchia morosità.

Ecco allora che il significato effettivo della fattispecie ipotizzata verrebbe a corrispondere a ciò che dice l’art. 4 dello stesso decreto: il destino del contributo è la sanatoria della morosità.

Da notare che la necessità della stipulazione di un nuovo contratto di locazione (che – come visto - è richiesta dalla disposizione in esame) non contrasta affatto con l’idea della “salvezza” del vecchio rapporto locatizio: la stipulazione del nuovo contratto trova infatti la sua necessità nella considerazione che il vecchio contratto di locazione è già venuto meno con la convalida dello sfratto per morosità, sì che per mantenere il rapporto del conduttore con l’immobile è necessaria appunto la stipulazione di un nuovo contratto.

Un aspetto poco chiaro della disposizione deriva piuttosto dal fatto che – in base ad essa - il nuovo contratto deve essere obbligatoriamente un contratto a canone concordato e cioè un contratto riconducibile alla previsione del 3° comma dell’art. 2 della legge n. 431 del 1998: non si comprende perché mai non possa essere invece stipulato un contratto cd. libero, quantomeno nei casi in cui il precedente contratto avesse avuto una tale natura.

Va sottolineato da ultimo come la concreta applicazione della disposizione in esame può presentare qualche difficoltà. Ciò perché da un lato è previsto che il contributo sia versato al conduttore (e non direttamente al locatore: se fosse prevista l’erogazione del contributo al locatore ogni questione sarebbe risolta) e d’altro lato è previsto che la concessione del contributo sia disposta dal Comune in favore del conduttore (moroso incolpevole) che sottoscriva il nuovo contratto con il locatore. Si prevede cioè che l’erogazione del contributo non preceda la stipula del nuovo contratto, ma che essa invece accompagni (o addirittura segua) tale stipulazione.

Vi è da chiedersi allora quali accorgimenti dal punto di vista della tecnica contrattuale possano essere adottati per dare al locatore che stipula il nuovo contratto di locazione la certezza del pagamento della somma concordata per la sanatoria della morosità relativa al precedente contratto: quale soluzione dia cioè al locatore la certezza che la somma in vista del cui pagamento egli si è determinato a stipulare il nuovo contratto con il conduttore moroso gli sia poi effettivamente corrisposta o comunque attraverso quale strada possa escludersi che il nuovo contratto, oramai stipulato, abbia comunque corso ove il conduttore non provveda poi al pagamento della somma pattuita (ed in vista del quale il locatore si è determinato a stipulare il nuovo contratto). Da sottolineare – per inciso – che il mancato pagamento della somma relativa alla sanatoria del debito derivante dal vecchio contratto non potrebbe nemmeno dare luogo allo sfratto per morosità relativamente al nuovo contratto di locazione (la somma non pagata infatti non concernerebbe i canoni dovuti in base al nuovo contratto).

Le soluzioni alle quali può pensarsi sono più d’una: la soluzione ideale – ovviamente – sarebbe quella della contestualità, e cioè della sottoscrizione del nuovo contratto solamente nel momento in cui avvenisse l’erogazione concreta del contributo in favore del conduttore e questi effettuasse il versamento al locatore dell’importo pattuito.

Vi sono però anche soluzioni alternative (pur forse meno efficaci): quella dell’assunzione da parte del locatore – attraverso una dichiarazione formale - dell’impegno a sottoscrivere il nuovo contratto a condizione che abbia luogo il pagamento della somma convenuta per la sanatoria della vecchia morosità; oppure anche quella della sottoscrizione del nuovo contratto ma con previsione della decorrenza di questo solamente da una data successiva a quella fissata quale termine per il pagamento della somma convenuta per la sanatoria della vecchia morosità e con previsione altresì che il mancato pagamento della somma anzidetta nel termine pattuito costituisca condizione risolutiva del nuovo contratto.

 

b) La seconda ipotesi prevista è quella di “inquilini la cui ridotta capacità economica non consenta il versamento di un deposito cauzionale per stipulare un nuovo contratto di locazione”. In questo caso si prevede che il Comune debba fare in modo “che il contributo sia versato contestualmente alla consegna dell’immobile”. Anche questa disposizione pone diversi problemi interpretativi.

Innanzitutto va notato che il rapporto tra entità del contributo (che – come si è visto – può giungere fino a 8.000 euro) e deposito cauzionale per una nuova locazione (deposito che, come noto, in base alla previsione dell’art. 11 della legge n. 392 del 1978 non può superare l’importo di tre mensilità di canone) appare sproporzionato ed incongruo. Ciò potrebbe fare pensare che nel caso in esame non sia affatto detto che il contributo debba essere destinato solamente alla costituzione del deposito cauzionale per il nuovo contratto di locazione, ma possa essere impiegato anche per sanare la morosità in relazione al vecchio contratto, in coerenza con quanto è detto del resto – come abbiamo visto – dall’art. 4 del decreto.

Il fatto che si preveda che in questo caso debba cercarsi di fare in modo che il contributo sia versato contestualmente alla consegna dell’immobile conferma il fatto che la somma relativa al contributo è destinata ad essere riversata dal conduttore al locatore (vi è peraltro da chiedersi se la “consegna dell’immobile” cui fa riferimento la disposizione in esame debba intendersi necessariamente solo quale consegna da parte del nuovo locatore al conduttore dell’immobile oggetto del nuovo contratto di locazione, o possa intendersi anche eventualmente come riconsegna al vecchio locatore da parte del conduttore dell’immobile oggetto del vecchio contratto di locazione).

Da notare ancora come l’indicazione della possibile ed opportuna contestualità del versamento del contributo e della consegna dell’immobile renda evidente che quella della contestualità deve considerarsi la soluzione migliore.

A parte tutto ciò, vi è da chiedersi se sia ragionevole ed opportuna la stipulazione (che la disposizione in esame è diretta ad incentivare) di un nuovo contratto di locazione da parte di un inquilino che già a priori non sia in grado, in ragione della sua ridotta capacità economica, di effettuare il versamento del deposito cauzionale: è infatti quasi certo che un tale inquilino poi (appunto in conseguenza della sua “ridotta capacità economica”, che nel caso è pacifica e certa) non sarà in grado di fare fronte all’obbligo di pagamento del canone, sì che ciò che si prepara in sostanza è quasi certamente una nuova situazione di morosità che condurrà inevitabilmente ad un nuovo sfratto per morosità.

Tanto più che l’ipotesi che stiamo considerando non prevede nemmeno che il nuovo contratto debba essere necessariamente un contratto a canone concordato, come è previsto invece dalla disposizione di cui alla lett. a) che abbiamo esaminato supra.

 

c) La terza ipotesi prevista è quella del “ristoro, anche parziale, del proprietario dell’alloggio”: in questo caso gli inquilini dovranno dimostrare la disponibilità del proprietario “a consentire il differimento dell’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile”.

Anche questa disposizione impone qualche osservazione.

Da notare innanzitutto che in questo caso si prevede in modo esplicito che debba aversi il ristoro del proprietario dell’immobile. Nemmeno in questo caso però viene previsto che l’erogazione del contributo sia effettuata direttamente in favore del proprietario: ciò che si prevede è che il proprietario si dichiari disponibile a differire il rilascio e che in presenza della dimostrazione di tale disponibilità del locatore venga disposta l’erogazione del contributo al conduttore.

Anche in questo caso comunque è evidente che l’unica ipotesi realistica di definizione della cosa nei termini previsti è collegata al pagamento da parte del conduttore al locatore di una somma a sanatoria (eventualmente anche soltanto parziale) della morosità.

Ed anche in questo caso si pone il problema delle modalità concrete che dovranno osservarsi affinché al proprietario sia garantito che nel caso di manifestazione da parte sua della disponibilità al differimento dell’esecuzione del rilascio vi sia poi effettivamente il pagamento in suo favore della somma fissata per il suo ristoro integrale o parziale. Il problema deriva anche in questo caso dal fatto che secondo ciò che prevede il decreto ministeriale l’erogazione del contributo non può precedere la manifestazione della disponibilità del proprietario al differimento.

Anche in questo caso è chiaro che la soluzione migliore sarebbe quella della contestualità tra manifestazione della disponibilità al rinvio dell’esecuzione e pagamento della somma al locatore.

Peraltro ove ciò non sia possibile può prospettarsi l’eventualità del rilascio da parte del locatore di una dichiarazione di manifestazione della sua disponibilità al rinvio (dichiarazione che peraltro dovrebbe anche contenere l’indicazione della misura del rinvio) condizionata al pagamento entro un determinato termine della somma prevista per la sanatoria.

 

2.6. Vi è poi l’art. 6 del decreto che dispone che i Comuni adottino “le misure necessarie per comunicare alle Prefetture” la lista “dei soggetti richiedenti che abbiano i requisiti per l’accesso al contributo” e ciò – viene precisato – affinché le Prefetture possano effettuare “le valutazioni funzionali all’adozione delle misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto”.

La previsione si collega alla parte finale delle disposizioni del 5° comma dell’art. 6 del decreto-legge n. 102 che – come si è già ricordato – prevede che “a tal fine” i Prefetti adottino “misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica” nell’esecuzione degli sfratti.

Al proposito va ricordato che però – come abbiamo avuto modo di sottolineare in altra sede[11] – la disposizione contenuta nel decreto-legge n. 102 pone problemi di lettura e interpretazione, cui è opportuno fare qui cenno.

Innanzitutto va notato che non è chiaro – sulla base della formulazione del testo della norma del decreto-legge - che cosa si intenda dire con l’espressione “a tal fine”. In base alla lettura della norma ed al collegamento tra le diverse parti di questa il fine cui si fa riferimento sembra essere quello dell’“accompagnamento sociale degli sfrattati” (che corrisponde alla parte della disposizione in esame più prossima alla indicazione del fine in questione): la graduazione risulterebbe dunque finalizzata all’attuazione di tale “accompagnamento”.

L’espressione “accompagnamento sociale” però è a sua volta formula nebulosa: la lettura più corretta di tale espressione è probabilmente quella che fa riferimento all’ipotesi del passaggio “da casa a casa” (e cioè all’ipotesi dell’uscita da un alloggio con contemporaneo ingresso in altro alloggio o comunque con accesso ad altra situazione abitativa). E’ in questa prospettiva che appare ragionevole il richiamo operato dalla norma al ricorso anche agli “organismi comunali” con cui si indica la possibilità dell’intervento del Comune eventualmente anche attraverso la messa a disposizione di alloggi di proprietà comunale o di alloggi la cui disponibilità sia acquisita dal Comune con la stipulazione di contratti di locazione (tra i quali i particolari contratti previsti dal 3° comma dell’art. 1 della legge n. 431 del 1998). In quest’ottica il richiamo alla fattispecie dell’“accompagnamento sociale” formulato dalla norma appare indirizzato a prospettare, per il problema che si sta considerando, soluzioni di natura pubblica, e cioè misure e “percorsi” a carico dell’ente pubblico.

Da sottolineare poi che l’indicazione della finalità della prevista graduazione (“a tal fine”) segna certamente anche il confine dell’ambito di applicazione di questa: nel senso che la graduazione potrà essere disposta solamente nei casi in cui siano presenti le condizioni perché l’”accompagnamento sociale” si realizzi, anche attraverso il ricorso ad organismi comunali. Il che porta a ritenere che ove e se tali condizioni in concreto mancassero (eventualmente anche per difetto di strumenti o di disposizioni specifiche dirette alla loro attuazione) la graduazione non sarebbe consentita.

Sembra certo infine che l’attuazione della graduazione della concessione della forza pubblica da parte dei Prefetti per l’esecuzione degli sfratti prevista dalla norma dovrà avvenire con l’adozione di provvedimenti di portata generale (pur nel limitato ambito territoriale di competenza), dovendo ritenersi – anche sulla base di quanto è stato nel passato affermato in materia dalla Corte Costituzionale[12] - che sia esclusa la possibilità di esame di singoli casi e di adozione di provvedimenti individuali da parte dei Prefetti.

Sotto questo profilo il cenno, contenuto nel decreto ministeriale in esame, alle valutazioni dei Prefetti “funzionali all’adozione delle misure di graduazione programmata dell’intervento della forza pubblica nell’esecuzione dei provvedimenti di sfratto” deve intendersi appunto come riferimento a valutazioni e misure che – pur prendendo quale base per la valutazione da operarsi la concreta situazione locale ricavabile dall’”elenco dei soggetti richiedenti che abbiano i requisiti per l’accesso al contributo” – avranno sempre portata necessariamente generale.

E’ appunto nel senso ora indicato e con i limiti ora segnalati che la prescrizione dell’art. 6 del decreto ministeriale che stiamo esaminando potrà applicarsi e sarà concretamente utilizzabile.

 

2.7. Da ultimo va segnalato l’art. 7 del decreto che prevede che le Regioni attuino “il monitoraggio sia sull’utilizzo sui fondi” sia sugli “eventuali stanziamenti regionali”: ciò “secondo specifiche definite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”.

In attesa che il Ministero dia i provvedimenti previsti da questa disposizione, va sottolineato come il profilo relativo al controllo dell’effettiva utilizzazione dei contributi per il perseguimento delle finalità fissate dal decreto (e cioè – come si è visto – per l’effettiva sanatoria della “morosità incolpevole accertata”, espressamente indicata dall’art. 4 del decreto quale unica ed essenziale finalità dei contributi) viene ad avere un ruolo fondamentale nel quadro complessivo dell’iniziativa cui il decreto in esame è diretto a dare attuazione: è proprio su questo elemento che si potrà misurare il successo o l’insuccesso dell’iniziativa.

 



[1] In argomento si veda l’articolo di SFORZA FOGLIANI, Morosità incolpevole, percorso su misura, ne Il Sole 24 Ore del 14 gennaio 2014.

[2] Al proposito ci sia consentito il rinvio a SCALETTARIS, La morosità incolpevole, in Archivio loc. cond. 2014, pag. 143 e ss.

[3] Per una prima analisi del testo del decreto ministeriale in esame si veda l’articolo di SFORZA FOGLIANI, Parametri più precisi per far scattare i benefici, ne Il sole 24 Ore del 22 aprile 2014. Il decreto ministeriale in questione è il decreto 14 maggio 2014 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14.7.2014 n. 161.

[4] Rinviamo al proposito a quanto abbiamo avuto occasione di osservare in altra sede: si veda SCALETTARIS, Qualche riflessione sui dati relativi agli sfratti diffusi dal Ministero dell’Interno (in Archivio loc. cond. 2013, pag. 11 e ss.).

[5] Si vedano in questo senso: Cass. 4 febbraio 1987 n. 1066; Cass. 18 aprile 1989 n. 1835.

[6] Si veda in questo senso SFORZA FOGLIANI, Parametri più precisi per far scattare i benefici, cit.

[7] Da ultimo con il comma 8° dell’art. 4 del d.l. 150/2013.

[8] Al proposito ci permettiamo di rinviare ancora a SCALETTARIS, La morosità incolpevole, cit.

[9] Si veda a questo proposito per esempio il cd. “protocollo d’intesa promosso dalla Prefettura di Bologna, tra Tribunale di Bologna, regione Emilia-Romagna, provincia di Bologna, comuni della provincia di Bologna, sindacati ed associazioni rappresentative dei proprietari e degli inquilini, istituti di credito e fondazioni bancarie, recante misure straordinarie di intervento per la riduzione del disagio abitativo ” (in Foro It. 2014, V, pag. 47 ss.

[10] Anche a questo proposito ci permettiamo di rinviare a SCALETTARIS, La morosità incolpevole, in Archivio loc. cond. 2014, pag. 143 e ss.

[11] Anche a questo proposito si veda SCALETTARIS, La morosità incolpevole, in Archivio loc. cond. 2014, pag. 143 e ss.

[12] Si veda a questo proposito quanto ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza 23 maggio 2008 n. 166 (in Archivio loc. cond. 2008, pag. 343).

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