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Lombardia e Lazio sono le regioni più esposte al rischio terrorismo

Secondo l'Italian Terrorism Infiltration Index 2015 ideato dall'Istituto Demoskopika Lombardia e Lazio sono le regioni più esposte al rischio terrorismo. A guidare la graduatoria del rischio è dunque la Lombardia, con un punteggio pari a 10. Seguono Lazio (6,48 punti), Emilia Romagna (4,27), Piemonte (3,47) e Veneto (2,67). Tre gli indicatori utilizzati: le intercettazioni autorizzate, gli attentati avvenuti in territorio italiano e gli stranieri residenti in Italia provenienti dai Paesi nella 'top five' del terrore dall'Institute for Economics and Peace (Iep) nello studio 'Global Terrorism Index 2014', cioè Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria.

Negli ultimi 15 anni sono stati portati a termine 96 attentati di matrice terroristica in Italia, mentre sono state oltre 7 mila le intercettazioni autorizzate per indagini di terrorismo interno e internazionale. Ben 179 le vittime italiane civili e militari hanno perso la vita perché coinvolte in attacchi compiuti in dodici paesi: Usa, Afghanistan, Indonesia, Arabia Saudita, Iraq, Egitto, Inghilterra, Israele, India, Nigeria, Pakistan e Marocco.

Il 2003 l'anno con il maggior numero di episodi: 14 eventi terroristici su un totale di 96, pari al 15,6%. A seguire il 2001 con 11, il 2010 ed il 2012 entrambi con 10. La regione che ha subìto il maggior numero di attacchi nell'arco temporale considerato è stata il Lazio (24, pari ad oltre il 25% del totale); seguono Lombardia (16), Veneto (9) e Toscana (8).

Dal 2005 al 2013, il numero dei 'bersagli' (come vengono chiamate in gergo le utenze controllate) autorizzati dalle procure italiane per indagini relative a reati di terrorismo è stato pari a 7.364 casi. In Lombardia, Lazio e Campania le procure più attive. Infine, sono oltre 180 mila i residenti stranieri provenienti dai Paesi nella 'top five' del terrore.

Intanto un sospetto militante islamico pachistano, proveniente dall'Italia, e' stato consegnato oggi alla polizia a Islamabad dopo un decreto di espulsione nei suoi confronti firmato lo scorso settembre. All'uomo, Usman Ghani, una volta rientrato in Pakistan, e' stato pero' contestato di essere implicato nell'attacco dei talebani nel dicembre 2014 a una scuola pubblica dell'esercito a Peshawar, strage in cui morirono 150 persone, quasi tutti bambini. E' stato dunque arrestato dalle autorita' locali.

Tuttavia, sottolineano fonti investigative italiane, il nome di Usman Ghani non figurava tra quelli oggetto di richieste di estradizione in alcuna banca dati italiana o dell'Interpol; nessun reato risultava a suo carico. L'uomo, tenuto sotto osservazione (ma non indagato) per alcuni suoi legami con presunti terroristi, e' stato espulso verso il Pakistan come semplice "persona indesiderata" con un provvedimento del ministero dell'Interno per motivi di "ordine pubblico e sicurezza", senza che vi fosse conoscenza di alcun ordine di arresto a suo carico ne' nel Paese d'origine ne' altrove. Una volta rientrato in Pakistan, gli e' stato invece contestato di essere implicato nell'attacco dei talebani nel dicembre 2014 ed e' stato arrestato dalle autorita' locali. In Italia, l'uomo era stato espulso per alcune frasi pubblicate sul suo profilo Facebook, su cui intratteneva rapporti con Zurkifal Hafiz Muhammad, l'Imam di Bergamo ritenuto a capo di una cellula terroristica con base in Sardegna. Nell'ambito di quella indagine diversi cittadini pachistani attivi su Fb e in contatto con l'imam erano stati allontanati.

Finora diverse agenzie investigative hanno arrestato 12 militanti in relazione all'attacco alla scuola di Peshawar e nell'agosto scorso sette di essi sono stati condannati a morte e uno all'ergastolo. Il fratello del sospetto militante, Faqir Ghani, era stato espulso dall'Italia a inizio dell'anno per presunta complicità con organizzazione jihadiste. Sulla vicenda era intervenuto il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani, con una lettera al ministro dell'Interno in cui contestava la consistenza delle motivazioni alla base dell'espulsione.

Il padre dei due, Sher Ghani, 59 anni, venne arrestato nell'aprile scorso per favoreggiamento dell' immigrazione clandestina nell'ambito di un'inchiesta della Dda di Cagliari su un network terroristico legato ad Al Qaida: un'indagine che ha portato a sette arresti di pachistani e afghani in varie regioni.

Denis Cuspert, un rapper tedesco divenuto un influente reclutatore dell'Isis, è stato ucciso due settimane fa in un raid in Siria della Coalizione a guida americana. Lo confermano fonti Usa alla Cnn. Cuspert, nome d'arte 'Deso Dogg', era finito nella lista nera Usa. Era apparso in diversi video, in uno teneva la testa di un uomo decapitato dai jihadisti.

In un filmato della propaganda jihadista dello scorso aprile Cuspert aveva minacciato direttamente la Germania: "In Francia sono arrivati i fatti. In Germania i dormienti aspettano", diceva mentre scorrevano le immagini degli attentatori di Parigi, alla redazione di Charlie Hebdo e al supermercato kosher, 17 i morti. "Anche se sei in Germania, fai la tua jihad", cantava Cuspert. Il rapper, che aveva assunto il nome di Abu Talha al-Almani, si era unito all'Isis nel 2012, dopo la conversione all'islam radicale e il suo avvicinamento al gruppo filo-jihadista tedesco Millatu Ibrahim. La notizia della sua uccisione in un raid della coalizione nei pressi di Raqqa, la 'capitale' dello Stato islamico in Siria, era stata diffusa dagli attivisti della città il 17 ottobre scorso - il mezzo su cui si trovava a bordo Cuspert è stato colpito il 16 - ed è stata confermata oggi da funzionari dell'amministrazione americana.

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