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Giovedì, 02 Maggio 2024

Per la prima volta dall'inizio della guerra in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin parteciperà, anche se da remoto, a un vertice del G20. Mercoledì, a otto giorni dalla fine della presidenza indiana, si terrà un summit online a livello di capi di Stato e di governo, convocato dal premier Narendra Modi.

In agenda c’è certamente il tentativo di avvicinarsi a un compromesso sul nuovo Patto di Stabilità, sul quale per ora le distanze fra Roma e Berlino sono marcate. C’è una ricognizione sul conflitto fra Israele e Hamas, sul quale i due governi hanno già coordinato le loro posizioni, e infine una anche sulla guerra in Ucraina. Scholz è l’unico leader europeo che può riprendere un dialogo con Putin, e si è già dichiarato disponibile. Quella che i diplomatici chiamano way out, una soluzione onorevole per entrambe le parti della guerra, farà parte del faccia a faccia lontano dalle delegazioni.

Si tratta di un cambiamento importante la strategia di Putin, il quale non aveva preso parte ai due vertici precedenti delle venti economie più importanti del pianeta, né a quello che si era tenuto in Indonesia, l'anno scorso, né a quello di due mesi fa, in presenza, a Nuova Delhi.

Secondo quanto apprende l'Adnkronos da fonti Ue, i leader europei che fanno parte del G20 "hanno deciso di comune accordo di non modificare i piani per la loro partecipazione al vertice" nonostante la presenza di Putin, che a marzo è stato colpito da un mandato di arresto della Corte penale internazionale dell'Aja.

Si tratterebbe del primo contatto diretto, seppure a distanza, tra il presidente russo - che non aveva partecipato neanche online né al G20 in Indonesia l'anno scorso né a quello a Nuova Delhi a settembre - ed alcuni leader europei. Del gruppo fanno parte Italia, Germania, Francia oltre all'Ue, rappresentata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. La premier italiana Giorgia Meloni parteciperà da remoto da Berlino, dove sarà per il vertice intergovernativo con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Cosi qualcosa si stia muovendo in tal senso non è un mistero, gli esperti legano il loro cauto ottimismo alle elezioni americane del prossimo anno, che costringeranno i due sfidanti - Biden e Trump, o chiunque Democratici e Repubblicani infine candideranno -, a dire già in campagna elettorale una cosa definitiva e possibilmente risolutiva sull'argomento,e  sta permettendo la discesa in campo della diplomazia, e l'appuntamento di domani è un primo concreto segnale di un possibile dialogo.

Per Giorgia Meloni sarà una giornata doppiamente speciale. Per un casuale incastro di date, oltre all’onore di concludere un accordo intergovernativo molto importante, parteciperà da Berlino alla conference call conclusiva del G20 a presidenza indiana: lo farà dallo studio del Cancelliere Scholz, che la ospiterà per l’occasione, un evento che rischia di oscurare il Piano d’azione stesso. Alla riunione a distanza infatti parteciperanno sia Vladimir Putin che Xi Jinping, e non è detto che all’ultimo momento non decida di essere presente anche Joe Biden. Inutile descrivere le implicazioni che un confronto di questo tipo, che durerà almeno un’ora, potrà sprigionare, a cominciare dal conflitto tra Kiev e Mosca.

Mezzo governo tedesco e mezzo governo italiano. Per siglare un patto fra i due esecutivi che è valso più di un anno di negoziati e che completa un triangolo di relazioni speciali europee che si muove fra tre Capitali: Parigi, Berlino e Roma. Il Piano d’azione che verrà firmato dopodomani nei saloni della Cancelleria porterà il livello della cooperazione fra Italia e Germania a un livello molto più alto, in tutti i principali settori sensibili, dall’industria all’energia, dalla difesa alle consultazioni sulle politiche europee. E chiuderà un ciclo di rapporti strategici già esistenti, con il recente Trattato del Quirinale tra Italia e Francia e il più consolidato Trattato di Aquisgrana tra Germania e Francia.

 Il leader russo, che parteciperà al G20 di Roma in collegamento video, è giunto al suo quarto mandato presidenziale. Ex agente sovietico, è diventato prima premier e poi presidente della Federazione russa. Secondo molti osservatori, la sua ascesa è accompagnata da un graduale processo di arretramento democratico

Vladimir Putin nasce a San Pietroburgo il 7 ottobre 1952. Con la sua famiglia vive all'interno di una kommunalka, le abitazioni di epoca comunista con servizi condivisi con altri nuclei familiari. Due fratelli, uno morto nei primi anni di età e l'altro di malattia, per le conseguenze dell'assedio di Leningrado della Seconda guerra mondiale. Nonostante le condizioni poco agiate della famiglia, con la madre impiegata come operaia e il padre ex sommergibilista dell'esercito, Putin riesce comunque ad intraprendere gli studi nella sua città natale.

Nel 1975 arriva una laurea in diritto internazionale a Leningrado. La svolta arriva subito dopo. Putin infatti in quello stesso anno si arruola nel Kgb, il potente servizio segreto dell'Unione Sovietica. Per i primi dieci anni Putin opera in Russia. Nel 1983, si sposa con Ljudmila Škrebneva, e hanno due figlie: Marija, nata nel 1985, ed Ekaterina, nel 1986. Nel 1985 Putin è inviato a Dresda, nell'allora Germania Est. Qui lavora in stretta collaborazione con la Stasi, il servizio segreto della Repubblica democratica tedesca. Putin rimane in Germania per cinque anni. Si tratta di un periodo delicato, con la caduta del muro di Berlino del 1989 e il crollo dei sistemi comunisti dell'Est Europa. Nel 1990 viene richiamato dal Kgb in patria, mentre l'Urss si avvia verso il declino.

 

Fonti varie agenzie di stampa 

 

 

Il 22 novembre ricorreranno i 60 anni dall'omicidio Kennedy: i proiettili che quel giorno assassinarono a Dallas il 35º presidente degli Stati Uniti d'America colpirono al cuore la sua nazione e sconvolsero il mondo intero

John Kennedy fu assassinato mentre attraversava, con la sua limousine presidenziale, una piazza gremita di sostenitori entusiasti. Una folla di gente accalcata a ridosso delle staccionate, accorsa per applaudire la coppia più glamour del tempo: il bel Presidente e la sua iconica consorte, Jacqueline Kennedy. Seduta al suo fianco, sui sedili posteriori della decappottabile, stretta in un elegante tailleur, Jackie è la prima a gettarsi sul marito per tentare di rianimarlo dopo un primo sparo di fucile lo colpisce in testa.

Le raccapriccianti immagini di quella morte violenta hanno marcato la memoria di intere generazioni. La televisione in Europa stava muovendo i primi passi e la radiocronaca dell'attentato (la sfilata presidenziale negli Stati Uniti era stata trasmessa in diretta) arrivò come un fulmine a ciel sereno, lasciando l'Occidente ammutolito e spaventato. Erano anche gli anni della guerra fredda e del confronto serrato con l'Urss. L'Occidente si sentì perso, mentre l'America era in balia degli eventi, alle prese con un sogno che stava andando in frantumi.

Lee Harvey Oswald, attivista castrista ed ex marine, fu arrestato di lì a poco, con l'accusa di esser l'unico esecutore materiale dell'attentato. Fu questa la conclusione della famosa commissione d'inchiesta (1963-194) voluta dal nuovo Presidente, Lyndon B. Johnson. Commissione che ebbe ben pochi elementi su cui lavorare visto che anche Harvey Oswald, poco dopo aver sparato i colpi mortali fu a sua volta freddato da un sicario prima di andare a processo.

Da quel momento fino ai giorni nostri si sono inseguite le teorie più disparate sul mandante dell'attentato. A distanza di inchieste, libri-verità, interviste, documentari, film kolossal e rivelazioni shock, la morte di JFK resta avvolta nel mistero, schiacciata fra legittimi dubbi e improbabili teoremi complottisti. Basti dire che anche pochi mesi fa, lo scorso settembre, è uscita in libreria l'ennesima biografia clamorosa - "The Final Witness" - a firma di un ex agente dei servizi segreti  che mette in dubbio, con nuovi elementi, la teoria del proiettile unico e del coinvolgimento di un unico uomo armato.

Lo stesso Walter Veltroni, da sempre grande ammiratore e studioso dei Kennedy, è tornato a esprimersi sull’assassinio di JFK presentando il suo ultimo libro ("I fratelli che volevano cambiare il mondo. La storia di John e Bob Kennedy", Feltrinelli, 2023). “Un filmato - ha affermato - dimostra che non fu colpito solo da dietro ma anche da davanti (...) Chi è stato tra i petrolieri del Texas, la mafia, gli esuli cubani e la Cia? Non lo so e non lo sapremo mai. Lui aveva rotto le scatole a un sacco di gente”.

Di Kennedy anche le nuove generazioni - quelle che lo studiano sui libri di storia - ricordano soprattutto la celebre frase del suo discorso d’insediamento (1961): "Non chiedete che cosa il vostro paese può fare per voi; chiedete che cosa potete fare voi per il vostro paese".

Anche se breve, la presidenza di JF Kennedy fu segnata da diversi eventi significativi della Storia moderna, come la guerra fredda, lo sbarco nella Baia dei Porci, la Crisi dei missili di Cuba, la costruzione del Muro di Berlino, la corsa allo spazio, gli antefatti della Guerra del Vietnam e l'affermarsi del Movimento per i diritti civili degli afroamericani.
Il suo posizionamento politico a tali fatti attirò sicuramente su di lui gli occhi di molti.

Fonte Agi e varie agenzie

Il Qatar sta cercando di negoziare un accordo tra Hamas e Israele che includa il rilascio di circa 50 ostaggi civili da Gaza in cambio di un cessate il fuoco di tre giorni. Lo ha detto a Reuters un funzionario informato sui negoziati. L'accordo, coordinato con gli Stati Uniti, prevede anche che Israele rilasci alcune donne e bambini palestinesi dalle carceri israeliane e aumenti gli aiuti umanitari consentiti a Gaza, ha detto il funzionario.

Se andasse in porto, l'intesa segnerebbe il più grande rilascio di ostaggi detenuti da Hamas da quando il gruppo terrorista palestinese ha fatto irruzione oltre il confine di Gaza, attaccando il Sud di Israele e facendo oltre 230 ostaggi. Hamas ha accettato le linee generali di questo accordo, ma Israele no e sta ancora negoziando i dettagli, ha detto il funzionario. Non si sa quante donne e bambini palestinesi Israele libererebbe dalle sue carceri come parte dell'accordo.

Israele sta cercando di ridurre al minimo le vittime civili a Gaza, ma "sfortunatamente non ci stiamo riuscendo". Lo ha affermato il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un'intervista alla Cbs in cui ha sottolineato come ad Hamas "non interessi nulla" dei palestinesi. Un raid aereo delle forze israeliane ha ucciso 10 persone a est di Khan Younis. Lo riportano alcuni media palestinesi. L'attacco ha colpito anche una casa di famiglia ad al-Qarara, a est di Khan Younis, nel sud di Gaza

L'esercito israeliano ha continuato a perquisire l'ospedale principale di Gaza alla ricerca di nascondigli di Hamas, mentre il territorio palestinese è stato tagliato fuori dalle telecomunicazioni a causa della "mancanza di carburante", ha dichiarato l'ONU. Il governo di Hamas nel territorio ha dichiarato che i soldati israeliani hanno "distrutto" diverse strutture dell'ospedale al-Shifa, un enorme complesso a Gaza City al centro della guerra.

Dal sanguinoso attacco di Hamas al suo territorio, il 7 ottobre, Israele ha giurato di "annientare" il movimento islamista, classificato come organizzazione terroristica da Stati Uniti, Unione Europea e Israele.

L'esercito israeliano ha bombardato senza sosta il piccolo territorio e dal 27 ottobre ha lanciato un'operazione di terra che ha portato a pesanti scontri con i miliziani di Hamas e alla morte di 51 soldati. L'operazione lanciata mercoledì contro l'ospedale Al Shifa, privo di acqua ed elettricità, ha scatenato le proteste della comunità internazionale, preoccupata per i circa 2.300 civili presenti al suo interno, secondo le Nazioni Unite.

Sempre nella notte nella città cisgiordana di Jenin affermano che tre persone sono state uccise e sette ferite durante un'operazione militare israeliana. Due delle persone uccise appartenevano ai Ponti di Jenin, una milizia locale. Lo rende noto il quotidiano Haaretz Secondo il rapporto, alcune persone sono state ferite in un attacco aereo e altre dal fuoco vivo. Due dei feriti sarebbero in gravi condizioni. I rapporti affermano anche che l'IDF ha circondato l'ospedale Ibn Sina della città

L'esercito israeliano ha fatto sapere di aver recuperato il corpo della soldatessa Noa Marciano, preso in ostaggio da Hamas durante l'attacco del 7 ottobre e morta nella Striscia di Gaza. I resti sono stati trovati in un edificio vicino all'ospedale di al-Shifa che le truppe continuano a perquisire.

Lunedì il Movimento islamico aveva diffuso un video della 19enne in cui la mostrava quattro giorni dopo essere stata sequestrata e poi immagini del suo corpo senza vita, sostenendo che sia stata uccisa nei bombardamenti israeliani della Striscia.

I pm di Roma hanno aperto un'inchiesta sulla morte dei cittadini italiani Evitar Kipnis, sua moglie Liliach Lea Havron e Nir Forti uccisi da Hamas durante gli attentati dello scorso 7 ottobre. Nello specifico, secondo quanto si apprende, sono due i due fascicoli aperti dalla Procura con ipotesi di reato di attentato con finalità di terrorismo e omicidio. Entrambi sono a carico di ignoti.

 

Fonte Agi / Varie agenzie

 

 

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