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Un’ora con il sarto è il titolo del libro di Arianna Geronzi e Domenico Di Rosa, che verrà presentato venerdì 9 settembre, nella Sala Consiliare presso il Municipio di Marino Laziale alle ore 18.00 Fashioning pubblica il suo libro” Un’ora con il sarto”, scritto da Arianna Geronzi e Domenico Di Rosa, acquistabile online in formato cartaceo ed e-book. Il testo è un vero e proprio viaggio nel mondo della sartoria italiana, il racconto della storia della vita di sarti e sarte famosi/e italiani che hanno consacrato la propria vita all’arte di realizzare l’abito sartoriale per eccellenza, secondo la tradizione. 

Sarà pura gioia e scoperta di questo ambito della moda, che tutto il mondo invidia a noi italiani e che si tramanda tramite scuole specifiche, come l’Accademia dei Sartori. Alla presentazione prenderanno parte, oltre agli autori Arianna Geronzi e Domenico Di Rosa, il sindaco Stefano Cecchi, la vicesindaca Sabrina Minucci e l’Assessore alla cultura Pamela Muccini. A condurre la serata Maria Angela Nocenzi, ex direttrie della Biblioteca Comunale della città. Le conversazioni saranno intervallate dalla lettura di passi del libro. È importante e necessario valorizzare brand e designer italiani che portano avanti l’ artigianato e la tradizione italiana. Sono tantissime le piccole realtà italiane che spesso sono più conosciute all’estero che nel nostro paese.Realtà che hanno fatto e fanno del nostro paese il più conosciuto a livello mondiale per tradizione, qualità e stile per la produzione di abbigliamento. 

Con questo libro gli autori danno il via ad una ricerca personale, raccogliendo le storie di noti sarti e sarte che hanno abbracciato il progetto di rilancio dell’artigianato italiano. Il libro nasce inizialmente come rubrica del magazine online dell’Agenzia, che non si occupa solo di comunicazione, ma vuole valorizzare la tradizione artigianale italiana, in questo caso, quella sartoriale. Gli articoli sono stati redatti per raccontare il valore dello stile sartoriale e quanto sia importante nel mondo la sartoria italiana. Il libro è incentrato sul capo perfetto per eccellenza: la giacca. Sono stati affrontati temi diversi spaziando dai trend, a quelli più specifici come i dettagli tecnici: stoffe e accessori. Entrare in una sartoria oggi significa essere “coccolati” nella scelta del giusto tessuto necessario per la realizzazione dell’abito richiesto, dalla presa delle misure fino ai consigli stilistici. Nel testo si analizzano diverse scuole, ognuna con le proprie sfumature: la scuola napoletana si differenzia da quella siciliana ma il gusto, l’attenzione ai materiali e la centralità del cliente sono caratteristiche comuni a tutte. Indagando tra le storie dei sarti è venuto fuori uno spaccato del mestiere del sarto e di come è cambiato negli anni perché ha dovuto adattarsi alle nuove esigenze di mercato e fare anche marketing online. Abbiamo raccontato tutto quello che succede quando si prende appuntamento da un sarto e tutto il grande lavoro che si svolge in bottega! Fashioning ama la moda italiana, la tradizione e il saper fare italiano, la creatività e il fatto a mano

“Storia di un presidente che si credeva un topo” di Giuseppe Tecce è un romanzo in cui si mescola realtà e fantasia per parlare di questa pandemia che ha cambiato per sempre le vite e i progetti di tutti gli esseri umani. Con una scrittura molto attenta a descrivere anche i gesti più semplici compiuti dal protagonista - che si chiude a causa del Coronavirus in una quarantena ad oltranza, ben oltre i limiti indicati dalle disposizioni governative - si narra la storia di un uomo le cui azioni, anche le più piccole, diventano fondamentali nella sua routine quotidiana, essendo l’appiglio a cui aggrapparsi per non perdere la lucidità.

Andrea è un uomo metodico e tranquillo; è il presidente di una cooperativa sociale ed è appassionato di testi medici, che divora nel tempo libero per mitigare la sua ipocondria. L’autore ci fa entrare nella sua vita nel momento in cui, agli inizi di marzo 2020, il mondo si è fermato per cercare di contrastare l’avanzata del Covid19; Andrea è confuso dai primi decreti che parlano di misure restrittive e di un numero di contagi sempre più elevato, ed è anche spaventato dalla possibilità di prendere il virus essendo affetto da diabete mellito. L’autore presenta quindi un diario del lockdown, sin dal giorno uno, in cui descrive l’atteggiamento maniacale adottato dal protagonista per affrontare quel periodo di smarrimento: ad esempio, ogni mattina si osserva attentamente allo specchio, come per essere sicuro di riconoscersi ancora. Lentamente, però, si abbandona alla monotonia della sua “prigionia”, diventando sempre più apatico e nervoso - «Il senso di peso psicologico che Andrea portava dentro di sé – ben oltre la solita sensazione di ansia – era un macigno, messo in bilico tra testa e cuore, che sbilanciandosi, verso l’uno o verso l’altro, lo portava a sragionare o ad avere le palpitazioni». Andrea non fa che pensare al virus e, quando scopre che si sta sperimentando un vaccino, è ossessionato dall’idea di trovare un modo per essere vaccinato al più presto, per «salvarsi dall’imminente distruzione del genere umano». Mentre il protagonista svela il suo esasperato individualismo che sfocia in un egoismo senza pari, un evento a dir poco surreale lo spinge a cambiare la direzione del suo sguardo; forse una possibilità di salvezza c’è, per quanto sia estremamente azzardata, e potrebbe anche redimerlo dalla sua codardia.

Giuseppe Tecce racconta una storia emozionante che si conclude con un finale profondamente amaro e audace, che lascia un pressante interrogativo sulla veridicità di ciò che ci è stato appena narrato.

SINOSSI DELL’OPERA

Andrea è lo storico presidente di una cooperativa sociale di Benevento. La sua routine, divisa tra gli impegni lavorativi e quelli familiari, subisce una battuta d'arresto che coinvolge buona parte della popolazione terrestre: la pandemia causata dal Coronavirus ridisegna le ascisse e le ordinate della quotidianità. Per Andrea è l'inizio di un periodo di forte disorientamento, poiché la sua salute è fragile e il timore del contagio lo porta all'auto reclusione, oltre i confini del lockdown. Quando cominciano a circolare le prime notizie relative a delle sperimentazioni in un istituto di Napoli, cresce in lui una speranza e in parallelo anche una consapevolezza: se fosse un topo, potrebbe avere un canale privilegiato per raggiungere il prezioso vaccino. E a desiderare troppo qualcosa, a volte, si ottengono risultati insperati.

BIOGRAFIA DELL’AUTORE

Giuseppe Tecce (Benevento, 1972) è laureato in Giurisprudenza e dal 2001 è presidente di una cooperativa sociale di Benevento che si occupa di servizi dedicati a persone svantaggiate ed emarginate, realizzando strutture residenziali di accoglienza per minori temporaneamente allontanati dal proprio nucleo familiare, per persone affette da disabilità psichica e per migranti. Tra il 2012 ed il 2018 è stato presidente del Consorzio di Cooperative Sociali ASIS nella Regione Campania, specializzandosi nella realizzazione di progetti europei. Si occupa di tutela del territorio, valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale e di paesaggio tra il Sannio e l’Alta Irpinia, attraverso l’associazione “I Coccioni”. “Storia di un presidente che si credeva un topo” è il suo primo romanzo, dopo “L’agente della Terra di Mezzo”, il diario di un viaggio in bicicletta nella terra Irpina, e due raccolte di poesie.

 

 

 

 

 

La consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, celebrata dal regnante Pontefice Francesco il 25 marzo 2022, solennità dell’Incarnazione, ha riportato all’attualità il ciclo di apparizioni e di rivelazioni mariane avvenute a Fatima, in Portogallo, fra il maggio e l’ottobre del 1917, ciclo rimasto alquanto in ombra nei decenni successivi al Concilio Ecumenico Vaticano II.

Alleanza Cattolica e, in particolare, il suo fondatore Giovanni Cantoni, hanno sempre considerato il Messaggio di Fatima come centrale per capire la storia del mondo nel Novecento, in particolare il dilagare del comunismo, per risalire alle origini della crisi dell’organismo ecclesiale e per leggere i pontificati di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.

In coincidenza con il gesto del Papa, il Capitolo Nazionale di Alleanza Cattolica, propone una raccolta di articoli e di documenti ufficiali (“La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria alla luce del Messaggio di Fatima. Testi e documenti. Pag.241, e. 10; 2022) e auspica che questo Messaggio trovi ascolto e che si possa giungere presto a una pace fra i due popoli fratelli, l’ucraino e il russo, affinché il mondo capisca finalmente dove porta l’apostasia, si converta e possa instaurarsi il dolce regno del Cuore Immacolato della vergine, che, nella storia, non potrà che avere connotati di una nuova, rinnovata e ancor più splendida cristianità.

Il gesto è stato ripreso da molti vescovi nelle rispettive diocesi, ma è passato abbastanza inosservato sui media, che faticano a cogliere il legame soprannaturale e la storia degli uomini, immersi come sono in una totale secolarizzazione della vita pubblica e, spesso, anche privata. Il gesto del Pontefice è di grande e fondamentale importanza, aiuta certamente a riprendere il contenuto del Messaggio di Fatima, che non si è concluso e non riguarda solo il passato, come ha detto il Papa emerito Benedetto XVI. Il Messaggio di Fatima era stato per decenni un pilastro dell’apostolato sociale e religioso del fondatore di Alleanza Cattolica, Giovanni Cantoni.

Il Messaggio era indirizzato a tutti gli uomini per chiedere la conversione e sia allora che oggi si sarebbe scongiurato il flagello della guerra. Sia allora come oggi, presuppone da parte nostra la preghiera e la penitenza, nonché la pratica riparatrice dei primi cinque sabati consecutivi del mese, come richiesto da Maria ai pastorelli di Fatima.

Tuttavia chiarisce l’associazione cattolica che “il Messaggio ha anche un’evidente dimensione dimensione pubblica e politica - nel sensos nobile e alto del termine -, che riguarda tanto la Russia comunista, la quale ha diffuso i suoi errori in tutto il mondo nel corso del Novecento, quanto la Russia odierna, e quindi la guerra scoppiata dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo”.

Se Papa Francesco ha fatto questo passo, muovendosi in una prospettiva di teologia della storia ben precisa, questo significa che la guerra in Ucraina “non può essere letta soltanto in una chiave geo-politica, ma deve anche essere inquadrata necessariamente nel contesto del dramma dell’uomo ‘moderno’, un dramma che sembra giunto a un tornante epocale, dai risvolti imprevedibili”. Dopo quattro mesi ancora non si è visto nei vari talk show televisivi, una rappresentazione simile.

A questo punto il saggio offerto da Alleanza cattolica afferma: “E’ sempre difficile stabilire quando una guerra è giusta e inevitabile, soprattutto a partire dall’epoca moderna, quando le ragioni e i torti sono spesso presenti in entrambi i fronti e dove quasi sempre i protagonisti appartengono a partiti ideologici o non, diversi e contrapposti”.

Al tempo di Napoleone Bonaparte (1769-1821) era più facile attribuire ai popoli aggrediti, il diritto di reagire e di combattere, così come, “dopo la Rivoluzione russa del 1917, era difficile negare ai ‘russi bianchi’ il diritto di cercare di rimuovere dal potere il partito bolscevico,, il quale, una volta vinti i ‘bianchi’, avrebbe provocato decine di milioni di morti nel Paese e altrove”.

Finita l’epoca delle ideologie (1914-1989), tutto è diventato complicato, i “buoni” e i “cattivi” non sono più così facilmente identificabili. Anche nella guerra in corso fra Ucraina e Russia si riscontra la stessa difficoltà. Tuttavia c’è una verità sotto gli occhi di tutti: esiste un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina, che ha il sacrosanto diritto alla legittima difesa. Quello che sta subendo l’Ucraina è un’invasione militare immorale, quali che fossero i legittimi timori del presidente Putin. In questo panorama siamo consapevoli che i Paesi confinanti con la Russia temono di essere anche loro aggrediti, inoltre, teniamo conto che esiste un Occidente guidato da classi dirigenti corrotte (escluse quelle polacche o ungherese) che sono corresponsabili della corruzione morale di quella che è stata - e ora non è più - la civiltà occidentale e cristiana. Un Occidente, una Europa, che è arrivata a odiare se stessa, come ha più volte sostenuto Joseph Ratzinger.

Secondo Alleanza Cattolica bisogna essere chiari: la maggioranza dell’Occidente è “rivoluzionato”, corrotto, esiste un “piccolo resto” che ancora crede in Gesù Cristo, che si riconosce nella Prima Roma e che rivendica le radici cristiane dell’Europa. Pertanto, l’Occidente, non si salva, “abbracciando un’ideologia anti-occidentale, pseudo-’evoliana’ di ritorno, che in nome di un tradizionalismo ambiguo non pone la Tradizione della Chiesa, dalle origini a oggi, al centro della propria proposta e rievoca lo slogan ‘terzaforzista’, ‘né Usa né Urss’ di una certa ‘destra’ degli anni della Guerra fredda, contro cui Giovanni Cantoni ha passato buona parte della vita a metterci in guardia”.

E comunque non si salva l’Occidente cristiano diventando ortodossi, auspicando e favorendo il progetto della “Terza Roma”, in contrapposizione alla Roma dei Pontefici. Occorre stare molto attenti, vigilare sugli accadimenti, avere sempre il “quadro” davanti. Il militante controrivoluzionario deve essere attento nel valutare realtà e uomini che si presentano come risolutori di una crisi, consapevole che il modello di civiltà che intendiamo restaurare è quello cristiano, “che implica la preservazione dei valori peculiari di ognuno, e la convivenza fraterna di tutti”. A questo punto, possiamo giudicare la politica di Putin come autenticamente controrivoluzionaria, anche se lui si opponga a qualche aspetto della crisi? “Si può dire che il suo programma sia quello di restaurare le radici di una cultura e di una civiltà che hanno accomunato e reso fratelli tutti i popoli dell’Europa?”. Naturalmente la risposta è negativa.

Per Alleanza Cattolica Putin, è un nazionalista che vuole soltanto espandere la Russia, che rivendica orgogliosamente tutto il passato russo, compreso quello comunista staliniano.

Per quanto riguarda poi l’Occidente occorre prendere atto che non possiamo “salvarlo”, insistendo sulla strada del laicismo, “che per secoli ha corroso dall’interno la nostra cultura e ha ridotto l’Europa a un aggregato di nazioni unite da un progetto senz’anima, fatto solo di interessi materiali”. Una Europa, “che ha voltato le  spalle alle comuni radici cristiane e alla missione civilizzatrice del continente: un’Unione Europea che è stata il principale alfiere di un progetto di ‘pacificazione mondialistica’ e che ora vede nel conflitto russo-ucraino il suo ‘1989’, la sua implosione, forse definitiva, e segna il timido riaffiorare di valori che sembravano scomparsi, come la patria e la famiglia, che alcuni dimostrano di voler difendere fino al supremo sacrificio della vita”.

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