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Lino Patruno artista cosmopolita, orgoglio italiano nel mondo

Dialogare di musica con il M° Lino Patruno significa apprendere importanti aspetti di un’arte antica, che accompagna la vita di ogni essere umano dalla notte dei tempi. Nel corso della storia, rudimentali arnesi in grado di produrre un suono si sono trasformati in strumenti musicali sempre più evoluti, sino ad arrivare alla contemporaneità, in cui è possibile produrre musica anche attraverso l’utilizzo del digitale, una vera e propria rivoluzione.

Egli è un musicista raffinato ed eclettico, che nel corso della sua luminosa carriera ha maturato esperienze che vanno dai concerti Jazz live, alla sala di registrazione ed alle innumerevoli presenze in veste di leader di Jazz Band in programmi televisivi. Ma non è finita qui, in quanto si è anche dedicato con successo alla composizione di musiche da film e per il teatro ed è stato sceneggiatore, produttore cinematografico, organizzatore di festival del Jazz, presentatore e regista televisivo.

Nato a Crotone, ancora bambino si trasferisce con la famiglia prima a Roma, dove attualmente vive e successivamente a Milano; qui inizia il suo percorso artistico nel 1954 nelle prime Jazz Band milanesi degli anni ’50, come la Riverside Jazz Band e la Milan College Jazz Society.

Negli anni ’60, insieme a Roberto Brivio, recentemente scomparso e al quale va il nostro ricordo, Gianni Magni e Nanni Svampa, costituisce “Il Teatrino dei Gufi”, che rappresenta il primo esempio di cabaret italiano ispirato a quello francese; il gruppo si scioglie nel 1970.

Lino Patruno continuerà la sua attività teatrale e cabarettistica con Nanni Svampa e Franca Mazzola, realizzando per la Rai alcune serie televisive molto note fra le quali ricordiamo “Addio Tabarin” e “Un giorno dopo l’altro” e come leader della sua jazz band “Portobello” programma che lo renderà noto al grande pubblico condotto dall’indimenticabile Enzo Tortora. 

Ha suonato ed inciso dischi con i maggiori interpreti della musica Jazz, fra i quali Albert Nicholas, Joe Venuti, Bill Coleman, Wingy Manone, Bud Freeman, Teddy Wilson, Bob Haggart, Yank Lawson, Jimmy McPartland, Dick Cary, Eddie Miller, Ralph Sutton, Tony Scott, Barney Bigard, Bucky Pizzarelli, solo per citarne alcuni. Ha partecipato ad importanti festival internazionali che si sono svolti in ogni parte del mondo ed è stato l’ideatore e il Direttore artistico del Festival Jazz di San Marino, di Crotone, di Mosciano Sant’Angelo, di Etna Jazz insieme al musicista Romano Mussolini e Consigliere del Jazz Festival di Ascona per diverse edizioni.

Attualmente si occupa di musica e di cinema ed è nella giuria del Premio David di Donatello. Nel dicembre 2001 ha ricevuto l’investitura di Accademico della Musica conferitagli dall’Accademia Europea per le relazioni economiche e culturali e dal 2003 tiene seminari sulla storia del Jazz anche presso sedi istituzionali. Nel 2006 ha ricevuto il Golden Globe della Stampa Estera, il Premio Fregene e la nomination al David di Donatello per la migliore canzone originale del film “Forever Blues”, prodotto, interpretato e diretto da Franco Nero, di cui è anche interprete. A proposito di questo film, il M° Riccardo Muti nel corso di un’intervista ha dichiarato che - raramente in un film la musica si sposa così bene con le immagini come in questa pellicola.

Il poliedrico artista ha anche scritto due libri autobiografici e nel 2011 è stato invitato a rappresentare l’Italia al “New Orleans & Heritage Jazz Festival”, il festival Jazz più importante del mondo e nel 2014, sempre a New Orleans, ha presenziato al “Columbus Day”. Ha insegnato Storia del Jazz per dieci anni presso la famosa “Casa del Jazz” e Storia delle colonne sonore da film a Cinecittà, oltre ad aver tenuti seminari sul Jazz presso la facoltà di Storia dell’Università Roma Tre.

Oggi ho il piacere di parlare di musica con un artista di altissimo profilo; la tua competenza musicale e l’esperienza maturata praticamente in gran parte del mondo, fanno di te uno fra i maggiori interpreti del Jazz sul piano internazionale, tanto che sei l’unico chitarrista di Jazz italiano che appare nel libro dello scrittore californiano Scott Yanow dal titolo “The Great Jazz Guitarists”. Ritieni che in Italia questo genere musicale, cosiddetto di nicchia, sia sufficientemente apprezzato?

“Purtroppo no! Viviamo in un Paese dove imperversa una sorta di ignoranza funzionale. I giovani, e non solo, hanno spesso una scarsa competenza musicale, per cui i loro gusti musicali sono orientati verso prodotti molto commerciali, ma privi di spessore. Ieri, purtroppo, è venuto a mancare l’amico Raoul Casadei, ma quasi nessuno sa che era il figlio di Secondo Casadei, l’inventore del ballo liscio, morto cinquant’anni fa, autore della celebre “Romagna mia”. Il pensiero dei cronisti è andato subito in tutt’altra direzione, magari frugando fra notizie legate ai componenti della sua famiglia, sempre per catturare l’attenzione dell’opinione pubblica. Al contrario, parlare della storia di questa famiglia di musicisti, proprio partendo dal suo capostipite, avrebbe forse riscosso meno interesse. In questi ultimi giorni è morto anche Roberto Brivio, uno dei quattro elementi con il quale, insieme a me, Nanni Svampa e Gianni Magni, nel 1964 formavamo il gruppo dei  Gufi. Ebbene, nessuno si è ricordato di lui, poiché la gente non lo conosce. Oggi si conoscono solo alcuni nomi e solo di loro si parla. Questa è la situazione di declino culturale ormai iniziata da diversi anni.”

Da un anno a questa parte si è aggiunta anche l’emergenza pandemica, che ha stravolto i nostri ritmi di vita, finanche le nostre coscienze. Da un punto di vista lavorativo, le criticità sono tantissime e conosciamo bene la situazione: attività commerciali e autonome quasi totalmente ferme ed alcuni settori del mondo artistico,  come quello della musica, del quale fai parte, che stanno subendo pesantissime penalizzazioni. Da quanto tempo non stai più lavorando a causa del Covid 19?

“Gli ultimi spettacoli risalgono alla scorsa estate a Villa Celimontana, un grande parco nei pressi del Celio dove per due settimane ho organizzato il “Roman Classic Jazz Festival “in cui si sono esibiti i più grandi nomi del jazz classico romano; abbiamo avuto un pubblico di oltre 20.000 presenze, una grande soddisfazione! Gli amanti del Jazz preferiscono il repertorio classico a quello moderno. A tal proposito, mi viene in mente una battuta ricorrente del mio amico Luciano De Crescenzo, il quale diceva che il Jazz classico piace al pubblico mentre quello moderno piace solo a quelli che lo suonano ed aveva ragione… Luciano, fine intellettuale, mi seguiva molto, dal momento che apprezzava solo il jazz classico e tutte le sere era presente ai miei concerti romani.”

Hai guardato l’ultima edizione del Festival di Sanremo, conclusasi  qualche settimana fa?

“Sinceramente no, ho visto solo qualche minuto della manifestazione, facendo zapping con il telecomando quando, mentre vedevo un film, c’era la pubblicità e mi ha fatto sorridere Orietta Berti quando ha detto, forse con tono scherzoso, che vorrebbe realizzare un disco con il gruppo dei Maneskin, vincitori di questa edizione, ma li ha ribattezzati Naziskin.”

Quali sono i programmi che ha dovuto interrompere per forza di cose in questo difficilissimo periodo?

“Lo dico a malincuore, non ho potuto esibirmi con la mia orchestra in due fra i più noti Jazz Club della Capitale, l’Alexanderplatz e il Cotton Club e mi spiace molto; la musica fa parte da sempre della mia vita, è una necessità.”

Hai avuto anche numerose esperienze cinematografiche. Quali sono gli attori con i quali ha instaurato rapporti di vera amicizia?

“Certamente George Hilton, scomparso nel 2019; era davvero una bella persona e lo stimavo molto, anche da un punto di vista professionale, non era un improvvisatore, ma un bravo attore. Un grande amico è anche Franco Nero, con cui ho fatto “Mussolini ultimo atto” del regista Carlo Lizzani; un film del 1974 che vede nel  cast Henry Fonda, Lisa Gastoni, Rod Steiger, Lino Capolicchio e tanti altri. A proposito delle mie esperienze in Cinema, nel 1992 ho prodotto e scritto la musica del mistery-thriller “Prova di memoria”, interamente girato a Praga, diretto da Marcello Aliprandi ed interpretato da Franco Nero e Karin Giegerich. Sempre con Franco, nel 2011 mi sono esibito con il mio Jazz Show al Teatro Regio di Parma e lo spettacolo ha visto la partecipazione straordinaria dell’attrice Vanessa Redgrave. Inoltre, nel 1991 ho scritto, insieme a Pupi Avati, la sceneggiatura del film “Bix”, girato interamente negli Stati Uniti che rappresentò l’Italia al Festival di Cannes. Per questo film chiamai come arrangiatore dei brani musicali Bob Wilber, che aveva realizzato i brani di jazz del film “Cotton Club” di Francis Ford Coppola. Una curiosità che può interessare i lettori: Lucio Dalla, all’inizio della sua carriera,  suonava in un’orchestra di Bologna che aveva due clarinettisti, uno era lui e l’altro era Pupi.

Vorrei inoltre ricordare che come attore ho preso parte al film “Amarcord” per la regia di Federico Fellini nel 1976.”

Perché preferisci la musica alle canzoni?

“Dipende dai cantanti; se i brani sono interpretati da Frank Sinatra, che fra l’altro ho incontrato a Las Vegas e mi ha regalato una sua foto con dedica personale , oppure da Bing Crosby, Dean Martin, Nat ”King” Cole, Tony Bennett, tanto per citare alcuni grandissimi, allora ascolto volentieri anche le canzoni. Inoltre, amo molto le canzoni interpretate da Ella Fitzgerald, Billie Holiday e Sarah Vaughan che era una mia buona amica. Per quanto riguarda la musica italiana invece ci sono cari amici che hanno scritto musiche e testi memorabili come Sergio Endrigo, Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè, Bruno Lauzi, Fred Bongusto, Bruno Martino e Gino Paoli; loro sono i nostri veri poeti in musica.”

Qual è l’artista che secondo te potremmo salvare fra le ultime generazioni?

“Senza ombra di dubbio, e proprio perché canta come gli artisti americani appena citati, Michael Bublé, che nella sua carriera ha venduto 40 milioni di dischi, oltre ad aver ricevuto prestigiosi riconoscimenti, fra cui i Grammy Awards. Tornando al jazz, durante la mia carriera, oltre ai grandi nomi storici già citati prima, in tempi più recenti ho suonato con i migliori interpreti  del Jazz internazionale, come Ed Polcer, Jon-Erik Kellso, Randy Reinhardt, Allan Vachè, Dan Barret, Bucky Pizzarelli, Rebecca Kilgore, Kenny Davern, Frank Tate… incidendo con loro anche dei dischi pubblicati negli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Europa, tra gli anni ‘70/80 ho preso parte a diverse edizioni del Festival del Jazz di Nizza, dove ho suonato con  Claude Luter, straordinario clarinettista parigino, con il trombettista Irakli e con Bill Coleman, compositore e trombettista statunitense, che però si trasferì in Francia, dove rimase per diversi decenni.”

Un anno fa si chiamava lockdown, che ha imposto a tutti noi limitazioni molto rigide, oggi si va con i colori e dal 15 marzo una buona parte  dell’Italia si è colorata di rosso ed è di nuovo ferma; la sostanza, in effetti, non è cambiata di molto. Come pensa di trascorrere il suo tempo in casa, viste le nuove restrizioni?

“Ascolterò molti dei miei 50.000 dischi e vedrò i film d’epoca, ne ho circa 10.000; un tempo avevo anche una collezione di vecchie pellicole che ho donato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, un modo per contribuire a lasciare traccia della memoria storica dell’arte cinematografica. Nel dicembre scorso ho anche fondato la LPF “Lino Patruno Foundation”, allo scopo di promuovere e divulgare la storia del Jazz, dell’Arte, del Cinema e della Cultura mettendo a frutto il mio sapere per lasciare ai posteri un bagaglio non indifferente volto a restituire all’universo artistico e culturale una concreta motivazione di rinascita in un momento storico in cui tutti siamo provati, anche psicologicamente, e le contingenze ci hanno costretti a cambiare abitudini, persino a prendere forzatamente le distanze dalla cultura, la vera matrice della società, dal momento che gli eventi pubblici sono sospesi.” 

Apprezzo molto le tue qualità, sia umane che professionali, sei un eccellente musicista, ma certamente non un mago. Con una battuta, tanto per sdrammatizzare, per concludere la nostra piacevolissima intervista, che spero di poter ripetere quando potremo effettarla in presenza e non attraverso il telefono, ti chiedo lo stesso quali sono le tue previsioni a breve-medio termine?                                                                                    

“Vedo attorno a me un disastro totale: crisi valoriale, crisi della cultura ed anche il panorama politico è scadente. Ma andiamo avanti; intanto ho fatto la prima dose di vaccino, fra pochi giorni sarà la volta del richiamo, poi vedremo e nel frattempo la musica mi aiuta a sognare e ad elaborare i miei progetti, che spero possano trovare realizzazione non appena torneremo ad una vita normale, fatta di socialità, musica, cultura ed incontro, come è nella natura umana.” 

 

 

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