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Il teatro cinese di scena a Napoli

locandina(1)

 

Premiato come “Miglior Testo Teatrale” nel 1988, 48 Morto che parla si basa su un fatto di cronaca, avvenuto in Cina negli anni Settanta. Su un autobus due ladri uccidono Ye Xiaoxiao, mentre gli altri passeggeri assistono senza intervenire. Il morto torna sulla terra per visitare i vivi, confrontarsi con i passeggeri indifferenti e ricontattare i suoi due migliori amici di infanzia: Tang Tiantian, la donna che ama, e Liu Feng, suo rivale negli affetti e nel lavoro. Ogni passeggero racconta al morto la sua storia per giustificare il comportamento passivo e indifferente e ogni storia diventa per il commediografo l’occasione per toccare alcuni problemi sociali scottanti nella Cina degli anni Settanta. Celebrata dai critici come un’abile combinazione di teatro brechtiano e realismo socialista, l’opera si snoda attraverso una struttura ad episodi dai toni epici e attraverso l’uso ingegnoso di un coro, i cui membri entrano ed escono dai diversi ruoli aiutando il pubblico a riflettere sull’azione teatrale, mentre Ye Xiaoxiao riflette sul suo viaggio nella vita.

Prima assoluta in Italia, 48 Morto che parla è il risultato del Laboratorio di Teatro Cinese, ideato e coordinato dalla prof.ssa di Lingua e Letteratura Cinese M. Cristina Pisciotta che, da otto anni, all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, svolge attività di divulgazione del teatro cinese attraverso testi inediti in Italia e in gran parte del mondo. La sperimentazione didattica, unica nel suo genere, punta all’apprendimento della lingua cinese in modo diverso da quello tradizionale: gli studenti entrano da protagonisti nella cultura cinese contemporanea partecipando allo studio in modo attivo. L’elemento caratterizzante è la recitazione bilingue: gli studenti-attori alternano, infatti, l’italiano e il cinese in modo che lo spettacolo risulti comprensibile ad un pubblico appartenente alle due diverse realtà culturali.

La sperimentazione, nelle passate edizioni, è stata accolta con grande interesse sia dagli ambienti accademici che da quelli dell’informazione e dello spettacolo (segnalato da Rainews24, Tg3, radio rai3, radio 101, da quotidiani nazionali e locali).  Le opere cinesi, tutte prime assolute in Italia, hanno poi partecipato al Festival del Mediterraneo dell’Estate Romana con grande successo di critica e di pubblico. L’ultima manifestazione è stata inoltre invitata dalla prestigiosa Accademia Teatrale di Shanghai.

L’evento è patrocinato dall’Istituto Confucio, dalla Fondazione Banco di Napoli, dall’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e dall’Adisu.

 

Liu Shugang è nato in Cina nel 1940. Fin da giovanissimo sviluppa un grande interesse per il teatro e per l’arte: i suoi primi drammi vengono, infatti, pubblicati sul giornale della scuola. Nel 1962 si diploma in recitazione e nel 1965 inizia ufficialmente la sua produzione teatrale come autore. Negli anni Ottanta ottiene notorietà e successo con Indagine su quindici casi di divorzio, un dramma di stampo brechtiano che esplora i dilemmi e l’impatto sociale del divorzio nella Cina contemporanea. Nel 1988, 48 Morto che parla vince il premio nazionale come “Miglior Testo Teatrale”. 48 Morto che parla, negli anni Novanta, è stato portato in scena anche nell’ex Unione Sovietica e a Singapore.

 

Il Laboratorio di Teatro Cinese a Napoli

ORIENTE E OCCIDENTE

Progetto curato dalla prof.ssa M.C. Pisciotta

Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”

 

Il Laboratorio di Teatro Cinese è un progetto di sperimentazione artistica e didattica nato nel 2005 presso il Dipartimento di Studi Asiatici (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”). Qui un gruppo di studenti mette in scena, ogni anno, opere teatrali cinesi contemporanee, usando congiuntamente la lingua italiana e quella cinese.

Il progetto, unico in Italia, ha portato all’allestimento di otto drammi, tutte prime assolute sia in Italia che in Europa (L’altra riva, Il libro dei monti e dei mari, Gesù Confucio e John Lennon, Rinoceronti in love, Una via del cavolo, Il crematorio, Mezzanotte all’Avana- Caffè, Le cronache di Sangshuping). Oltre a dare dei risultati eccellenti dal punto di vista didattico, le manifestazioni sono state accolte con grande interesse sia negli ambienti accademici che in quelli dello spettacolo.

Il Laboratorio di Teatro Cinese è ideato e coordinato dalla Prof.ssa M. Cristina Pisciotta (docente di Lingua e Letteratura Cinese presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”) e condotto dal regista Lorenzo Montanini (che ha curato adattamento, regia e preparazione artistica degli studenti di tutti gli spettacoli finora realizzati). L’elemento caratterizzante delle messe in scena è la recitazione bilingue: gli studenti, infatti, recitano in italiano e in cinese, in modo che lo spettacolo risulti comunque comprensibile ad un pubblico appartenente alle due diverse realtà.

Il Laboratorio di Teatro Cinese nasce, inoltre, con un interrogativo: come mettere in scena un teatro che appartiene ad una cultura così diversa come quella cinese in modo che risulti comprensibile al nostro pubblico? In uno studio riguardante i processi di prestito interculturale nella produzione scenica, M. Gissenwehrer osserva come la trasposizione di un testo drammatico straniero nel contesto teatrale indigeno possa evolversi secondo due percorsi, contraddistinti da opposte tendenze. Nel primo caso, un’intera rappresentazione è riprodotta esattamente dai membri della cultura locale, impiegando i segni teatrali dell’ “altro” in maniera imitativa. In queste circostanze, le divergenze fra i due sistemi culturali e l’estraneità del pubblico nei confronti delle convenzioni stilistiche e degli elementi culturali del modello adottato possono ostacolare notevolmente la ricezione del testo. Siamo di fronte ad una ricezione passiva e a una passiva riproduzione del modello straniero.Nella seconda ipotesi formulata da Gissenweher, un testo o un modello drammatico d’importazione straniera può essere rielaborato, trasformato e adottato al contesto locale, impiegando i segni teatrali della propria cultura al fine di generare significati pertinenti alle proprie circostanze e al proprio pubblico. Questa tendenza si può definire ‘ricezione produttiva’. L’elemento culturale estraneo è reso familiare e la diversità diventa uno strumento di interpretazione della propria identità. Il Laboratorio di Teatro Cinese mette in pratica entrambe le tendenze: in un primo momento, durante il corso, il testo viene puntualmente tradotto, cercando di comprendere la lingua e il contenuto dell’opera teatrale attraverso una ricezione imitativa – passiva. In un secondo momento, invece, nella messa in scena, si cercano di rendere familiari al nostro pubblico i segni di una cultura ‘altra’, senza per questo snaturare il testo e seguendo il metodo della ricezione produttiva.

Il Laboratorio di Teatro Cinese concorre alla divulgazione della cultura cinese a Napoli, città di antica tradizione orientalistica: è qui infatti che nel 1732 il sacerdote Matteo Ripa fondò il “Collegio dei Cinesi” (oggi divenuto l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”). Il progetto contribuisce anche alla difficile integrazione delle comunità cinesi sul territorio, offrendo un’opportunità di dialogo con l’ente che si occupa della formazione di personale specializzato nel settore orientalistico. Il teatro, tra le arti, è sempre stato il mezzo più adatto alla comunicazione, al dialogo, all’interazione tra persone di culture e lingue diverse.

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