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Nelle Sale delle Arti della Reggia sabauda, dal 21 marzo al 30 agosto 2015, la mostra “L’arte della bellezza. I gioielli di Gianmaria Buccellati” presenta oltre 90 preziosi esemplari, molti dei quali inediti, che testimoniano come la creatività, la tradizione e l’eccellenza artigianale siano diventati gli elementi costitutivi del successo di Gianmaria Buccellati nel mondo.

Il fascino e l’eleganza delle creazionidi alta oreficeria e di gioielleria di Gianmaria Buccellati trovano la loro ideale collocazione nell’incanto della Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale alle porte di Torino, capolavoro dell’architettura e del paesaggio europeo dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

L’esposizione, curata da Chiara Tinonin con Gianmaria e Rosie Buccellati, è frutto della collaborazione fra il “Consorzio La Venaria Reale”, la “Fondazione Gianmaria Buccellati” e la “Fondazione di Studi dell’Arte Orafa e dei suoi Protagonisti”, con il coordinamento della Swiss Luxury Culture Management. La mostra ricostruisce l’affascinante storia artistica e imprenditoriale di Gianmaria Buccellati e le ambizioni della sua genialità, anche attraverso i suoi stessi ricordi e gli scatti del fotografo Giò Martorana che restituiscono in un originale itinerario visivo i propositi estetici dello stile Buccellati.

Il percorso si articola in tre sezioni e racconta quella straordinaria capacità di Gianmaria Buccellati di intendere ed elaborare la materia preziosa, che ha portato alla nascita di creazioni innovative in dialogo con il passato. Gianmaria ha infatti saputo guardare con estremo interesse alle diverse espressioni artistiche dell’Antichità, del Rinascimento e del Rococò, come fonte d’ispirazione inesauribile cui attingere motivi e temi da rielaborare e applicare alle diverse tipologie di manufatti preziosi.

La prima sezione propone un viaggio nell’infanzia di Gianmaria nella Milano a cavallo tra le due guerre mondiali, che vede l’affermazione del padre Mario quale primo gioielliere italiano sensibile al recupero di antiche tecniche orafe rinascimentali, vicino all’alta società meneghina e agli ambienti culturali della Scala, nonché grande amico di Gabriele D’Annunzio. Con il contributo della storica dell’arte Paola Goretti, è esposta per la prima volta l'intera serie delle targhe che il Vate gli commissionò per ricordare le sue imprese e i motti che aveva coniato per celebrare alcune delle sue azioni più celebri.

Esemplari magnifici e inediti della gioielleria di Mario Buccellati degli anni ’30 e ’40 introducono alla seconda sezione “Un italiano nel mondo”, che ripercorre le tappe più significative della carriera di Gianmaria dopo aver raccolto l’eredità del padre, scomparso nel 1965.

Dopo aver diretto per due anni i laboratori creati dal padre, Gianmaria, spinto dall’ampia visione del mercato internazionale, apre numerosi negozi in Estremo Oriente, in particolare a Hong Kong e in Giappone, e in Europa. Il suo successo è sancito dall’inaugurazione, nel 1979, di una boutique a Parigi nella prestigiosa Place Vendôme, santuario mondiale dell’haute joaillerie.

La crescita della sua azienda è andata di pari passo alla consacrazione artistica. Gli sono tributati riconoscimenti e mostre dai più importanti musei mondiali, come la Smithsonian Institution di Washington D.C., il Museo del Cremlino a Mosca e, recentemente, il Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze. In mostra è presentata una selezione di creazioni eseguite nel corso di oltre settant’anni di lavoro che hanno reso il suo stile unico e inconfondibile nella storia del gioiello contemporaneo. Ne è esempio la spilla Gran Dama, disegnata per omaggiare la maternità, utilizzando una rarissima perla Melo-Melo, dei mari del Vietnam,  tredicesima per colore e dimensioni su circa cento esemplari esistenti.

Il percorso si chiude idealmente con la celebrazione della maestria creativa, progettuale ed esecutiva di Gianmaria Buccellatiattraverso oggetti unici, intesi come vere opere d’arte (terza sezione della mostra): tra cui le Coppe di Boscoreale, che Mario e Gianmaria hanno eseguito ispirandosi al Tesoro di Boscoreale rinvenuto nel 1895 nella villa romana della Pisanella; e gli Oggetti Preziosi, coppe di grande pregio, nate dallo studio e dalla passione per le collezioni orafe rinascimentali fiorentine, che non furono concepite per fini commerciali.

L’ispirazione di questa raccolta nacque durante una visita al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze dove sono conservati i capolavori di gioielleria dei Medici. Profondamente affascinato da questi manufatti, Gianmaria decise di misurarsi nella realizzazione di opere che potessero competere, per tecnica esecutiva, splendore e ricchezza, con quelle medicee.

In esposizione alla Venaria si possono anche ammirare la Coppa della regina, realizzata nel 2008 per la mostra al Museo del Cremlino, la Coppa dell’arcobaleno del 2012, concepita come omaggio a Venere dea dell’amore e della bellezza, la cui immagine in oro è il fulcro dell’intera struttura, la Coppa del Sacro Graal del 2013, personale interpretazione del calice con il quale Gesù celebrò l’Ultima Cena, e la Coppa Florentia, presentata per la prima volta in occasione della recente mostra al Museo degli Argenti a Firenze, come riconoscimento alla città che più di ogni altra ha saputo stimolare attraverso i suoi tesori d’arte l’immaginazione dell’orafo milanese.

Gianmaria Buccellati nasce a Milano il 21 maggio 1929. Quarto di cinque fratelli, è il primo a seguire la carriera del padre, Mario, iniziando all’età di 16 anni a lavorare nel negozio e nei laboratori di Milano. In qualità di semplice apprendista, impara l’arte orafa, affiancando gli artigiani, mentre affina le sue doti innate di disegnatore e creatore. All’età di 19 anni, il padre gli affida la direzione del negozio di Milano. Il giovane Gianmaria ha così modo di conoscere personalmente i maggiori esponenti del mondo imprenditoriale e finanziario milanese, traendone esperienze e conoscenze determinanti per la sua formazione. Contemporaneamente, collabora alla gestione dei laboratori e della produzione.

Alla scomparsa del padre nel 1965, l'ampia visione internazionale porta Gianmaria a sviluppare il suo proprio marchio “Gianmaria Buccellati” in Europa e soprattutto sui mercati del’Estremo Oriente, in particolare a Hong Kong e in Giappone. Questa prima espansione viene coronata nel 1979 dall'apertura della grande boutique a Parigi nella prestigiosa Place Vendôme, santuario mondiale dell’haute joaillerie.

La genialità dell'arte di Gianmaria Buccellati è stata celebrata da prestigiosi musei in importanti mostre. Celebri e dall’enorme successo di pubblico quella presso la Smithsonian Institution di Washington D.C. nel 2000, presso il Museo del Cremlino di Mosca nel 2008 e lo scorso anno presso Palazzo Pitti di Firenze.

Per salvaguardare il tesoro di conoscenze, oggetti e disegni di Mario, e soprattutto di Gianmaria, nel 2008 è nata la Fondazione Gianmaria Buccellati che sta intraprendendo un importante percorso di divulgazione dell'arte orafa nazionale nel mondo.

Marc Chagall. Una retrospettiva (1908-1985), è stata la mostra più visitata a Milano nel 2014. Sono state oltre 340.000 le persone che hanno ammirato i capolavori del maestro russo, allestite nelle sale di Palazzo Reale.

Ora le 220 opere stanno per trasferirsi a Bruxelles, ai Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique, dal 28 febbraio al 28 giugno 2015.

La mostra è stata concepita fin dall'inizio da GAmm Giunti, Comune di Milano-Cultura e Palazzo Reale come un grande evento che potesse trovare l’interesse di un partner internazionale di equivalente livello, in grado di collaborare per la sua realizzazione in una seconda sede.

Un unico progetto storico e critico, curato da Claudia Zevi e Michel Draguet direttore del MRBAB, con la collaborazione di Meret Meyer, organizzata dai Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique.

Come a Milano, in nuovo allestimento, la mostra presenterà le 220 opere provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali del mondo come la Tate di Londra, il MoMA New York, il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Nagoya City Art Museum, il Museo Nazionale Russo di S. Pietroburgo e molte altre.

“Questa nuova tappa della mostra di Chagall - afferma Filippo Zevi, consigliere delegato di GAmm Giunti -, premia il lavoro di ideazione e di produzione di GAmm Giunti e la collaborazione con curatori come Claudia Zevi & Partners nel costruire progetti espositivi, nati e sviluppati in Italia insieme a istituzioni come Palazzo Reale che trovano nel rapporto con altrettanto importanti realtà internazionali, una grande visibilità e un pubblico ancora più vasto”.

La rassegna segue l’intera carriera di Marc Chagall, dai primi dipinti nel 1908, fino alle ultime opere monumentali degli anni ottanta. Il percorso espositivo analizza i grandi temi, come la cultura ebraica, l’iconografia del villaggio ebraico o le tradizioni popolari, ma si concentra anche sull’incontro con la letteratura del XVII secolo - in particolare La Fontaine - sulla scoperta della luce e sull’uso del colore.

Un’eco particolare verrà riservata al periodo russo di Chagall, ovvero a quel momento in cui il suo stile, così personale, lo distingue da una cultura artistica fortemente influenzata dalla rivoluzione cubista.

Il catalogo della mostra di Bruxelles sarà pubblicato in coedizione GAmm Giunti-Fonds Mercator in due versioni, in lingua francese e fiamminga.

Questa è guerra! si può ammirare a Padova, in Palazzo del Monte di Pietà, dal 28 febbraio al 31 maggio 2015, per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.

L 'invenzione della fotografia cambia radicalmente la rappresentazione della guerra: il racconto diventa soprattutto immagine, sintesi, evidenza, emozione, con una diffusone planetaria prima inimmaginabile. La Grande Guerra, la Guerra Civile Spagnola, la Seconda Guerra Mondiale, il Vietnam producono reportages leggendari come quelli di Capa, Cartier-Bresson, Jones Griffith Le guerre recenti, in ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq e quelle contemporanee in corso in questi giorni in Congo, Palestina, Ucraina sono testimoniate sempre più da cittadini-reporter e da alcuni degli artisti più celebri della contemporaneità. La guerra cambia e la fotografia guarda ad essa con occhi diversi. Questa mostra forte e appassionante documenta in quali modi la fotografia ha raccontato i grandi conflitti del passato e come racconta quelli di oggi. In un percorso ricco, ben documentato, attivamente coinvolgente.

La mostra – la prima e soprattutto la più grande del genere in Italia – presenta alcune caratteristiche particolari, che la rendono un evento in grado di attirare l'attenzione di un vasto pubblico di appassionati non solo di fotografia, ma anche di storia e di costume. 

La scansione è quella cronologica tradizionale, che affronta le varie guerre che si sono succedute nel corso del XX secolo e all'inizio del XXI: la Prima Guerra Mondiale, la Guerra Civile Spagnola, la Seconda Guerra Mondiale, la Guerra d'Algeria, la Guerra del Vietnam, quella serbo-bosniaca, il lungo conflitto medio-orientale, le guerre in diverse parti dell'Africa, l'attacco alle Torri Gemelle e la conseguente Guerra al Terrore e i più recenti focolai in Ucraina e ancora in Medio Oriente. Ma all'interno di queste vicende, sono stati individuati punti di vista particolari, che hanno caratterizzato il rapporto tra la guerra e la documentazione e la narrazione fotografica. 

Per quanto riguarda la Prima Guerra Mondiale, ad esempio, l'accento cade sulle incredibili novità tecnologiche che questo conflitto ha sperimentato per la prima volta, ed ecco dunque le foto aeree, che trasformano il territorio in una composizione quasi astratta, le foto dei carri armati, nuovi strumenti di combattimento, e le macchine fotografiche, che sono, per la prima volta nella storia, nelle mani dei soldati stessi, che inviano a casa o ricevono da casa i ricordi più preziosi. Tutte immagini che provengono dall'eccezionale e ancora poco studiato patrimonio del Museo della Terza Armata di Padova. 
A questo proposito, particolare importanza ha la selezione di oltre 20 fotografie scattate dalla Principessa Anna Maria Borghese, avventurosa nobildonna romana appassionata di fotografia e membro della Croce Rossa al fronte, straordinario esempio di come la fotografia abbia saputo raccontare la vita quotidiana dei soldati con la vera istantaneità delle prime macchine Kodak. 

Allo stesso modo, anche la Guerra Civile Spagnola è narrata in prima persona dai miliziani di entrambe le fazioni, ma soprattutto dai numerosi giornali che hanno coperto fotograficamente l'evento come mai prima era successo. E proprio da uno di questi servizi compare una delle foto più celebri della mostra, e dell'intera storia della fotografia, il Miliziano Caduto di Robert Capa, autentica icona del XX secolo, che viene presentata assieme a un'altra immagine celeberrima, quella scattata da Gerda Taro – compagna di Capa – a una miliziana che si sta addestrando a sparare. E' questa un'altra caratteristica fondamentale della mostra: l'avvicinamento tra le foto degli amatori, dei protagonisti in prima persona degli eventi, e quelle dei grandi fotoreporter, a dimostrare come la fotografia sia stata davvero a tutti gli effetti il mezzo preferito di espressione e di racconto degli eventi nel corso del secolo. Ecco allora che la seconda Guerra Mondiale viene narrata dalle strepitose e preziosissime immagini dei giganti della fotografia del Novecento : Robert Capa, August Sander, Ernst Haas, Eugene Smith e Henri Cartier-Bresson, Bill Bandt, Eugeny Chaldey. Di tutti questi autori si sono privilegiate le immagini che raccontano non tanto le battaglie (solo la selezione di Smith è interamente dedicata ai soldati in battaglia), ma le conseguenze che la guerra ha portato alle popolazioni : ecco allora la documentazione oggettiva, spietata di Sander della Colonia prima e dopo i bombardamenti, le commoventi immagini del rientro a casa dei soldati austriaci in una Vienna in rovine di Ernst Haas, le strepitose, a volte drammatiche , a volte anche umoristiche immagini di Cartier-Bresson sui campi profughi, con la celebre icona della collaborazionista nazista additata da una sua vittima. Ma a fianco di queste, ecco anche le storie della Resistenza italiana, realizzate proprio sul campo da un partigiano – Sandro Aurisicchio de Val - il cui nome è rimasto, probabilmente storpiato, solo nella memoria di Robert Capa (a cui aveva affidato le immagini) ed è così passato alla storia. 

Le distruzioni della guerra sono esemplificate dagli scatti realizzati a Dresda e Hiroshima dopo i bombardamenti, e da una parete di funghi atomici, prove fotografiche degli esperimenti continuati nel corso degli anni Cinquanta. Poi, la guerra di Algeria con i ritratti delle donne algerine di Marc Garanger e quella che è stata definita “l'ultima guerra fotografica”, quella del Vietnam. Qui Don Mc Cullin, Eve Arnold e Philip Jones Griffiths propongono tre sguardi diversi, che pongono però sempre in discussione la necessità di questa guerra, evidenziandone anche il carattere simbolico. Il racconto della guerra, da questo momento in poi, è affidato principalmente alla televisione; la fotografia, pur sempre presente sui campi di battaglia, diviene più uno strumento di riflessione, addirittura di discussione : per questo la mostra abbandona il reportage e trova invece immagini di grande potenza e incisività in alcune immagini realizzate da alcuni dei più importanti artisti del nostro tempo. La Beirut martoriata di Gabriele Basilico, le ricostruzioni storiche, da grande quadro di storia di Luc Delahaye, i colori allucinati di Richard Mosse che raccontano l'allucinante guerra in Congo, l'esperienza multimediale di Gilles Perress, le torri d'avvistamento israeliane che nella composizione di Taysir Batnjj diventano quasi delle opere d'arte concettuale, l'Afghanistan ricostruito in studio da Paolo Ventura, dove realtà e finzione diventano inscindibili, e infine due possibili conclusioni della mostra : da un lato la drammatica ostentazione delle giornate di rivolta ucraine da parte di Boris Mikhailov, che ritorna così a un tema “storico” dopo molti anni di sperimentazioni più specificamente sociali, dall'altro il progetto – interamente prodotto e finanziato per questa occasione – di Adam Broomberg & Oliver Chanarin, una delle coppie di artisti oggi maggiormente sulla cresta dell'onda, che da anni riflettono proprio sulla guerra e sul modo di rappresentarla, che mettono in luce come anche nel dramma della guerra possano esistere dei momenti in cui il caso può far sì che accada un lieto fine.

A queste immagini, si accompagnano poi i giornali del tempo, documentari, la possibilità di visitare siti web particolari che offrono spunti di riflessione sugli eventi e soprattutto sul rapporto tra guerra, fotografia, informazione e documentazione.
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