Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *
Captcha *
Reload Captcha
Domenica, 28 Aprile 2024

Convegno Nazionale per la…

Apr 23, 2024 Hits:291 Crotone

L'Associazione "Pass…

Apr 05, 2024 Hits:757 Crotone

Ritorna Calabria Movie Fi…

Apr 03, 2024 Hits:798 Crotone

La serie evento internazi…

Mar 27, 2024 Hits:937 Crotone

L'I.C. Papanice investe i…

Mar 01, 2024 Hits:1503 Crotone

Presentato il Premio Nazi…

Feb 21, 2024 Hits:1612 Crotone

Prosegue la formazione BL…

Feb 20, 2024 Hits:1429 Crotone

Si firmerà a Crotone il M…

Feb 14, 2024 Hits:1597 Crotone

L’attore e runner romano Sebastiano Gavasso è l’intenso protagonista del testo tratto dal best seller "CORRI. DALL'INFERNO A CENTRAL PARK" di Roberto di Sante.
Lo spettacolo teatrale, per la regia di Ferdinando Ceriani, che ha curato anche l'adattamento e le musiche dal vivo di Giovanna Famulari, è stato prodotto da Loft Theatre e andrà in scena dal 22 al 27 febbraio 2022 presso il Teatro Basilica di Roma. Si parla di corsa e soprattutto di vita; segnatamente, quando la maratona salva la vita.
È una storia che inizia con un uomo che precipita dal quarto piano e si conclude con lo stesso uomo alla Maratona di New York; il percorso struggente di Aldo, che dal profondo pozzo buio della depressione giunge alla riscoperta dei propri sogni.
Un lungo itinerario, ma anche una guida verso la liberazione,  motivata dall’amore per la compagna Teresa.
Infatti, sarà proprio la corsa infinita, estenuante e  dolorosa, quella di un evaso braccato dai suoi incubi. 
Il protagonista cade e si rialza, si fa male e affronta il durissimo recupero, ma non molla mai mettendoci  l’anima,  lungo strade piene di angeli ed avvoltoi, per tornare lentamente, passo dopo passo, alla vita, alla passione, ai sogni, sino alla linea di partenza del famoso ponte Giovanni da Verrazzano.
Una storia sulla corsa, sul dolore e sull’amore, fatta di salite crudeli e discese dolcissime, impossibile da dimenticare.
Sebastiano Gavasso, attore di Teatro, Cinema e TV – in questi giorni sul piccolo schermo con "DOC" e da tempo nel cast del daily "IL PARADISO DELLE SIGNORE" – è un runner appassionato. Un motivo in più per calarsi nell’anima del protagonista di questa doppia sfida, che si consuma sulle strade di New York ma, al contempo, nei meandri più oscuri e complessi della mente umana.
Un viaggio fisico e psichico, che si trasforma in musica vibrante e appassionata attraverso le note di Giovanna Famulari, violoncellista di fama internazionale, da anni al fianco degli artisti Tosca e Ron.
Roberto di Sante, giornalista e scrittore, ha tagliato nel 2014 il traguardo della Maratona più famosa del mondo. Quattro anni più tardi è nato il suo romanzo, da cui è tratto lo spettacolo, dove la propria storia rivive intensamente nel personaggio di Aldo.
Pagine emozionanti, che hanno conquistato migliaia di lettori, sul suo personale percorso di salvezza dalla depressione, attraverso la corsa più lunga ed  affascinante del mondo.
Giunto alla decima ristampa, il romanzo è stato tradotto in lingua inglese in occasione della  50a edizione della Maratona di New York, annullata a causa della pandemia, ma viva nella passione di tutti i corridori del mondo.

Ora è ufficiale. Il “Sapore del riscatto”, il cortometraggio interamente dedicato all'inclusione e al pieno reinserimento di detenuti o ex detenuti della Casa di reclusione di Castelfranco Emilia come vera e propria strategia di sicurezza integrata, è entrato in concorso al Toronto International Woman Film Festival.

La conferma è arrivata, e si tratta di un ulteriore ed importantissimo riconoscimento internazionale per questo progetto ispirato e fortemente voluto dall'Amministrazione comunale di Castelfranco Emilia. E non si tratta dell’unico traguardo tagliato da questo corto cinematografico: curato alla regia e sceneggiatura Ginevra Barboni, con protagonisti attori del calibro di Salvatore Striano, Valentina Pastore e Davide Scafa, con la produzione esecutiva di Chiara Trerè, “Il sapore del riscatto” è entrato anche  al Chicago Indie Film Award ed è finalista all’Oniros Film Award di New York.

“E’ veramente una grande soddisfazione vedere quanti importanti traguardi stia tagliando nel corso del tempo questo progetto a cui teniamo veramente tantissimo – afferma il Sindaco di Castelfranco Emilia Giovanni Gargano rivolgendo il suo personale plauso - a chi ha creduto in questa idea, dai miei colleghi di Giunta alla Direzione della Casa circondariale fino alle realtà associative del territorio: insieme a loro, il mio sentimento di estrema gratitudine, oltre ai rinnovati complimenti per la qualità straordinaria del lavoro artistico realizzato, va a tutto il team, nessuno escluso, di quel grande talento della regia qual è Ginevra Barboni. Così come non posso non ricordare, con gratitudine ed affetto, l’entusiasmo con cui Salvatore Striano, attore di rara bravura e uomo di sensibilità innata, accettò il mio invito a partecipare a questo progetto divenendone assoluto protagonista. Il ultimo, ma non certo per importanza, desidero sottolineare la profondità, la  fortissima valenza sociale e culturale di questo progetto e dei riconoscimenti che sta ottenendo perché – ha concluso - più se ne parla, più riusciamo ad ampliare la riflessione sull'importanza strategica del reinserimento di ex detenuti in società come concreta politica di sicurezza integrata”.

“Questi primi riscontri giunti dagli Stati Uniti e dal Canada ci riempiono di orgoglio e di fiducia, non solo perché confermano la validità artistica del nostro lavoro, ma anche perché confermano, soprattutto, che il tema trattato sensibilizza anche oltre i confini del nostro Paese e dell'UE – ha dichiarato la regista Ginevra Barboni sottolineando che - questo è per noi motivo di ulteriore soddisfazione, in quanto dimostra l'importanza sociale di questo lavoro, che è stato il motivo per il quale abbiamo accolto questa possibilità di collaborazione con il Comune della Città di Castelfranco Emilia e con la Regione Emilia-Romagna”.

Ginevra Barboni, romana, è figlia e nipote d'arte. Black Lab Film Co, già da un po’ di tempo ha riconosciuto e ha inserito Ginevra Barboni tra le 50 registe più promettenti al mondo. Classe 1989, Ginevra ha una preparazione accademica di tutto rispetto.  Dopo aver completato due stage in “filmaking” e “digital filmaking” presso la New York Film Academy di New York, nel dicembre 2013 ha conseguito la laurea triennale in Studi Italiani presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi in critica letteraria dal titolo “Perelà, un uomo di fumo a cavallo fra due secoli”.

Suo nonno è stato E. B. Clucher: da “Lo chiamavano Trinità” in poi, tanto per citare un titolo tra i tanti film che ha diretto, ha costruito un pezzo di storia indimenticabile del nostro cinema. Proprio in questo 2022 ricorreranno i 100 anni dalla sua nascita. Il  padre di Ginevra, Marco Tullio Barboni, è  noto sceneggiatore di cinema e tv, e negli ultimi anni anche scrittore di notevole successo.

Nel  2016 arriva per Ginevra la Laurea Magistrale in Televisione, Cinema e New Media, conseguita  presso l'Università IULM di Milano con una tesi, seguita dal prof. Giovanni Chiaramonte, intitolata “Lo Specchio di Andrej Tarkovskij: un film tra memoria e ricordo”. Dopo la frequenza di un corso di formazione di Ercole Visconti presso la Scuola Civica di Cinema Luchino Visconti di Milano, e la partecipazione alla Masterclass “Showrunner: creare e produrre serie tv” di Neil Landau dell’ UCLA, School of Theatre, Film and Television", nel 2016 arriva anche il ruolo di assistente alla regia nel programma “Master of Photography” prodotto da Sky Arte. L’anno seguente, lavora come operatrice di macchina in studio e per i confessionali nella seconda edizione dello stesso programma. Le specializzazioni professionali di questa giovane promessa nostrana sono davvero tante. Al suo carnet, anche un master in “Direttore della fotografia, operatore di ripresa e montaggio” presso l’Accademia Nazionale del cinema di Bologna tenuto dai docenti Mauro Marchetti, Rocco Marra e Paolo Vanghetti.  In una intervista di qualche tempo fa, Ginevra Barboni dichiarava: "Ho imparato nel set a lavorare la fianco di mio padre già dal 2008, come assistente alla regia e aiuto operatore per suoi cortometraggi, tra i quali ‘Il grande forse’ con Philippe Leroy e Roberto Andreucci. La fotografia era di Maurizio Calvesi e le Musiche di Franco Micalizzi. Ho poi continuato con ‘Chimeres Absentes’ di Fanny Ardant, ‘Pensiero Giallo’ e ‘Idea Malvagia’ di Pierfrancesco Campanella, e ho fatto anche il direttore della fotografia nel film ‘Tundra’ di Federico Mattioni. E di mio nonno ho sempre ammirato tutta la sua produzione, ovviamente". Il primo cortometraggio di Ginevra Barboni (come autrice, produttrice e regista)  nel 2019 si intitola “La vita che ti aspetta”, ed ha vinto premi in tutto il mondo. Lo ha realizzato  insieme al collega ed amico Tommaso Maggi, figlio d'arte anch'egli: suo padre Angelo Maggi è quel magnifico  doppiatore e voce italiana di mostri sacri come Tom Hanks o Bruce Willis.
                                                               

Fonte Uff.Stampa di Lisa Bernardini

 

 

 

 

Non basterebbero mille pagine per ricordare un artista di così grande levatura come Lelio Luttazzi.

Nato a Trieste il 27 aprile 1923, già dall’infanzia dimostra una notevole propensione verso la musica e sarà Don Crisman, Parroco di Prosecco, ad impartirgli le prime lezioni di pianoforte.

Il suo grande amore è il Jazz; a tredici anni ascolta per la prima volta Louis Armstrong nell’interpretazione del brano “After you’ve gone” e ne rimane fortemente affascinato.

Tornato a Trieste, frequenta il liceo per poi iscriversi all’Università presso la facoltà di Giurisprudenza e proprio in quel periodo inizia ad esibirsi in spettacoli musicali con il suo complesso “I gatti selvatici” e a scrivere canzoni per artisti in voga, come Ernesto Bonino, che accompagna spesso al pianoforte nelle sue performance canore.

Appena terminata la guerra, apprenderà con piacere dalla SIAE di aver guadagnato una cifra allettante con i diritti d’autore; inizia, quindi, una lunghissima carriera costellata di successi radiofonici e televisivi sia in Italia che a livello internazionale. Nel 1950 dirige l’Orchestra della sede Rai di Torino, inventando l’orchestra d’archi ritmica, uno stile assolutamente innovativo nel nostro Paese.

Nel frattempo, scrive decine di colonne sonore da film e interventi musicali per pellicole estremamente rappresentative del Cinema italiano, come “Detenuto in attesa di giudizio”, “Rocco e i suoi fratelli”, “La ragazza con la valigia”, tanto per citarne alcune ed inoltre commedie musicali per nomi importanti, fra cui  Macario e che vedono sul palco Dapporto, Tognazzi, Vianello ed altri.

Anche l’attività televisiva sarà intensa e foriera di enormi soddisfazioni; il suo amatissimo pubblico lo vedrà per anni accanto a partner d’eccezione, come le gemelle Kessler, Raffaella Carrà, Mina, Sylvie Vartan, Gigliola Cinquetti, Rosario Fiorello e così via.

Tuttavia, in un percorso artistico così policromo non poteva mancare il ruolo di attore in ben 13 film.

La lista dei programmi radiofonici ai quali partecipa negli anni è davvero interminabile; ma diverse generazioni lo ricordano in modo particolare per la famosissima “Hit Parade”, che conduce con ineguagliabile competenza e simpatia dagli studi radiofonici di via Asiago (Roma) nell’arco di un decennio.

Nel 1976 conosce Rossana, che sposerà poco più tardi e resteranno insieme per 36 indimenticabili anni.

Negli anni 2008/2009 Luttazzi è ospite di programmi televisivi condotti da Pippo Baudo, Fabio Fazio e Antonio Di Bella e, in occasione del “Festival di Sanremo” del 2009 accompagna al pianoforte la giovanissima Arisa, vincitrice del Premio “Nuove Proposte”.

Nel corso degli anni ha vinto numerosi premi di notevole caratura e quello certamente più amato è stato nel 1991 il “San Giusto d’Oro”, un prestigioso riconoscimento dei cronisti giuliani.

Il Musicista Lelio Luttazzi ci lascerà l’8 luglio 2010 e sua moglie Rossana continuerà incessantemente a mantenere vivo il ricordo della sua figura umana e professionale attraverso iniziative e progetti molto interessanti ed impegnativi, dando vita, fra l’altro, nel 2010 alla “Fondazione Lelio Luttazzi”.

La foto pubblicata è stata realizzata dal Ph Roberto Guberti.

Il Maestro Luttazzi rappresenta uno straordinario punto di riferimento nel panorama musicale internazionale. Artista a tutto tondo, grazie al suo indiscusso talento ha scritto una pagina estremamente ricca e significativa della Musica italiana. Mi viene in mente la canzone “Souvenir d’Italie” che, interpretata anche da artisti come Perry Como e Connie Francis, ha fatto letteralmente il giro del mondo. Vorrebbe ripercorrere alcuni momenti della carriera di suo marito?

Non è facile ripercorrere in breve una carriera professionale lunga sessant’anni… È stata certamente la carriera importante di un uomo straordinario. Nel 1950 si trasferisce da Trieste a Milano e diventa direttore artistico della mitica “CGD – Compagnia Generale del Disco”; centinaia di arrangiamenti, incisioni, direzioni d’orchestra. A Torino presso la Sede Rai crea per la prima volta in Italia l’orchestra d’archi ritmica. Intanto, il Teatro di varietà lo reclama e Lelio inizia a scrivere le musiche per le riviste di Macario, Scarnicci, Tarabusi e tanti altri.

Nel 1954 si trasferisce a Roma; con il suo gruppo Jazz esegue concerti in tutta Italia e comincia a lavorare alla Radio. Centinaia di spettacoli. Amante del Cinema, scrive una miriade di colonne sonore da film, partecipa nelle vesti di attore a film rimasti nella mente di ognuno, come “L’avventura” di Antonioni, “L’ombrellone” di Dino Risi e tanti altri. Negli anni ’60 la Tv lo vuole e partecipa come showman e direttore d’orchestra a programmi che hanno fatto la storia della televisione, da “Studio Uno” con Mina a “Doppia Coppia” con Sylvie Vartan e “Sabato sera”, ancora una volta con Mina.

Appassionato di letteratura, ha anche scritto romanzi. Perfezionista, elegante, ama suonare i suoi autori preferiti, da Cole Porter a George Gershwin, da Carmichael a Irving Berlin, Jerome Kern. Partecipa a show in Francia, A Broadway e New York. Adora Louis Armstrong, suona insieme a lui in uno spettacolo ed anche con Lionel Hampton, un altro grande del Jazz.

Nel 1957 è stato realizzato il film dall’omonimo titolo “Souvenir d’Italie” per la regia di Antonio Pietrangeli. Se ricordo bene, si tratta di una coproduzione italo-britannica che ha visto fra i protagonisti italiani Vittorio De Sica, Gabriele Ferzetti e un giovane Alberto Sordi. Qual è il suo personale ricordo del Cinema italiano degli anni ’50 e ’60, un periodo dai più definito di massimo splendore?

Sono nata nel 1950, dunque ho visto i film di quegli anni “da grande”. Dopo la stagione neorealista, credo che al Cinema di quel periodo storico si chiedesse di intrattenere il pubblico con storie vere, autentiche, che avessero a che fare con gli italiani e con la loro straordinaria voglia di rinascita. I film avevano le regie di Antonioni, Monicelli, Fellini, Pier Paolo Pasolini, Risi, Pietrangeli, tutti registi di grande spessore. Lelio – come dicevo prima – scrisse moltissime colonne sonore dei film di quegli anni.

Nel 2010, subito dopo la scomparsa di suo marito, ha dato vita alla “Fondazione Lelio Luttazzi”, un progetto finalizzato alla promozione e alla diffusione della cultura e della formazione musicale, con una particolare attenzione rivolta verso i giovani. Secondo lei, qual è il ruolo dell’educazione musicale nell’ambito di un equilibrato percorso di crescita di un ragazzo anche sotto un profilo psicologico, a prescindere dalla propria vena creativa?

Ho creato la “Fondazione Lelio Luttazzi” al fine di realizzare eventi per ricordare la figura di mio marito, ma anche per aiutare i giovani musicisti che Lelio amava tantissimo. La musica andrebbe insegnate nelle scuole, dalla materna all’università. La musica fa bene e mai come in questo periodo potrebbe rappresentare, in particolare per i più giovani, un vero toccasana. Ascoltare musica permette al nostro cervello di rilasciare grandi quantità di dopamina, un neurotrasmettitore in grado di ridurre stress e ansia.

La Fondazione ha finora realizzato eventi in ricordo della figura artistica ed umana del Maestro dello swing, un uomo che tutti ricordiamo anche per la travolgente simpatia. Fra le varie manifestazioni, il “Premio Lelio Luttazzi”. Ho notato con piacere che, nonostante l’emergenza pandemica, l’ultima edizione 2021 ha riscosso un grande successo. Sta già lavorando per la prossima edizione?

In ogni edizione del “Premio Lelio Luttazzi”, da noi promosso, abbiamo scoperto giovani pianisti Jazz straordinari. Ci sono giovani pazzeschi. L’edizione del 2021 ha avuto un ottimo riscontro e sono stati molti gli iscritti. Nonostante il periodo a dir poco complicato, siamo riusciti a realizzare la finale a Roma alla “Casa del Jazz” sia in presenza che in streaming. Ci sarà una prossima edizione all’interno di un grande evento del quale non vorrei ancora parlare per scaramanzia.

La mia generazione e le successive ricordiamo con una certa nostalgia il programma radiofonico “Hit Parade” che, affidato alla competente conduzione di suo marito, durante l’appuntamento con cadenza settimanale presentava i successi presenti nel panorama musicale del momento; ricordo bellissimi brani che restavano ai primi posti in classifica per diverse settimane e, fra l’altro, non posso fare a meno di pensare a come in pochi decenni sia cambiato il mondo della discografia. Ma torniamo al tema della domanda; a quali programmi radiofonici o televisivi Lelio è rimasto particolarmente legato?

Mio marito in primis amava la Radio e il programma del venerdì “Hit Parade” è stato, forse, il più amato e ricordato. Ma certamente ha custodito nel suo cuore anche i ricordi legati agli show del sabato sera su Rai Uno che presentava insieme a Mina, a Sylvie Vartan; personaggi eccezionali, rimasti poi amici di una vita.

Un altro aspetto che mi ha piacevolmente colpito era l’attaccamento a Trieste, sua città d’origine. Quindi, Lelio Luttazzi era un uomo che, sebbene abbia conosciuto notorietà e prestigio a livello internazionale, ha sempre conservato un grande amore verso la cultura e le tradizioni legate alla sua Terra. Qualche aneddoto della sua gioventù?

Era un legame molto importante e forte quello con la sua città. Lelio è nato a Trieste e la sua adolescenza, la sua gioventù le ha vissute nella Trieste colta e austera del tempo, che è stata la patria di Italo Svevo e la patria d’adozione di James Yoice e di quella cultura era figlio. Era un uomo molto colto e profondamente liberale ed, inoltre, di un rigore estremo e di un’umiltà disarmante, come lo erano e lo sono solo i Grandi.

A 85 anni ha voluto tornare a vivere a Trieste. Abbiamo vissuto gli ultimi anni a Piazza dell’Unità - la mia piazza più bella del mondo - così la definiva Lelio.

Un ricordo di gioventù…Lelio frequentava il Liceo Petrarca a Trieste e suo compagno di banco era Sergio Fonda Savio, nipote di Italo Svevo. Mi raccontava delle partite a pallone, delle gite in bicicletta a Barcola. Aveva 13 anni quando ascoltò per la prima volta “After you’ve gone” di Louis Armstrong e perse la testa per il Jazz. Mise insieme un piccolo complessino “I gatti selvatici” e insieme suonavano dovunque.

Attualmente sta lavorando su qualche progetto di cui vorrebbe parlare?

Le dico la verità, da mesi stiamo lavorando in Fondazione ad un grande progetto, ma come già le accennavo, per ora non ne parlo e intanto incrocio le dita e mi tocco il naso, come si dice a Trieste.

 

Due fine settimana intensi per la Compagnia G.o.D.o.T. di Ragusa con la rappresentazione “Dall’altra parte” di Ariel Dorfman, andata in scena alla Maison Godot, con spettatori colpiti e commossi. Dalla storia ma soprattutto dalla straordinaria interpretazione. In scena Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso, i due direttori artistici della compagnia e Alessio Barone, giovane attore formato proprio nella scuola collegata alla compagnia, e che è il protagonista di questa opera ricca di sentimenti ed emozioni e che fa palpitare il pubblico fino a portarlo alla commozione. 

La regia ricercata di Bonaccorso esalta le parole dell’autore mentre i tre attori in scena donano una capacità interpretativa davvero straordinaria. Una narrazione a metà tra il realismo di una situazione “balcanica” (o israelo-palestinese o berlinese) e la sua trasfigurazione metafisica. All’interno dell’opera c’è un’immensa solitudine che si alterna alle speranze, le paure e i sogni di ciascuno di noi. Una storia toccante che con la chiave del tragicomico e del paradosso, racconta l'attualità della guerra, che genera separazioni, confini, crisi della famiglia. Una messinscena commovente con spettatori in lacrime che ricambiano l'interpretazione degli attori con più standing ovation nelle varie serate di rappresentazione. Si replica il 18, 19 e 20 marzo per accogliere nuovi spettatori. 

“Emozioni, pelle d'oca, pubblico meraviglioso - dichiarano i direttori artistici, Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso - Un’altra tappa da ricordare nel nostro percorso difficile di questi mesi. Momenti in cui c’è tutta la commozione che unisce attori e spettatori, con applausi finali che ci hanno riempito il cuore. Bravissimo il nostro Alessio che ha dato tantissimo in questo spettacolo, ammaliando gli spettatori”. E proprio quest'ultimi lasciano recensioni e scrivono sul web, soddisfatti per quanto hanno visto sul palcoscenico. Ma anche i critici del territorio hanno scritto dello spettacolo. Come Gino Carbonaro e Roberto Farruggio. Per Carbonaro si resta incollati: “A sipario aperto, appaiono Vittorio e Federica, due coniugi, Atom e Levana, che abbracciati si confortano ascoltando un terribile bombardamento. Di fatto si capisce che si è in guerra. A sorpresa arriva il soldato, che è interpretato dal giovane attore Alessio Barone. E’ il figlio che, reduce dalla terribile guerra, non è più lo stesso. Di fatto è un automa che dà solo ordini, conosce solo ordini, e obbedisce a ordini. E dà ordini con la stessa logica disumana che gli uomini applicano in guerra. Questo personaggio interpreta la follia dell'umanità. Attore incredibile, Alessio, sostenuto da due pilastri del calibro di Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso, che ad ogni passo, coinvolgono il pubblico con interminabili applausi”. Parole di elogio arrivano anche da Roberto Farruggio: “Alessio è riuscito ancora una volta a tracciare il confine netto dell'essere attore. In "Dall'altra parte" c'è tutto quel che ha a che fare con la paura, la speranza, la guerra, il nemico, lo straniero, il distacco, la sofferenza, la leggerezza, il cinismo, la tragedia, l'amore che Dorfman per me affronta squarciando davvero a metà l'animo dello spettatore”. 

 

 

Sorrisi e riflessioni sollecitati da una commedia che mantiene intatto il suo messaggio. Lisistrata, la proto femminista descritta circa 2500 anni fa da Aristofane nel suo antico testo, sembra essere un personaggio dei giorni nostri. La figura di donna ribelle e combattiva è stata interpretata da Amanda Sandrelli nelle due repliche a Lamezia Terme e Catanzaro, nell’ambito delle stagioni teatrali organizzate da AMA Calabria, diretta da Francescantonio Pollice.

Andata in scena nel 411 a.C., l’opera del commediografo greco non mostra segni di cedimento, confrontandosi con una realtà in cui troppe sono le guerre messe in atto dall’uomo. La continua lotta tra uomini e donne così come le dispute perpetrate dagli uomini, sono il centro di una storia che il regista Ugo Chiti ha saputo rendere attuale. Una scelta che non trascura la modernità del testo originale del racconto.

Affidare il ruolo di Lisistrata ad Amanda Sandrelli è stata una scelta perfetta. L’attrice si cala perfettamente nel ruolo di capo popolo. Sul palcoscenico la sua è una presenza discreta e al tempo stesso dominante. A capo del suo “esercito” la Sandrelli/Lisistrata cerca di porre rimedio a una guerra in cui sono impegnate Atene, Sparta e Corinto. Un intento messo in atto con uno sciopero del sesso, che vede arroccare lei e le sue seguaci nell’Acropoli; fortino inespugnabile per i mariti che, con vari tentativi, cercano di convincere le mogli a cambiare idea, senza alcun risultato.

Accanto ad Amanda Sandrelli un gruppo di “valorose combattenti”, Lucianna De Falco, Giuliana Colzi, Lucia Socci ed Elisa Proietti, che mostrano di essere agguerrite quanto la loro leader. A contrastarle “impotenti” Andrea Costagli, Dimitri Frosali e Massimo Salvianti. Attori che riescono a dare risalto all’idea di Chiti di rendere accattivante e coinvolgente, che già originariamente possedeva tali requisiti.

Un linguaggio “popolare” non privo di doppi sensi e di allusioni non troppo velate, ha riportato alla commedia italiana degli anni settanta. Un riferimento evidente, soprattutto, quando Elisa Proietti nei panni di Mirrina ha suscitato grande ilarità durante il suo incontro con il marito/soldato, intento a sedurla. Tentativo andato a vuoto, nonostante la goffaggine della donna, che non ha abbondonato la lotta per una giusta causa intrapresa con le compagne.

La scenografia essenziale è adeguata allo sviluppo della storia, che si dimostra abbastanza fluida e priva di momenti di pausa. Il dramma della guerra e della parità dei sessi sono argomenti trattati con leggerezza, tipica della scrittura di Aristofane. Un ruolo che il teatro ha il dovere di svolgere: divertire e far riflettere sulle cose della vita. Pur se con un pizzico di amarezza. Come accade nell’epilogo di questa lettura di Lisistrata voluta da Ugo Chiti. L’incontro tra marito e moglie, dopo l’avvenuta pace, diventati ormai vecchi mettono da parte vecchi dissapori per riscoprire il piacere dell’amore, anche se non fisico. Il lento incedere verso le quinte dei due attori lascia l’amaro in bocca per l’immagine appena accennata della solitudine che i due coniugi ritrovati affronteranno insieme. Con amore.

Gli appuntamenti di AMA Calabria proseguono al Teatro Comunale di Catanzaro e al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme con il doppio concerto di Guido Rimonda e la Camerata Ducale, rispettivamente giorno 10 e 11 febbraio.  Il famoso violinista che il mondo ci invidia, eseguirà alcuni temi delle musiche da film internazionali, accompagnato dalle immagini degli stessi.

I biglietti dello spettacolo ‘Uno Stradivari al cinema’ potranno essere acquistati presso la biglietteria del Teatro Comunale di Catanzaro, oppure s’invita a consultare il sito www.amaeventi.org, per l’acquisto on line. Per ulteriori informazioni ci si potrà rivolgere alla segreteria al numero telefonico 0968.24850 o contattandoci alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

A.M.A. Calabria si atterrà alle misure disposte dalle autorità nazionali in ordine all’emergenza pandemica consentendo l’ingresso esclusivamente agli spettatori in possesso del Green Pass e fino a esaurimento posti. E’ obbligatorio indossare la mascherina FFP2.

 

Pubblicità laterale

  1. Più visti
  2. Rilevanti
  3. Commenti

Per favorire una maggiore navigabilità del sito si fa uso di cookie, anche di terze parti. Scrollando, cliccando e navigando il sito si accettano tali cookie. LEGGI