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La popolazione residente in Italia sarà pari a 58,6 milioni nel 2045 e a 53,7 milioni nel 2065. La stima è resa nota dall'Istat nel report "Il futuro demografico del Paese". La perdita rispetto al 2016 (60,7 milioni) sarebbe di 2,1 milioni di residenti nel 2045 e di 7 milioni nel 2065.

Si parla di una perdita rispetto al 2016 di 2,1 milioni di residenti nel 2025 e di 7 milioni nel 2065. Mentre nel Mezzogiorno il calo di popolazione si manifesterebbe lungo l'intero periodo, per il Centro-nord - superati i primi trent'anni di previsione con un bilancio demografico positivo - un progressivo declino della popolazione si avrebbe soltanto dal 2045 in avanti.

Nei prossimi anni assisteremo in modo evidente ad uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Secondo le previsioni, nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale. Nello scenario mediano, mentre nel Mezzogiorno il calo di popolazione si manifesterebbe lungo l'intero periodo, per il Centro-nord, superati i primi trent'anni di previsione con un bilancio demografico positivo, un progressivo declino della popolazione si compierebbe soltanto dal 2045 in avanti. La probabilità empirica che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggi è pari al 31%, mentre nel Mezzogiorno è pressochè nulla.   
   
Tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici - precisa Istat - la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,1 milioni a un massimo di 61,5. La probabilità di un aumento della popolazione al 2065 è pari al 7%. Le future nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi. Nello scenario mediano, dopo pochi anni di previsione il saldo naturale raggiunge quota -200mila, per poi passare la soglia -300 e -400mila unità in meno nel medio e lungo termine. L'età media della popolazione passerà dagli attuali 44,7 a oltre 50 anni del 2065. Secondo il report, "il processo di invecchiamento della popolazione è da ritenersi certo e intenso".

A muoversi in rialzo, spiega l'Istat, sarà comunque anche la fecondità: da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2016-2065 secondo lo scenario mediano elaborato dall'istituto. Un apporto significativo nella stima di popolazione residente attesa per l'Italia sarà dato dagli immigrati. Il saldo è previsto in positivo. Essendo mediamente superiore alle 150mila unità annue (133mila l'ultimo rilevato nel 2015). Nello scenario mediano tracciato dall'Istat l'effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporta 2,5 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell'intero periodo previsivo.

Sarà, tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen il ballottaggio, tra due settimane, per la scelta del nuovo presidente francese. Le previsioni della vigilia, dunque, sono state rispettate: Emmanuel Macron scavalca Marine Le Pen nei voti reali.

"Si volta oggi chiaramente pagina nella vita politica francese": è la prima dichiarazione di Emmanuel Macron. "Il Paese - dice il leader di En Marche nel suo primo discorso  - sta attraverso un periodo inedito nella sua storia, con la crisi, il terrorismo e ha risposto nel modo migliore. Io - assicura Macron - voglio andare oltre i risultati di stasera e unire tutti i francesi. Porterò avanti l'esigenza di ottimismo e la speranza che noi vogliamo per il nostro Paese e per l'Europa. Spero tra 15 giorni di diventare presidente del popolo francese, dei patrioti, per farla finita con tutti i nazionalismi". 

"Oggi il popolo francese si è espresso. Nel momento in cui il nostro paese attraversa un periodo inedito della nostra storia, colpita dal terrorismo e dalle sofferenze economiche ha risposto nel più bello dei modi, andando a votare massicciamente e ha deciso di mettermi in testa al primo turno". Emmanuel Macron ha ringraziato Francois Fillon e Benoit Hamon per aver dato ai loro sostenitori l'indicazione di votare per lui al ballottaggio del 7 maggio. 

Marine Le Pen, nel suo primo intervento dopo i risultati, ha così ringraziato: "Mi avete portato al secondo turno delle presidenziali. Ne sono onorata con umiltà e riconoscenza. Vorrei esprimere a voi elettori patrioti la mia più profonda gratitudine. E' un risultato storico, un atto di fierezza di un popolo che solleva la testa, che confida nel futuro ".

Il ministero dell'Interno francese comunica che il candidato indipendente è al 23,75%, la leader del Front National al 21,53%. A seguire il candidato del centrodestra Francois Fillon al 19,9%, poi quello di sinistra Jean-Luc Melenchon al 19,6%, il socialista Hamon al 6,3% e Dupont-Aignant al 6,3%.

Secondo un sondaggio Ipsos/sopra Steria realizzato per France Info, al ballottaggio Emmanuel Macron otterrebbe il 62% delle preferenze contro il 38% di Marine Le Pen.

Record assoluto di voti per il Front National, che sfonda la soglia dei 7 milioni di voti. 

Per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica in Francia, nessuno dei due candidati dei grandi partiti di centrosinistra - i socialisti - e di centrodestra - i Républicains - va al ballottaggio per l'Eliseo. 

Francois Fillon riconosce la sconfitta e invita gli elettori a votare per Emmanuel Macron contro Marine Le Pen.  "Questa sconfitta è la mia sconfitta", ma prima o poi "la verità emergerà" ha detto il candidato dei Républicains alludendo al cosiddetto 'Penelopegate', lo scandalo della moglie pagata per fare la sua assistente con denaro pubblico, ma poco o mai vista in Parlamento. "L'estremismo porta solo disgrazie e divisioni", ha detto. 

Vittoria storica per Marine Le Pen. La candidata del Front National che vuole blindare la Francia dentro alle sue frontiere e indire un referendum per l'uscita della Francia dall'Unione europea passa al secondo turno delle elezioni presidenziali, esattamente come fece 15 anni fa il padre Jean-Marie Le Pen contro Jacques Chirac. A 48 anni la candidata dell'estrema destra vive il momento più importante della sua carriera politica: per mesi i sondaggi l'avevano data al secondo turno e hanno visto giusto. L'uscita dall'Europa, il ritorno al franco, sono i cardini del suo programma insieme con la lotta all'Islam radicale, la sicurezza e l'immigrazione di massa.

Come primo provvedimento all'Eliseo ha promesso di chiudere le frontiere sospendendo Schengen per combattere il terrorismo che due giorni fa ha colpito nuovamente sugli Champs-Elysées. L'inchiesta sugli impieghi di assistenti pagati dal Parlamento Europeo e utilizzati per lavorare nel partito non ha scalfito la sua corsa: lei ha deciso di sfruttare la sua immunità parlamentare ora in discussione e di non rispondere alle convocazioni dei giudici nel periodo elettorale. Ammira Vladimir Putin che ha incontrato in Russia, mentre su Donald Trump si è mostrata perplessa dopo la decisione di bombardare in Siria. E' europarlamentare dal 2004 ed è presidente del Fn dal 16 gennaio 2011. Da allora ha cercato di ripulire l'immagine del partito.

Nella nuova locandina per le presidenziali non compare il nome 'Fn'. Ha rotto i rapporti col padre, fondatore del partito, quando le dichiarazioni di Jean-Marie sulle camere a gas, "un dettaglio della storia", o quelle lusinghiere sul maresciallo Pétain, numero uno del governo collaborazionista, sono diventate ingombranti e lo ha escluso dal Fronte.

Il Tgv di Emmanuel Macron vola al ballottaggio presidenziale del 7 maggio. La Francia che torna "forte e solidale", la speranza e la fine del disfattismo, ma soprattutto l'Europa come unica grande stella polare sono i temi cavalcati nel primo turno dal candidato trentanovenne di 'En Marche!', il favorito senza partito, al quale per mesi è stato pronosticato un sicuro fallimento e che ora scalza tutti issandosi al primo posto del ballottaggio. Il paladino dell'Europa - l'unico ad aver ricevuto, appena due giorni fa, la telefonata di sostegno dell'ex presidente Usa Barack Obama - nell'ultimo grande comizio nell'arena di Bercy aveva profetizzato: "Lo sentite il mormorio della primavera? Domenica vinceremo e sarà l'inizio di una nuova Francia".

Dopo l'attentato sugli Champs-Elysées si è detto "pronto a proteggere i francesi". Forse anche per rassicurare su quelli che per lungo tempo sono stati indicati come i suoi punti deboli, difesa e sicurezza, Macron si è mostrato al fianco del ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, in uno dei suoi ultimi appuntamenti elettorali. Ai connazionali ha promesso "un'alternativa profonda". Prima segretario generale di Hollande, poi suo ministro dell'Economia, il 'rottamatore' col pallino delle riforme ha fondato un proprio Movimento, 'En Marche!', poco più di un anno fa, nel marzo 2016, per poi dimettersi a sorpresa dall'esecutivo socialista e candidarsi all'Eliseo. Nella fulminea carriera che lo ha portato ai vertici non è mai passato per uno scrutinio.

Matteo Salvini, commentando i risultati del primo turno delle presidenziali in Francia, in un'intervista al Corriere della Sera ha detto "i francesi voteranno Macron. E penso che i sostenitori di Mélenchon potrebbero votare la Le Pen. E così faranno tutte le persone vittime dell'austerità e della globalizzazione. Non credo che voteranno per un burattino elegante che va con la cravatta anche in spiaggia. Non voteranno qualcuno di telecomandato dai maledetti di Bruxelles".

Macron, infatti, "è il finto nuovo. E del resto, una cosa del genere può accadere anche in Italia visto i nomi che abbiamo visto e continuiamo a vedere: una volta bruciato Renzi, sento parlare di Calenda, Padoan, Gentiloni. È sempre la stessa minestra che non digerisce più nessuno. Il punto non è più destra o sinistra, ma l'essere alle dipendenze di Bruxelles o non esserlo". Il leader della Lega sottolinea poi che "tutta una certa Francia è stata contro la Le Pen. In maniera anche più dura di quanto una certa Italia sia contro la Lega. Lei ha contro il sistema giudiziario, le banche e la finanza non la possono vedere. Io sono appena stato condannato due volte per avere usato la parola clandestino. Ma con lei, e con noi - assicura Salvini-, ci sono soprattutto i giovani, le prime vittime di quella macchina".

Marine Le Pen mette nel mirino Emmanuel Macron sulla questione del terrorismo jihadista: "Possiamo dire che Macron è debole", ha affermato Le Pen. "Macron non ha alcun progetto per proteggere il popolo francese davanti ai pericoli islamisti", ha detto ancora, aggiungendo che il ballottaggio con Macron è un referendum sulla "globalizzazione incontrollata". Poi la candidata del Front National ha attaccato il fronte repubblicano che ha definito "marcio". Poi la Le Pen segnala come lo stesso fronte repubblicano adesso, doppo aver perso al primi turno, prova a "a coalizzarsi intorno a Macron". "Mi verrebbe da dire 'tanto meglio'!", aggiunge Le Pen in visita a Rouvroy, nel Pas de Calais. Parole dure per Macron anche da parte del numero due del Front National, Florian Philippot: "Emmanuel non è un patriota. Ha svenduto le società nazionali. Ha criticato la cultura francese", ha detto Philippot, sottolineando che nel discorso di ieri sera Macron "ha parlato come se avesse già vinto". "Questo è stato sprezzante nei confronti del popolo francese".

Intanto I vertici Ue prendono una posizione chiara sul voto francese e provano a dare qualche "consiglio" agli elettori transalpini. Il primo a farlo è stato il portavoce della Commissione Ue: "Non partecipiamo alla campagna per le presidenziali francesi, ma è evidente che la scelta adesso è tra chi difende la costruzione europea e chi punta a smantellarla". Ma questo è solo il primo degli "spot elettorali" firmati da Bruxelles. Il secondo arriva proprio dal presidendente della Commissione, Jean Claude Juncker che "si è congratulato con Emmanuel Macron per il suo risultato al primo turno e gli ha augurato buona fortuna per il seguito", come ha riportato su Twitter il suo portavoce. Pure l'Alta rappresentante per la politica estera dell'Ue ha preso posizione: "Vedere le bandiere della Francia e dell'Ue accogliere il risultato di Emmanuel Macron è la speranza e il futuro della nostra generazione".

Anche i mercati tifano per Macron: "La probabile vittoria di Macron allontana le prospettive di crollo dell'Europa. Qualche settimana dopo le elezioni olandesi, e prima del voto inglese, questi risultati sono dunque una risposta alle paure legate al populismo", afferma Nicolas Forest, global head of fixed income management, Candriam investors group. 

Il leader della Lega Nord da Catania chiede l'intervento delle forze dell'ordine: "Le Ong impegnate nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo? Arrestateli. Non bastano le denunce e le segnalazioni. Vorrei che la Guardia di finanza li visitasse, sede per sede, tutte queste associazioni di volontariato. Vorrei anche - aggiunge - che la Marina militare e la Guardia costiera rispondessero agli italiani della coscienza sporca che hanno e che qualcuno pagasse per quella che è una sostituzione etnica senza precedenti". 

E Salvini adesso è pronto a lanciare una grande protesta contro "l'invasione": "Il 2 giugno, giorno della celebrazione della Repubblica, chiederemo a tutti gli italiani di fermarsi dieci minuti, sul posto di lavoro o dovunque siano, contro la retorica della festa e per protestare silenziosamente, ma decisamente, contro quest’inaccettabile invasione, questo esodo sempre precedenti, di migranti in Italia. Stiamo studiando come realizzarla, magari usando un fiocco da indossare".

Intanto il Papa arriverà al Cairo a fine mese e gli attacchi delle bandiere nere contro i cristiani non si fermano.Dal 2003, prima dell'invasione alleata che ha abbattuto Saddam Hussein, i cristiani in Irak erano oltre un milione e mezzo. Adesso sono appena 300mila anime.

Il rischio di estinzione dei cristiani in Medio Oriente in un suo articolo il quotidiano Italiano Il Giornale spiega che il martirio dei i Cristiani è concreto e si tocca con mano anche in Siria dove sono fuggiti dalla guerra in mezzo milione. Paolo si convertì sulla strada di Damasco, ma in città come Aleppo gran parte delle chiese sono state distrutte dai combattimenti. E dei 120mila cristiani prima della sanguinosa «Primavera araba» ne sono rimasti 35mila. Molti fedeli di Gesù sono stati rapiti e uccisi, talvolta con la crocifissione. Padre Paolo Dall'Oglio, il religioso italiano dell'antico monastero di Mar Musa è stato sequestrato nel 2013 e probabilmente ammazzato. Gli ostaggi cristiani vengono utilizzati come scudi umani in prima linea o per scavare trincee. Nella maggior parte dei casi servono per fare cassa. Nel 2015 erano stati rapiti in 230 dallo Stato islamico a Qaryatayn. I tagliagole volevano 30 milioni di dollari per lasciarli andare.

Spiega Fausto Biloslavo sui Il Giornale che i cristiani in Egitto sono il 10% di una popolazione di 94 milioni, in gran parte musulmana e vivono assediati da sempre. Dal 2011 sono 77 gli attacchi contro la minoranza copta solo nella provincia di Minya, dove i cristiani registrano la concentrazione più alta con un terzo degli abitanti. Dopo la caduta del presidente dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi, gli attacchi sono aumentati. I cristiani vengono bollati come alleati del nuovo capo di stato, il generale Abdel Fattah Al Sisi.

Il Califfato ha cacciato 135mila cristiani da Mosul e dalla piana di Ninive fuggiti come profughi nel nord dell'Irak nel 2014. Adesso sono rimasti in 90mila. Gli altri sono scappati all'estero. E hanno paura di tornare nelle loro case, anche se sono state liberate dall'offensiva contro la «capitale» dello Stato islamico. Per rimettere in piedi i villaggi cristiani ci vorranno oltre 200 milioni di dollari. Ed una nuova minaccia si profila all'orizzonte: le milizie sciite, vittoriose a Mosul, vorrebbero occupare le terre cristiane con l'appoggio finanziario dell'Iran.

Anche in Libia i cristiani sono sotto tiro. Le bandiere nere hanno decapitato sia un gruppo di 21 egiziani copti sia di 31 eritrei cristiani, tutti migranti. Le orribili scene delle esecuzioni di massa sono state riprese sulla spiaggia con il sangue dei martiri che si mescolava alla risacca del Mediterraneo.

Secondo la fondazione pontificia, Aiuto alla chiesa che soffre, nel febbraio dello scorso anno erano detenuti in Iran 90 cristiani a causa della loro fede. In Arabia Saudita non si possono costruire chiese. Nello Yemen nel marzo 2016 quattro religiose di santa Madre Teresa di Calcutta sono state uccise assieme ad altre 12 persone per mano jihadista.

L'ultimo è avvenuto martedì a un posto di blocco della polizia che difende il monastero di Santa Caterina nel Sud del Sinai. Un agente è stato ucciso e altri quattro feriti, ma gli assalitori hanno dovuto ripiegare.

«L'attacco condotto nel Sud del Sinai è stato eseguito dai combattenti dello Stato islamico» ha rivendicato l'agenzia di stampa Amaq legata al Califfato. La ventina di monaci greco-ortodossi stanno bene e l'antico luogo di culto non è stato colpito. Il monastero sorge alle pendici del monte dove Mosè avrebbe parlato con Dio ricevendo i dieci comandamenti. L'attacco segue la strage con di Pasqua nelle chiese di Tanta e Alessandria, che ha provocato la morte di una cinquantina di fedeli per mano di due terroristi suicidi.

Purtroppo non è l'unico martirio dei cristiani in Medio Oriente. Dalla Siria all'Irak, dalla Libia allo Yemen, chi crede in Gesù è perseguitato.

Il terrorismo irrompe nelle elezioni francesi: ieri sera Karim Cheurfi, un 39enne armato di kalashnikov ha sparato uccidendo un poliziotto e ferendone altri due, prima di venire abbattuto. L'attentato è stato rivendicato dall'Isis. Stamani tre persone ritenute vicine all'assalitore sono state fermate e interrogate dai servizi antiterrorismo 

Il 9 aprile Karim Cheurfi veniva incriminato per tentato omicidio e nel 2003 condannato a 20 anni di reclusione, ridotti a 15 anni in appello nel 2005. Dodici anni dopo, troviamo l'uomo a Chelles (Seine-et-Marne), dove si dedica ufficialmente alla vendita di capi di abbigliamento in un mercato. Continuando ad odiare la polizia. Il 23 febbraio scorso era tornato a minacciare la polizia ma, anche in questo caso, era stato rilasciato per mancanza di prove il giorno dopo. Fino all'attacco di ieri sera.Nella sua auto,dopo la sparatoria la polizia ha ritrovato appunti scritti a mano con l'indirizzo della Dgsi. Nella stessa auto, riferiscono i media, insieme ad un fucile a pompa e ad alcuni coltelli, c'erano un Corano e fogli scritti inneggianti all'Isis. 

I contorni dell'attacco, insomma, sono piuttosto oscuri. Sulla base dei documenti trovati nella vecchia Audi A4 color argento, da cui è partito l'attacco alla camionetta della polizia e sulla quale sono stati trovati un fucile da caccia e armi bianche, tra cui un coltello da cucina, Karim Cheurfi sarebbe nato il 31 dicembre 1977 a Livry-Gargan a Seine-Saint-Denis e vivrebbe a Chelles, nelle vicinanze di Parigi. Molto prima dell'attentato di ieri sera, il 39enne aveva dimostrato, lontano da qualsiasi contesto terroristico, odio e risentimento contro le forze di sicurezza.

L'episoio risale al 6 aprile del 2001. Quel giorno, appena 23enne e già noto alla polizia per piccoli reati, era stato sorpreso a guidare una vettura rubata a Roissy-en -Brie. Nel tentativo di fuggire si era schiantato contro un'altra vettura, sulla quale viaggiavano un giovane poliziotto e il fratello minore. Incuriositi dalla targa che sembrava falsa, i due uomini avevano seguito l'auto che, dopo aver sbandato, era finita in un fosso. A quel punto era scattato il conflitto a fuoco, in cui era rimasto ferito l'agente, mentre Cheurfi veniva arrestato. Due giorni dopo, l'8 aprile, mentre si trovava in stato di fermo in commissariato, era riuscito a sottrarre una pistola a un poliziotto e a sparargli, ferendolo gravemente.

"Sono venuto fuori dal negozio Sephora e stavo camminando nei pressi di una Audi 80 parcheggiata. Un uomo ne è uscito e ha aperto il fuoco con un kalashnikov su un poliziotto", racconta un testimone alla Reuters. "Il poliziotto è caduto a terra - aggiunge - ho sentito sei spari, ero spaventato. Ho una bambina di due anni, e ho pensato che sarei morto. Ha sparato direttamente verso il poliziotto". Subito dopo l'attacco, tempestivamente rivendicato dallo Stato islamico

Si è dissolta invece l'ipotesi di un collegamento con il Belgio, che aveva preso corpo dopo l'avviso di ricerca nei riguardi di un uomo diramato dalle autorità del Paese: l'uomo, infatti, si è presentato spontaneamente al commissariato ad Anversa, ha un alibi e nega ogni coinvolgimento nei fatti di Parigi.

Intanto il secondo agente ferito nell'assalto sugli Champs-Elysées è stato dimesso dall'ospedale Georges Pompidou: a salvarlo è stato il giubbotto antiproiettile. Ora riceverà assistenza psicologica. La passante colpita, di nazionalità tedesca, è stata "ferita al piede, deve essere operata".

All'Eliseo si è tenuto un Consiglio di difesa convocato d'urgenza ieri sera dal presidente francese Francois Hollande dopo l'attentato. Oltre a Hollande, hanno partecipa i ministri dell'Interno, della Giustizia, della Difesa e degli Esteri. Tra gli altri, erano presenti inoltre i capi dei servizi di sicurezza, dell'intelligence e delle forze armate.

Scontro tra Marine Le Pen e Bernard Cazeneuve il giorno dopo l'attaco a Parigi. La prima a prendere la parola è la la candidata alle presidenziali per il Front National. In una conferenza stampa dal suo quartier generale a due passi dall'Eliseo, vestita di nero in segno di lutto, afferma: "Siamo in guerra contro un mostruoso totalitarismo".

La Le Pen ha invitato tutti all'"unità della nazione e alla lucidità", denunciando il "lassismo e l'ingenuità", ai quali "la nazione deve ora rinunciare". Ribatte il premier in un intervento solenne davanti alla nazione, in cui punta il dito contro la Le Pen, rea di strumentalizzare "senza vergogna la paura" per "fini" elettorali a due giorni dal voto. "Al Front National attizzano l'odio". Critiche anche per il candidato dei Républicains, Francois Fillon: "Certi candidati fanno la scelta dell'oltraggio e della paura".

Per il presidente Usa Donald Trump, l'attacco avrà grosse conseguenze sulle elezioni: "Il popolo francese non sopporterà più a lungo cose del genere. Avrà grosse conseguenze sulle elezioni presidenziali!", afferma in un tweet. 

"Siamo alla follia. Alcuni giornalisti italiani sono più preoccupati dell'eventuale favore, secondo me inesistente, a Marine Le Pen che non per il poliziotto morto e per la Francia nel terrore"

Secondo molti commentatori progressisti, la leader del Front National trarrebbe giovamento dagli attacchi islamisti. C'è addirittura chi è convinto che i tagliagole dello Stato islamico abbiano "scelto" la Le Pen. E persino il premier Bernard Cazeneuve, anziché far mea culpa sul dilagare del jihadismo, preferisce attaccare la candidata alle presidenziali: "Sta strumentalizzando senza vergogna la paura dell'attentato di ieri a suo vantaggio elettorale".

"Marine Le Pen pareva in una posizione difficile - spiega Bernardo Valli su Repubblica- con meno consensi virtuali del moderato Emmanuel Macron. Il sangue a due apssi dall'Arco di Trionfo favorisce la linea dura - continua - quella del Front National. O quella dei candidati di destra". Non è l'unico a pensarla così. E, per alcuni versi, c'è un minimo di fondatezza. Ancora una volta la facilità con cui viene messo a segno un attacco islamista dimostra come la Francia abbia bisogno di un candidato forte, capace di dare risposte chiare sia sullì'emergenza immigrazione sia sul dilagare dell'islam radicale in tutta l'Europa

"Abbiamo una classe giornalistica squallida e imbarazzante", commenta con asprezza Salvini ad Agorà su RaiTre. "Pensare che l'Isis scelga Marine le Pen è veramente da ricovero coatto e da trattamento sanitario obbligatorio - aggiunge il segretario della Lega - se milioni di francesi la sceglieranno è per i problemi di lavoro, per i problemi sociali, per i problemi causati da questa Europa". Certo l'emergenza immigrazione e l'allerta terrorismo sono due punti importanti dell'agenda politica. In Franca, come a casa nostra. D'altra parte, prevenire ed escludere il rischio è pressoché impossibile. Ma, a detta di Salvini, il governo italiano non sta facendo nemmeno il minimo sforzo. E cita i diecimila immigrati sbarcati negli ultimi quattro giorni "senza alcun tipo di controllo reale". "Chi mi garantisce - conclude il leader leghista - che tra queste diecimila persone non ci siano malintenzionati? 

Non si spegne la tensione tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti. Ma nel quadro dello scontro tra i due Paesi cominciano a prendere posizione anche gli Stati che si affacciano sul Pacifico.

Trump è rientrato a Washington dal resort di Mar-a-Lago in Florida dove ha trascorso il weekend di Pasqua e da dove il commander in chief non ha direttamente commentato il fallito lancio del missile nordcoreano, se non sottolineando in un tweet che la Cina sta lavorando con gli Usa per risolvere "il problema nordcoreano". Fonti della Casa Bianca hanno in queste ore indicato l'intenzionale reazione di 'basso profilo' da parte dell'amministrazione Usa rispetto al fallito lancio di Pyongyang, secondo la strategia di non riservare eccessiva attenzione a questo specifico episodio. Resta tuttavia alta l'attenzione - in consultazioni confermate tra dipartimento di Stato, Pentagono e Consiglio per la Sicurezza nazionale - rispetto a quello che viene definito uno "schema di provocazione" da parte della Corea del Nord verso il quale vengono valutate "una serie di opzioni".

E risale al 50% l'indice di gradimento per Donald Trump, dopo le ultime esibizioni di muscoli in Siria e in Afghanistan. Secondo l'ultimo sondaggio quotidiano Rasmussen, ripostato dallo stesso Trump su Twitter, il 50% del campione approva l'operato del presidente. Il rating aveva raggiunto il suo punto più alto (59%) dopo l'Inauguration day, ma poi era scivolato al 42%. Questo e' il primo recupero in circa un mese.

Riguardo alla crisi nordcoreana, Trump ha detto di sperare 'in una soluzione pacifica". La Corea del Nord, ha aggiunto, "deve comportarsi bene".

Sul fonte di Pyonyang, invece, arrivano dichiarazioni affatto distensive: "Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all'altro nella penisola coreana": lo ha detto l'ambasciatore di Pyongyang all'Onu, Kim In Ryong, parlando con i giornalisti al Palazzo di Vetro. "Gli Stati Uniti stanno disturbando la pace e la stabilita' globale, insistendo in una logica da gangster", ha precisato il delegato nordcoreano. L'ambasciatore ha anche detto che Pyongyang "prenderà contromisure più pesanti" e gli Usa saranno ritenuti responsabili per le loro azioni", sottolineando anche che i test sui missili "fanno parte del normale percorso per sviluppare capacità di autodifesa". 

Su Twitter, il presidente ha anche delineato un primo bilancio del suo mandato: "I primi 90 giorni della mia presidenza hanno mostrato il totale fallimento degli ultimi otto anni di politica estera! Com'è vero"

Intanto da Seul, il vicepresidente americano, Mike Pence, ha affermato oggi che "l'era della pazienza strategica è finita" con la Corea del Nord, aggiungendo che gli Usa e i loro alleati utilizzeranno "mezzi pacifici o in ultima analisi qualsiasi mezzo necessario" per proteggere la Corea del Sud e stabilizzare la regione.

Visitando la Zona demilitarizzata coreana (Dmz), Pence ha definito "corazzata" l'alleanza tra Washington e Seul e ha ribadito che "tutte le opzioni sono sul tavolo" per fare pressione su Pyongyang affinché si sbarazzi delle sue armi nucleari e del programma missilistico. Il vicepresidente Usa è poi tornato a definire una "provocazione" l'ultimo fallito test missilistico della Corea del Nord, dicendo di augurarsi che il chiaro messaggio dell'amministrazione Trump venga recepito da Pyongyang.

Pence ha detto poi che Trump spera che la Cina userà le sue "leve straordinarie" per fare in modo che Pyongyang abbandoni il suo programma missilistico e nucleare. 

Intanto Tokyo starebbe pensando all'invio di truppe sulla penisola coreana. Il motivo per il momento è il recupero dei connazionali presenti in Corea. Il governo di Tokyo infatti vorrebbe tutelare i giapponesi presenti sul suolo coreano. E ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa, Tomomi Inada, nelle ore in cui cresce la tensione scatenata dai test missilistici del regime di Pyongyang. Le parole del ministro portano tensione anche in Corea del Sud dove è ancora viva la memoria dell'occupazione coloniale da parte di Tokyo dal 1910 al 1945. In Parlamento ha spiegato che il Paese è pronto a mobilitare le sue truppe se i giapponesi in loco avessero bisogno di essere portati via ma avessero "difficoltà nel partire con mezzi privati di trasporto". Inada ha aggiunto che l’invio delle truppe è consentito dalla legge giapponese, che richiede però il consenso del Paese interessato. Inoltre su questa crisi peserebbe la mossa del Giappone che secondo la stampa locale potrebbe riconoscere la caduta di un razzo nordcoreano nelle sua acque come "minaccia evidente di azione militare". Insomma adesso anche Tokyo è pronta a giocarsi la sua partita nel Pacifico.

Una curiosità. Durante la campagna elettorale per la Casa Bianca aveva dichiarato ripetutamente che "l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno e' un altro Bush", riferendosi alla discesa in campo di un altro esponente della dinastia che ha dato all'America due presidenti, ma ora Donald Trump sta riempiendo la sua amministrazione di ex consiglieri della presidenza Bush. Lo evidenzia Politico, ricordando le ultime quattro nomine della Casa Bianca, di cui tre sono ex dello staff Bush. Si tratta di John J. Sullivan (ora vice segretario di stato), Marshall Billingslea (vice segretario al dipartimento del Tesoro, competente per la lotta ai finanziamenti del terrorismo) e Gilbert B. Kaplan (sottosegretario per il commercio internazionale). Si tratta dell'ultima serie di nomine pescate dall'ex amministrazione di un presidente preso di mira nel corso della campagna elettorale.

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