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Non si spegne la tensione tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti

Non si spegne la tensione tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti. Ma nel quadro dello scontro tra i due Paesi cominciano a prendere posizione anche gli Stati che si affacciano sul Pacifico.

Trump è rientrato a Washington dal resort di Mar-a-Lago in Florida dove ha trascorso il weekend di Pasqua e da dove il commander in chief non ha direttamente commentato il fallito lancio del missile nordcoreano, se non sottolineando in un tweet che la Cina sta lavorando con gli Usa per risolvere "il problema nordcoreano". Fonti della Casa Bianca hanno in queste ore indicato l'intenzionale reazione di 'basso profilo' da parte dell'amministrazione Usa rispetto al fallito lancio di Pyongyang, secondo la strategia di non riservare eccessiva attenzione a questo specifico episodio. Resta tuttavia alta l'attenzione - in consultazioni confermate tra dipartimento di Stato, Pentagono e Consiglio per la Sicurezza nazionale - rispetto a quello che viene definito uno "schema di provocazione" da parte della Corea del Nord verso il quale vengono valutate "una serie di opzioni".

E risale al 50% l'indice di gradimento per Donald Trump, dopo le ultime esibizioni di muscoli in Siria e in Afghanistan. Secondo l'ultimo sondaggio quotidiano Rasmussen, ripostato dallo stesso Trump su Twitter, il 50% del campione approva l'operato del presidente. Il rating aveva raggiunto il suo punto più alto (59%) dopo l'Inauguration day, ma poi era scivolato al 42%. Questo e' il primo recupero in circa un mese.

Riguardo alla crisi nordcoreana, Trump ha detto di sperare 'in una soluzione pacifica". La Corea del Nord, ha aggiunto, "deve comportarsi bene".

Sul fonte di Pyonyang, invece, arrivano dichiarazioni affatto distensive: "Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all'altro nella penisola coreana": lo ha detto l'ambasciatore di Pyongyang all'Onu, Kim In Ryong, parlando con i giornalisti al Palazzo di Vetro. "Gli Stati Uniti stanno disturbando la pace e la stabilita' globale, insistendo in una logica da gangster", ha precisato il delegato nordcoreano. L'ambasciatore ha anche detto che Pyongyang "prenderà contromisure più pesanti" e gli Usa saranno ritenuti responsabili per le loro azioni", sottolineando anche che i test sui missili "fanno parte del normale percorso per sviluppare capacità di autodifesa". 

Su Twitter, il presidente ha anche delineato un primo bilancio del suo mandato: "I primi 90 giorni della mia presidenza hanno mostrato il totale fallimento degli ultimi otto anni di politica estera! Com'è vero"

Intanto da Seul, il vicepresidente americano, Mike Pence, ha affermato oggi che "l'era della pazienza strategica è finita" con la Corea del Nord, aggiungendo che gli Usa e i loro alleati utilizzeranno "mezzi pacifici o in ultima analisi qualsiasi mezzo necessario" per proteggere la Corea del Sud e stabilizzare la regione.

Visitando la Zona demilitarizzata coreana (Dmz), Pence ha definito "corazzata" l'alleanza tra Washington e Seul e ha ribadito che "tutte le opzioni sono sul tavolo" per fare pressione su Pyongyang affinché si sbarazzi delle sue armi nucleari e del programma missilistico. Il vicepresidente Usa è poi tornato a definire una "provocazione" l'ultimo fallito test missilistico della Corea del Nord, dicendo di augurarsi che il chiaro messaggio dell'amministrazione Trump venga recepito da Pyongyang.

Pence ha detto poi che Trump spera che la Cina userà le sue "leve straordinarie" per fare in modo che Pyongyang abbandoni il suo programma missilistico e nucleare. 

Intanto Tokyo starebbe pensando all'invio di truppe sulla penisola coreana. Il motivo per il momento è il recupero dei connazionali presenti in Corea. Il governo di Tokyo infatti vorrebbe tutelare i giapponesi presenti sul suolo coreano. E ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa, Tomomi Inada, nelle ore in cui cresce la tensione scatenata dai test missilistici del regime di Pyongyang. Le parole del ministro portano tensione anche in Corea del Sud dove è ancora viva la memoria dell'occupazione coloniale da parte di Tokyo dal 1910 al 1945. In Parlamento ha spiegato che il Paese è pronto a mobilitare le sue truppe se i giapponesi in loco avessero bisogno di essere portati via ma avessero "difficoltà nel partire con mezzi privati di trasporto". Inada ha aggiunto che l’invio delle truppe è consentito dalla legge giapponese, che richiede però il consenso del Paese interessato. Inoltre su questa crisi peserebbe la mossa del Giappone che secondo la stampa locale potrebbe riconoscere la caduta di un razzo nordcoreano nelle sua acque come "minaccia evidente di azione militare". Insomma adesso anche Tokyo è pronta a giocarsi la sua partita nel Pacifico.

Una curiosità. Durante la campagna elettorale per la Casa Bianca aveva dichiarato ripetutamente che "l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno e' un altro Bush", riferendosi alla discesa in campo di un altro esponente della dinastia che ha dato all'America due presidenti, ma ora Donald Trump sta riempiendo la sua amministrazione di ex consiglieri della presidenza Bush. Lo evidenzia Politico, ricordando le ultime quattro nomine della Casa Bianca, di cui tre sono ex dello staff Bush. Si tratta di John J. Sullivan (ora vice segretario di stato), Marshall Billingslea (vice segretario al dipartimento del Tesoro, competente per la lotta ai finanziamenti del terrorismo) e Gilbert B. Kaplan (sottosegretario per il commercio internazionale). Si tratta dell'ultima serie di nomine pescate dall'ex amministrazione di un presidente preso di mira nel corso della campagna elettorale.

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