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Aut aut di Renzi ad Alfano

Il premier incaricato Matteo Renzi potrebbe recarsi al Quirinale per sciogliere la riserva intorno alle ore 16. E' quanto riferiscono fonti del Pd, anche se l'orario non trova conferme ufficiali
Aut aut del premier incaricato ad Angelino Alfano, nel corso della riunione tenutasi ieri sera: "O resti vicepremier o ministro dell'Interno" avrebbe detto Renzi. A questo punto Alfano dovrebbe optare per il Viminale. Alla riunione hanno partecipato Graziano Delrio, Dario Franceschini e, insieme ad Alfano, Maurizio Lupi. "Basta con il rilancio - avrebbe detto il premier incaricato - io domani vado al Colle, fatemi sapere la vostra scelta".
Anche sulla squadra Angelino rischia grosso: pare che Renzi in persona non lo voglia a Palazzo Chigi per dare un segno di discontinuità con il precedente governo. Sarebbe uno schiaffo. L'ipotesi, inoltre, farebbe poi esplodere i malumori interni che non mancano. Alfano fuori da Palazzo Chigi significa che rimane solo alla guida del partito. Partito su cui però aveva fatto un pensierino Gaetano Quagliariello, ex ministro neppure entrato nel totonomine. Da aggiungere le ambizioni dell'altro ex ministro, Nunzia De Girolamo, che mira a fare il capogruppo alla Camera al posto di Enrico Costa
A provare a sciogliere i nodi il suo plenipotenziario Graziano Delrio. Si parla di lavoro, Pubblica amministra­zione, crescita, fisco ma anche temi eti­ci. Su quest’ul­timo punto, quando si fa accenno alle coppie di fat­to, si mettono di traverso Quagliariello e Sacconi fino a quando Andrea Roma­no ( Sc)non prova ad abbozzare:«Senti­te, non mettiamolo in programma, la­sciamo che se ne occupi il Parlamento senza vincolo di maggioranza». Delrio è spazientito con gli alfaniani: «Allora fi­niamola qui, non siamo abituati a lavo­rare così noi...». Poi, sul lavoro, è sem­pre Sacconi a fare le pulci sul contratto a tempo indeterminato per i nuovi as­sunti. Insomma,l’input è quello di Alfa­no: «Alzare la posta su tutto». Infatti lo stesso leader di Ncd ripete in mattina­ta: «Abbiamo detto “no” alla patrimo­niale; “no” a un giustizialista come Guardasigilli e “no” a un ministro del­l’Economia affezionato alle tasse».
La verità è che, al di là dei programmi, Alfano ha un incubo: il voto presto. Il nodo principale è la legge elettorale: l'Italicum così com'è lo schianterebbe. Cambiarlo? Renzi gli ha già fatto capire che la risposta è «picche». Altra strada: disinnescarlo. Per Alfano è di vitale importanza legarla alla riforma del titolo V della Costituzione e del Senato. Una strada lunga, quindi. L'ideale per rimandare sine die l'appuntamento con le urne. Una scappatoia ci sarebbe: il cosiddetto emendamento Lauricella, dal nome del deputato della sinistra piddina che farebbe entrare in vigore l'Italicum solo dopo la riforma del Senato. Di fronte al «no» di Forza Italia, tuttavia, è spuntato pure il cosiddetto «lodo Pisicchio» che pare non dispiaccia a Renzi. L'emendamento prevede che la legge elettorale entri in vigore un anno dopo la sua approvazione. Bene così? Niente affatto. Troppo poco. Un alfaniano in Transatlantico scuote la testa: «Ma siamo matti? - ammette - Così noi facciamo da stampella a un governo balneare, Renzi va al voto tra un anno e noi siamo spacciati». Insomma, la partita di Alfano è tutta giocata per allontanare le urne al 2018 nella speranza che Berlusconi sia definitivamente tramontato. Oppure di avere il tempo di costruire un polo di centro capace di superare le soglie di sbarramento previste dall'Italicum.Da parte di Alfano :
Il mio unico obiettivo, insieme a Ncd, è fare un lavoro utile per l'Italia. Sono abbastanza soddisfatto. Ci sono le condizioni per fare una buona squadra". Lo ha detto Angelino Alfano lasciando il congresso Udc. I giornalisti gli hanno chiesto se manterrà entrambe le cariche anche nel governo Renzi: "Non si è posto questo problema. Non le ho mai chieste entrambe".
Ieri sera poi Renzi ha incontrato, insieme a Luca Cordero di Montezemolo, lo sceicco Khaloon al Mubarak, patron del Manchester City e a capo di un fondo interessato all'operazione Etihad-Alitalia, chiedendogli conferma dell'interessamento per l'operazione che riguarda la compagnia aerea italiana.
Uno dei momenti importanti della giornata di ieri e' stato il vertice dei partiti che dovrebbero garantire la maggioranza al nuovo governo. Nove i gruppi parlamentari presenti: Pd, Ncd, Sc, Pi, Udc, Psi, Cd e minoranze linguistiche di Sud Tirolo e Val D'Aosta Il primo a parlare al termine dell'incontro, coordinato da Graziano Delrio, e' stato Renato Schifani: "Un passo avanti, ci sono state illustrate le priorità del premier incaricato, seguiranno delle indicazioni nelle ore successive. E' stata una riunione proficua ma non può essere definitiva" ha detto l'esponente di Ncd. Poi ha parlato Quagliariello, sempre di Ncd: "E' assolutamente normale" che ci siano criticità "nelle prossime ore bisogna vedere se si risolvono" ha detto il ministro per le Riforme uscente auspicando che la riunione porti ad un documento programmatico scritto. Per i Popolari italiano ha parlato al termine del vertice il capogruppo alla Camera Lorenzo Dellai: '"La cosa più importante da chiarire credo sia il rapporto fra la legge elettorale, le riforme e questo programma di governo. Noi pensiamo che serva una sola maggioranza, non crediamo positivo che ci siano due, una sul governo, una sulle riforme".

Uno dei nodi che ha difronte Renzi e' il rapporto con Angelino Alfano e Ndc. Ed e' stato proprio l'ex vice premier stamani ad aprire la giornata di dichiarazioni dopo la riunione con i gruppo di Senato e Camera del suo partito: "Abbiamo già il foglio Excel pronto, con l'indicazione precisa delle nostre priorità, i tempi di realizzazione e il responsabile degli obiettivi" ha detto Alfano. "A noi interessa mettere a punto un programma chiaro che preveda meno tasse sulle famiglie, sulle imprese, sui lavoratori" ha sottolineato dicendo 'no' di Ncd a un ministro dell'Economia "particolarmente affezionato alle tasse", perché "la vera priorità in questo momento è la diminuzione delle tasse". "Oggi penso sia un giorno importante per capire dalla parte di Renzi e dalla parte del Pd se le nostre proposte programmatiche possano giocare da protagoniste nell'ambito del contratto di governo" ha riflettuto Alfano. "Abbiamo detto alcuni no molto chiari, che riguardano sia il programma sia l'assetto di governo: no alla patrimoniale, no ad un giustizialista alla Giustizia, non vogliamo all'Economia qualcuno particolarmente affezionato alle tasse" ha aggiunto. Altra questione e' la riforma della legge elettorale. "Per rendere credibile che davvero togliamo il Senato così come è - ha detto Alfano - sarà indispensabile approvare una norma che attribuisca alla legge elettorale un vigore, una sua immediata applicabilità appena concluso il cammino delle riforme". "Noi crediamo ad un governo che abbia davvero una straordinaria capacità riformatrice, perché questa si sprigioni, non si può campare 6, 7, 10 mesi. Questa era la prospettiva del governo precedente", aggiunge Alfano rimarcando che per dare un'impronta fortemente riformatrice al nuovo esecutivo "dobbiamo avere un po' di tempo a disposizione e per avere questo tempo a disposizione non si può giocherellare dicendo 'facciamo la legge elettorale e andiamo al voto'". Con una legge elettorale non legata al cammino delLe riforme, conclude Alfano, si dirà: "Approvano la legge elettorale per andare al voto e le riforme le annunciano ma non le faranno e quindi fanno finta".
Barack Obama o Tony Blair? Meglio che Matteo Renzi si ispiri al presidente messicano Enrique Pena Nieto. Il suggerimento arriva dal Financial Times, per il quale "per un'Italia divisa una dose di realismo messicano potrebbe essere piu' utile dell'illusione di un sogno americano". "Il modello migliore per Renzi e' sempre in Nord America - scrive il Ft - ma appena più a sud degli Stati Uniti. Da quando Pena Nieto e' stato eletto quindici mesi fa ha portato avanti un'ambiziosa agenda di riforme: dalle telecomunicazioni, all'istruzione all'energia, c'è poco che il presidente messicano non abbia osato toccare. E dopo un decennio in cui e' stato considerato poco più di un 'narco-Stato', ora il Messico e' decisamente tornato nel mirino degli investitori stranieri. Qualcosa che anche l'Italia dovrebbe cercare di fare". "La più importante lezione che Renzi può prendere dal Messico - spiega dunque il Ft - è che il giorno dopo essersi insediato Pena Nieto si e' seduto con i principali gruppi di opposizione e ha negoziato un programma di 95 punti diventato il 'Patto per il Messico'. E nonostante le pressioni da sinistra e da destra per smantellarlo, l'accordo è ancora integro e ha aiutato il presidente a raggiungere i suoi obiettivi". "Una volta deciso chi sosterrà il suo governo - conclude il Ft - Renzi dovrebbe raggiungere un accordo simile. E questo è un passo che il suo predecessore Letta non ha mai fatto. Il Patto potrebbe ridimensionare le sue enormi ambizioni, ma dimostrerebbe ai partner europei e internazionali che il giovane primo ministro italiano è realista e serio" .
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