Sarà il Consiglio di Stato di Turchia a determinare la sorte del complesso di Santa Sofia a Istanbul, secondo quanto dichiarato nei giorni scorsi dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il presidente della Turchia ha affermato che il Consiglio di Stato si esprimerà domani 2 luglio sulla possibilità che Santa Sofia - ora museo statale e patrimonio Unesco - venga ritrasformata in edificio di culto come moschea. Erdogan ha più volte espresso la volontà di riconvertire l'edificio, inizialmente costruito come cattedrale nell'allora impero romano d'Oriente nel 537, tramutato in moschea il 29 maggio 1453 e poi in museo nel 1935. Il 29 maggio scorso, presso il museo di Santa Sofia si è tenuta la lettura di una sura del Corano e una sessione di preghiera per ricordare il 567mo anniversario della conquista ottomana di Costantinopoli. I disegni di Erdogan sul futuro di Santa Sofia incontrano l'opposizione delle frange più secolari della popolazione turca. (Res)
Santa Sofia è uno dei principali monumenti di Istanbul. Si trova nel distretto di Fatih, nel mahalle di Sultanahmet. Dedicato alla Sophia (la sapienza di Dio), dal 537 al 1453 l’edificio fu cattedrale Greco-cattolica e poi ortodossa e sede del Patriarcato di Costantinopoli, a eccezione di un breve periodo tra il 1204 e il 1261, quando fu convertito dai crociati a cattedrale cattolica di rito romano sotto l'Impero latino di Costantinopoli.
Ortodossi e Stati Uniti contro la conversione in moschea di Hagia Sophia L’ex cattedrale di Santa Sofia ha funto da sede e simbolo della cristianità ortodossa dal 537 al 1453, rappresentando la massima espressione dell'architettura bizantina ed il cuore dell’impero romano d'oriente. Dopo la presa di Costantinopoli, l'edificio fu trasformato in moschea e tale rimase fino alla fine dell’era ottomana e all'ascesa della repubblica. Kemal Ataturk, il padre della Turchia moderna, laica e con lo sguardo rivolto ad Occidente, decise di convertirla in un museo per mostrare agli alleati europei quanto fosse netta la rottura con il passato.
Secondo Pompeo, mantenendo lo status di museo Santa Sofia continuerebbe a essere per la Turchia "un esempio del suo impegno al rispetto delle tradizioni religiose e delle diverse storie che hanno contributo alla Repubblica di Turchia" e rimarrebbe accessibile a tutti. "Gli Stati Uniti considerano il cambio di status di Santa Sofia come un danno all'eredità di questo edificio notevole e di un'abilità non superata, così raro nel mondo moderno, nell'ottica di servire l'umanità come un quanto mai necessario ponte tra coloro che appartengono a differenti tradizioni religiose e culture", ha affermato Pompeo
Con una mossa che ha scioccato gli Stati Uniti e la Chiesa greco-ortodossa, il presidente Recep Tayyip Erdogan vuole convertire di nuovo l'edificio al culto musulmano. Già per la festa che celebra la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani, il 29 maggio, il leader turco ha consentito che fra le sue mura si tenesse di nuovo la preghiera. Erdogan spera di mantenere il sostegno dei conservatori e forse anche distrarre dai guai economici innescati dal coronavirus. Il crollo del turismo, in particolare, ha colpito con durezza proprio Istanbul, la città natale del presidente e la sua base di consenso maggiore. Ma sia il Dipartimento di Stato americano che la chiesa greco-ortodossa hanno esortato Erdogan a riconsiderare il piano.
Hagia Sophia ha un «significato spirituale e culturale per miliardi di credenti in differenti fedi in tutto il mondo», ha sottolineato l'ambasciatore del dipartimento di Stato per la libertà religiosa: «Chiediamo al governo turco di mantenerla come patrimonio dell'Unesco e nello stato attuale di museo». Il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I ha ribadito invece al Washington Post che è «rattristato» dalla proposta di conversione. Ma per il presidente dell’Akp, Numan Kurtulmus, l’edificio «è la prova delle nostre rivendicazioni in questa regione, è la spada del nostro diritto di conquista». Il riferimento è all’usanza ottomana di convertire in moschea il principale tempio di una città quando veniva conquistata.
Lo status laico della struttura ha iniziato a diventare fonte di insofferenza per una parte dell'opinione pubblica e del mondo politico nell'ultimo decennio, in concomitanza con la progressiva re-islamizzazione della società portata avanti dall’Akp. Gli eventi ed i segnali che hanno preceduto la storica decisione di Erdogan sono stati molteplici: dal 2013 ai muezzin è consentito cantare internamente il richiamo alla preghiera (adhān) dai minareti dell'edificio per due volte al giorno, il 1 luglio 2016 è stato consentito l'utilizzo dei minareti per cantare il primo adhān rivolto all'intera città in occasione della notte del destino (Laylat al-Qadr), per la prima volta in 85 anni, mentre il 13 maggio ed il 21 giugno 2017 hanno avuto luogo, rispettivamente, una grande manifestazione dell’Anatolia Youth Association dinanzi l’edificio per chiederne il ritorno a moschea e la recita del Corano al suo interno in diretta televisiva, su Trt, sempre in occasione della notte del destino
Il 27 marzo dell'anno successivo viene dato l'annuncio storico da Erdogan in persona: Santa Sofia sarà convertita in moschea. La proposta del presidente turco, però, riceve un primo ed importante stop dall'Unesco: essendo la struttura in questione un patrimonio dell’umanità ed essendo la Turchia contraente della convenzione per la protezione del patrimonio mondiale, qualsiasi proposta di modifica dovrà prima essere sottoposta all’attenzione dell’ente e ricevere da questi l’approvazione.
La prima reazione alla notizia della riconversione, quando ancora era a livello ufficioso, è arrivata da Atene, dove si continua a ritenere il complesso di Santa Sofia come un elemento caratterizzante dell'identità nazionale greco-ortodossa. Era stata proprio questa intromissione a spingere il presidente turco ad apparire in televisione, sui canali Trt, per rompere il silenzio e confermare le indiscrezioni, condendo il tutto con delle minacce: “Stanno dicendo: Non trasformare Santa Sofia in una moschea. Comandate voi la Turchia, o noi comandiamo la Turchia? Non è la Grecia ad amministrare questa terra, perciò dovrebbe evitare di fare simili commenti. Se la Grecia non sa qual è il suo posto, la Turchia saprà come rispondere”.
Il giugno si è consumata l'ennesima forzatura: per la prima volta un imam ha condotto la lettura del Corano all'interno della basilica, per di più in diretta televisiva nazionale, come a sigillare il gesto di fronte a tutti gli abitanti della grande nazione. Istanbul è sede del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, una delle cinque sedi principali stabilite dal concilio di Calcedonia del 451, e le reazioni da questo fronte non si sono fatte attendere: i vertici della Chiesa greco-ortodossa hanno definito il gesto una “incredibile provocazione”. Secondo il governo di Atene, “un atto anacronistico e incomprensibile, che dimostra mancanza di rispetto verso i cristiani ortodossi di tutto il mondo”.
Il piano di Erdogan, com'era prevedibile, ha ottenuto, da una parte, l'effetto di avvicinare l'intero mondo politico turco all’Akp e, dall'altra, di provocare la reazione della cristianità ortodossa, le cui chiese hanno iniziato ad esercitare pressioni sui rispettivi governi affinché, a loro volta, si rivolgessero ad Ankara. L’8 giugno, l'influente metropolita Hilarion, direttore del dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, ha spiegato ai microfoni di Rossiya-24 che “ogni tentativo di cambiare lo status di museo della cattedrale di Santa Sofia condurrà a dei cambiamenti che romperanno il fragile equilibrio inter-confessionale, oggi esistente”. Hilarion ha auspicato, quindi, che la struttura continui a conservare la sua condizione museale e che non venga riconvertita in moschea.
Simili, ma più pesanti, dichiarazioni sono state rilasciate il 30 giugno dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, che ha avvisato Ankara delle possibili ripercussioni dell’evento dal punto di vista della convivenza fra cristiani e musulmani in tutto il pianeta: “La potenziale conversione di Santa Sofia in una moschea metterà milioni di cristiani in tutto il mondo contro l’islam”.
La Casa Bianca non è rimasta indifferente alle richieste di aiuto delle chiese orientali, anche perché Donald Trump ha cercato di presentarsi come un difensore della cristianità sin dalla campagna elettorale del 2016. Il 25 giugno, Sam Brownback, l'ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa nel mondo, ha utilizzato Twitter per inviare un messaggio ad Ankara: “Santa Sofia è rivestita di un enorme significato spirituale e culturale per miliardi di credenti di diverse fedi in tutto il mondo. Ci appelliamo al governo della Turchia affinché ne preservi lo status di patrimonio dell'umanità Unesco e la mantenga accessibile a chiunque come museo”.
La risposta del governo turco è arrivata il giorno successivo per voce del viceministro degli esteri, Yavuz Selim Kıran, che ha replicato così al tweet di Brownback: “Hagia Sofia è un dono di Maometto II. Ogni decisione sul suo utilizzo è un nostro affare interno”.
Haghìa Sophia. E’davvero un luogo straordinario e unico al mondo: qui cadde nel 1453 l’Impero Romano d’Oriente. Da allora le croci sono state cancellate o rimosse e molti mosaici sono stati stuccati e coperti dalle eleganti decorazioni delle moschee. Si trova esattamente di fronte alla moschea Blu, motivo per cui si decise “politicamente” di trasformare la Basilica in un museo che oggi rappresenta la sintesi di due universi culturali: Islam e Cristianesimo. Un equilibrio delicato che oggi, rischia di essere sbilanciato dai venti politici che vorrebbero farla ritornare moschea.
Aya Sofya fu fatta costruire da Costantino come cattedrale della nuova capitale, ma fu conclusa solo dopo la sua morte, al tempo di Costanzo II che la fece ingrandire e diventare chiesa episcopale di Costantinopoli. Dopo un incendio fu riedificata da Teodosio II, e riconsacrata nel 415. Della basilica teodosiana sussiste ancora un piccolo edificio circolare laterale, la sacrestia. Nel 532, Giustiniano I, dopo l’incendio scoppiato in seguito alla rivolta di Nika, si impegnò a ricostruire la Basilica come la “più sontuosa dall’epoca della Creazione”.
Fu l’imperatrice bizantina Teodora, moglie di Giustiniano, ad insistere perché la Basilica di Santa Sofia fosse ricostruita ancora più grande, occupando anche parte dello spazio dell’Ippodromo di Costantinopoli, nel quale aveva avuto luogo la rivolta contro il marito. Giustiniano la accontentò. Fece arrivare materiale prezioso da ogni parte dell’impero: otto colonne di marmo verde da Efeso, otto colonne di porfido dal Tempio di Giove Eliopolitano di Baalbek, altre colonne di granito dall’Egitto.
Mise in campo squadre di diecimila operai al seguito degli architetti Artemio di Tralle (Aydin) – patrizio di Costantinopoli che l’impero durante la minorità di Teodosio II – e Isidoro di Mileto il vecchio, famoso architetto e matematico e fu incaricato da Giustiniano anche del restauro delle mura di Dara in Siria. L’imperatore stesso partecipò alla costruzione della Basilica suggerendo varie soluzioni ai problemi pratici incontrati. Per costruire la cupola, Giustiniano fece arrivare da Rodi mattoni di una terra particolarmente leggera, sui quali era scritto: “È Dio che l’ha fondata, Dio le recherà soccorso”.
La meravigliosa Basilica fu completata il 27 dicembre del 537. Per quattordici giorni si susseguirono le preghiere, le celebrazioni e le distribuzioni pubbliche di denaro. Si tramanda che, alla consacrazione della chiesa, l'imperatore disse: “Gloria a Dio che mi ha fatto degno di questo! Ti ho superato, oh Salomone!”. L’incoronazione dell’imperatore si svolgeva nell’ambone. Il primo ad essere incoronato in Santa Sofia fu Costante II nel 641 mentre il primo a ricevere la corona dalle mani del patriarca fu invece Leone I nel 457. Il trono veniva posto per l'occasione al centro dell’ombelico di porpora, una grande lastra di porfido circolare, circondata da altri dischi di colore diverso, a opus alexandrinum ancora visibile nella parte sudoccidentale della navata. Durante la Quarta crociata, con la presa di Costantinopoli nel 1203, Hagia Sophia venne saccheggiata e furono trafugate la Sacra Sindone, una pietra della tomba di Cristo, il latte della Vergine Maria e le ossa di numerosi santi.
Nel 1453, I Turchi conquistarono Istanbul mentre era in corso la messa del mattino. Entrarono a Santa Sofia, massacrarono la plebe, sequestrarono nobili e benestanti come merce da riscatto, uccisero i sacerdoti e fecero a pezzi l’icona sacra della Madonna, violarono la tomba del doge Enrico Dandolo (una pietra grigia, ancora visibile nella tribuna meridionale) che era stato tumulato in Santa Sofia nel 1205, e ne dispersero le spoglie.
Una leggenda racconta che quando entrarono i Turchi una parete si aprì davanti al sacerdote che vi stava officiando Messa: vi entrò con il sacro calice mentre il muro si richiudeva alle sue spalle. Sempre secondo la leggenda, ne sarebbe uscito solo quando Costantinopoli sarebbe tornata cristiana. Maometto II quando entrò a cavallo a Santa Sofia rimase senza parole, cosi come scrive lo storico Tursun Bey: “La cupola gareggia con le nove sfere del cielo [..], le pareti sono ricoperte, in luogo di intonaco, da frammenti di vetro e oro, cosicchè nessuno possa scoprirne le connessure; il pavimento è rivestito di marmi colorati tanto che chi guarda dalla terra al cielo ha l'impressione di vedere il firmamento, e chi guarda dal cielo alla terra ha l'impressione di vedere l'oceano ondoso .. Nella cupola un abile artista ha raffigurato un uomo che da qualsiasi parte lo si osservasse sembrava guardare l’osservatore”.
Erdogan a piu fronti, oltre l Agia Sophia, fascontri diplomatici con la Francia cosi tra i due Paesi, che si accusano a vicenda di giocare “un gioco pericoloso”, si sono intensificati nelle ultime settimane, con Parigi che ha puntato il dito contro Ankara per le ripetute violazioni dell’embargo Onu – peraltro denunciate anche dalla Germania – e tacciato il governo turco di essere un ostacolo al raggiungimento di un cessate il fuoco in Libia. Parigi ha anche chiesto un meccanismo di crisi che impedisca il ripetersi di un incidente tra navi da guerra turche e una imbarcazione francese nel Mediterraneo, episodio su cui sta indagando la Nato.