Dieci ore di terrore e di sangue, 13 minuti per il blitz delle forze speciali bengalesi, poi il conteggio infinito dei morti, dei feriti, dei sopravvissuti. L'assalto con presa d'ostaggi compiuto da nove terroristi dell'Isis la notte scorsa all'Holey Artisan Bakery, ristorantino chic affacciato sul lago nel cuore del quartiere diplomatico di Dacca, è terminato con 20 civili uccisi tra cui 9 italiani imprenditori del tessile, 7 giapponesi e un americano, un numero imprecisato di feriti, 13 ostaggi portati in salvo e 6 assalitori eliminati. Uno solo è stato catturato, ferito. In serata una notizia positiva dalla Farnesina: il decimo italiano in un primo momento dato per disperso non era nel ristorante al momento dell'attacco e ha contattato la famiglia.
l commando jihadista era arrivato all'Holey Artisan Bakery poco dopo le 9 di sera, ora locale. Nelle mani dei killer un vero e proprio arsenale, kalashnikov, bombe a mano, machete. Non ci sono state incertezze: prima gli spari e il grido ormai diventato sinonimo di morte in tutto il mondo 'Allah u Akbar', poi alcune raffiche ad altezza d'uomo che hanno freddato due poliziotti, l'irruzione nel ristorante, le luci spente e le telecamere messe fuori uso, gli stranieri dalla pelle chiara sgozzati con ferocia. Infine la tragica messa in scena degli interrogatori degli altri avventori presi in ostaggio ai quali veniva imposto di recitare alcuni versetti del Corano. Per chi non ci riusciva non c'è stato scampo e così sono stati ammazzati anche un indiano e due bengalesi, un ragazzo e una ragazza studenti di università americane tornati a casa per trascorrere la fine del Ramadan con i loro familiari.
L'Italia si è accordata con le autorità del Bangladesh ed il rientro delle salme italiane avverrà "nei tempi più brevi possibili, dipenderà dalle incombenze" burocratiche. Lo ha detto a Rainews24 il capo dell'Unità di Crisi della Farnesina Claudio Taffuri. Il nostro personale, ha aggiunto, è sul posto già da sabato per collaborare con la nostra ambasciata a tutti gli adempimenti del caso. Lo stesso Taffuri sta per partire per il Bangladesh.
I venti ostaggi del caffè di Dacca sono stati uccisi nei primi venti minuti dai terroristi che hanno assaltato il locale venerdì sera. Lo riferisce il capo della polizia bengalese AKM Shahidul Haque, secondo quanto riporta il Dhaka Tribune. "Alcuni media stanno dicendo che abbiamo agito troppo tardi con il blitz, ma non è vero. Abbiamo portato a termine l'operazione in 12 ore, mentre in altri Paesi come il Kenya ci sono voluti 4 giorni per affrontare una situazione simile", ha aggiunto.
Nel secondo giorno di lutto nazionale dopo la strage al ristorante di Dacca, la premier del Bangladesh Sheikh Hasina stamane ha reso omaggio alle vittime. In una cerimonia allo stadio dell'esercito, alle dieci locali, ha deposto corone di fiori sulle bare, riferiscono i media locali. Le bare sono state collocate in una piattaforma rialzata con le bandiere di India, Italia, Bangladesh, Giappone e Stati Uniti, le nazioni delle vittime straniere, nove delle quali italiane. Alla cerimonia hanno partecipato anche rappresentanti delle autorità italiane, indiane, giapponesi e americane. In seguito, è stato consentito l'accesso ai familiari e poi a tutti i cittadini.
Isis o non Isis. E' questa la margherita che esponenti governativi, dei servizi di intelligence e i media del Bangladesh stanno sfogliando dopo lo shock suscitato dal massacro di 20 civili stranieri - tra cui 9 italiani - compiuto venerdì nella Holey Artisan Bakery di Dacca. Da giovani terroristi rampolli di ricche famiglie locali arruolatisi nelle file della jihad "per moda", secondo la versione del ministro dell'Interno. E' stato necessario assistere ad una strage in un gettonato ristorante della classe medio-alta, la più grave mai registrata nella storia del Paese, perché il governo - che da sempre nega infiltrazioni della rete del terrore globale in Bangladesh - esaminasse con la dovuta attenzione la rivendicazione dell'azione da parte dei seguaci del 'Califfo' Abu Bakr al-Baghdadi. Dal febbraio 2015, quando gli attacchi a intellettuali, blogger, stranieri ed esponenti di minoranze religiose si sono fatti sempre più frequenti, Isis e Al Qaida se li sono sistematicamente attribuiti, collezionandone oltre una ventina ciascuno. Fino alla strage nella Bakery del quartiere diplomatico di Gulshan-2, che l'Isis ha fatto sua assicurando attraverso Amaq, l'agenzia di stampa del 'Califfato', che è stata opera di un commando bengalese di cui si conoscono anche i nomi (oltre che i volti) dei cinque componenti: Akash, Badhon, Bikash, Don e Ripon. Erano seguiti da tempo dalle forze dall'intelligence locale, ha fatto sapere l'ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque. E stavolta all'interno del governo sono cominciate ad affiorare le prime divergenze. Fino a qualche mese fa la premier Sheikh Hasina ed i suoi ministri escludevano la presenza dell'Isis o di Al Qaida nel Paese, ripetendo che i colpevoli degli attentati non erano altro che i membri dell'opposizione guidata dal Partito nazionalista bengalese (Bnp) della 'begum' Zia Khaleda, ed in particolare il suo alleato Jamaat Islami.
E la polizia del Bangladesh ha deciso il fermo di tre persone. Ieri sera è stato fermato Hasnat Karim, il professore universitario che era nel locale per festeggiare un compleanno ma ripreso da alcune immagini fumare in terrazza con i membri del commando. E ancora altre due persone che si trovano in ospedale e di cui non è stata resa nota l'identità, sospettate di avere avuto un ruolo nella dinamica dell'attacco al ristorante.
Intanto un video amatoriale del blitz dell'esercito di ieri all'alba - girato da un cittadino sud-coreano da una finestra che si affaccia sul ristorante attaccato dai terroristi - ha sorpreso gli esperti e gettato altri dubbi sulla versione ufficiale fornita dalla polizia bengalese. I portavoce ufficiali avevano infatti assicurato di aver liberato numerosi ostaggi grazie all'intervento armato. Ma le immagini sembrerebbero mostrare che vi sia stato un rilascio volontario di persone, probabilmente musulmani, fra cui bambini e donne velate, che si vedono camminare con calma attraversando un giardino prima dell'intervento dei blindati, impiegati dopo oltre 10 ore per mettere fine alla presa di ostaggi. Infine c'è da segnalare che per non restare indietro all'Isis nella corsa per la leadership del terrore in Asia meridionale, il leader di al Qaida nel subcontinente indiano (Aqis), Asim Umar, ha incitato i musulmani dell'India a "sollevarsi" e a lanciare attacchi alle autorità e alla polizia indiane. E per questo ha evocato l'esempio dei "lupi solitari" in Europa.
Ieri il più radicale nel continuare a negare la presenza di miliziani riconducibili all'Isis nel Paese è stato il ministro dell'Interno, Asaduzzaman Khan, che ha insistito nel mantenere la questione entro i confini nazionali, attribuendo la responsabilità dell'attacco ad un gruppo jihadista indigeno, il Jumatul Mujaheddin Bangladesh. Gli autori del massacro sono "tutti istruiti, provenienti da famiglie benestanti, sono andati all'università e nessuno di loro ha mai frequentato una madrassa", ha dichiarato il ministro. E alla domanda sul perché sarebbero diventati militanti islamici, Khan ha risposto secco: "E' diventata una moda".
Non la pensa proprio così il numero due del ministero degli Esteri bengalese MD Shahidul Haque che, presentando all'ambasciatore d'Italia Mario Palma le condoglianze per le vittime italiane, ha sostenuto che "la gente qui è scioccata e sorpresa perché si chiede come mai dei giovani possano essersi radicalizzati così tanto". Haque, a differenza del ministro dell'Interno, non ha respinto categoricamente che possa essersi davvero trattato di un'azione coordinata dall'Isis. Ma anche lui ha confermato che "gli autori non vengono dall'Iraq o dalla Siria, sono giovani bengalesi, molti dei quali colti, con buone prospettive ed appartenenti alla classe media del Paese".
Ecco chi sono i nostri connazionali morti nell'assalto :
Cristian Rossi, l'imprenditore del Nord-Est . Sposato e padre di due gemelline di 3 anni, Rossi era stato manager alla Bernardi. Dopo alcuni anni si era messo in proprio. Era in Bangladesh per motivi di lavoro. A Feletto Umberto (Udine), dove l'uomo abitava con la famiglia.
Marco Tondat, l'imprenditore del Nord-Est - Aveva 39 anni Marco Tondat ucciso a Dacca. Era nato a Spilimbergo (Pordenone), ma viveva a Cordovado. "Ci eravamo sentiti ieri mattina - ha riferito il fratello - doveva rientrare in Italia per le ferie e abbiamo concordato alcune cose, lo aspettavo per lunedì. Era un bravo ragazzo, intraprendente e con tanta voglia di vivere". Il fratello di Tondat ha quindi detto che Marco "era partito un anno fa, perchè in Italia ci sono molte difficoltà di lavoro e ha provato ad emigrare. A Dacca era supervisore di un'azienda tessile, sembrava felice di questa opportunità. A tutti voglio dire che quanto accaduto deve far riflettere: non è mancato per un incidente stradale. Non si può morire così a 39 anni".
Claudia Maria D'Antona, il suo scopo era aiutare il prossimo - "Mia sorella Claudia e suo marito Giovanni erano una coppia fantastica, due persone d'oro, con un grande impegno nel volontariato". Così Patrizia D'Antona, all'ANSA. "Finanziavano - spiega - un'associazione che porta esperti di chirurgia plastica in Bangladesh per curare le donne sfregiate con l'acido. Aiutare il prossimo era sempre in cima ai pensieri di Claudia e di suo marito. Si erano sposati due anni, con una bellissima cerimonia a Dacca, dove avere convissuto per oltre 20 anni".
Nadia Benedetti, la manager che amava il canto - Adorava cantare, la musica e le canzoni di Franco Califano. Ogni volta che tornava nella sua Viterbo non mancava mai di passare al karaoke nel ristorante del fratello Paolo. Sorrideva, si divertiva. Chi la conosceva la ricorda come una persona gioiosa, da sempre dedita al lavoro che l'ha portata a girare mezzo mondo, fino ad arrivare in Bangladesh, dove ieri è rimasta vittima del cruento attentato di Dacca, per mano di quelli che la nipote Giulia, su Facebook, definisce "un branco di bestie". Nei prossimi giorni l'amministrazione comunale rispetterà un giorno di lutto per ricordare Nadia Benedetti, manager 52enne e figlia di imprenditori che proprio da Viterbo ha mosso i primi passi nell'industria tessile.
Simona Monti aspettava un bambino e aveva già prenotato un volo che all'inizio della prossima settimana l'avrebbe riportata in Italia, a Magliano Sabina (Rieti), per un lungo periodo di aspettativa. Simona Monti, la 33enne reatina morta nell'attentato all'Holey Artisan Bakery di Dacca insieme ad altri 8 italiani, dalla scorsa estate, dopo diverse esperienze di studio e lavorative in oriente, aveva scelto il Bangladesh per vivere e lavorare in un'azienda tessile.
Maria Riboli mamma di una bimba di 3 anni, spesso in giro per il mondo per il suo lavoro in un'impresa che si occupa di abbigliamento, Maria Riboli avrebbe compiuto 34 anni il prossimo 3 settembre. La vittima bergamasca dell'attentato terroristico di ieri sera a Dacca era nata ad Alzano Lombardo, in valle Seriana. La sua famiglia è originaria di Borgo di Terzo, piccolo centro della valle Cavallina. Dopo il matrimonio, celebrato il 21 marzo 2006, Maria Riboli si era trasferita con il marito Simone Codara a Solza, paese di duemila abitanti dell'Isola bergamasca, oggi scosso per la notizia della morte della giovane concittadina e mamma. Maria Riboli lavorava nel settore dell'abbigliamento e si trovava in viaggio per lavoro per conto di un'impresa tessile. Da diversi mesi era in Bangladesh.
Adele Puglisi, una donna "buona, solare, che amava viaggiare e il mare". Era così per gli amici e i parenti Adele Puglisi, 54 anni, una delle vittime italiane della strage di Dacca. Assassinata alla vigilia del suo rientro a Catania, dove abitava, anche se nella sua città d'origine, raccontano i vicini, "stava al massimo 20 giorni l'anno", perché, spiegano, "era sempre in giro per il mondo per il suo lavoro". Era lei stessa a descriversi così sul suo profilo Facebook, pubblicando sue foto al sole e al mare. Lei vittima del terrorismo islamico su Fb il 16 novembre del 2015 aveva postato la prima pagina di 'Libero' sulla strage di Parigi commentando il titolo ('Bastardi islamici') con un secco "è vergognoso" e aderendo a una petizione che lo contestava. Ma sul social network ricostruiva anche la sua vita lavorativa: era a Studiotex fino al 2010, poi è partita e si è trasferita nello Sri Lanka. Fino ad aprile del 2014 quando ha cominciato a lavorare per Artsana, come manager quality control a Dacca.
Vincenzo D'Allestro, l'imprenditore tessile del Sud - Abitava nella mansarda di una palazzina rosa di quattro piani che si affaccia su via don Girolamo Marucella, ad Acerra (Napoli), l'imprenditore tessile Vincenzo D'Allestro, 46 anni, ucciso da un commando dell'Isis a Dacca, in Bangladesh. Nel Parco Azalea, dove D'Allestro abitava con la moglie Maria Gaudio, sono stati i giornalisti a portare la notizia che ha gettato nello sgomento quanti conoscevano la coppia. Secondo quanto si appreso da alcuni condomini l'imprenditore era quasi sempre fuori per lavoro.
Claudio Cappelli, l'impreditore del Nord - Aveva una impresa nel settore tessile che produceva t-shirt, magliette, abbigliamento in genere e anche intimo. "Diceva di avere avuto una esperienza positiva e di essere contentissimo. Era da più di 5 anni impegnato in questa 'avventura'. Era entusiasta e diceva che era un Paese dove si poteva lavorare molto bene" ricorda con dolore il console generale onorario del Bangladesh in Veneto, l'avvocato Gianalberto Scarpa Basteri.